La pressatella e il rullo
compressore
di Giancarlo
Livraghi - 16.11.98
Una recente polemica in alcuni newsgroup, che
riguarda la Telecom e il controllo dello spamming, mi sembra un ennesimo
esempio di come la mescolanza di argomenti diversi serva solo a generare
confusione.
Da un lato, è opinione diffusa (personalmente la condivido in pieno) che lo spamming
sia un intollerabile inquinamento della rete. Dall'altro, ci sono le molte
critiche che la Telecom si è abbondantemente meritata e continua a meritare. Ma
non mi sembra che ci sia un nesso fra i due problemi.
* * *
Fin dalle origini della rete c'è molta e
giustificata intolleranza per i messaggi ripetuti e indesiderati, chiamati spam
a causa di una scenetta del Monty Python in cui si ripeteva ad nauseam il
nome di una "pressatella" di maiale in scatola, abbastanza diffusa
negli Stati Uniti (anche se nessuno la considera una raffinatezza gastronomica).
Per chi volesse i dettagli... ecco un link: http://gandalf.it/mercante/merca2.htm#heading04.
Il problema sembra semplice, ma purtroppo non lo
è. È facile dire "eliminiamo tutta la posta indesiderata". Lo si
può fare con un automatismo sul proprio computer, o si può chiedere a qualcun
altro (un provider, una comunità online) di farlo per noi. Ma come sopprimere
tutto ciò che non vogliamo senza eliminare anche posta inaspettata ma gradita,
come il messaggio di un amico che non sentivamo da tempo di qualcuno che non
conosciamo ma ha letto qualcosa di nostro e ha cose interessanti da dirci?
Inoltre, se deleghiamo a qualcun altro (chiunque sia) il controllo della nostra
corrispondenza, chi ci assicura che non introduca arbitrariamente un filtro per
eliminare ciò che non piace a lui?
Potremmo (si dice) cominciare con l'eliminare almeno i
"trasgressori" abituali, le centrali di spamming che sparano a
raffica su masse indiscriminate di indirizzi. Ma un sistema del genere avrebbe
un effetto limitato. Nulla può impedire agli intrusi di cambiare continuamente
identità e quindi superare le nostre difese (come fanno, anche fuori dalla
rete, organizzazioni truffaldine di ogni specie, per evitare di essere ritrovate
dalle loro vittime o dai rigori della giustizia).
Inoltre, non tutto lo spamming può essere
definito "a priori" inaccettabile. Se qualcuno ci bombarda per
rifilarci qualche "catena di Sant'Antonio", qualche prodotto o
servizio che non ci interessa, o le sue opinioni più o meno settarie e
fanatiche... è giusto pensare a tutti i modi possibili per levarcelo dai piedi.
Ma supponiamo che sia la vittima di una persecuzione politica, che sta
disperatamente cercando di superare la censura cui è sottoposto, e diffonda il
più largamente possibile la sua denuncia o la sua richiesta di aiuto? Chi di
noi si sentirebbe di criticarlo o di cercare di bloccare la sua azione?
Non so quale sia la soluzione del problema, al di
là della nostra personale capacità di cancellare, senza leggere più della
prima riga, i messaggi sgraditi (ma intanto abbiamo subito un indesiderato
"carico di banda"). Ma alcuni modi ci sono, anche se meno
semplicistici della ricerca di un "protettore" (che sia una legge
dello stato o il filtro di un provider) che inevitabilmente si trasformerebbe in
"censore", con gravi rischi per la libertà della rete. In questo caso
è estremamente probabile, se non certo, che la medicina si riveli più nociva
della malattia che tenta di curare.
Non credo che sia ragionevole chiedere a Tin, o a
qualsiasi altro provider, di difenderci dallo spamming. Potrebbero farlo
solo con automatismi inefficaci quanto pericolosi. Peggio ancora, come qualcuno
ipotizza, chiederlo alla registration authority (quella che siamo
abituati a chiamare GARR, ma oggi ha un'identità http://www.nic.it
diversa). È vero che l'istituto di controllo per l'assegnazione di
domain in Italia impone di sottoscrivere un impegno a rispettare la netiquette.
Ma questa mi sembra più che altro (mi si perdoni la franchezza) un'operazione
cosmetica e difensiva, per "pararsi il didietro" nel caso di eventuali
polemiche o dissensi. Prima di tutto è improprio imporre come norma la netiquette,
che non è e non è mai stata una "regola", ma solo un sistema di
consigli dettati dall'esperienza, che ognuno è libero di seguire se vuole e
di interpretare come crede. Inoltre un sistema di controllo basato su questi
concetti sarebbe incredibilmente complesso, arduo nella definizione
"rigida" di criteri che per loro natura non lo sono; in pratica,
inapplicabile. Infine... sarebbe inutile, perché i trasgressori potrebbero
usare un domain .com o registrarsi nell'isola di Tonga.
