Intervista
Manganelli: Internet è anarchica, ma va
usata in modo corretto
23.07.98
InterLex - Ingegner Manganelli, tra i
componenti del Garante lei è considerato, a ragione, l'esperto della Rete.
Dunque è la persona giusta per mettere a fuoco alcuni aspetti del futuro codice
di autoregolamentazione, che riguardano le qualità specifiche di Internet.
Prima di tutto, come vede l'autodisciplina degli operatori nel contesto più
ampio non solo della legge 675, ma degli sviluppi della comunicazione e dell'informazione
in generale?
Manganelli - Il codice deontologico è uno
strumento importante che può facilitare l'applicazione della legge 675. Fino
a ora è stato messo a punto un solo codice, quello dei giornalisti che, grazie
ad una modifica dell'articolo 25 della legge, consente la definizione di una
disciplina del trattamento dei dati personali ai fini dell'attività
giornalistica. C'è anche da dire che il codice dei giornalisti era previsto
nell'assetto normativo della 676/96 ed è stato un lavoro fatto in
collaborazione, un lavoro lungo, faticoso. Siamo arrivati pochi giorni fa alla
conclusione, è stato ufficializzato e sarà pubblicato sulla Gazzetta
Ufficiale. Ora è il momento di trovare una soluzione anche per Internet.
Personalmente non vedo molto bene un codice per la rete disaggregato da altri
strumenti deontologici. Tanto per dirne una, su Internet si fa informazione, e
il codice dei provider in qualche modo deve rifarsi o deve richiamare alcuni
articoli del codice deontologico dei giornalisti.
InterLex - Di solito, quando si parla
di autoregolamentazione, si pensa prima di tutto ai fornitori di servizi. Lei
invece parte dai "content provider".
Manganelli - Certo, in questo caso stiamo
parlando dei content provider. Proprio analizzando la tipologia dei
contenuti si debbono trovare i riferimenti ai settori tradizionali. Per esempio,
anche il direct marketing è un'attività sulla quale il Garante deve
normare, perché, così com'è la legge 675 (per non parlare della direttiva
comunitaria) il settore del direct marketing è bloccato, sta perdendo
occasioni e opportunità. Occorre quindi, a mio personale parere, un codice di
comportamento per questo settore, considerando che fare del marketing non è
reato, non significa di per sé ledere la dignità e l'interesse del
destinatario del messaggio. Però è altrettanto vero che non si può disturbare
il cittadino con azioni ripetute e inutili, e quindi il settore potrebbe trarre
benefico da un codice. E' inutile mandare un'informazione commerciale per
via telematica, piuttosto che per via cartacea, a qualcuno che non mostra nessun
interesse per quel prodotto. Questo significa spendere di meno, razionalizzare i
messaggi, calibrarli meglio. Allora, visto che su Internet si fa anche direct
marketing, è meglio che il codice deontologico di Internet presenti un
aggancio al codice che il settore del marketing si sta avviando a studiare.
InterLex - Sotto questo aspetto non
dobbiamo trascurare il commercio elettronico.
Manganelli - Il commercio elettronico è
un altro settore che va regolato, ma qui lo strumento non è tanto un codice
deontologico, quanto i contratti quadro, i contratti di servizio. E' un altro
tipo di discorso, perché il comprare e il vendere vanno regolamentati in modo
inequivocabile; stiamo parlando di soldi, di beni e servizi che vengono venduti
e acquistati. Quindi devono essere garantiti il rispetto della transazione, il
non ripudio, il diritto di recesso: sono argomenti che possono trovare
regolamentazione solo in una contrattualistica specifica, nell'ambito di
quella che viene comunemente chiamata cyber law.
InterLex - Ma quando parliamo di
"cyber law" tornano in campo i fornitori di servizi.
