Tribunale di
Cagliari - Ordinanza del 23.12.2000
(Tiscali c. Marcialis)
IL TRIBUNALE DI
CAGLIARI
SEZIONE 1° CIVILE
composto dai signori:
Dott. Gian
Giacomo Pisotti Presidente
Dott. Giuseppe
Pintori Giudice
Dott.Vincenzo
Acquaro Giudice est.
ha pronunziato la seguente:
ORDINANZA
nella causa iscritta al n. 6363
del Ruolo Generale degli Affari
Contenziosi Civili per l'anno 2000
e promossa da :
Marcialis Walter residente in
Nuoro ed ivi elettivamente domiciliato presso lo studio dell'avv. Ubio Dolfi,
che lo rappresenta e difende per procura speciale a margine al ricorso introduttivo
reclamante
contro:
Tiscali S.p.a. in persona del presidente Dott. Renato
Soru e Andala S.p.a (già Andala UMTS S.p.a.), in persona dell'Amministratore
Delegato dott. Renato Soru, con sedi in Cagliari, entrambe elettivamente
domiciliate in Cagliari presso lo studio dell'avv.to Gabriele Racugno che,
unitamente all'avv. Dionigi Scano, le rappresenta e difende per procura
speciale a margine dell'atto introduttivo di primo grado
reclamate
e contro
Registration Authority italiana
presso il Gruppo di Armonizzazione delle reti di ricerca,istituto per le
applicazioni telematiche del consiglio nazionale delle ricerche,con sede in
Ghezzano (Pisa)
resistente
e contro
Andaledda Spa (già Andala S.p.a ), rappresentata e difesa
dagli avv.ti Gabriele Racugno e Dionigi Scano, in forza di procura a margine
della comparsa di intervento volontario in data 15/03/2000
interveniente
Il Tribunale
letti gli atti osserva quanto
segue:
con ricorso depositato il 25
febbraio 2000 Tiscali S.p.a. aveva allegato:
di essere un noto operatore
nell'ambito delle telecomunicazioni tramite telefonia fissa e reti telematiche
e che, in esecuzione del proprio progetto di sviluppo commerciale, il 18
novembre 1999 aveva annunziato alla stampa nazionale ed estera la nascita di Andala
UMTS S.p.a., società partecipata al 90%
dalla stessa ricorrente ed ai 10% da Franco Bernabè, ex amministratore delegato
di Telecom Italia;
che l'iniziativa aveva trovato
larghissima eco nella stampa nazionale ed estera e nei servizi trasmessi dalla
redazione economica delle maggiori reti televisive nazionali;
di aver chiesto ed ottenuto
dall'Ufficio italiano brevetti e marchi la registrazione del marchio "Andala"
inoltrando quindi domanda per l'assegnazione del nome a dominio Internet www.andala.it, al fine di collocarvi il sito
della società Andala UMTS S.p.a;
che la Registration Authority Italiana, il 12 dicembre 1999, aveva
comunicato che il nome a dominio
richiesto era stato assegnato ad
altro soggetto, il sig. Walter Marcialis, il quale aveva preceduto di qualche
ora la Tiscali S.p.a. nell'espletamento delle procedure di registrazione;
che la controparte aveva inserito nell'indirizzo Internet
in questione un annuncio idoneo ad ingenerare confusione presso il pubblico,
poiché contenente la promessa di presentare attraverso il proprio sito "un
nuovo modo di comunicare", con ciò riferendosi all'oggetto sociale di Andala
UMTS S.p.a. destinata ad operare nel settore delle telecomunicazioni;
che, nonostante la successiva
modifica del messaggio, il Marcialis non aveva cessato l'usurpazione del
nome a dominio e che non vi era
garanzia alcuna in ordine ad ulteriori
possibili modifiche del contenuto del sito nel futuro.
Ciò posto e ritenendo che la
condotta del resistente fosse in realtà, strumentale all'ottenimento di una
cospicua remunerazione economica quale contropartita della cessazione
dell'attività illegittima, la ricorrente aveva chiesto, in via di urgenza, che
venisse ordinato alla Registration Authority italiana di provvedere
all'immediata sospensione dell'assegnazione a Walter Marcialis del nome a
dominio www.andala.it , e che fosse inibito
all'attuale intestatario del sito ogni suo ulteriore utilizzo preannunziando la
proposizione, nella successiva causa di merito, delle seguenti domande:
"accertare l'usurpazione
ovvero della contraffazione del marchio "Andala" da parte del Marcialis, con
conseguente lesione dei diritti su tale marchio vantati da parte ricorrente e,
per l'effetto, e dichiarare l'illegittimità dell'assegnazione presso la RAI del nome dominio www.andala.it a favore del Marcialis stesso;
ordinare alla RAI di
registrare il dominio www.andala.it a nome
della Tiscali S.p.a. come da domanda in data 22 novembre 1999;
accertare la violazione da parte del Marcialis degli
obblighi di cui all'articolo 2598 cc con ogni conseguente pronunzia volta ad
inibire la prosecuzione di tali atti;
ottenere la condanna di Marcialis Walter al
risarcimento di tutti i danni causati e causandi".
Il Marcialis, costituitosi, aveva contestato la
fondatezza della domanda cautelare e ne aveva chiesto il rigetto sostenendo di
operare da tempo nel settore illuminotecnico con la sua impresa, distinta con
la ditta "Marwal", corrente in e precisando che oltre a vendere prodotti di
altre aziende, egli progettava e produceva lampade vendute presso il proprio
punto vendita ed esposte in numerose mostre itineranti.
L'esponente aveva asserito che,
in ragione della qualità ed affidabilità delle lampade di sua progettazione,
nel 1996 e nel 1998 gli era stata commissionata dal Soroptimist International
d'Italia di Nuoro la fornitura dei corpi illuminanti destinati a due mostre sui
dolci tipici del nuorese e sull'artigianato sardo, sottolineando che nell'occasione aveva realizzato un
progetto risalente al 1992, relativo ad una lampada denominata appunto
"Andala".
Il resistente, affermando che di
tali lampade erano state fatte molteplici riprese televisive e fotografiche da
parte di turisti italiani e stranieri i quali avevano visitato le mostre
organizzate dal Soroptimist, e che riproduzioni fotografiche della mostra erano
state inviate a Milano per essere pubblicate sull'annuario del Soroptimist
International Italia, aveva sostenuto che la produzione e la vendita delle
lampade denominate Andala aveva
superato il confine del preuso locale.
Il resistente aveva, poi, negato che la registrazione del
sito avesse comportato la violazione di alcun diritto delle controparti
giacché, a suo dire, non vi era pericolo che gli utenti Internet potessero
confondere il sito www.andala.it con
quelli delle società ricorrenti, in quanto il nome a dominio non poteva essere
considerato l'unico elemento distintivo valido ed efficace nella rete Internet
sollecitando, per le esposte considerazioni, la reiezione del ricorso e
chiedendo, anche in via riconvenzionale, che , accertato il suo diritto di
preuso del marchio Andala in discussione, fosse inibito alle controparti ogni
utilizzazione non autorizzata di tale segno distintivo. Nel corso del primo
giudizio, con comparsa del 15 marzo 2000, era intervenuta volontariamente nel
processo la Andala S.p.a.
