Decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114
Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a
norma dell'articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
Vista la legge 15 marzo 1997, n. 59, recante delega al Governo per il
conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma
della pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa;
Visto, in particolare, l'articolo 4, comma 4, lettera c), della citata legge n.
59 del 1997, il quale prevede che sia anche riordinata la disciplina delle
attività economiche ed industriali, in particolare per quanto riguarda il
sostegno e lo sviluppo delle imprese operanti nell'industria, nel commercio,
nell'artigianato, nel
comparto agroindustriale e nei servizi alla produzione, al fine di promuovere la
competitività delle imprese nel mercato globale e la razionalizzazione della
rete commerciale, anche in relazione all'obiettivo del contenimento dei prezzi e
dell'efficienza della distribuzione;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella
riunione del 16 gennaio 1998;
Visto il parere della Commissione parlamentare istituita ai sensi dell'articolo
5 della citata legge n. 59 del 1997;
Visto il parere della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
Visto il parere della Conferenza unificata, istituita ai sensi del decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281;
Visto il parere dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato ai sensi
dell'articolo 22 della legge 10 ottobre 1990, n.287;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del
13 marzo 1998;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro
dell'industria, del commercio e dell'artigianato, di concerto con i Ministri per
la funzione pubblica e gli affari regionali, del tesoro, del bilancio e della
programmazione economica e di grazia e giustizia;
Emana
il seguente decreto legislativo:
Titolo I - Principi generali
Art. 1. Oggetto e finalità
1. Il presente decreto stabilisce i principi e le norme generali sull'esercizio
dell'attività commerciale.
2. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano
provvedono a quanto disposto dal presente decreto secondo le previsioni dei
rispettivi statuti e delle relative norme di attuazione
3. La disciplina in materia di commercio persegue le seguenti finalità:
a) la trasparenza del mercato, la concorrenza, la libertà di impresa e la
libera circolazione delle merci;
b) la tutela del consumatore, con particolare riguardo all'informazione, alla
possibilità di approvvigionamento, al servizio di prossimità, all'assortimento
e alla sicurezza dei prodotti;
c) l'efficienza, la modernizzazione e lo sviluppo della rete
distributiva, nonché l'evoluzione tecnologica dell'offerta, anche al fine del
contenimento dei prezzi;
d) il pluralismo e l'equilibrio tra le diverse tipologie delle strutture
distributive e le diverse forme di vendita, con particolare riguardo al
riconoscimento e alla valorizzazione del ruolo delle piccole e medie imprese;
e) la valorizzazione e la salvaguardia del servizio commerciale nelle aree
urbane, rurali, montane, insulari.
Art. 2. Libertà di impresa e libera circolazione delle merci
1. L'attività commerciale si fonda sul principio della libertà di
iniziativa economica privata ai sensi dell'articolo 41 della Costituzione ed è
esercitata nel rispetto dei principi contenuti nella legge 10 ottobre 1990, n.
287, recante norme per la tutela della concorrenza e del mercato.
Art. 3. Obbligo di vendita
1. In conformità a quanto stabilito dall'articolo 1336 del codice civile, il
titolare dell'attività commerciale al dettaglio procede alla vendita nel
rispetto dell'ordine temporale della richiesta.
Art. 4. Definizioni e ambito di applicazione del decreto
1. Ai fini del presente decreto si intendono:
a) per commercio all'ingrosso, l'attività svolta da chiunque
professionalmente acquista merci in nome e per conto proprio e le rivende ad
altri commercianti, all'ingrosso o al dettaglio, o ad utilizzatori
professionali, o ad altri utilizzatori in grande. Tale attività può assumere
la forma di commercio interno, di importazione o di esportazione;
b) per commercio al dettaglio, l'attività svolta da chiunque professionalmente
acquista merci in nome e per conto proprio e le rivende, su aree private in sede
fissa o mediante altre forme di distribuzione, direttamente al consumatore
finale;
c) per superficie di vendita di un esercizio commerciale, l'area destinata alla
vendita, compresa quella occupata da banchi, scaffalature e simili. Non
costituisce superficie di vendita quella destinata a magazzini, depositi, locali
di lavorazione, uffici e servizi;
d) per esercizi di vicinato quelli aventi superficie di vendita non superiore a
150 mq. nei comuni con popolazione residente inferiore a 10.000 abitanti e a 250
mq. nei comuni con popolazione residente superiore a 10.000 abitanti;
e) per medie strutture di vendita gli esercizi aventi superficie superiore ai
limiti di cui al punto d) e fino a 1.500 mq nei comuni con popolazione residente
inferiore a 10.000 abitanti e a 2.500 mq. nei comuni con popolazione residente
superiore a 10.000 abitanti;
f) per grandi strutture di vendita gli esercizi aventi superficie superiore ai
limiti di cui al punto e);
g) per centro commerciale, una media o una grande struttura di vendita nella
quale più esercizi commerciali sono inseriti in una struttura a destinazione
specifica e usufruiscono di infrastrutture comuni e spazi di servizio gestiti
unitariamente. Ai fini del presente decreto per superficie di vendita di un
centro commerciale si intende quella risultante dalla somma delle superfici di
vendita degli esercizi al dettaglio in esso presenti;
h) per forme speciali di vendita al dettaglio:
1) la vendita a favore di dipendenti da parte di enti o imprese, pubblici o
privati, di soci di cooperative di consumo, di aderenti a circoli privati,
nonché la vendita nelle scuole, negli ospedali e nelle strutture militari
esclusivamente a favore di coloro che hanno titolo ad accedervi;
2) la vendita per mezzo di apparecchi automatici;
3) la vendita per corrispondenza o tramite televisione o altri sistemi di
comunicazione;
4) la vendita presso il domicilio dei consumatori.
2. Il presente decreto non si applica:
a) ai farmacisti e ai direttori di farmacie delle quali i comuni assumono
l'impianto e l'esercizio ai sensi della legge 2 aprile 1968, n. 475, e
successive modificazioni, e della legge 8 novembre 1991, n. 362, e successive
modificazioni, qualora vendano esclusivamente prodotti farmaceutici, specialità
medicinali, dispositivi medici e presidi medicochirurgici;
b) ai titolari di rivendite di generi di monopolio qualora vendano
esclusivamente generi di monopolio di cui alla legge 22 dicembre 1957, n. 1293,
e successive modificazioni, e al relativo regolamento di esecuzione, approvato
con decreto del Presidente della Repubblica 14 ottobre 1958, n. 1074, e
successive modificazioni;
c) alle associazioni dei produttori ortofrutticoli costituite ai sensi della
legge 27 luglio 1967, n. 622, e successive modificazioni;
d) ai produttori agricoli, singoli o associati, i quali esercitino attività di
vendita di prodotti agricoli nei limiti di cui all'articolo 2135 del codice
civile, alla legge 25 marzo 1959, n. 125, e successive modificazioni, e alla
legge 9 febbraio 1963, n. 59, e successive modificazioni; e) alle vendite di
carburanti nonché degli oli minerali di cui all'articolo 1 del regolamento
approvato con regio decreto 20 luglio 1934, n. 1303, e successive modificazioni.
