Il messaggio del Capo dello Stato alle Camere
29.07.02Onorevoli Parlamentari, la garanzia
del pluralismo e dell'imparzialità dell'informazione costituisce
strumento essenziale per la realizzazione di una democrazia
compiuta; si tratta di una necessità avvertita dalle forze
politiche, dal mondo della cultura, dalla società civile.
Il
principio fondamentale del pluralismo, sancito dalla Costituzione e
dalle norme dell'Unione Europea, è accolto in leggi dello Stato e
sviluppato in importanti sentenze della Corte Costituzionale. Il
tema investe l'intero sistema delle comunicazioni, dalla stampa
quotidiana e periodica alla radiotelediffusione, e richiede
un'attenta riflessione sugli apparati di comunicazione anche alla
luce delle più recenti innovazioni tecnologiche e della conseguente
diffusione del sistema digitale.
Il mondo appare sempre più
un insieme di mezzi e di reti interconnesse, che abbracciano
l'editoria giornalistica, la radiotelevisione, le telecomunicazioni.
Per quanto riguarda il settore della stampa, la legge 5 agosto 1981,
n. 416, fissa limiti precisi alle concentrazioni e detta norme
puntuali per la loro eliminazione ove esse vengano a costituirsi.
Secondo i dati forniti dal presidente della Autorità per le
garanzie nelle comunicazioni nella sua Relazione annuale
sull'attività svolta, presentata il 12 luglio scorso, i limiti
posti dalla legge alle concentrazioni in materia di stampa risultano
rispettati. Per quanto concerne l'emittenza televisiva, dopo la
sentenza n. 826 del 1988, nella quale la Corte Costituzionale
affermava che il pluralismo ''non potrebbe in ogni caso considerarsi
realizzato dal concorso tra un polo pubblico e un polo privato", il
Parlamento approvò la legge 6 agosto 1990, n. 223, per disciplinare
il sistema radiotelevisivo pubblico e privato. Si tratta della prima
legge organica che, nel suo articolo 1, dopo aver affermato il
preminente interesse generale della diffusione di programmi
radiofonici e televisivi, definisce i principi fondamentali del
sistema: ''il pluralismo, l'obiettività, la completezza e
l'imparzialità dell'informazione, l'apertura alle diverse opinioni,
tendenze politiche, sociali, culturali e religiose, nel rispetto
della libertà e dei diritti garantiti dalla Costituzione".
La successiva legge 31 luglio 1997, n. 249,
ha istituito l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e ha
dettato norme con le quali ha precorso, con lungimiranza, il tema
della cosiddetta ''convergenza multimediale", tra telecomunicazioni
e radiotelevisione, attribuendo all'Autorità indipendente
competenza su entrambi i settori. Dato essenziale della normativa in
vigore è il divieto di posizioni dominanti, considerate di per sé
ostacoli oggettivi all'effettivo esplicarsi del
pluralismo.
La giurisprudenza costituzionale, sviluppatasi
nell'arco di un quarto di secolo, ha trovato la sua sintesi nella
sentenza n. 420 del 1994, nella quale la Corte ha richiamato il
vincolo, imposto dalla Costituzione al legislatore, di assicurare il
pluralismo delle voci, espressione della libera manifestazione del
pensiero, e di garantire, in tal modo, il fondamentale diritto del
cittadino all'informazione.
Questi principi hanno avuto
conferma nell'aprile scorso nella sentenza n. 155 del 2002 della
stessa Corte che, richiamando i punti essenziali delle precedenti
decisioni, ha ribadito l'imperativo costituzionale, secondo cui il
diritto di informazione garantito dall'art. 21 della Costituzione
deve essere ''qualificato e caratterizzato, tra l'altro, sia dal
pluralismo delle fonti cui attingere conoscenze e notizie - così da
porre il cittadino in condizione di compiere le proprie valutazioni
avendo presenti punti di vista e orientamenti culturali e politici
differenti - sia dall'obiettività e dall'imparzialità dei dati
forniti, sia infine dalla completezza, dalla correttezza e dalla
continuità dell'attività di informazione erogata''. Tale sentenza è particolarmente significativa
là dove pone in rilievo che la
sola presenza dell'emittenza privata (cosiddetto pluralismo ''esterno") non
è sufficiente a garantire la completezza e l'obiettività della comunicazione politica, ove non concorrano
ulteriori misure ''sostanzialmente ispirate al principio della parità
di accesso delle forze politiche" (cosiddetto pluralismo ''interno").