All'esito dell'istruzione
sommaria il primo giudice, accogliendo l'istanza cautelare, ha ordinato alla
Registration Authority Italiana presso l'istituto per le applicazioni
telematiche del C.N.R. di procedere alla sospensione dell'assegnazione del nome
a dominio www.andala.it a Walter Marcialis
e di assegnare in via provvisoria detto nome a dominio alla società resistente
Tiscali S.p.a.
Con ricorso depositato il 12
aprile 2000 il Marcialis ha proposto reclamo avverso la prima decisione sulla
base di una serie di motivi che verranno di seguito esaminati, chiedendo la
revoca del primo provvedimento ovvero, in subordine, che fosse disposta la sola
sospensione dell'assegnazione del sito conteso.
In successive note autorizzate la
parte reclamante ha, inoltre, contestato la legittimazione attiva della società
Andaledda S.p.a.
Tiscali S.p.a., Andala S.p.a. (
già Andala UMTS S.p.a.) ed Andaledda S.p.a. si sono costituite con comparsa,
spiegando a loro volta articolate difese e sollecitando la conferma della prima
decisione.
1) Sulla
legittimazione
In via
preliminare la parte reclamante ha riproposto, ex art. 100 cpc, l'eccezione di
difetto di legittimazione attiva della società Andaledda S.p.a. (gia Andala
S.p.a.), sia perché assegnataria dei siti Internet www.andaledda.com , www.andaledda.net, e www.andaledda.it dal 16.03.2000, sia in
quanto la stessa non avrebbe prodotto in giudizio la propria iscrizione alla
CCIAA di Cagliari, sia ancora perché si tratterebbe di società inattiva, sia
infine perché non avrebbe dimostrato di essere titolare del marchio di cui si
assume la violazione, circostanze queste che avrebbero impedito all'esponente
una adeguata difesa. L'eccezione va respinta rinviandosi a quanto già precisato
dal primo giudice nell'ampia ed articolata motivazione sul punto.
Concorda infatti il collegio con il rilievo che,
avendo la società Andaledda spiegato in prima istanza- con la denominazione
Andala S.p.a.- un intervento adesivo dipendente, il suo interesse deriva
dall'essere un soggetto compartecipe ed associato ( in senso economico) in
attività imprenditoriale integrata a livello di gruppo.
2) Sul
domain name
Nel merito
il reclamante osserva come l'azione esercitata dalle controparti nei suoi
confronti si fonderebbe sul presupposto che sia ipotizzabile un conflitto
tra un domain name e (la componente
fonetica di) un marchio altrui,
obiettando che in tal modo si finirebbe con l'attribuire al nome a dominio
natura giuridica di segno distintivo, inteso questo come segno grafico idoneo a
svolgere una funzione distintiva di prodotti o servizi offerti
dall'imprenditore.
In tale prospettiva il primo
giudice avrebbe trascurato di considerare che: "Una delle condizioni imprescindibili affinché il sistema Internet
consenta ai diversi computer collegati di colloquiare tra loro è che ciascuna
macchina sia individuata da "un univoco segno di riconoscimento diverso da
quello di tutte le altre e riconoscibile da ogni soggetto della rete". Tale segno
di riconoscimento è costituito da "un numero binario, suddiviso in gruppi di
cifre, ciascuno dei quali svolge una precisa funzione (c.d. indirizzo IP:
Internet Protocol).
per agevolare le operazioni di
memorizzazione e digitazione a tale sistema di localizzazione dei singoli
computer connessi è stato affiancato il sistema degli indirizzi DNS (Domain
name System) il quale, avvalendosi di uno specifico programma di conversione,
consente di far corrispondere a ciascun indirizzo numerico una sequenza di lettere
(eventualmente anche parole di senso compiuto o sigle) e viceversa".
Secondo l'impugnante il Domain
name sarebbe, dunque, un indirizzo telematico che, alla stregua del sottostante
codice numerico, svolgerebbe nella c.d. realtà virtuale ".la stessa funzione
che nel mondo fisico è attribuita all'indirizzo (nonché al sistema delle
coordinate geografiche, bancarie, ecc.)" costituendo un insieme di indicazioni
necessarie per raggiungere un
determinato sito.
Precisa ancora sul punto il
Marcialis che ".né il fatto che l'indirizzo telematico - a differenza di
altri-
può essere scelto da chi opera nel sito corrispondente vale a mutare la natura
dei domain name. Nulla autorizza a riconoscere o negare valenza distintiva ad
un indirizzo in relazione alla sola circostanza che esso sia imposto
dall'esterno o autonomamente scelto dall'interessato", mentre la tendenza in
atto tra gli operatori commerciali che si affacciano ad Internet di far
corrispondere, per quanto possibile, il domain name della propria home page con
la ragione/denominazione sociale o con i propri segni distintivi risponderebbe
ad una esigenza di più immediato e ampio reperimento da parte dei potenziali
clienti, situazione che nulla avrebbe a che vedere con l'interesse posto a base
della disciplina sui segni distintivi. Secondo il reclamante il domain name non
sarebbe infatti in grado di comunicare alcunché in ordine all'origine di quanto
offerto, occorrendo tenere presente:
"che esso viene in considerazione quando il navigatore non ha
ancora fatto il proprio ingresso nel sito, quindi in maniera del tutto
scollegata rispetto ai prodotti e i servizi offerti e per ciò stesso inidoneo a
trarre in inganno;
che una volta effettuato
l'accesso al sito compaiono immancabilmente segni-questi si distintivi - che forniscono
precise indicazioni circa la fonte imprenditoriale di ciò che viene
commercializzato".
Rileva inoltre il Marcialis come
la libertà del titolare di un sito internet di scegliere il proprio domain name
non sarebbe illimitata dovendosi considerare che non è consentita alcuna
scelta per quel che attiene alla
configurazione grafica e cromatica del nome- il quale presenta i caratteri
standard predisposti per la sua digitazione dal programma di navigazione o dalla
macchina e che il nome a dominio viene assegnato a tutti i siti presenti nella
rete e non solo a quelli a contenuto commerciale.
In conclusione, assume
l'impugnante che "con riferimento al sito Internet (luogo virtuale nel quale si
svolgono le transazioni) il domain name e i segni distintivi presenti nella
home page condividono natura e funzioni rispettivamente svolte dall'indirizzo
toponomastico e dall'insegna rispetto ai locali commerciali", avendo, in base
all'articolo 3 comma 2° delle regole di naming adottate dalla Registration
Authority Italiana, la sola funzione di identificare univocamente gruppi di
oggetti (servizi, macchine, caselle postali, ect.) presenti sulla rete".
Da ultimo il Marcialis sottolinea
come l'iscrizione del dominio sia libera e come il marchio sia privo di tutela
in quanto la registrazione dello stesso non avrebbe valore su Internet; per
concludere nel senso che, una volta escluso che il domain name abbia natura di
segno distintivo, verrebbe meno la
stessa possibilità che esso entri in conflitto con un altrui marchio registrato
o di fatto.