Manganelli - In questo caso gli
strumenti che vanno definiti sono due, una normativa apposita e un codice
comportamentale. In questo senso abbiamo avuto molti segnali forti, dal caso di CompuServe
in Germania, il primo caso eclatante, in cui un giudice ha applicato una
sanzione pesantissima nei confronti di un provider che aveva ospitato pagine di
contenuto pornografico. E, recentissimo, il caso di Isole nella Rete, con
l'astrusa decisione del magistrato non di bloccare i contenuti, ma di
sequestrare la strumentazione e bloccare quindi tutti i servizi legittimi che
sul server si stavano facendo. E potremmo fare altri esempi. Questi sintomi
rendono evidente che bisogna fare qualcosa, e bisogna farlo presto. Il mondo di
Internet non è trasportabile semplicemente sui modelli correnti, e chi fa
questi tentativi spesso non ha esperienza di come funziona il mondo telematico.
Il caso di Isole nella Rete è illuminante: l'azione del magistrato ha
prodotto un effetto completamente opposto a quello che era il fine, perché il
messaggio incriminato si è moltiplicato in misura esponenziale sui circuiti
nazionali ed esteri.
Personalmente sono un fautore del principio di non complicare le cose semplici,
ammesso che il ciberspazio sia una cosa semplice; quindi direi di applicare a
Internet le norme correnti, quelle dei media tradizionali. Teniamo presente che
ogni strumentazione, ogni mezzo, ha un modo di diffondersi e di comunicare e un
target a cui si rivolge. Il giornale, lo scritto, si rivolgono praticamente a
tutti, ma la diffusione di Internet si rivolge ad un universo ancora più grande
di quello dei giornali, anche se oggi è ancora limitato. Però Internet si
rivolge a un universo competente, che riesce anche a trovare altre vie di
informazione se alcune gli vengono inibite. E' sicuramente una popolazione che
sa usare il mezzo in maniera notevolmente più spinta, più di quanto possa
essere sfruttato il giornale o la televisione, perché è un mezzo a due vie,
interattivo. Quindi bisogna stare molto attenti alle decisioni che si prendono:
si rischia di creare forme di ritorsione, magari attraverso una diffusione
ridondante, che può avere anche carattere eversivo. Si vede, navigando in certi
siti, che c'è ospitalità verso ideologie e problematiche che vanno dal
razzismo fino alla pedofilia, a forme di "eversione" come quella degli
squatter, piuttosto che a forme di aggregazione antisociale. Internet per
sua natura è uno strumento anarchico, ed essendo aperta a tutti può essere
utilizzata in forme corrette, ma anche in forme scorrette.
InterLex - Che devono essere represse,
ma con i rischi che abbiamo visto nel caso di "Isole nella Rete", per
restare all'esempio più recente.
Manganelli - Questo, secondo me, è il
pericolo minore, L'altro pericolo è quello del rigetto. Immaginando che l'utilizzo
di Internet venga reso sempre più complicato da una serie di stratificazioni
normative, c'è il rischio che alla fine si abbia un rigetto, dei giovani
piuttosto che di tutti quelli che vedono Internet come strumento di lavoro, di
cultura, di informazione. Quindi, addio al famoso decollo del commercio
elettronico, che dovrebbe sulla carta dare grandi chanches alle imprese,
in particolare in Italia, che ha un tessuto produttivo centrato sulla piccola e
media impresa, e che cerca naturalmente un mercato più vasto e con minori costi
di intermediazione. Se ci dovesse essere un rifiuto dell'utilizzo dello
strumento Internet per il commercio elettronico, sarebbe estremamente dannoso,
perderemmo un treno importante.
InterLex - Dunque si deve scrivere un
codice che costituisca una specie di "nodo" di una rete di regole. Ma
questo compito, formalmente, non spetta al Garante dei dati personali, e quindi
si pone il problema di quali altri soggetti siano da coinvolgere nella sua
elaborazione.