Per vendita di carburanti si intende la vendita dei prodotti per uso di
autotrazione, compresi i lubrificanti, effettuata negli impianti di
distribuzione automatica di cui all'articolo 16 del decreto-legge 26 ottobre
1970, n. 745, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 1970, n.
1034, e successive modificazioni, e al decreto legislativo 11 febbraio 1998,
n.32;
f) agli artigiani iscritti nell'albo di cui all'articolo 5, primo comma, della
legge 8 agosto 1985, n. 443, per la vendita nei locali di produzione o nei
locali a questi adiacenti dei beni di produzione propria, ovvero per la
fornitura al committente dei beni accessori all'esecuzione delle opere o alla
prestazione del servizio;
g) ai pescatori e alle cooperative di pescatori, nonché ai cacciatori, singoli
o associati, che vendano al pubblico, al dettaglio, la cacciagione e i prodotti
ittici provenienti esclusivamente dall'esercizio della loro attività e a coloro
che esercitano la vendita dei prodotti da essi direttamente e legalmente
raccolti su terreni soggetti ad usi civici nell'esercizio dei diritti di
erbatico, di fungatico e di diritti similari;
h) a chi venda o esponga per la vendita le proprie opere d'arte, nonché quelle
dell'ingegno a carattere creativo, comprese le proprie pubblicazioni di natura
scientifica od informativa, realizzate anche mediante supporto informatico;
i) alla vendita dei beni del fallimento effettuata ai sensi dell'articolo 106
delle disposizioni approvate con regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e
successive modificazioni;
l) all'attività di vendita effettuata durante il periodo di svolgimento delle
fiere campionarie e delle mostre di prodotti nei confronti dei visitatori,
purché riguardi le sole merci oggetto delle manifestazioni e non duri oltre il
periodo di svolgimento delle manifestazioni stesse;
m) agli enti pubblici ovvero alle persone giuridiche private alle quali
partecipano lo Stato o enti territoriali che vendano pubblicazioni o altro
materiale informativo, anche su supporto informatico, di propria o altrui
elaborazione, concernenti l'oggetto della loro attività.
3. Resta fermo quanto previsto per l'apertura delle sale cinematografiche dalla
legge 4 novembre 1965, e successive modificazioni, nonché dal decreto
legislativo 8 gennaio 1998, n. 3.
Titolo II - Requisiti per l'esercizio dell'attività
commerciale
Art. 5. Requisiti di accesso all'attività
1. Ai sensi del presente decreto l'attività commerciale può essere esercitata
con riferimento ai seguenti settori merceologici: alimentare e non alimentare.
2. Non possono esercitare l'attività commerciale, salvo che abbiano ottenuto la
riabilitazione:
a) coloro che sono stati dichiarati falliti;
b) coloro che hanno riportato una condanna, con sentenza passata in giudicato,
per delitto non colposo, per il quale è prevista una pena detentiva non
inferiore nel minimo a tre anni, sempre che sia stata applicata, in concreto,
una pena superiore al minimo edittale;
c) coloro che hanno riportato una condanna a pena detentiva, accertata con
sentenza passata in giudicato, per uno dei delitti di cui al titolo II e VIII
del libro II del codice penale, ovvero di ricettazione, riciclaggio, emissione
di assegni a vuoto, insolvenza fraudolenta, bancarotta fraudolenta, usura,
sequestro di persona a scopo di estorsione, rapina;
d) coloro che hanno riportato due o più condanne a pena detentiva o a pena
pecuniaria, nel quinquennio precedente all'inizio dell'esercizio dell'attività,
accertate con sentenza passata in giudicato, per uno dei delitti previsti dagli
articoli 442, 444, 513, 513-bis, 515, 516 e 517 del codice penale, o per delitti
di frode nella preparazione o nel commercio degli alimenti, previsti da leggi
speciali;
e) coloro che sono sottoposti ad una delle misure di prevenzione di cui alla
legge 27 dicembre 1956, n. 1423, o nei cui confronti sia stata applicata una
delle misure previste dalla legge 31 maggio 1965, n. 575, ovvero siano stati
dichiarati delinquenti abituali, professionali o per tendenza.
3. L'accertamento delle condizioni di cui al comma 2 è effettuato sulla base
delle disposizioni previste dall'articolo 688 del codice di procedura penale,
dall'articolo 10 della legge 4 gennaio 1968,n.15, dall'articolo 10-bis della
legge 31 maggio 1965, n. 575, e dall'articolo 18 della legge 7 agosto 1990, n.
241.
4. Il divieto di esercizio dell'attività commerciale, ai sensi del comma 2 del
presente articolo, permane per la durata di cinque anni a decorrere dal giorno
in cui la pena è stata scontata o si sia in altro modo estinta, ovvero, qualora
sia stata concessa la sospensione condizionale della pena, dal giorno del
passaggio in giudicato della sentenza.
5. L'esercizio, in qualsiasi forma, di un'attività di commercio relativa al
settore merceologico alimentare, anche se effettuata nei confronti di una
cerchia determinata di persone, è consentito a chi è in possesso di uno dei
seguenti requisiti professionali:
a) avere frequentato con esito positivo un corso professionale per il commercio
relativo al settore merceologico alimentare, istituito o riconosciuto dalla
regione o dalle province autonome di Trento e di Bolzano;
b) avere esercitato in proprio, per almeno due anni nell'ultimo quinquennio,
l'attività di vendita all'ingrosso o al dettaglio di prodotti alimentari; o
avere prestato la propria opera, per almeno due anni nell'ultimo quinquennio,
presso imprese esercenti l'attività nel settore alimentare, in qualità di
dipendente qualificato addetto alla vendita o all'amministrazione o, se trattasi
di coniuge o parente o affine, entro il terzo grado dell'imprenditore, in
qualità di coadiutore familiare, comprovata dalla iscrizione all'INPS;
c) essere stato iscritto nell'ultimo quinquennio al registro esercenti il
commercio di cui alla legge 11 giugno 1971, n. 426, per uno dei gruppi
merceologici individuati dalle lettere a), b) e c) dell'articolo 12, comma 2,
del decreto ministeriale 4 agosto 1988, n.375.