I principi e i valori del pluralismo e
dell'imparzialità dell'informazione nel settore delle comunicazioni
elettroniche sono stati richiamati e hanno trovato sistemazione
organica in quattro recenti Direttive del Parlamento Europeo e del
Consiglio dell'Unione Europea, che dovranno essere recepite dai
Paesi membri entro il luglio del 2003. Il contenuto di queste
Direttive è in sintonia con la Carta dei diritti fondamentali
dell'Unione Europea che, nel secondo comma dell'articolo 11,
sancisce espressamente il rispetto del pluralismo e la libertà dei
media. Nelle premesse di tali Direttive sono indicate le finalità di una politica comune europea in materia di informazione. Viene, in
particolare, definito il concetto di libertà di espressione,
precisando che questa ''comprende la libertà di opinione e la
libertà di trasmettere informazioni e idee, nonché la libertà dei
mezzi di comunicazione di massa e il loro pluralismo". In
particolare, nella Direttiva denominata ''Direttiva quadro":
- viene specificato che ''la politica audiovisiva e la
regolamentazione dei contenuti perseguono obiettivi di interesse
generale, quali la libertà di espressione, il pluralismo dei mezzi
di informazione, l'imparzialità, la diversità culturale e
linguistica, l'inclusione sociale, la protezione dei consumatori e
la tutela dei minori". - si fa obbligo agli Stati membri di
''garantire l'indipendenza delle autorità nazionali di
regolamentazione in modo da assicurare l'imparzialità delle loro
decisioni";
- è riservato grande spazio all'assetto del mercato e
all'esigenza di assicurare un regime concorrenziale.
Nel
volgere di pochi anni anche l'Italia disporrà delle nuove
possibilità che l'evoluzione della tecnologia mette a disposizione
dell'emittenza radiotelevisiva. Questo sviluppo produrrà un
allargamento delle occasioni di mercato e rappresenterà un freno
alla costituzione o al rafforzamento di posizioni dominanti, pur
nella necessaria considerazione delle dimensioni richieste dalle
esigenze della competizione nell'ambito del più ampio mercato
europeo e mondiale.
La legge 30 marzo 2001, n. 66, prevede,
in proposito, che ''le trasmissioni televisive dei programmi e dei
servizi multimediali su frequenze terrestri devono essere irradiate
esclusivamente in tecnica digitale entro l'anno 2006''.
E,
tuttavia, il pluralismo e l'imparzialità dell'informazione non
potranno essere conseguenza automatica del progresso tecnologico.
Saranno, quindi, necessarie nuove politiche pubbliche per guidare
questo imponente processo di trasformazione. è questo un problema
comune a tutti i paesi europei, oggetto di vivaci dibattiti e di
proposte innovative.
Onorevoli Parlamentari, la prospettiva
della nuova realtà tecnologica, il quadro normativo offerto dalle
recenti Direttive comunitarie e le chiare indicazioni della Corte
Costituzionale richiedono l'emanazione di una legge di sistema,
intesa a regolare l'intera materia delle comunicazioni, delle
radiotelediffusioni, dell'editoria di giornali e periodici e dei
rapporti tra questi mezzi. Nel redigere tale legge occorrerà tenere
presente, per quanto riguarda la radiotelevisione, il ruolo centrale
del servizio pubblico. II trattato di Amsterdam, che vincola tutti i
paesi dell'Unione Europea, muove dal presupposto ''che il sistema di
radiodiffusione pubblica negli Stati membri è direttamente
collegato elle esigenze democratiche, sociali e culturali di ogni
società, nonché all'esigenza di preservare il pluralismo dei mezzi
di comunicazione".
Nell'atteso testo normativo dovrà trovare coerente sistemazione la disciplina della tutela dei minori,
troppo spesso non tenuta nella dovuta considerazione nelle
programmazioni delle emittenti televisive.
E' fondamentale,
inoltre, che la nuova legge sia conforme al Titolo V della
Costituzione, che all'articolo 117 ha assegnato alle Regioni un
preciso ruolo nella comunicazione, considerando questa materia
ricompresa nella legislazione concorrente insieme a quella della
promozione e dell'organizzazione di attività culturali, che ne
costituisce un logico corollario. Secondo la riforma costituzionale,
spetta allo Stato di determinare i principi fondamentali in dette
materie, mentre alle Regioni è conferito il compito di sviluppare
una legislazione che valorizzi il criterio dell'articolazione
territoriale della comunicazione come espressione delle identità e
delle culture locali.
