Intervista
Rodotà: la rappresentatività è alla base
dei codici di settore
23.07.98
InterLex - Professor Rodotà, dal
convegno dell'8 maggio scorso sono emersi alcuni punti essenziali per la
futura normativa di Internet, prima di tutto l'opportunità di affidare il
dettaglio dell'applicazione delle norme all'autoregolamentazione dei
fornitori. L'articolo 31 della legge 675/96 affida al Garante il compito di
promuovere i codici deontologici "nell'ambito delle categorie
interessate". Alcune categorie, come gli investigatori privati e le
società di "direct marketing" hanno preso l'iniziativa e avviato un
dialogo con il vostro ufficio. E il mondo di Internet?
Rodotà - Dall'autunno, come la legge
prevede, il Garante prenderà delle iniziative. Gli investigatori privati e il direct
marketing (qui esprimo un'opinione personale) potrebbero essere
considerati quasi dei casi pilota, sulla base dei quali noi potremmo stimolare
una specie di iniziativa pubblica sui codici deontologici, lanciando un appello
alle varie categorie interessate.
InterLex - Lei ha definito
"speciale norma secondaria" il codice deontologico dei giornalisti,
specificamente previsto dall'articolo 25 della legge. Non sembra che i codici
ex articolo 31 possano essere considerati sullo stesso livello: qual è il loro
posto nell'ordinamento, come possiamo definirne la natura giuridica?
Rodotà - La possiamo definire nel senso
che quelli dell'articolo 31 sono dei codici deontologici in senso proprio, sia
pure certificati in qualche misura dal Garante. Il quale ha, tra i suoi vari
compiti, anche quello di promuovere l'autodisciplina di settore, sulla base di
un fatto: la crescita di una consapevolezza dell'importanza della privacy,
che certamente è una questione che riguarda ciascun cittadino, ma che deve
riguardare anche le organizzazioni imprenditoriali. E mentre per il cittadino
questo si risolve nella propensione maggiore o minore a vedersi trattati da
terzi i suoi dati personali, nella consapevolezza più o meno diffusa dei poteri
che la legge gli ha attribuito, per le organizzazioni imprenditoriali si risolve
nelle regole che queste organizzazioni si danno, indipendentemente dalla legge o
per integrarla. Naturalmente i limiti dell'autoregolamentazione li conosciamo,
e sono i limiti derivanti dal fatto che vincolano soltanto gli aderenti alla
categoria.
InterLex - Aderenti alla categoria o
aderenti ai codici? Non è la stessa cosa.
Rodotà - Non è la stessa cosa, perché
il codice non è come un contratto collettivo con efficacia erga omnes,
senza dubbio. Il discorso è diverso per i codici di categorie professionali che
hanno una rilevanza pubblicistica, come i medici, gli avvocati e gli stessi
giornalisti: per il fatto stesso di essere iscritto a un ordine, un soggetto è
vincolato al rispetto di certe regole. Ma c'è anche l'esperienza di un
codice di deontologia importante e collaudato, come il codice della lealtà
pubblicitaria, che è un codice di autodisciplina ad adesione volontaria, al
rispetto delle cui regole ci si può sottrarre revocando la propria adesione.
Qui la questione è più complessa.
C'è un altro elemento, che l'articolo 31 esplicitamente individua: la
rappresentatività. Questo significa che siamo su un terreno che tende a
valorizzare questi codici in funzione di una serie di elementi, che
tradizionalmente non ci sono per i settori non di rilevanza pubblicistica. In
questo caso ci sarebbe l'intervento del Garante, che darebbe atto di una
rappresentatività della categoria: questo implicherebbe una maggiore rilevanza
del codice perché, pur non essendo possibile considerarlo una fonte di diritto
in senso proprio, certamente se si va davanti a un tribunale e qualcuno, tra i
tanti elementi, invoca anche la violazione di un codice, il fatto che sia stato
"certificato" dal Garante fa crescere il peso della regola
deontologica e la possibilità che essa sia presa in considerazione da parte del
giudice.
Poi c'è una questione generale sul ruolo dell'autoregolamentazione.
Semplificando, si può dire che in Europa si fanno le norme e negli Stati Uniti
l'autoregolamentazione. Ma adesso si può verificare una dialettica piuttosto
interessante, perché mentre noi stiamo parlando di autoregolamentazione, negli
Stati Uniti c'è stata una messa in guardia di Gore, che ha detto: "o voi
fate salire autonomamente il livello di tutela della privacy o noi interveniamo
con norme", il che per gli Stati Uniti è un fatto notevole. Noi invece
abbiamo un sistema giuridico in cui si inseriscono i codici deontologici, e la
legge 675 lo prova. Ci troviamo in una situazione nella quale alcuni principi
generali, che sono di tipo costituzionale, hanno delle indicazioni normative,
che sono quelle della 675, e che dovrebbero essere integrate e completate con la
delega (se ci sarà ancora, perché quella della 676 è scaduta e deve essere
rinnovata dal Parlamento). Il punto è proprio nel sistema della legge, che
formula alcuni principi, prevede la delega al Governo per ciò che riguarda una
serie di settori e poi inserisce i codici deontologici. Vuol dire che non si
può lasciare tutto ai codici deontologici, bisogna dare un quadro all'interno
del quale i codici deontologici possano funzionare. Questo mi pare che sia il
sistema, le linee evolutive che abbiamo di fronte a noi.