6. In caso di società il possesso di uno dei requisiti di cui al comma 5 è
richiesto con riferimento al legale rappresentante o ad altra persona
specificamente preposta all'attività commerciale.
7. Le regioni stabiliscono le modalità di organizzazione, la durata e le
materie del corso professionale di cui al comma 5, lettera a), garantendone
l'effettuazione anche tramite rapporti convenzionali con soggetti idonei. A tale
fine saranno considerate in via prioritaria le camere di commercio, le
organizzazioni imprenditoriali del commercio più rappresentative e gli enti da
queste costituiti.
8. Il corso professionale ha per oggetto materie idonee a garantire
l'apprendimento delle disposizioni relative alla salute, alla sicurezza e
all'informazione del consumatore. Prevede altresì materie che hanno riguardo
agli aspetti relativi alla conservazione, manipolazione e trasformazione degli
alimenti, sia freschi che conservati.
9. Le regioni stabiliscono le modalità di organizzazione, la durata e le
materie, con particolare riferimento alle normative relative all'ambiente, alla
sicurezza e alla tutela e informazione dei consumatori, oggetto di corsi di
aggiornamento finalizzati ad elevare il livello professionale o riqualificare
gli operatori in attività. Possono altresì prevedere forme di incentivazione
per la partecipazione ai corsi dei titolari delle piccole e medie imprese del
settore commerciale.
10. Le regioni garantiscono l'inserimento delle azioni formative di cui ai
commi 7 e 9 nell'ambito dei propri programmi di formazione professionale.
11. L'esercizio dell'attività di commercio all'ingrosso, ivi compreso quello
relativo ai prodotti ortofrutticoli, carnei ed ittici, è subordinato al
possesso dei requisiti del presente articolo. L'albo istituito dall'articolo 3
della legge 25 marzo 1959, n. 125, è soppresso.
Titolo III - Esercizio dell'attività di vendita al
dettaglio sulle aree private in sede fissa
Art. 6. Programmazione della rete distributiva
1. Le regioni, entro un anno dalla data di pubblicazione del presente decreto
definiscono gli indirizzi generali per l'insediamento delle attività
commerciali, perseguendo i seguenti obiettivi:
a) favorire la realizzazione di una rete distributiva che, in collegamento con
le altre funzioni di servizio, assicuri la migliore produttività del sistema e
la qualità dei servizi da rendere al consumatore;
b) assicurare, nell'indicare gli obiettivi di presenza e di sviluppo delle
grandi strutture di vendita, il rispetto del principio della libera concorrenza,
favorendo l'equilibrato sviluppo delle diverse tipologie distributive;
c) rendere compatibile l'impatto territoriale e ambientale degli insediamenti
commerciali con particolare riguardo a fattori quali la mobilità, il traffico e
l'inquinamento e valorizzare la funzione commerciale al fine della
riqualificazione del tessuto urbano, in particolare per quanto riguarda i
quartieri urbani degradati al fine di ricostituire un ambiente idoneo allo
sviluppo del commercio;
d) salvaguardare e riqualificare i centri storici anche attraverso il
mantenimento delle caratteristiche morfologiche degli insediamenti e il rispetto
dei vincoli relativi alla tutela del patrimonio artistico ed ambientale;
e) salvaguardare e riqualificare la rete distributiva nelle zone di montagna,
rurali ed insulari anche attraverso la creazione di servizi commerciali
polifunzionali e al fine di favorire il mantenimento e la ricostituzione del
tessuto commerciale;
f) favorire gli insediamenti commerciali destinati al recupero delle piccole e
medie imprese già operanti sul territorio interessato, anche al fine di
salvaguardare i livelli occupazionali reali e con facoltà di prevedere a tale
fine forme di incentivazione;
g) assicurare, avvalendosi dei comuni e delle camere di commercio, industria,
artigianato e agricoltura, un sistema coordinato di monitoraggio riferito
all'entità e all'efficienza della rete distributiva, attraverso la costituzione
di appositi osservatori, ai quali partecipano anche i rappresentanti degli enti
locali, delle organizzazioni dei consumatori, delle imprese del commercio e dei
lavoratori dipendenti coordinati da un Osservatorio nazionale costituito presso
il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato.
2. Le regioni, entro il termine di cui al comma 1, fissano i criteri di
programmazione urbanistica riferiti al settore commerciale, affinché gli
strumenti urbanistici comunali individuino:
a) le aree da destinare agli insediamenti commerciali ed, in particolare, quelle
nelle quali consentire gli insediamenti di medie e grandi strutture di vendita
al dettaglio;
b) i limiti ai quali sono sottoposti gli insediamenti commerciali in relazione
alla tutela dei beni artistici, culturali e ambientali, nonché dell'arredo
urbano, ai quali sono sottoposte le imprese commerciali nei centri storici e
nelle località di particolare interesse artistico e naturale;
c) i vincoli di natura urbanistica ed in particolare quelli inerenti la
disponibilità di spazi pubblici o di uso pubblico e le quantità minime di
spazi per parcheggi, relativi alle diverse strutture di vendita;
d) la correlazione dei procedimenti di rilascio della concessione o
autorizzazione edilizia inerenti l'immobile o il complesso di immobili e
dell'autorizzazione all'apertura di una media o grande struttura di vendita,
eventualmente prevedendone la contestualità.
3. Le regioni, nel definire gli indirizzi generali di cui al comma 1, tengono
conto principalmente delle caratteristiche dei seguenti ambiti territoriali:
a) le aree metropolitane omogenee, al fine di pervenire ad una programmazione
integrata tra centro e realtà periferiche;
b) le aree sovracomunali configurabili come un unico bacino di utenza, per le
quali devono essere individuati criteri di sviluppo omogenei;
c) i centri storici, al fine di salvaguardare e qualificare la presenza delle
attività commerciali e artigianali in grado di svolgere un servizio di
vicinato, di tutelare gli esercizi aventi valore storico e artistico ed evitare
il processo di espulsione delle attività commerciali e artigianali;
d) i centri di minore consistenza demografica al fine di svilupparne il tessuto
economicosociale anche attraverso il miglioramento delle reti infrastrutturali
ed in particolare dei collegamenti viari.
4. Per l'emanazione degli indirizzi e dei criteri di cui al presente articolo,
le regioni acquisiscono il parere obbligatorio delle rappresentanze degli enti
locali e procedono, altresì, alla consultazione delle organizzazioni dei
consumatori e delle imprese del commercio.
5. Le regioni stabiliscono il termine, non superiore a centottanta giorni, entro
il quale i comuni sono tenuti ad adeguare gli strumenti urbanistici generali e
attuativi e i regolamenti di polizia locale alle disposizioni di cui al presente
articolo.