Nella definizione di tali principi
fondamentali, lo Stato svolge la sua essenziale funzione di
salvaguardia dell'unità della Nazione e della identità culturale
italiana. Essi costituiscono la più valida cornice entro la quale
trova esplicazione il pluralismo culturale, ricchezza inestimabile
del nostro Paese, sorgente di libera formazione della pubblica
opinione.
La cultura - questo è mio convincimento profondo -
è il fulcro della nostra identità nazionale; identità che ha le
sue radici nella formazione della lingua italiana e che, negli
ultimi due secoli, si è sviluppata in una continuità di ideali e
di valori dal Risorgimento alla Resistenza, alla Costituzione
repubblicana.
Nel preparare la nuova legge, va considerato
che il pluralismo e l'imparzialità dell'informazione, così come lo
spazio da riservare nei mezzi di comunicazione alla dialettica delle
opinioni, sono fattori indispensabili di bilanciamento dei diritti
della maggioranza e dell'opposizione: questo tanto più in un
sistema come quello italiano, passato dopo mezzo secolo di
rappresentanza proporzionale alla scelta
maggioritaria.
Quando si parla di ''statuto" delle
opposizioni e delle minoranze in un sistema maggioritario, le
soluzioni più efficaci vanno ricercate anzitutto nel quadro di un
adeguato assetto della comunicazione, che consenta l'equilibrio dei
flussi di informazione e di opinione.
Anche a tal fine, la
vigilanza del Parlamento, in coordinamento con l'Autorità di
garanzia, potrebbe estendersi all'intero circuito mediatico,
pubblico e privato, allo scopo di rendere uniforme ed omogeneo il
principio della ''par condicio".
Parametri di ogni riforma
devono, in ogni caso, essere i concetti di pluralismo e di
imparzialità, diretti alla formazione di una opinione pubblica
critica e consapevole, in grado di esercitare responsabilmente i
diritti della cittadinanza democratica. Riassumo le
considerazioni fin qui svolte, dalle quali emergono alcuni obiettivi
essenziali:
specificazione normativa - tenendo conto delle variazioni
introdotte dalle innovazioni tecnologiche in continua evoluzione -
dei principi contenuti nella legislazione vigente e nella
giurisprudenza della Corte Costituzionale; attuazione delle Direttive comunitarie che l'Italia
dovrà recepire entro il luglio del 2003; definizione di un quadro
normativo par l'attivazione della competenza concorrente delle
Regioni nel settore delle comunicazioni, secondo quanto previsto
dall'articolo 117 del nuovo Titolo V della Costituzione; perseguimento dello scopo fondamentale di meglio garantire,
attraverso il pluralismo e l'imparzialità dell'informazione, i
diritti fondamentali dell'opposizione e delle
minoranze.
Onorevoli Parlamentari, ho voluto sottoporre ai
rappresentanti eletti della Nazione queste riflessioni, perché
avverto che sta a noi tutti provvedere per il presente e, al tempo
stesso, guardare al futuro, prefigurando e preparando con
lungimiranza un sistema di valori e di regole che salvaguardi e
sostenga la vita e l'azione delle nuove generazioni.
Lo
sviluppo delle tecnologie dell'informazione e delle reti di
comunicazione è qualcosa di più di un avanzamento tecnico:
configura un salto di qualità; muta il contesto nel quale si
esplica la vita culturale e politica dei popoli; apre straordinarie
possibilità di conoscenza, di nuovi servizi, di partecipazione, di
crescita individuale e collettiva.
Dobbiamo vivere questo
momento di transizione con consapevolezza e fiducia. Un processo di
innovazione affidato alle forze della società, promosso e
accompagnato dall'azione pubblica in una appropriata cornice
normativa, è la base per una nuova stagione di sviluppo morale e
materiale della Nazione. E' questa una sfida che coinvolge tutte
le istituzioni: saper tradurre l'innovazione in una grande
opportunità di formazione per i cittadini.
Non c'è
democrazia senza pluralismo e imparzialità dell'informazione: sono
fiducioso che l'azione del Parlamento saprà convergere verso la
realizzazione piena di questo principio.
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