La legge difende i diritti degli
utenti?
di Manlio Cammarata - 01.03.99
(Intervento al convegno "Internet:
i diritti telematici")
Rispondere a questa domanda potrebbe essere
facile e veloce, un monosillabo: "sì". Perché in uno Stato di
diritto come il nostro il cittadino è protetto da una quantità di leggi -
anche troppe! - che gli danno la possibilità di far valere i suoi interessi nei
confronti di qualsiasi abuso. In particolare, disposizioni recenti proteggono
specificamente il cittadino in quanto "consumatore" e quindi anche
come abbonato all'internet.
La realtà è diversa, sia perché in molti casi le leggi sono di difficile
applicazione, sia perché l'ordinamento giuridico è in cronico ritardo rispetto
all'evoluzione e alla diffusione delle tecnologie.
Dunque la risposta è un "ni", che in
molti casi tende decisamente più al "no" che al sì".
Per capire le ragioni di questo stato di cose, è
necessaria una ricognizione su quali siano i diritti dell'utente dell'internet.
Cerco di fare un breve elenco, con qualche considerazione sui punti che mi
sembrano più importanti.
1. Diritto di accesso a prezzi ragionevoli e
uguali per tutti
2. Diritto all'informazione pubblica e alla conoscenza della legge
3. Diritto di scelta dei contenuti e garanzia contro ogni forma di censura
4. Diritto di essere protetto da contenuti offensivi e da violazioni della
riservatezza
5. Diritto di non essere preso in giro
1. Per "diritto di accesso" intendo la
possibilità, per tutti, di accedere all'internet a pari condizioni, di poter
scegliere il fornitore di accesso e di avere un servizio di buona qualità a
prezzi accettabili.
Questo diritto oggi è negato.
Prima di tutto è urgente assicurare a tutti
gli utenti il diritto di accesso alla rete a pari condizioni, compreso il
diritto di scegliersi il provider. Non è accettabile che un abbonato che si
collega da un piccolo centro debba pagare una tariffa quattro o cinque volte
più alta di quella che paga chi risiede in una grande città, oppure che sia
costretto a rivolgersi a un fornitore di provincia, strozzato dalla scarsa banda
che può permettersi grazie al prezzo astronomico delle linee dirette. O che sia
costretto a rivolgersi all'operatore dominante.
Secondo, abbassare questa tariffa, uguale per tutti (ripeto e sottolineo, uguale
per tutti) a livelli tali da costituire un serio incentivo alla diffusione e
al maggior uso dell'internet, anche seguendo (con intelligenza) il dettato del
collegato alla legge finanziaria.
Che questo risultato si ottenga con un rallentamento degli scatti (ma è
soprattutto necessario abolire gli scatti alla risposta, per non penalizzare i
brevi collegamenti tipici dell'uso professionale), che questo avvenga con i
numeri blu, azzurri o a pallini non mi interessa. L'importante è che siano
rispettati i principi di orientamento ai costi, di proporzionalità e di non
discriminazione imposti dalla normativa comunitaria.
Poi è necessario diminuire questa tariffa
che, ripeto, deve essere uguale per tutti. Qualcuno chiede, semplicemente, di
abolire la TUT. Fantastico. Però si dovrebbe fare in modo che, dopo una
settimana di "NOTUT", il popolo della Rete non si metta a reclamare a
gran voce il ritorno del balzello, perché l'internet italiana si è bloccata o
quasi. Il nostro mercato non può sostenere una rivoluzione di questo tipo, da
un giorno all'altro, perché non la sopporterebbe né dal punto di vista tecnico
né da quello commerciale. Non si può applicare in Italia - e in tutta Europa -
una soluzione che è normale in un mercato come quello USA, completamente
diverso dal nostro.
Veniamo al secondo "diritto
dell'utente", secondo la classificazione (del tutto arbitraria) che ho
fatto all'inizio: il diritto all'informazione pubblica e alla conoscenza della
legge.
La pubblica amministrazione - o, meglio, l'Autorità per l'informatica nella
pubblica amministrazione - sta compiendo uno sforzo gigantesco per far
funzionare gli uffici con un uso intelligente delle tecnologie
dell'informazione, prima di tutto con l'introduzione del documento informatico.
Ma questa rivoluzione ha tempi inevitabilmente lunghi.
L'AIPA sta studiando anche come mettere la legge a disposizione dei cittadini
attraverso l'internet, in forma organica e effettivamente utile. Un cammino
complesso e, anche qui, fatalmente lungo. Ma c'è una cosa che si può fare
subito, oggi: mettere la Gazzetta ufficiale a disposizione dei cittadini -
gratis! - attraverso l'internet. Perché si può fare subito? Perché la GU
è già sull'internet, è già pronta, ma è disponibile solo per gli enti
territoriali che dipendono dal Ministero dell'interno. Senatore Semenzato, qui
c'è materia per un'interrogazione al Governo!