6. In caso di inerzia da parte del comune, le regioni provvedono in via
sostitutiva adottando le norme necessarie, che restano in vigore fino alla
emanazione delle norme comunali.
Art. 7. Esercizi di vicinato
1. L'apertura, il trasferimento di sede e l'ampliamento della superficie fino
ai limiti di cui all'articolo 4, comma 1, lettera d), di un esercizio di
vicinato sono soggetti a previa comunicazione al comune competente per
territorio e possono essere effettuati decorsi trenta giorni dal ricevimento
della comunicazione.
2. Nella comunicazione di cui al comma 1 il soggetto interessato dichiara:
a) di essere in possesso dei requisiti di cui all'articolo 5;
b) di avere rispettato i regolamenti locali di polizia urbana, annonaria e
igienicosanitaria, i regolamenti edilizi e le norme urbanistiche nonché quelle
relative alle destinazioni d'uso;
c) il settore o i settori merceologici, l'ubicazione e la superficie di vendita
dell'esercizio;
d) l'esito della eventuale valutazione in caso di applicazione della
disposizione di cui all'articolo 10, comma 1, lettera c).
3. Fermi restando i requisiti igienicosanitari, negli esercizi di vicinato
autorizzati alla vendita dei prodotti di cui all'articolo 4 della legge 25 marzo
1997, n. 77, è consentito il consumo immediato dei medesimi a condizione che
siano esclusi il servizio di somministrazione e le attrezzature ad esso
direttamente finalizzati.
Art. 8. Medie strutture di vendita
1. L'apertura, il trasferimento di sede e l'ampliamento della superficie fino
ai limiti di cui all'articolo 4, comma 1, lettera e), di una media struttura di
vendita sono soggetti ad autorizzazione rilasciata dal comune competente per
territorio, anche in relazione agli obiettivi di cui all'articolo 6, comma 1.
2. Nella domanda l'interessato dichiara: a) di essere in possesso dei
requisiti di cui all'articolo 5;
b) il settore o i settori merceologici, l'ubicazione e la superficie di vendita
dell'esercizio;
c) le eventuali comunicazioni di cui all'articolo 10, commi 2 e 3, del presente
decreto.
3. Il comune, sulla base delle disposizioni regionali e degli obiettivi
indicati all'articolo 6, sentite le organizzazioni di tutela dei consumatori e
le organizzazioni imprenditoriali del commercio, adotta i criteri per il
rilascio delle autorizzazioni di cui al comma 1.
4. Il comune adotta le norme sul procedimento concernente le domande relative
alle medie strutture di vendita; stabilisce il termine, comunque non superiore
ai novanta giorni dalla data di ricevimento, entro il quale le domande devono
ritenersi accolte qualora non venga comunicato il provvedimento di diniego,
nonché tutte le altre norme atte ad assicurare trasparenza e snellezza
dell'azione amministrativa e la partecipazione al procedimento ai sensi della
legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modifiche.
Art. 9. Grandi strutture di vendita
1. L'apertura, il trasferimento di sede e l'ampliamento della superficie di
una grande struttura di vendita, sono soggetti ad autorizzazione rilasciata dal
comune competente per territorio.
2. Nella domanda l'interessato dichiara:
a) di essere in possesso dei requisiti di cui all'articolo 5;
b) il settore o i settori merceologici, l'ubicazione e la superficie di vendita
dell'esercizio;
c) le eventuali comunicazioni di cui all'articolo 10, commi 2 e 3, del presente
decreto.
3. La domanda di rilascio dell'autorizzazione è esaminata da una conferenza di
servizi indetta dal comune, salvo quanto diversamente stabilito nelle
disposizioni di cui al comma 5, entro sessanta giorni dal ricevimento, composta
da tre membri, rappresentanti rispettivamente la regione, la provincia e il
comune medesimo, che decide in base alla conformità dell'insediamento ai
criteri di programmazione di cui all'articolo 6.
Le deliberazioni della conferenza sono adottate a maggioranza dei componenti
entro novanta giorni dalla convocazione; il rilascio dell'autorizzazione è
subordinato al parere favorevole del rappresentante della regione.
4. Alle riunioni della conferenza di servizi, svolte in seduta pubblica,
partecipano a titolo consultivo i rappresentanti dei comuni contermini, delle
organizzazioni dei consumatori e delle imprese del commercio più
rappresentative in relazione al bacino d'utenza dell'insediamento interessato.
Ove il bacino d'utenza riguardi anche parte del territorio di altra regione
confinante, la conferenza dei servizi ne informa la medesima e ne richiede il
parere non vincolante ai fini del rilascio della autorizzazione.
5. La regione adotta le norme sul procedimento concernente le domande relative
alle grandi strutture di vendita; stabilisce il termine comunque non superiore a
centoventi giorni dalla data di convocazione della conferenza di servizi di cui
al comma 3 entro il quale le domande devono ritenersi accolte qualora non venga
comunicato il provvedimento di diniego, nonché tutte le altre norme atte ad
assicurare trasparenza e snellezza dell'azione amministrativa e la
partecipazione al procedimento ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241, e
successive modifiche.
Art. 10. Disposizioni particolari
1. La regione prevede disposizioni per favorire lo sviluppo della rete
commerciale nelle aree montane, rurali e insulari, per riqualificare la rete
distributiva e rivitalizzare il tessuto economico sociale e culturale nei centri
storici, nonché per consentire una equilibrata e graduale evoluzione delle
imprese esistenti nelle aree urbane durante la fase di prima applicazione del
nuovo regime amministrativo. In particolare, prevede:
a) per i comuni, le frazioni e le altre aree con popolazione inferiore a 3.000
abitanti, nonché nelle zone montane e insulari, la facoltà di svolgere
congiuntamente in un solo esercizio, oltre all'attività commerciale, altri
servizi di particolare interesse per la collettività, eventualmente in
convenzione con soggetti pubblici o privati. Per queste aree le regioni possono
prevedere l'esenzione di tali attività da tributi regionali; per tali esercizi
gli enti locali possono stabilire particolari agevolazioni, fino alla esenzione,
per i tributi di loro competenza;
b) per centri storici, aree o edifici aventi valore storico, archeologico,
artistico e ambientale, l'attribuzione di maggiori poteri ai comuni
relativamente alla localizzazione e alla apertura degli esercizi di vendita, in
particolare al fine di rendere compatibili i servizi commerciali con le funzioni
territoriali in ordine alla viabilità, alla mobilità dei consumatori e
all'arredo urbano, utilizzando anche specifiche misure di agevolazione
tributaria e di sostegno finanziario;
c) per le aree di cui alle lettere a), b) e c) dell'articolo 6, comma 3,
l'indicazione dei criteri in base ai quali i comuni, per un periodo non
superiore a due anni, possono sospendere o inibire gli effetti della
comunicazione all'apertura degli esercizi di vicinato sulla base di specifica
valutazione circa l'impatto del nuovo esercizio sull'apparato distributivo e sul
tessuto urbano ed in relazione a programmi di qualificazione della rete
commerciale finalizzati alla realizzazione di infrastrutture e servizi adeguati
alle esigenze dei consumatori.