Rileva il tribunale come sia vero
che il primo giudice abbia dato per scontata l'applicazione, alla materia, in
discussione, della disciplina sui marchi e più in generale sui segni
distintivi; ma come ciò sia dipeso in larga misura dal fatto che le obiezioni
riportate sono state introdotte per la prima volta in questa fase processuale,
mentre in precedenza nessuno dei contendenti aveva manifestato dubbio alcuno
sul fatto che la registrazione di un nome a dominio potesse trovare opportuna
disciplina nell'ambito del sistema normativo dei segni distintivi.
Ciò posto, e passando alla
sostanza della censura, osserva il collegio come possa ormai considerarsi
chiarito il funzionamento del domain name avendo tale meccanismo trovato
perspicua spiegazione anche negli atti di parte.
Il nome a dominio è una
espressione alfanumerica di una sequenza di cifre utilizzate dal computer, il
quale si giova del sistema binario per individuare un host (ossia un computer
remoto) e collegarvisi.
L'host è, dunque, la meta finale
della connessione, ed esso è alla base della piramide del sistema gerarchico
dei domini e sottodomini identificati dalla stringa contenente l'indirizzo
elettronico. Sicuramente, quindi, è nel vero il Marcialis quando osserva che un
domain name è un indirizzo elettronico e che il sistema degli host e dei
corrispondenti DNS sono, in sostanza, un grande elenco di indirizzi.
Tuttavia, il discorso non può
arrestarsi qui e deve tenere conto sia del risultato che l'utente il quale
"naviga" in Internet consegue quando la connessione con l'host è completata,
sia delle modalità con le quali gli utenti accedono ai servizi della rete.
Quanto al primo profilo è noto (a
chi utilizza il sistema di Internet) che la connessione con un host determina
l'apertura di una pagina in formato "web", ossia di una schermata con una
specifica configurazione che consente l'accesso ad un ambiente virtuale in cui
l'utente può trovare informazioni, pubblicità, sottodomini con ulteriori pagine
web ed anche applicazioni, quali motori di ricerca interni al sito per
l'accesso al materiale ivi archiviato, software da scaricare (download) per
accedere ad ulteriori servizi e non ultimo, esposizione di beni o servizi da
acquistare direttamente in rete.
In ordine al secondo profilo
occorre ricordare che chi utilizza la "rete delle reti" per muoversi al suo
interno ha due possibilità: o conosce esattamente l'indirizzo alfanumerico (domain
name) dell'host a cui intende connettersi, oppure deve avvalersi di uno
dei numerosi motori di ricerca operanti in Internet, che vengono attivati
inserendo dei parametri di ricerca.
Tra questi parametri vi possono
essere degli elementi letterali, quali la denominazione dell'oggetto della
ricerca, ma anche il marchio distintivo di un produttore.
Internet non è solo un sistema di
interconnessione di computer in cui circolano informazioni: esso è, dunque,
anche un immenso mercato virtuale in cui è possibile mettere a disposizione
della massa degli utenti i propri beni e servizi, e proprio con riguardo a quest'ultima
applicazione del sistema diviene cruciale la regolamentazione dell'accesso del
consumatore alla offerta, partendo dalla considerazione che in Internet il
consumatore è un "navigatore", ossia è un soggetto che, per accedere ai servizi
commerciali in rete, deve avvalersi dei medesimi strumenti utilizzati da chi,
invece, "naviga" esclusivamente per reperire notizie e non intende acquistare
alcunché.
Ora, l'organizzazione della rete
che prevede l'accesso di utenti/clienti ai siti ed alle relative pagine web
rende valutabile in termini commerciali l'utilizzo di un dominio corrispondente
ad un marchio o ad un segno distintivo: il dominio assurge -in ambito virtuale-
ad elemento distintivo atipico dell'imprenditore che opera nella rete, in
quanto rappresenta la strada per realizzare una connessione con una pagina web,
la quale a sua volta è un ambiente in cui il possibile consumatore incontra la
domanda accedendo ai servizi che l'imprenditore immette nella rete.
Il domain name è, quindi,
sicuramente un indirizzo elettronico,
ma non solo questo; e qui non viene in considerazione l'aspetto lato sensu
"toponomastico" di tale elemento, bensì la sua caratteristica di strumento
commerciale volto a favorire l'incontro tra una domanda ed un'offerta
all'interno della rete.
Il sistema dei domini presenta
peraltro, come già posto in rilievo dal reclamante, un grave problema che
deriva dalla sua struttura gerarchica e piramidale.
Infatti la stringa
rappresentativa del DSN si compone di varie parti separate da punti, ciascuna
delle quali individua vari livelli della gerarchia dei domini, ossia un
dominio, un sottodominio o il nome di un computer e così via; il cuore
dell'indirizzo è quello che identifica univocamente l' host, dal che scaturisce
la rilevante conseguenza che l' indirizzo deve essere costruito in modo da
premettere la connessione solo e sempre con un unico host, non essendo
possibile che nel sistema telematico esistano omonimie; circostanza questa che,
per un verso rappresenta un limite tecnico della rete e, per altro verso,
accentua l'importanza commerciale del dominio stesso allorché esso coincide con
un marchio. Pare al collegio superfluo sottolineare i vantaggi per un
imprenditore di disporre di un domain name corrispondente al proprio marchio,
soluzione che non è solo una comodità, come sostiene il Marcialis nelle note
del 10 luglio 2000, ma può divenire una precisa necessità commerciale al punto
che esistono oggi legislazioni che colpiscono l'acquisto a scopo di lucro di
domain name aventi ad oggetto marchi famosi (cd. cybersquatting) e reprimono le condotte di coloro che in mala
fede, chiedono la registrazione di domain name corrispondenti a marchi famosi
(comportamenti sanzionati ad esempio dall'Anticybersquatting Consumer
Protection Act).
Quanto poi all'argomento che il
dominio non potrebbe mai interferire con la tematica dei segni distintivi
perché la sua veste grafica sarebbe imposta dalle caratteristiche del sistema,
si tratta di un assunto palesemente privo di pregio se riferito ai marchi costituiti
da una parola, avente o meno uno specifico significato, come appunto il termine Andala.
Quest'ultimo potrebbe assumere il
valore di segno distintivo univocamente idoneo ad identificare un prodotto od
un servizio, pur non avendo alcun significato nella lingua italiana (lo ha solo
nella lingua sarda), né alcun legame con il prodotto od il servizio cui in
ipotesi si riferisca, in quanto la sua capacità distintiva è affidata non alla
peculiarità grafica, ma alla novità fonetica.
Ora, una volta riconosciuto alla
rete il carattere di "mercato virtuale" e dimostrato che la possibilità di un
imprenditore di avvalersi di un nome a dominio corrispondente al proprio
marchio assume una consistente valenza economica (come sostenuto del resto
dallo stesso Marcialis nella propria comparsa di risposta [pag. 5] dinanzi al
primo giudice, dove si sottolinea la potenzialità di Internet come luogo di
incontro virtuale tra domanda e offerta), non può condividersi l' idea espressa
dal reclamante, per cui la Rete sarebbe una zona franca in cui non potrebbero
trovare applicazione le regole proprie che disciplinano i rapporti tra gli imprenditori. Al contrario, ed in assenza di specifiche
regole di settore, occorre reperire nella normativa esistente - e non solo in
quella sulla concorrenza o sui segni distintivi - i principi che devono
necessariamente disciplinare i rapporti commerciali anche all'interno della
Rete.