Manganelli - Sono d'accordo sul fatto
che il Garante non è l'elemento catalizzatore dello sviluppo di Internet o
del commercio elettronico. Il Garante è uno dei soggetti che devono sedere
intorno a un tavolo, a cui saranno presenti anche i rappresentanti della
pubblica amministrazione, come il Ministero della pubblica istruzione, quello
della funzione pubblica, e ancora il Ministero delle comunicazioni o l'Autorità
per le garanzie nel settore TLC, meglio entrambi. Il Garante è competente solo
sull'aspetto della privacy, perché Internet significa inevitabilmente
cattura delle informazioni relative all'utilizzo del mezzo e perché spesso
viene presentato al navigatore un modello di raccolta di dati, e quindi va
chiarito come questi saranno poi utilizzati all'interno di chi offre il
prodotto o il servizio. E' qui che si esplica il ruolo del Garante, che deve
identificare possibilmente un modello globale: ecco già una prima difficoltà,
perché il Garante italiano di per sé ha poco da dire, occorre un tavolo di
confronto a cui partecipino tutte le autorità, almeno dei paesi europei. Poi
sappiamo perfettamente che la visione di questi temi è differente in Europa e
negli USA, dove le ragioni del mercato sono predominanti. Quindi la funzione del
Garante è di assicurare che siano garantite le tre regole fondamentali che,
oggi come oggi, sono imposte dalla legge 675: l'informativa, il consenso al
trattamento dei dati, il non abuso dei dati raccolti.
Noi ci dobbiamo limitare a questo, ma parliamo di commercio elettronico, o di
editoria telematica, o di copyright proprio per essere certi che una soluzione
su questo tema venga trovata. Riteniamo che la strada migliore sia quella dell'autoregolamentazione,
e certamente sono d'accordo sul fatto che un codice deontologico non può
essere limitato solo agli aspetti di privacy. Il codice deve contenere
norme anche per quanto riguarda l'utilizzo della rete in maniera lecita e
corretta, anche con l'informazione ai navigatori sul contenuto dei siti ai
quali accedono, con la possibilità di bloccare quel sito, da parte del
navigatore, per motivi di etica o di religione o di morale.
InterLex - E chi devono essere gli
interlocutori dalla parte della Rete?
Manganelli - Con chi dobbiamo parlare? Con
tutte quelle componenti che rappresentano il mondo di Internet, quindi con le
associazioni dei fornitori di servizi, nazionali, europee, e mondiali, se fosse
possibile. Noi dovremmo avere intorno al tavolo un rappresentante di ciascuna di
queste associazioni, che poi si faranno carico di dialogare con i singoli
associati e di raccogliere una summa mediata delle diverse esigenze o dei
diversi strumenti che possono essere adottati. Poi intorno al tavolo ci devono
essere anche i fornitori di contenuti, questi sono indispensabili. E' un
lavoro complesso, che se si apre oggi non si chiude certo nel giro di pochi
mesi. Deve gettare le basi per la creazione di un framework di leggi e di
codici deontologici, i più semplici possibile, e che possano essere adattati
nel corso del tempo, seguendo l'evoluzione tecnologica.
InterLex - Dalle linee generali
passiamo a qualche problema concreto. Per esempio, dato che un codice
deontologico non può avere efficacia "erga omnes", ma vincola solo
chi vi aderisce esplicitamente, si pone il problema di indicare agli utenti
"con chi hanno a che fare" e metterli quindi in condizione di
scegliere.
Manganelli - Potrebbe essere utile
praticare la strada di una sorta di bollino, è chiaro che i provider che
aderiscono all'autodisciplina dovrebbero mettere nella loro home page un banner
informativo, che diventerebbe una specie di marchio di qualità.
InterLex - Si discute di un altro
problema, quello dell'eventuale obbligo, per i fornitori di accessi, di
identificare gli abbonati, pur garantendo l'anonimato telematico.
Manganelli - Certamente si tratta di un
problema difficile. E' vitale, per la continuità dello sviluppo di Internet,
garantire la possibilità di surfing, chatting, e-mailing
ed e-shopping in forma anonima. Ma i service provider devono
comunque assicurarsi la possibilità di individuare chi abusi dell'anonimato a
fini illeciti. Nascono però immediatamente due problemi: chi definisce che cosa
è illecito? Credo che per questo possano bastare le leggi esistenti, perché
Internet è semplicemente un medium. Il secondo problema è più serio: chi ci
garantirà dall'empito giustizialista di tutti quelli che, come per la telefonia
fissa e mobile, vorranno imporre ai provider di trasmettere a qualche autorità
le generalità di tutti gli abbonati ai servizi Internet, per conservarne le
liste a tempo indefinito? Alla luce di quel che abbiamo visto di recente, non mi
sento affatto tranquillo.
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