2. La regione stabilisce criteri e modalità ai fini del riconoscimento della
priorità alle domande di rilascio di autorizzazione all'apertura di una media o
grande struttura di vendita che prevedono la concentrazione di preesistenti
medie o grandi strutture e l'assunzione dell'impegno di reimpiego del personale
dipendente, ovvero, qualora trattasi di esercizi appartenenti al settore non
alimentare, alle domande di chi ha frequentato un corso di formazione
professionale per il commercio o risulta in possesso di adeguata qualificazione.
Il rilascio della nuova autorizzazione comporta la revoca di quelle relative
alle strutture preesistenti, prese in considerazione ai fini della predetta
priorità.
3. La regione stabilisce altresì i casi in cui l'autorizzazione all'apertura di
una media struttura di vendita e all'ampliamento della superficie di una media o
di una grande struttura di vendita è dovuta a seguito di concentrazione o
accorpamento di esercizi autorizzati ai sensi dell'articolo 24 della legge 11
giugno 1971, n.426, per la vendita di generi di largo e generale consumo. Il
rilascio dell'autorizzazione comporta la revoca dei titoli autorizzatori
relativi ai preesistenti esercizi. Nell'applicazione della presente disposizione
la regione tiene conto anche della condizione relativa al reimpiego del
personale degli esercizi concentrati o accorpati.
4. La regione può individuare le zone del proprio territorio alle quali
applicare i limiti massimi di superficie di vendita di cui all'articolo 4,
lettere d) ed e), in base alle caratteristiche socioeconomiche, anche in deroga
al criterio della consistenza demografica.
5. Ai fini della realizzazione del sistema di monitoraggio previsto
dall'articolo 6, comma 1, lettera g), la conferenza unificata di cui
all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, su proposta del
Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato, definisce i
contenuti di una modulistica univoca da utilizzare per le comunicazioni e le
autorizzazioni di cui al presente decreto. Per lo stesso scopo i dati relativi
al settore merceologico e alla superficie e all'ubicazione degli esercizi di
vendita sono denunciati all'ufficio del registro delle imprese, che li iscrive
nel repertorio delle notizie economiche e amministrative.
Tali dati sono messi a disposizione degli osservatori regionali e nazionale di
cui al predetto articolo 6.
Titolo IV - Orari di vendita
Art. 11. Orario di apertura e di chiusura
1. Gli orari di apertura e di chiusura al pubblico degli esercizi di vendita al
dettaglio sono rimessi alla libera determinazione degli esercenti nel rispetto
delle disposizioni del presente articolo e dei criteri emanati dai
comuni,sentite le organizzazioni locali dei consumatori, delle imprese del
commercio e dei lavoratori dipendenti, in esecuzione di quanto disposto
dall'articolo 36, comma 3, della legge 8 giugno 1990, n. 142.
2. Fatto salvo quanto disposto al comma 4, gli esercizi commerciali di
vendita al dettaglio possono restare aperti al pubblico in tutti i giorni della
settimana dalle ore sette alle ore ventidue. Nel rispetto di tali limiti
l'esercente può liberamente determinare l'orario di apertura e di chiusura del
proprio esercizio non superando comunque il limite delle tredici ore
giornaliere.
3. L'esercente è tenuto a rendere noto al pubblico l'orario di effettiva
apertura e chiusura del proprio esercizio mediante cartelli o altri mezzi idonei
di informazione.
4. Gli esercizi di vendita al dettaglio osservano la chiusura domenicale e
festiva dell'esercizio e, nei casi stabiliti dai comuni, sentite le
organizzazioni di cui al comma 1, la mezza giornata di chiusura
infrasettimanale.
5. Il comune, sentite le organizzazioni di cui al comma 1, individua i giorni
e le zone del territorio nei quali gli esercenti possono derogare all'obbligo di
chiusura domenicale e festiva. Detti giorni comprendono comunque quelli del mese
di dicembre, nonché ulteriori otto domeniche o festività nel corso degli altri
mesi dell'anno.
Art. 12. Comuni ad economia prevalentemente turistica e città d'arte
1. Nei comuni ad economia prevalentemente turistica, nelle città d'arte o
nelle zone del territorio dei medesimi, gli esercenti determinano liberamente
gli orari di apertura e di chiusura e possono derogare dall'obbligo di cui
all'articolo 11, comma 4. 2. Al fine di assicurare all'utenza, soprattutto nei
periodi di maggiore afflusso turistico, idonei livelli di servizio e di
informazione, le organizzazioni locali dei consumatori, delle imprese del
commercio e del turismo e dei lavoratori dipendenti, possono definire accordi da
sottoporre al sindaco per l'esercizio delle funzioni di cui all'articolo 36,
comma 3, della legge 8 giugno 1990, n. 142. 3. Entro centottanta giorni dalla
data di entrata in vigore del presente decreto, anche su proposta dei comuni
interessati e sentite le organizzazioni dei consumatori, delle imprese del
commercio e del turismo e dei lavoratori dipendenti, le regioni individuano i
comuni ad economia prevalentemente turistica, le città d'arte o le zone del
territorio dei medesimi e i periodi di maggiore afflusso turistico nei quali gli
esercenti possono esercitare la facoltà di cui al comma 1.
Art. 13. Disposizioni speciali
1. Le disposizioni del presente titolo non si applicano alle seguenti tipologie
di attività: le rivendite di generi di monopolio; gli esercizi di vendita
interni ai campeggi,ai villaggi e ai complessi turistici e alberghieri; gli
esercizi di vendita al dettaglio situati nelle aree di servizio lungo le
autostrade, nelle stazioni ferroviarie, marittime ed aeroportuali; alle
rivendite di giornali;le gelaterie e gastronomie; le rosticcerie e le
pasticcerie; gli esercizi specializzati nella vendita di bevande, fiori, piante
e articoli da giardinaggio, mobili, libri, dischi, nastri magnetici,
musicassette,videocassette, opere d'arte, oggetti d'antiquariato, stampe,
cartoline, articoli da ricordo e artigianato locale, nonché le stazioni di
servizio autostradali, qualora le attività di vendita previste dal presente
comma siano svolte in maniera esclusiva e prevalente, e le sale
cinematografiche.