Ragionare diversamente, pur in
presenza della chiarita valenza economica- per un operatore commerciale - della
sua presenza all'interno di tale mercato virtuale, significherebbe sostenere
che esiste una dimensione
economica " di frontiera" priva di
regole diverse da quelle dettate (palesemente ad altri fini) dalla RAI, come ad
esempio quella del first come first served che, lungi dall'avere una
finalità di regolamentazione dei
rapporti commerciali tra gli imprenditori con riguardo all'assegnazione dei
nomi a dominio, serve solo a preservare il sistema dal rischio di omonimie.
3) Situazione
in fatto
Con altro motivo di impugnazione
il Marcialis si duole del fatto che il primo giudice non avrebbe correttamente
apprezzato la reale situazione esistente al momento in cui era stata ottenuta
l'assegnazione del nome a dominio conteso, rilevando:
che la registrazione del domain
name era stata eseguita il 22 novembre 1999, quando egli era già titolare di un
diritto di marchio non registrato sul segno "Andala" per aver così denominato e
contrassegnato un modello di lampada di sua produzione sin dal 1996;
che da parte di
Tiscali, per
contro, il termine "Andala" era stato adottato in tempi assai più recenti,
risalendo la prima utilizzazione pubblica al febbraio 1999 con una interruzione
durata fino al 18 novembre 1999 quando era stata annunciata alla stampa la
nascita di ANDALA UMTS S.p.a., società destinata a partecipare alla gara per
l'assegnazione di una delle licenze UMTS per l'Italia; che, quindi, alla data
della assegnazione del nome a dominio, né la societàTiscali ne la società Andala risultavano titolari di un diritto di
marchio registrato, posto che la domanda per la registrazione del marchio era
stata depositata all'U.I.B.M. in data 22 dicembre 1999;
che, però, in capo alle
controparti non era neppure sorto un diritto su marchio di fatto, ricorrendo
tale situazione solo in presenza di una utilizzazione concreta ed effettiva da
parte del soggetto che ne invochi la tutela, tale da determinare nella mente
dei consumatori una associazione fra marchio e prodotto;
che, se anche vi era la tendenza
ad attribuire una rilevanza all'uso pubblicitario del marchio, secondo buona
parte della giurisprudenza tale effetto era subordinato alla ricorrenza di
circostanze tali da indurre il consumatore a ritenere imminente la
commercializzazione del prodotto.
che di contro, da parte delle
reclamate non vi era stato alcun comportamento idoneo ad integrare gli estremi
della fattispecie costitutiva del diritto, non essendovi stata alcuna
commercializzazione del servizio e neppure alcuna iniziativa pubblicitaria
propriamente detta, tale non potendosi qualificare - secondo il Marcialis - uno
o più annunci alla stampa né tanto meno l'eventuale risonanza che ad essi
avesse fatto seguito;
che, in ogni caso, la commercializzazione del servizio
non era mai stata prospettata come imminente, essendo in realtà addirittura
meramente eventuale, in quanto subordinata al favorevole esito della gara per
l'attribuzione delle licenze UMTS;
che il termine "Andala" non era
stato prospettato come marchio dell'istituendo servizio di telefonia UMTS, ma
solo come denominazione sociale del gestore;
che, infine, mancava l'elemento
temporale, dovendosi dubitare, secondo l'impugnante, del fatto che la risonanza
avuta dall'iniziativa fosse stata idonea produrre una conoscenza effettiva del
marchio in una porzione non insignificante del pubblico, anche tenuto conto del
limitato arco temporale, di circa 3 giorni, nel quale ciò sarebbe dovuto
accadere.
I motivi di reclamo riportati
traggono origine da quella parte della decisione del primo giudice in cui si è
ritenuto di ravvisare nelle difese del Marcialis una ammissione implicita di un
".precedente impiego del marchio di fatto "Andala" da parte della società
ricorrente Tiscali S.p.a., alla data della registrazione del nome a dominio www.andala,.it " sollecitandosi ora l'esame,
da parte del collegio, della fondatezza di questo assunto.
Occorre subito sottolineare come
il collegio non condivida la tesi prospettata dal Marcialis secondo il quale la
tutela di un marchio di fatto presupporrebbe una effettiva commercializzazione
del prodotto o del servizio o quanto meno il convincimento, da parte dei
consumatori, di una imminente immissione sul mercato dei beni contrassegnati
dal marchio medesimo.
Va, inoltre, posto in rilievo
come appaia del tutto fuori luogo il richiamo alla sentenza n.3224 del 1994
della Suprema Corte in cui non è stato affatto affermato il principio sostenuto
dall'impugnate.
Nell'occasione, infatti, la Corte, nel deridere una
controversia relativa al marchio di fatto "Targa Florio", lungi dall'aver
sostenuto che non vi sarebbe marchio senza prodotto commercializzato, ha
sostenuto la diversa regola per cui la tutela di un marchio viene meno per
desuetudine ove il titolare del segno non ne abbia fatto uso per venti anni.
La motivazione della sentenza
citata appare però egualmente significativa la dove afferma che il complesso di
norme che regolano la materia dell'impresa proteggono le situazioni esistenti
evitali, per cui un marchio di fatto è tutelabile anche ove l'impresa non abbia
ancora commercializzato alcun prodotto o servizio, ma sia in procinto di farlo.
Non pare, infatti, al tribunale
che possa negarsi rilievo, ai fini che qui interessano, alla pubblicizzazione
di un marchio di fatto anche solo nella prospettiva della eventuale immissione
sul mercato di un bene od un servizio,
giacché non sembra che il complesso della disciplina sui segni distintivi
contenga regole che precludano la protezione di chi, prima ancora di
commercializzare una offerta, voglia garantirsi una notorietà del segno che
progetta possa contraddistinguere i suoi
beni.
4) Sulla
questione della rinomanza del marchio
Il Marcialis ha, inoltre, contestato la correttezza della
prima decisione che ha ritenuto la sussistenza di un conflitto tra un marchio
avente rinomanza - creato da Tiscali- ed un marchio con diffusione in ambito
locale, da lui utilizzato, rilevando che, anche a voler ammettere che alla data
di registrazione del domain name fosse sorto in capo alle società avversarie un
diritto di marchio non registrato, non sarebbe stato, comunque, possibile
muovergli alcuna censura.
L'impugnante ha
sottolineato, anzitutto, come le decisioni giurisprudenziali finora assunte
avessero affrontato il tema del rapporto tra domain name e segni distintivi
esclusivamente nella prospettiva (riferibile tanto al marchio registrato quanto
al marchio di fatto ) di negare la sussistenza di una violazione del diritto
esclusivo nel caso in cui tra il titolare del marchio e l'assegnatario di un
domain name non sussistesse un rapporto di concorrenza, essendo lecita la
registrazione- come nome di dominio- di un marchio altrui, ove l'entità
registrante avesse operato in un settore merceologico completamente distinto da
quello del titolare del marchio.