Una soluzione possibile è quella proposta da
John Hagel e Arthur Armstrong nel loro libro Net Gain. Un sistema di
comunità "autogestite", dove ognuna governa la posta elettronica
secondo le sue regole. Il gestore della comunità sa quali sono le preferenze e
le aree di interesse degli altri membri, quindi inoltra a ciascuno solo la posta
che desidera ricevere. Teoricamente perfetto, ma molto impegnativo: un servizio
del genere può essere poco automatizzato, richiede un forte impegno di tempo e
di attenzione da parte di chi gestisce il sistema, è applicabile solo in un
gruppo dove tutti si conoscono bene e hanno un forte rapporto di fiducia fra
loro.
Che cos'altro si può fare? Per cominciare,
bisognerebbe diffondere una vera cultura della rete. I nuovi utenti sono
sommersi di proposte più o meno spettacolari, di promesse miracolistiche e di
complessità tecnologiche inutili se non dannose; ma quasi nessuno si sta
occupando seriamente di spiegare la netiquette
http://www.quadrante.com/netiquette/ e altri criteri
pratici di comportamento. Molti ingombri
in rete sono causati non da intenzionale spamming ma da errori di utenti
inesperti e dalle bizzarrie di automatismi mal concepiti.
Inoltre, si potrebbero individuare e attaccare i "colpevoli abituali".
Non so quanto e come siano denunciabili dal punto di vista legale, ma sono
sicuramente "perseguitabili", con non poca efficacia, da critiche e
denunce in rete che possono rendere molto scomoda la loro sopravvivenza.
Parecchi, infatti, cominciano a preoccuparsi. Vedo sempre più spesso, negli spamming
che ricevo, annotazioni come "se non vuoi più ricevere posta da noi
diccelo" o "puoi fare unsubscribe" o "ci scusiamo per
l'invadenza". Certo, sarebbe meglio se invece di scusarsi avessero
evitato del tutto di scrivermi: ma queste cautele dimostrano che non sono del
tutto tranquilli... e questo è un piccolo, ma concreto, passo avanti.
In sostanza... più che intervenire
chirurgicamente, con tagli sanguinosi che potrebbero incidere in modo anche
imprevedibile sulla "carne sana" (e che dovrebbero continuamente
ripetersi per inseguire nuovi a inaspettati bubboni) credo che la soluzione più
efficace sia sviluppare gli anticorpi. Probabilmente non possono estirpare del
tutto il male, ma se riuscissero a contenerlo in proporzioni
"sopportabili" sarebbe un grosso passo avanti.
Quindi... credo che attaccare Tin, o qualsiasi altro provider, su questo terreno
sia del tutto inutile, se non pericoloso. È molto più importante, anche se
apparentemente meno facile, risvegliare la coscienza dei "cittadini
della rete".
* * *
Un problema del tutto diverso, che sembra
difficile affrontare in modo sistematico, è il comportamento della Telecom. Lo
"schiacciasassi" che ci ha sempre oppresso con mille prepotenze oggi
dovrebbe cominciare a essere meno arrogante. Il monopolio non è più del tutto
inattaccabile. Cominciano a esserci denunce precise, come quella dell'AIIP
a proposito dell'abuso di posizione dominante. Ma è ancora troppo poco. Le
critiche ci sono, ma sono disperse. Ottengono un'eco momentanea le ripetute
iniziative contro la TUT (tariffa urbana a tempo) che sono invariabilmente
superficialmente demagogiche e del tutto inefficaci. Da decenni si denunciano
gli abusi nelle "bollette" ma nessuno è ancora riuscito a far
prevalere gli interessi degli utenti. La verità è che questo enorme mostro
burocratico, nato nella cultura del monopolio e dell'imposizione, lacerato da
lotte interne di potere (di cui solo una piccola parte sale "all'onore
delle cronache"), capace di influenzare pesantemente leggi, norme e
regolamenti (e in parecchi casi, di cui solo alcuni pubblici e documentati, di
ridurre al silenzio i suoi critici o letteralmente "comprarli") non ha
un DNA di servizio e farà molta fatica, se mai sarà davvero costretto, a
mettersi al servizio dei suoi utenti.
Sono tali e tanti i tentacoli della piovra che
individuarne i nuclei è tutt'altro che facile. Devo candidamente confessare
che non so qual è la soluzione. Ma se ci fosse più attenzione, da parte di
tutti, al comportamento di questa e di altre grandi organizzazioni che
controllano le leve dei sistemi di comunicazione (cioè il tessuto vitale della
società e dell'economia) e se il problema fosse affrontato in modo non
genericamente ostile (nessuno, credo, vuole "ammazzare" la Telecom)
né superficiale e frammentario, ma con un'analisi un po' più
approfondita... credo che riusciremmo, un po' per volta, a ottenere qualche
risultato. È un sogno? Forse. Ma se non ci concediamo il lusso di sognare un po',
e se non tentiamo mai di guardare oltre il recinto del nostro giardino,
difficilmente usciremo dalla prigione, dall'intrico di piccoli o grandi abusi,
in cui siamo un po' troppo abituati a vivere.
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