2. Gli esercizi del settore alimentare devono garantire l'apertura al
pubblico in caso di più di due festività consecutive. Il sindaco definisce le
modalità per adempiere all'obbligo di cui al presente comma.
3. I comuni possono autorizzare, in base alle esigenze dell'utenza e alle
peculiari caratteristiche del territorio, l'esercizio dell'attività di vendita
in orario notturno esclusivamente per un limitato numero di esercizi di
vicinato.
Titolo V - Offerta di vendita
Art. 14. Pubblicità dei prezzi
1. I prodotti esposti per la vendita al dettaglio nelle vetrine esterne o
all'ingresso del locale e nelle immediate adiacenze dell'esercizio o su aree
pubbliche o sui banchi di vendita, ovunque collocati,debbono indicare, in modo
chiaro e ben leggibile, il prezzo di vendita al pubblico, mediante l'uso di un
cartello o con altre modalità idonee allo scopo.
2. Quando siano esposti insieme prodotti identici dello stesso valore è
sufficiente l'uso di un unico cartello.Negli esercizi di vendita e nei reparti
di tali esercizi organizzati con il sistema di vendita del libero servizio
l'obbligo dell'indicazione del prezzo deve essere osservato in ogni caso per
tutte le merci comunque esposte al pubblico.
3. I prodotti sui quali il prezzo di vendita al dettaglio si trovi già
impresso in maniera chiara e con caratteri ben leggibili, in modo che risulti
facilmente visibile al pubblico,sono esclusi dall'applicazione del comma 2.
4. Restano salve le disposizioni vigenti circa l'obbligo
dell'indicazione del prezzo di vendita al dettaglio per unità di misura.
Art. 15. Vendite straordinarie
1.Per vendite straordinarie si intendono le vendite di liquidazione, le
vendite di fine stagione e le vendite promozionali nelle quali l'esercente
dettagliante offre condizioni favorevoli, reali ed effettive, di acquisto dei
propri prodotti.
2. Le vendite di liquidazione sono effettuate dall'esercente dettagliante al
fine di esitare in breve tempo tutte le proprie merci, a seguito di:cessazione
dell'attività commerciale, cessione dell'azienda,trasferimento dell'azienda in
altro locale, trasformazione o rinnovo dei locali e possono essere effettuate in
qualunque momento dell'anno, previa comunicazione al comune dei dati e degli
elementi comprovanti tali fatti.
3. Le vendite di fine stagione riguardano i prodotti, di carattere stagionale
o di moda, suscettibili di notevole deprezzamento se non vengono venduti entro
un certo periodo di tempo.
4. Le vendite promozionali sono effettuate dall'esercente dettagliante per
tutti o una parte dei prodotti merceologici e per periodi di tempo limitato.
5. Nelle vendite disciplinate dal presente articolo lo sconto o il ribasso
effettuato deve essere espresso in percentuale sul prezzo normale di vendita che
deve essere comunque esposto.
6. Le regioni, sentite i rappresentanti degli enti locali, le organizzazioni
dei consumatori e delle imprese del commercio, disciplinano le modalità di
svolgimento,la pubblicità anche ai fini di una corretta informazione del
consumatore, i periodi e la durata delle vendite di liquidazione e delle vendite
di fine stagione.
7. Per vendita sottocosto si intende la vendita al pubblico di uno o più
prodotti effettuata ad un prezzo inferiore a quello risultante dalle fatture di
acquisto maggiorato dell'imposta sul valore aggiunto e di ogni altra imposta o
tassa connessa alla natura del prodotto e diminuito degli eventuali sconti o
contribuzioni riconducibili al prodotto medesimo purché documentati.
8. Ai fini della disciplina delle vendite sottocosto il Governo si avvale
della facoltà prevista dall'articolo 20,comma 11, della legge 15 marzo 1997, n.
59.Per gli aspetti sanzionatori, fermo restando quanto disposto dalla legge 10
ottobre 1990, n.287, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 22, commi
2 e 3.
9. Il Ministero dell'industria,del commercio e dell'artigianato promuove la
sottoscrizione di codici di autoregolamentazione delle vendite di cui al comma 7
tra le organizzazioni rappresentative delle imprese produttrici e distributive.
Titolo VI - Forme speciali di vendita al dettaglio
Art. 16. Spacci interni
1. La vendita di prodotti a favore di dipendenti da enti o imprese, pubblici
o privati,di militari, di soci di cooperative di consumo, di aderenti a circoli
privati, nonché la vendita nelle scuole e negli ospedali esclusivamente a
favore di coloro che hanno titolo ad accedervi è soggetta ad apposita
comunicazione al comune competente per territorio e deve essere effettuata in
locali non aperti al pubblico, che non abbiano accesso dalla pubblica via.
2. L'attività può essere iniziata decorsi trenta giorni dal
ricevimento della comunicazione di cui al comma 1.
3. Nella comunicazione deve essere dichiarata la sussistenza dei requisiti di
cui all'articolo 5 della persona preposta alla gestione dello spaccio,il
rispetto delle norme in materia di idoneità dei locali, il settore
merceologico,l'ubicazione e la superficie di vendita.
Art. 17. Apparecchi automatici
1. La vendita dei prodotti al dettaglio per mezzo di apparecchi automatici è
soggetta ad apposita comunicazione al comune competente per territorio.
2.L'attività può essere iniziata decorsi trenta giorni dal ricevimento
della comunicazione di cui al comma 1.
3. Nella comunicazione deve essere dichiarata la sussistenza del possesso dei
requisiti di cui all'articolo 5, il settore merceologico e l'ubicazione,
nonché, se l'apparecchio automatico viene installato sulle aree pubbliche,
l'osservanza delle norme sull'occupazione del suolo pubblico.
4. La vendita mediante apparecchi automatici effettuata in apposito locale ad
essa adibito in modo esclusivo, è soggetta alle medesime disposizioni
concernenti l'apertura di un esercizio di vendita.
Art. 18. Vendita per corrispondenza, televisione o altri
sistemi di comunicazione
1. La vendita al dettaglio per corrispondenza o tramite televisione o altri
sistemi di comunicazione è soggetta a previa comunicazione al comune nel quale
l'esercente ha la residenza, se persona fisica, o la sede legale. L'attività
può essere iniziata decorsi trenta giorni dal ricevimento della comunicazione.
2. E' vietato inviare prodotti al consumatore se non a seguito di specifica
richiesta. E' consentito l'invio di campioni di prodotti o di omaggi, senza
spese o vincoli per il consumatore.