Nello specifico
il Marcialis ha così sostenuto non essere seriamente ipotizzabile che alcuno
dei frequentatori del sito da lui aperto potesse riferire le lampade "Andala"
al marchio Andala UMTS S.p.a. ed al diverso servizio commercializzato sotto la
seconda denominazione, per cui nessun rischio di confusione deriverebbe dal
fatto che gli utenti della rete, digitando il nome "Andala" con l'intento di
connettersi al sito di Andala UMTS, si ritrovassero, invece, nel sito del
Marcialis, data, appunto, la assoluta non omogeneità dei beni e servizi
rispettivamente commercializzati.
Le questioni
poste dal reclamante, sia quella relativa alla situazione di fatto che quella
concernente l'impossibilità di confusione, sono fondate. Invero il collegio non
condivide l'apprezzamento che, in primo grado, è stato fatto della portata
della notorietà del termine Andala- poi registrato come marchio dalla società
Tiscali -apparendo consistente l'obbiezione che sottolinea gli strettissimi
margini di tempo che la società reclamata ha avuto a disposizione per diffondere
il suo segno distintivo.
Dagli atti emerge
che la società Tiscali aveva indetto una conferenza stampa per il 18 novembre
1999, annunziando la costituzione della
società Andala S.r.l. e che, nei successivi giorni - dal 19 al 21 novembre 1999
- la notizia era stata riportata da
alcuni quotidiani a diffusione nazionale ed estera e dalla televisione. Il
giorno 22 novembre 1999 il Marcialis aveva chiesto ed ottenuto l'assegnazione
del nome a dominio conteso, per cui dalla notizia apparsa sui giornali al
momento in cui il sito era stato assegnato erano trascorse poco più di 72 ore:
tempo eccessivamente ristretto per poter affermare con sicurezza che il nome
Andala di Tiscali avesse conseguito quella generale e diffusa notorietà che
attribuisce ad un marchio il carattere della rinomanza. Si consideri, in
particolare, che il concetto di rinomanza, che lessicalmente rimanda all'idea
di un marchio capillarmente conosciuto tra i consumatori in quanto celebre per
la qualità del prodotto che identifica, per divenire tale richiede, secondo
quanto normalmente può ritenersi, un'apprezzabile arco di tempo che gli
consenta di entrare nel patrimonio delle conoscenze del consumatore medio:
risultato, questo, ottenibile sia attraverso una duratura presenza di prodotti o
servizi - identificati da quel marchio - sul mercato, sia anche attraverso una
campagna pubblicitaria - persino in relazione ad un prodotto od un servizio non
ancora commercializzato - purché il lancio pubblicitario abbia adeguata
diffusione e durata.
In altri termini,
il Collegio non può con certezza ritenere che alla data del 22 novembre 1999 il
nome "Andala" - che all'epoca identificava in realtà la denominazione sociale
della società Andala UMTS S.p.a., la cui nascita era stata annunziata in conferenza stampa tre giorni prima-
avesse già conseguito uno fama tale da garantirgli i caratteri della rinomanza
testé descritta, appunto per la estrema brevità del tempo intercorso tra
l'annunzio dell'avvenuta operazione commerciale da parte della società Tiscali
e la assegnazione del dominio al Marcialis.
Alla luce delle esposte considerazioni non può ritenersi
condivisibile la soluzione adottata in prima istanza e consistita
nell'applicare al segno distintivo in esame l'ampia tutela apprestata dall'art. 1 comma 1°, lett. c) l. marchi.
Ritiene ancora il tribunale che il termine Andala -
successivamente registrato dalla società Tiscali come marchio destinato ad
identificare prodotti e servizi nel settore della telefonia cellulare - non
avesse raggiunto neppure quel minor grado di diffusione che caratterizza il
marchio notorio.
Premesso, infatti, che colui che invoca la tutela di un
marchio che assume usurpato deve fornire, ove ne chieda la protezione come
segno distintivo non registrato, la dimostrazione del livello di conoscenza che
di tale segno abbia il mercato dei consumatori, dubita il collegio che gli
elementi istruttori offerti dalle reclamate siano tali da far ritenere provata,
sia pure in via sommaria, l'esistenza di un marchio di fatto denominato Andala
a diffusione nazionale, identificativo dei prodotti che l'omonima società
intendeva immettere sul mercato.
L'analisi delle riproduzioni fotostatiche degli articoli
di giornale che hanno riportato l'annuncio dato dalla società Tiscali nella
conferenza stampa del 18 novembre 1999 induce invero alle seguenti
considerazioni:
i quotidiani che
hanno ripreso la notizia sono l'Herald Tribune il 19 novembre 1999 e, tra
quelli nazionali, il Today Telecomunicazioni,la Stampa, il Corriere della Sera,
il Secolo XIX (il 19 novembre) Il Sole 24 Ore (il 20 novembre), Il Giorno (il
21 novembre).
In tutti gli articoli la notizia si riduce ad un breve
commento sull'operazione economica rappresentata dalla creazione della società
Andala spa e sull' intendimento di tale organismo societario di concorrere alla
gara per la assegnazione delle licenze UMTS.
Quanto alle altre fotocopie prodotte, va detto che l' Usa
Today non parla mai di Andala,la Repubblica del 22 novembre 1999 non riporta
mai il nome Andala,la pagina successiva a quella commentata non contiene in
nessuna sua parte la parola Andala.
Nelle copie ancora successive non è dato comprendere di
quali giornali si tratti,mentre per altre l' articolo è stato stampato prima
della conferenza stampa della Tiscali, come si desume dalla lettura del
commento giornalistico.
Infine l' articolo del Corriere delle Telecomunicazioni
risale del 29 novembre 1999 e quello di Italia Oggi è del 30 novembre, e si
deve quindi ritenere che entrambi siano stati pubblicati oltre il termine del 22 novembre 1999, data in cui
è intervenuta l' assegnazione del nome a dominio in favore del reclamante.
In conclusione, può formularsi il rilievo che della
nascita della società Andala e del suo intendimento di entrare nel mercato come
gestore di telefonia mobile, con conseguente commercializzazione dei relativi
servizi, non è stato fatto alcun lancio pubblicitario, tale non potendo
considerarsi l'insieme dei commenti - per altro molto sintetici - riportati su
alcuni organi di stampa sulla operazione economica consistente nella nascita
della società Andala S.p.a.
Deve, infatti, escludersi che, come conseguenza di tali
notizie, possa essersi diffusa, anche solo a livello nazionale, tra un numero
di potenziali consumatori dei futuri servizi della società stessa, la
percezione della esistenza di tale marchio, inteso come segno idoneo ad
identificare i prodotti od i servizi della società Andala S.p.a.
Sembra in realtà più ragionevole credere che la
ristrettezza del tempo intercorso tra l' annuncio dato ai giornali e l'
assegnazione del dominio al Marcialis, ed il non ampio risalto dato all' evento
dagli articoli che lo hanno riportato,abbia impedito una qualsivoglia
diffusione del marchio Andala poi registrato da Tiscali e che, alla data del 22
novembre 1999, il termine Andala fosse ancora sconosciuto ai più e noto,forse,
solo ad una ristretta cerchia di operatori economici del settore i quali, data
la loro specifica competenza, non rivestono i caratteri di consumatori che
individuino un prodotto od un servizio sulla base della notorietà del marchio
con cui è diffuso.