Terzo diritto: scelta dei contenuti e assenza di
censura. Ovvero i reati compiuti "anche per via telematica", come
recita l'infame articolo della legge sulla pedofilia, e lo spinoso problema
della responsabilità del provider.
Una notizia di pochi giorni fa: in Francia un provider è stato condannato a una
forte multa - e ha dovuto chiudere - per un contenuto immesso da un utente.
Lo ripetiamo da anni: su questo punto sono necessarie norme chiare, perché
rendere un fornitore di spazi o di accessi responsabile dei contenuti del sito
significa trasformarlo in censore. E siccome è materialmente impossibile
controllare anche una minima parte di quello che normalmente passa su un server
connesso al web, attribuire al provider la responsabilità sui contenuti
significa spegnere tutte le voci indipendenti, libere e alternative che fino
a oggi si sono espresse grazie alla telematica. Occorre stabilire con
urgenza quali sono gli obblighi del provider per la protezione contro i
contenuti "pericolosi" o illegali: l'identificazione dell'abbonato che
è abilitato a immettere contenuti in aree accessibili al pubblico è una misura
necessaria, anche se si devono prevedere meccanismi di tutela dell'anonimato,
per chi lo richiede.
Ma l'identificazione degli abbonati - ecco un argomento del quale dovrebbe
occuparsi il "governo" dell'internet - è un campo minato, perché la
normativa sulla tutela dei dati personali (il decreto legislativo 171/98)
prevede che i log dei collegamenti vadano cancellati subito dopo la chiusura
della sessione, se non vi sono necessità di fatturazione.
Tutto questo mentre ci troviamo di fronte alla prospettiva di accessi a Internet
completamente gratuiti, senza fatture e senza preventiva identificazione degli
abbonati. Il caos.
Quarto diritto: essere protetto da comportamenti offensivi o irritanti e da
violazioni della riservatezza. Questo punto è naturalmente correlato al
precedente. Qui il legislatore deve metter mano a norme efficaci, che tengano
conto (nei limiti del possibile) della natura globale della Rete. Occorrono le
regole per i servizi in rete e per il commercio elettronico, previste dalla
legge-delega 676/96, quella specie di scialuppa di salvataggio che è stata
attaccata alla 675 fin dal momento del varo. Occorre fare chiarezza
sull'applicazione delle disposizioni del DLgs 171/98 sui servizi interattivi,
occorre anche - a livello internazionale - una disciplina della pubblicità
invadente. Sotto questo punto di vista l'internet sta diventando peggio della
televisione.
Finisco con quella che può sembrare una battuta:
il diritto di non essere preso in giro. Uso questa espressione per rispetto
verso l'istituzione che ci ospita, ma tutti avete capito che cosa intendo dire.
E' ora di dire basta alle "offerte convenienza" che convengono solo a
chi le fa, ai falsi miraggi dell'internet gratis e via discorrendo.
C'è una cosa che voglio ricordare, come esempio perfetto di presa in giro degli
utenti. Un anno fa, più o meno, Telecom Italia annunciò l'accorpamento dei
1399 settori telefonici in 696 aree locali. Presentò la cosa come un regalo
agli abbonati, affermando che sarebbe aumentato il numero di coloro che
avrebbero chiamato con la TUT invece che in teleselezione. Telecom non ha mai
fornito cifre per dimostrarlo, ma una cosa è sicura: gli utenti delle zone
vicine alle grandi città, quelli con i numeri che incominciano per
"9" dopo un periodo confuso in cui non si capiva a quale tariffa
fossero soggetti, passarono dalla "intersettoriale" (di poco
superiore alla TUT) alla seconda fascia della teleselezione. Internet
compresa.
Voglio richiamare la vostra attenzione su un
ultimo punto, una questione che si dibatte inutilmente da quasi quattro anni:
quella del decreto legislativo 103/95, ora decaduto, che ha stabilito il regime
delle notificazioni e autorizzazioni per gli internet provider. Sono quasi
quattro anni che il Ministero delle comunicazioni accetta le dichiarazioni dei
provider che offrono collegamenti solo dalla rete commutata, e sono quasi
quattro anni che la polizia postale li tartassa con ispezioni, verbali e multe
milionarie. Si faccia chiarezza, una buona volta.
E, a proposito di milioni, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni si
affretti a stabilire le nuove condizioni per le autorizzazioni generali e
determini i contributi. Che, è il caso di ricordarlo, devono essere
"intesi a coprire esclusivamente i costi amministrativi connessi al
rilascio, alla gestione, al controllo e all'attuazione del relativo sistema di
autorizzazione generale", come recita la direttiva europea 97/13.
Credo che sia importante che una discussione su
questa materia si svolga qui, al Senato. Ma quanto dovremo aspettare ancora per
vedere nelle aule parlamentari, non nelle sale per i convegni, un dibattito sui
diritti dei "cittadini telematici"?
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