3. Nella comunicazione di cui al comma 1 deve essere dichiarata la
sussistenza del possesso dei requisiti di cui all'articolo 5 e il settore
merceologico.
4. Nei casi in cui le operazioni di vendita sono effettuate tramite
televisione, l'emittente televisiva deve accertare, prima di metterle in onda,
che il titolare dell'attività è in possesso dei requisiti prescritti dal
presente decreto per l'esercizio della vendita al dettaglio. Durante la
trasmissione debbono essere indicati il nome e la denominazione o la ragione
sociale e la sede del venditore, il numero di iscrizione al registro delle
imprese ed il numero della partita IVA. Agli organi di vigilanza è consentito
il libero accesso al locale indicato come sede del venditore.
5. Le operazioni di vendita all'asta realizzate per mezzo della televisione o
di altri sistemi di comunicazione sono vietate.
6. Chi effettua le vendite tramite televisione per conto terzi deve essere in
possesso della licenza prevista dall'articolo 115 del testo unico delle leggi di
pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773. 7. Alle
vendite di cui al presente articolo si applicano altresì le disposizioni di cui
al decreto legislativo 15 gennaio 1992, n. 50, in materia di contratti negoziati
fuori dei locali commerciali.
Art. 19. Vendite effettuate presso il domicilio dei consumatori
1. La vendita al dettaglio o la raccolta di ordinativi di acquisto presso il
domicilio dei consumatori, è soggetta a previa comunicazione al comune nel
quale l'esercente ha la residenza, se persona fisica, o la sede legale.
2. L'attività può essere iniziata decorsi trenta giorni dal ricevimento della
comunicazione di cui al comma 1.
3. Nella comunicazione deve essere dichiarata la sussistenza dei requisiti di
cui all'articolo 5 e il settore merceologico.
4. Il soggetto di cui al comma 1, che intende avvalersi per l'esercizio
dell'attività di incaricati, ne comunica l'elenco all'autorità di pubblica
sicurezza del luogo nel quale ha la residenza o la sede legale e risponde agli
effetti civili dell'attività dei medesimi. Gli incaricati devono essere in
possesso dei requisiti di cui all'articolo 5, comma 2.
5. L'impresa di cui al comma 1 rilascia un tesserino di riconoscimento alle
persone incaricate, che deve ritirare non appena esse perdano i requisiti
richiesti dall'articolo 5, comma 2.
6. Il tesserino di riconoscimento di cui al comma 5 deve essere numerato e
aggiornato annualmente, deve contenere le generalità e la fotografia
dell'incaricato, l'indicazione a stampa della sede e dei prodotti oggetto
dell'attività dell'impresa, nonché del nome del responsabile dell'impresa
stessa, e la firma di quest'ultimo e deve essere esposto in modo visibile
durante le operazioni di vendita.
7. Le disposizioni concernenti gli incaricati si applicano anche nel caso di
operazioni di vendita a domicilio del consumatore effettuate dal commerciante
sulle aree pubbliche in forma itinerante.
8. Il tesserino di riconoscimento di cui ai commi 5 e 6 è obbligatorio anche
per l'imprenditore che effettua personalmente le operazioni disciplinate dal
presente articolo.
9. Alle vendite di cui al presente articolo si applica altresì la disposizione
dell'articolo 18, comma 7.
Art. 20. Propaganda a fini commerciali
1. L'esibizione o illustrazione di cataloghi e l'effettuazione di qualsiasi
altra forma di propaganda commerciale presso il domicilio del consumatore o nei
locali nei quali il consumatore si trova, anche temporaneamente, per motivi di
lavoro, studio, cura o svago, sono sottoposte alle disposizioni sugli incaricati
e sul tesserino di riconoscimento di cui all'articolo 19, commi 4, 5, 6 e 8.
Art. 21. Commercio elettronico
1. Il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato promuove
l'introduzione e l'uso del commercio elettronico con azioni volte a:
a) sostenere una crescita equilibrata del mercato elettronico;
b) tutelare gli interessi dei consumatori;
c) promuovere lo sviluppo di campagne di informazione ed apprendimento per
operatori del settore ed operatori del servizio;
d) predisporre azioni specifiche finalizzate a migliorare la competitività
globale delle imprese, con particolare riferimento alle piccole e alle medie,
attraverso l'utilizzo del commercio elettronico;
e) favorire l'uso di strumenti e tecniche di gestione di qualità volte a
garantire l'affidabilità degli operatori e ad accrescere la fiducia del
consumatore;
f) garantire la partecipazione italiana al processo di cooperazione e
negoziazione europea ed internazionale per lo sviluppo del commercio
elettronico.
2. Per le azioni di cui al comma 1 il Ministero dell'industria, del commercio e
dell'artigianato può stipulare convenzioni e accordi di programma con soggetti
pubblici o privati interessati, nonché con associazioni rappresentative delle
imprese e dei consumatori.
Titolo VII - Sanzioni
Art. 22. Sanzioni e revoca
1. Chiunque viola le disposizioni di cui agli articoli 5, 7, 8, 9, 16, 17, 18 e
19 del presente decreto è punito con la sanzione amministrativa del pagamento
di una somma da lire 5.000.000 a lire 30.000.000.
2. In caso di particolare gravità o di recidiva il sindaco può inoltre
disporre la sospensione della attività di vendita per un periodo non superiore
a venti giorni. La recidiva si verifica qualora sia stata commessa la stessa
violazione per due volte in un anno, anche se si è proceduto al pagamento della
sanzione mediante oblazione.
3. Chiunque viola le disposizioni di cui agli articoli 11, 14, 15 e 26, comma 5,
del presente decreto è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di
una somma da lire 1.000.000 a lire 6.000.000.
4. L'autorizzazione all'apertura è revocata qualora il titolare:
a) non inizia l'attività di una media struttura di vendita entro un anno dalla
data del rilascio o entro due anni se trattasi di una grande struttura di
vendita, salvo proroga in caso di comprovata necessità;
b) sospende l'attività per un periodo superiore ad un anno;
c) non risulta più provvisto dei requisiti di cui all'articolo 5, comma 2;
d) nel caso di ulteriore violazione delle prescrizioni in materia igienico
sanitaria avvenuta dopo la sospensione dell'attività disposta ai sensi del
comma 2.
5. Il sindaco ordina la chiusura di un esercizio di vicinato qualora il
titolare:
a) sospende l'attività per un periodo superiore ad un anno;
b) non risulta più provvisto dei requisiti di cui all'articolo 5, comma 2;
c) nel caso di ulteriore violazione delle prescrizioni in materia igienico
sanitaria avvenuta dopo la sospensione dell'attività disposta ai sensi del
comma 2.