La conclusione cui deve pervenirsi è che,al momento in
cui il Marcialis ha chiesto ed ottenuto la assegnazione del domain name Andala,
tale termine non identificava alcun marchio di fatto tutelabile in capo alla
Tiscali spa.
Assume, a questo punto, rilievo l' iter argomentativo
appena accennato nel provvedimento reclamato,che, ritenendo la richiesta di
assegnazione del domain name da parte del Marcialis l' espressione di una
condotta dolosa, ha richiamato la previsione degli articoli 22 comma 2° e 42
comma 1°lett. b) del decreto legislativo 4 dicembre 1992 n. 480( avente ad
oggetto l' Attuazione della direttiva CEE n. 104/89 del consiglio del 21
dicembre 1988, recante ravvicinamento delle legislazioni degli stati membri in
materia di marchi di impresa) che impedisce la registrazione in mala fede di un
marchio e sancisce la nullità di simile registrazione ove ottenuta.
Va osservato che tali norme trovano applicazione
indipendentemente dal fatto che il soggetto danneggiato dalla altrui condotta
dolosa sia titolare attuale di un segno distintivo - di fatto o registrato - potendo ottenere la
declaratoria di nullità prevista dalla legge sui marchi anche chi risulti danneggiato dalla
altrui condotta dolosa che, ad
esempio,si siano impossessati di una
idea prima che essa abbia avuto modo di concretizzarsi in una richiesta
di registrazione di un marchio. Da ciò potrebbe ricavarsi il convincimento che
le norme in commento siano l'espressione di una regola generale, in materia di
segni distintivi, secondo cui l'uso in mala fede (anche di fatto ) di un
marchio sarebbe sempre e comunque vietato.
Da ciò potrebbe trarsi l'ulteriore corollario per cui,
potendo costituire la richiesta di assegnazione di un nome a dominio una
modalità di utilizzo di un marchio commerciale, tale richiesta di assegnazione,
ove posta in essere in mala fede, cadrebbe sotto la previsione degli articoli 22 e 42 l. marchi rendendo
praticabile la via cautelare della inibitoria.
Il tribunale non condivide, però, simile linea
ermeneutica la quale, con riguardo al risultato cui perviene, non si sottrae a diverse obiezioni.
Innanzi tutto occorre considerare che la equiparazione
tout court -che nella sostanza si viene ad operare attraverso il percorso
interpretativo in commento - di una richiesta di registrazione di un marchio ad
una assegnazione di un dominio appare cosa del tutto arbitraria per l'evidente
differenza di conseguenze che le due attività comportano.
La richiesta di registrazione di un marchio implica,
infatti, per l'imprenditore, l'accesso all'articolata tutela del sistema dei
segni distintivi, e rappresenta una chiara manifestazione dell'intendimento del
registrante di dar corso ad una iniziativa commerciale volta ad immettere sul
mercato un prodotto od un servizio; il che giustifica una maggiore severità del
legislatore rispetto a comportamenti meno significativi.
Inoltre occorre considerare che, se si ammettesse la
possibilità di ottenere una inibitoria dell'uso (di fatto) che altri compia di
un segno distintivo da parte di chi sia del tutto privo di qualunque diritto su
un marchio (di fatto) eguale o simile -per non averne mai fatto uso - fondando
tale tutela sul solo requisito della natura dolosa della condotta
dell'utilizzatore, senza richiedere la coesistenza di ulteriori elementi che
valgano a collocare la fattispecie all'interno delle regole sulla concorrenza,
si finirebbe per attribuire alla regolamentazione speciale dettata dagli
articoli 22 e 42 l. marchi una portata precettiva, ed un'area di tutela,
superiori e più ampie rispetto a quelle apprestate, in via generale,
dall'articolo 2598 cc sulla concorrenza, e si raggiungerebbe, in questo modo,
l'inammissibile effetto di applicare la predetta normativa speciale ad una
fattispecie nella quale non potrebbe ravvisarsi alcuna carenza normativa, ma solo l'assenza del carattere di caso
simile o di materia analoga ( articolo 12 preleggi).
Infatti, ove si fosse in presenza di un uso doloso -il che vale a dire
professionalmente scorretto - di un marchio di fatto da parte di un imprenditore in danno di un altro a sua volta
utilizzatore (di fatto) di un marchio
eguale e somigliante, il tutto nell'ambito di un rapporto di concorrenza tra i
due, allora troverebbe applicazione direttamente la previsione dell'articolo
2598 comma 1° n. 3 cc senza dover ricorrere ad alcuna interpretazione analogica
della disciplina sui marchi.
Nello specifico, invece, l'articolo 2598 cc non appare
applicabile sia a causa del mancato uso di un marchio, sia pure di fatto, da
parte della Tiscali, sia per ulteriore rilievo -sul quale si tornerà più
diffusamente in seguito - della mancanza di un rapporto di concorrenza tra i
due soggetti; e tale inapplicabilità non fa emergere, come già sottolineato,
alcuna lacuna normativa che giustifichi il ricorso all'analogia rappresentando,
piuttosto, l'espressione della palese volontà del legislatore di apprestare la
tutela solo a certe condizioni che qui non ricorrono.
5) Sull'azione
cautelare in relazione all'articolo 2598 cc
Il primo giudice ha ritenuto accoglibile la domanda
cautelare anche con riferimento alla seconda delle azioni di merito
prospettate, quella cioè diretta a far accertare ed a far cessare la
concorrenza sleale in base al disposto dell'articolo 2598 cc.
La norma prevede tre distinte fattispecie delle quali
però -esclusa la ricorrenza di quella descritta al n. 2 dell'articolo poiché
riferentesi ad una condotta che pacificamente non ricorre nel caso in oggetto -
va ritenuta non sussistente neanche quella dettata dal n. 1 dell'articolo in
commento, mancando nello specifico un segno distintivo della società Tiscali
che potesse avere utilizzato dal Marcialis con effetti confusori.
Residua per conseguenza il solo caso delineato dal comma
1° n. 3) dell'articolo 2598 cc che recita: ". compie atti di concorrenza sleale
chiunque: [.] 3) si vale direttamente od indirettamente di ogni altro mezzo non
conforme ai principi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare
l'altrui azienda"; norma che (una volta ritenuta la inesistenza della
titolarità, in capo alla società Tiscali, di un marchio di fatto - rinomato a
notorio - da tutelare) introduce il complesso tema dei limiti soggettivi ed
oggettivi dell'interferenza tra attività imprenditoriali e della conseguente
ampiezza della tutela apprestata dalla
disposizione stessa - che assume la veste di clausola generale di
chiusura del sistema di protezione della concorrenza - nell'ipotesi di
conflitto tra imprenditori che operano
in settori merceologici non contigui.
In via di principio una illustre, anche se non recente,
dottrina, che aveva approfondito la teoria della concorrenza, aveva inquadrato
il tema partendo dalla considerazione che il concetto di concorrenza evoca la
contrapposizione tra bisogni e beni nell'abito di una realtà connotata dalla
limitatezza delle risorse.