InterLex - Tutto questo non risolve il
problema dell'adesione ai codici per tutti gli appartenenti alle categorie
interessate. Quindi la tutela degli utenti non è poi così forte.
Rodotà - Mi pare che in passato qualche
impresa abbia detto "noi aderiamo al codice della lealtà
pubblicitaria" come in altri settori, per esempio le società che fanno
ricerche di mercato, affermano di far parte di una certa organizzazione e di
aderire al codice europeo di autoregolamentazione. Questo fa crescere l'affidabilità
delle imprese. In queste condizioni il cittadino che un domani avesse qualcosa
da ridire, sarebbe più fiducioso, ma qualora questa sua fiducia fosse
frustrata, avrebbe la possibilità non solo di far valere le sue ragioni nelle
sedi proprie dell'autodisciplina, ma anche davanti agli organi di giustizia.
Potrebbe dire "io sono entrato in rapporto con un signore che mi diceva che
avrebbe applicato delle regole, che in qualche modo ho ritenuto integrative del
nostro accordo. Quindi tu devi valutare se da parte sua c'è qualche
responsabilità, devi tenere conto anche di questo, perché fa parte del
rapporto contrattuale che ho instaurato con lui".
InterLex - Il Garante ha il compito di
promuovere i codici deontologici per quanto riguarda la protezione dei dati
personali, ma nel mondo di Internet sono molte le materie che possono essere
oggetto dell'autodisciplina. Stilare un codice per ogni attività dei
fornitori non è pratico, quindi è opportuno che ci sia un solo codice. Ma sui
punti diversi dalla tutela dei dati il Garante non può intervenire.
Rodotà - Anzi, è bene che il Garante da
questo cose si tenga lontano, se no invaderebbe settori che non gli competono.
InterLex - Ma come dare efficacia a
questo codice anche per ciò che non riguarda la riservatezza, quale forma di
"omologazione" è possibile?
Rodotà - Questo è un problema: le norme
sulla privacy possono essere inserite in un codice di maggiore portata,
di cui riconosco l'opportunità, ma qual è la valutazione generale che noi
potremmo fare? Potremmo dire che le norme sulla privacy, inserite in un
certo contesto, appaiono buone, rafforzate o indebolite. Questo lo dovremmo
dire, perché potrebbe esserci un tipo di contesto in cui le norme sulla "privacy"
siano "rimangiate" da altre disposizioni. Se invece questo problema
non ci fosse, noi potremmo certificare la bontà della parte di nostra
competenza del codice, che in questo senso essa avrebbe un "valore
aggiunto" dalle altre parti.
Come potrebbe essere legittimato il codice nel suo complesso? Qui possono
esserci solo vie informali, perché o si stabiliscono in altre sedi e con altre
leggi, procedure per una valutazione più generale, a seconda dei settori,
oppure questo compito spetta a coloro i quali promuovono o aderiscono al codice.
Loro possono informare i cittadini dicendo "se voi entrate in contatto con
questo settore, avete questi diritti, mentre noi ci impegnamo a questo e quest'altro".
InterLex - E con questo torniamo ai
codici come complemento degli strumenti contrattuali, ma con un alto valore di
principio. In conclusione, professor Rodotà, come prevede che si svilupperà l'elaborazione
del codice di autodisciplina dei fornitori di Internet?
Rodotà - Dipende molto anche da come si
evolverà tutto il settore. Credo che alcuni settori, che prima erano
estremamente ostili e diffidenti nei confronti del Garante, ci abbiamo dato atto
dell'attenzione che abbiamo dedicato ai loro problemi, anche quando certe
risposte non le potevamo dare, perché la legge ci vincolava. Ma poi ci hanno
riconosciuto come interlocutori. Alcune rigidità che c'erano all'inizio ora
cominciano a venir meno. Secondo me questo è molto importante, perché se
cambia il clima, se non c'è più un gioco di reciproche diffidenze, i codici
deontologici sono una delle strade che si devono percorrere. Fermo restando che
le altre strade sono da parte del Governo l'esercizio della delega, se sarà
rinnovata, e in alcuni casi da parte del Parlamento l'assunzione di
responsabilità che non possono essere scaricate sul Garante. Ci sono scelte che
il Garante non può fare, a meno di voler incorrere nel rischio di sentirsi dire
che le sue scelte rendono difficili le cose.
In conclusione vorrei dire questo: finora noi siamo stati molto, molto
responsabili, nel senso che di fronte a una serie di impazienze dell'opinione
pubblica non abbiamo detto "prendetevela con i parlamentari che, quasi all'unanimità,
hanno votato questa legge, non scaricate sul Garante tutte le responsabilità,
scrivete al vostro Deputato, come si direbbe negli Stati Uniti". Abbiamo
fatto un lavoro paziente, di aggiustamento, di contatti, ma se poi si supererà
una certa soglia, il Garante indicherà con molta precisione chi sono i
responsabili, invitando i cittadini a rivolgersi a loro. Se certe cose non
vanno, non è responsabile il Garante, e poi questa non è la "legge
Rodotà", che a quel tempo in Parlamento non c'era...
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