Tale vasta accezione della concorrenza era sta poi,
dall'autore citato, riportata a dimensione giuridica sottolineando che ciò che
l'ordinamento può regolare non è la concorrenza in sé considerata, ma la
condotta umana che opera nell'ambito di queste regole generali, tanto è vero
che la disciplina della concorrenza non è altro che la regolamentazione degli
atti di concorrenza, e più specificatamente - in un quadro di libertà di
impresa- l'identificazione delle condotte vietate.
La illiceità della condotta in relazione ad una
situazione di concorrenza presuppone, dunque, che tra i due soggetti vi sia, o
possa esservi anche solo in forma potenziale, una condizione di contrasto tra
beni prodotti e bisogni soddisfatti per modo che "la concorrenza diviene
giuridicamente rilevante in quanto ricorra
[.] una certa prossimità" tra i rispettivi settori di produzione.
Sulla specifica questione la società reclamata,
assumendo, comunque, la sussistenza di un possibile rapporto di concorrenza tra
l'attività svolta dalla società Tiscali e il settore commerciale in cui sarebbe
operante il Marcialis, ha svolto le seguenti considerazioni: che il reclamante
era stato un partner commerciale di Tiscali avendo provveduto alla promozione e
vendita di servizi di telefonia e di Internet all'interno della rete di vendita
Tiscali, attività ad oggi proseguita nei medesimi locali del Marcialis dalla di
lui consorte;
che la prima versione del sito pubblicato presso il
dominio www.andala.it riportava la frase
"stiamo per presentarvi un nuovo modo di comunicare attraverso l'unica cosa che
ha generato la vita. La luce." ed altresì le scritte "la comunicazione" e "la
luce";
che la seconda versione del sito conteneva una fotografia
della vetrina del locale commerciale del Marcialis recante ben in evidenza una
vetrofania con il logo "Tiscali" e che la controparte, al momento
dell'interrogatorio formale del 16 marzo 2000, aveva ammesso che tale vetrofania
non era stata ancora rimossa;
che il Marcialis aveva ricevuto, all' indirizzo di
posta elettronica pubblicizzato presso
il sito de quo, alcune e-mail da fornitori di Tiscali, convinti di dialogare
con la controllata Andala;
che il Marcialis
si era dedicato con impegno alla commercializzazione dei prodotti di
telefonia Tiscali, addirittura pubblicizzati presso i suoi locali commerciali,
e che a partire dall'ottobre 1999 l'impresa individuale del Marcialis
denominata MARWAL, aveva aggiunto tra le sue attività anche la
commercializzazione al dettaglio di computer e servizi internet.
In proposito la reclamata ha anche rilevato che i
tentativi del Marcialis di "aggiustare il tiro" in corso di causa, modificando
il sito pubblicato secondo le censure che di volta in volta gli erano state
mosse dalle esponenti, ovvero la sua improvvisa decisione di "abbandonare il
ramo delle telecomunicazioni per dedicarsi alla illuminotecnica", come
sostenuto dalla controparte davanti al primo giudice, erano strumentali ai fini
della presente controversia ed addirittura indicativi della mala fede sottesa
all'operazione in oggetto;
che, pertanto, la decisione di primo grado non sarebbe
potuta essere differente, alla luce di quanto esposto, essendo del tutto
irrilevanti le assicurazioni dell'impugnante di non compiere in futuro
ulteriori atti di concorrenza sleale, in considerazione di quanto avvenuto nel
recente passato e, soprattutto, tenuto conto della formidabile arma
anticoncorrenziale costituita dal nome a dominio confusorio.
Osserva però il tribunale come degli argomenti addotti
dalla società Tiscali alcuni appaiono del tutto privi di pregio, poiché il
fatto che il reclamante abbia ricevuto delle e-mail provenienti da fornitori
della società Andala, se è dipeso dall'ottenimento del nome a dominio da parte
del Marcialis, non è un fatto di per sé indicativo di alcuna confusione tra i
consumatori, ma al massimo il segnale di una imprecisa lettura, da parte di
quei fornitori, delle indicazioni contenute nella pagina web che essi hanno
rinvenuto una volta completata la connessione con il sito del Marcialis, posto
che in tale sito non si pubblicizzava alcuna attività imprenditoriale nel
settore della telefonia mobile.
Quanto ai
messaggi asseritamene confusori, il
merito della questione resta superato dall'avere la parte reclamante mutato i
medesimi, per cui allo stato, a quel che risulta al tribunale, tale possibile
effetto confusorio non può più darsi, sempre che fosse possibile sin
dall'inizio ipotizzare un tale fenomeno visto che l'eventuale consumatore, una
volta entrato nel sito del Marcialis, si sarebbe inevitabilmente reso conto che
ivi non era commercializzato alcun servizio nel settore dei telefoni cellulari.
L'avere, poi, il Marcialis aggiunto tra le proprie
attività commerciali anche, genericamente, i servizi internet non lo rende, a
parere del tribunale, un possibile concorrente della società Andala UMTS,
considerato che quest'ultima, secondo quanto preannunziato dagli stessi
ricorrenti, aveva la funzione di realizzare una integrazione dei due rami
dell'azienda Tiscali, ossia quello telefonico e quello telematico.
Chiarisce la originaria ricorrente che la tecnologia
digitale UMTS avrebbe consentito, tramite una apposita rete telefonica
cellulare, di trasmettere i dati necessari per accedere alle reti telematiche
e quindi di usufruire dei servizi
internet forniti dalla società Tiscali o da altri internet content provider
attraverso il telefonino.
La società Andala di Tiscali, quindi, aveva la funzione
di concorrere alla gara per l'ottenimento delle licenze UMTS per mettere a
disposizione degli utenti, tramite la particolare tecnologia richiamata, i
servizi internet offerti da altri operatori, tra i quali la società Tiscali
stessa: con la conseguenza che, al massimo, il rapporto concorrenziale si
sarebbe potuto instaurare tra il Marcialis e la società Tiscali direttamente,
ma mai in relazione all'utilizzo del termine Andala, poiché con tale segno
distintivo non risulta che la società Tiscali intendesse ed intenda commercializzare
servizi internet, ma solo entrare nel settore della telefonia cellulare, come
può desumersi anche dall'oggetto sociale della società Andala S.p.a. - poi
denominata Andaledda - secondo quanto risulta dalla documentazione (parziale)
in atti.
Ne basta sostenere che tra il servizio di telefonia
cellulare ed il sistema delle reti vi sia un collegamento funzionale per
dedurne, automaticamente, una possibile interferenza tra i due settori
commerciali, dato che il sistema di connessione internet, per la sua stessa
natura, interagisce con una pluralità di settori commerciali, ed i servizi che
esso offre sono del tipo più svariato, a seconda appunto del settore
merceologico cui si riferisce.
Occorre poi sottolineare come se pure possa immaginarsi
una qualche affinità dei settori commerciali della società Andala con l'impresa
Marwal, resta esclusa che tale contiguità ricorra in relazione al termine
Andala usato dal Marcialis, poiché il reclamante con esso ha denominato un bene
(lampada) che non ha alcun rapporto con il prodotto od il servizio che la
società Andala UMTS S.p.a. ha in animo di mettere sul mercato.
Da ciò consegue che la natura sleale dell'atto posto in
essere dal Marcialis viene a porsi al di fuori di un possibile rapporto di
concorrenza con la controparte cadendo così il presupposto della operatività
della norma dettata dall'articolo 2598 cc; a meno di non voler ritenere che un
rapporto di concorrenza possa instaurarsi tra due soggetti per il solo fatto
che essi esercitino professionalmente l'attività di imprenditori ed operino
all'interno di un medesimo mercato.
Solo accedendo a tale amplissima nozione di concorrenza,
che prescinde, quindi, da una prossimità del prodotto commercializzato in
relazione ad una somiglianza del bisogno soddisfatto, che può ipotizzarsi la
commissione di un atto di concorrenza sleale del Marcialis verso la società
Tiscali.
Resta conclusivamente da
chiedersi come sia possibile che , in concreto, la lontananza dei settori
merceologici tra i due prodotti non renda immune da qualunque pregiudizio la
società reclamata e la esponga , viceversa, ad un possibile danno in
conseguenza della assegnazione del dominio.
La spiegazione va ricercata in
quanto già chiarito, ossia nei limiti tecnici della rete, che non consente
omonimie negli indirizzari e impedisce la possibilità che due imprenditori, i
quali pure operino in settori merceologici diversi, possano avere lo stesso
nome a dominio, come invece accadrebbe nella realtà dove è possibile avere lo
stesso marchio, o il medesimo segno distintivo, per contraddistinguere beni e
servizi del tutto differenti senza per questo effettuare concorrenza alcuna
l'uno verso l'altro.
Tuttavia il tribunale ritiene che
i limiti tecnici del sistema degli indirizzari non giustifichino un'estensione
della tutela in materia di concorrenza sleale ai sensi dell'articolo 2598 c.c.
Si oppone a tale opzione interpretativa la decisiva obbiezione che
l'impossibilità di ottenere due nomi a dominio uguali per consentire a due
imprenditori di essere presenti sulla rete con lo stesso segno distintivo,
ancorché in settori merceologici non contigui, non è un presupposto idoneo a
caratterizzare una particolare fattispecie in tema di concorrenza, ma, se si
vuole, un difetto di Intenet che solo accidentalmente interferisce con le
regole sulla concorrenza commerciale.
Tanto è vero che il caso sin qui
esaminato si sarebbe creato egualmente se il Marcialis , invece di chiedere
l'assegnazione del dominio Andala per commercializzare una lampada, lo avesse
richiesto non come imprenditore, ma al solo fine di essere presente nella rete
di persona , magari per rendere accessibili (in rete appunto) informazioni
gratuite relative , in ipotesi, ad un suo hobby, ponendosi per ciò stesso fuori
da ogni possibile tematica relativa alla disciplina della concorrenza.
L'esempio dimostra che il sistema
chiuso degli indirizzari può portare a contrasti tra imprenditori e non
imprenditori per l'uso di nomi a dominio, il che vale a dire che il problema
della unicità degli indirizzi non è di per se una questione attinente alla
concorrenza, ma lo diviene solo quando, oltre ad un conflitto sull'uso di un
nome a dominio ricorrano , nel singolo caso, anche gli ultimi requisiti tipici
della disciplina della concorrenza commerciale, che nello specifico, per quanto
sin qui detto, non sussistono.
La possibile lesione, dunque,
degli interessi della società reclamata, ove anche ritenuta sussistente, non
può essere ricondotta né all'usurpazione del marchio né ad un atto di
concorrenza sleale del Marcialis, come vorrebbe la Tiscali spa, ma al più
deriva dalla circostanza che il reclamante , in concomitanza con la descritta
operazione economica delle controparti, ha chiesto ed ottenuto la assegnazione
di un dominio, con ciò ponendo in essere un comportamento che, ove appunto
ritenuto pregiudizievole per Tiscali, in quanto in ipotesi posto in essere
dolosamente, potrebbe solo essere riconducibile alla violazione del generale
principio del neminem laedere.
Occorre a questo punto
considerare che il tribunale è vincolato nella sua decisione dal necessario
nesso di strumentalità che deve sussistere tra la lesione che si allega subita
o che, comunque, emerge nel corso del giudizio e le prospettate azioni di
merito, per cui non può in questa sede essere ulteriormente approfondita la
questione se il comportamento del Marcialis abbia i caratteri del danno
ingiusto, ex art. 2043 c.c., per aver pregiudicato una posizione di diritto
soggettivo della Tiscali, collocandosi tale tematica al di fuori della causa
petendi prospettata dai ricorrenti sia in sede cautelare sia, soprattutto,
in relazione al futuro giudizio ordinario che essi hanno preannunziato.
Ne può tacersi, su un piano
meramente sostanziale, che Tiscali avrebbe ben potuto impedire il pregiudizio
ora ipotizzato se avesse registrato più tempestivamente il marchio Andala,
impedendone cosi l'uso da parte di terzi anche attraverso la registrazione del
nome a dominio.
6) Sulla
domanda riconvenzionale
Il Marcialis in prima istanza
aveva chiesto in via riconvenzionale, che, valutato il suo diritto di preuso
del marchio Andala, e sul presupposto di cui all'articolo 34 l. marchi, fosse
inibito alle controparti ogni ulteriore utilizzo non autorizzato del marchio
Andala, sia sulla stampa che nelle televisioni che nei futuri apparecchi
telefonici e telematici che dovrebbero essere prodotti, adottando ogni
conseguente e connesso provvedimento ritenuto opportuno, preannunziando nella
futura causa di merito la richiesta della declaratoria di nullità del marchio
Andala in capo alle ricorrenti perché mancante del requisito della novità e
della originalità e la nullità della
registrazione in quanto chiesta in mala fede ai sensi degli articoli 22 e 42
legge marchi, e quindi l'accertamento della violazione da parte di Tiscali
delle regole di cui agli articolali 2598 cc.
Anche questa istanza va respinta.
Rileva invero il collegio come il
reclamante non abbia fornito la prova alcuna del fatto che egli avesse
utilizzato il marchio Andala in modo tale da fargli acquisire una posizione
soggettivamente tutelabile, palesemente non riconducibile né all'installazione
di lampade per la mostra del Soroptimis, né all'ordinativo di 11 pezzi di quel
prodotto.
Del resto,esclusa evidentemente
la possibilità di ritenere che il Marcialis abbia acquisito un marchio di fatto avente rinomanza, anche a
voler ammettere un utilizzo del segno distintivo in ambito locale ciò non
attribuisce certo alla ditta Marwal gli strumenti di tutela previsti dalla
legge sui marchi che essa invoca.
Quanto agli oneri di lite, data
la novità e complessità delle questioni trattate e la reciproca soccombenza,
ritiene il collegio che se ne possa disporre l'integrale compensazione fra e
parti:
PQM
Revocando il provvedimento
assunto in prima istanza rigetta tutte le domande di Tiscali S.p.a. e Andaledda
S.p.a.; rigetta tutte le domande di Marcialis Walter; dichiara interamente
compensate tra
le parti le spese del
procedimento.
Si comunichi.
Cagliari 23/12/00
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