6. In caso di svolgimento abusivo dell'attività il sindaco ordina la chiusura
immediata dell'esercizio di vendita.
7. Per le violazioni di cui al presente articolo l'autorità competente è il
sindaco del comune nel quale hanno avuto luogo. Alla medesima autorità
pervengono i proventi derivanti dai pagamenti in misura ridotta ovvero da
ordinanze ingiunzioni di pagamento.
Titolo VIII - Organismi associativi
Art. 23. Centri di assistenza tecnica
1. Al fine di sviluppare i processi di ammodernamento della rete distributiva
possono essere istituiti centri di assistenza alle imprese costituiti, anche in
forma consortile, dalle associazioni di categoria maggiormente rappresentative
del settore a livello provinciale e da altri soggetti interessati. I centri sono
autorizzati dalla regione all'esercizio delle attività previste nello statuto
con modalità da definirsi con apposito provvedimento e sono finanziabili con il
fondo di cui all'articolo 16, comma 1, della legge 7 agosto 1997, n. 266. 2. I
centri svolgono, a favore delle imprese, attività di assistenza tecnica e di
formazione e aggiornamento in materia di innovazione tecnologica e
organizzativa, gestione economica e finanziaria di impresa, accesso ai
finanziamenti anche comunitari, sicurezza e tutela dei consumatori, tutela
dell'ambiente, igiene e sicurezza sul lavoro e altre materie eventualmente
previste dallo statuto di cui al comma 1, nonché attività finalizzate alla
certificazione di qualità degli esercizi commerciali. 3. Le amministrazioni
pubbliche possono avvalersi dei centri medesimi allo scopo di facilitare il
rapporto tra amministrazioni pubbliche e imprese utenti.
Art. 24. Interventi per i consorzi e le cooperative di garanzia collettiva
fidi
1. I consorzi e le cooperative di garanzia collettiva fidi di cui all'articolo
9, comma 9, del decreto-legge 1 ottobre 1982, n. 697, convertito dalla legge 29
novembre 1982, n. 887, e successive modifiche, possono costituire società
finanziarie aventi per finalità lo sviluppo delle imprese operanti nel
commercio, nel turismo e nei servizi.
2. I requisiti delle società finanziarie, richiesti per l'esercizio delle
attività di cui al presente articolo, sono i seguenti:
a) siano ispirate ai principi di mutualità, richiamati espressamente e
inderogabilmente nei rispettivi statuti;
b) siano costituite da almeno 30 consorzi e cooperative di garanzia collettiva
fidi di cui al comma 1, distribuiti sull'intero territorio nazionale;
c) siano iscritte all'apposito elenco tenuto dal Ministro del tesoro, del
bilancio e della programmazione economica, in conformità al decreto legislativo
1 settembre 1993, n. 385.
3. Le organizzazioni nazionali di rappresentanza del commercio, del turismo e
dei servizi, per le finalità di cui al presente articolo, possono promuovere
società finanziarie che abbiano i requisiti nel medesimo previsti. 4. Il
Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato può disporre il
finanziamento delle società finanziarie per le attività destinate:
a) all'incremento di fondi di garanzia interconsortili gestiti dalle società
finanziarie di cui al comma 1 e destinati alla prestazione di contro garanzie a
favore dei consorzi e delle cooperative di garanzia collettiva fidi
partecipanti;
b) alla promozione di interventi necessari al miglioramento dell'efficienza ed
efficacia operativa dei soggetti costituenti;
c) alla promozione di interventi destinati a favorire le fusioni tra consorzi e
cooperative di garanzia collettiva fidi.
5. Con decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, di
concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione
economica, da emanarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore
delle presenti disposizioni, sono fissati i criteri e le modalità per gli
interventi di cui al comma 4.
6. Gli interventi previsti dal presente articolo, nel limite di 80 miliardi di
lire per l'anno 1998, sono posti a carico delle risorse disponibili, per gli
interventi di cui alla legge 1 marzo 1986, n. 64, nell'apposita sezione del
Fondo di cui all'articolo 4, comma 6, del decreto-legge 8 febbraio 1995, n. 32,
convertito dalla legge 7 aprile 1995, n. 104. A tal fine il Ministro
dell'industria, del commercio e dell'artigianato è autorizzato a trasferire la
somma suddetta ad apposita sezione del Fondo di cui all'articolo 14 della legge
17 febbraio 1982, n. 46.
Titolo IX - Disposizioni transitorie e finali
Art. 25. Disciplina transitoria
1. I soggetti titolari di autorizzazione per l'esercizio dell'attività di
vendita dei prodotti appartenenti alle tabelle merceologiche di cui all'allegato
5 al decreto ministeriale 4 agosto 1988, n. 375, e all'articolo 2 del decreto
ministeriale 16 settembre 1996, n. 561, hanno titolo a porre in vendita tutti i
prodotti relativi al settore merceologico corrispondente, fatto salvo il
rispetto dei requisiti igienicosanitari, e ad ottenere che l'autorizzazione sia
modificata d'ufficio con l'indicazione del settore medesimo a partire dalla data
di pubblicazione del presente decreto, ad eccezione dei soggetti in possesso
delle tabelle speciali riservate ai titolari di farmacie di cui all'allegato 9
del decreto ministeriale 4 agosto 1988, n. 375, nonché quelle riservate ai
soggetti titolari di rivendite di generi di monopolio e di impianti di
distribuzione automatica dei carburanti di cui all'articolo 1 del decreto
ministeriale 17 settembre 1996, n. 561.
2. A partire dalla data di pubblicazione del presente decreto sono soggette a
previa comunicazione al comune competente per territorio il trasferimento della
proprietà o della gestione dell'attività, il trasferimento di sede e
l'ampliamento della superficie degli esercizi di vendita entro i limiti di
superficie di cui all'articolo 4, comma 1, lettera d). Resta fermo l'obbligo per
il subentrante del possesso dell'iscrizione al registro degli esercenti il
commercio secondo quanto previsto dall'articolo 49 del decreto ministeriale 4
agosto 1988, n. 375.
3. Fino al termine di cui all'articolo 26, comma 1, non può essere negata
l'autorizzazione all'apertura di un esercizio avente una superficie di vendita
non superiore a 1.500 mq in caso di concentrazione di esercizi di vendita di cui
all'articolo 4, comma 1, lettera d), operanti nello stesso comune e autorizzati
ai sensi dell'articolo 24 della legge 11 giugno 1971, n. 426, alla data di
pubblicazione del presente decreto, per la vendita di generi di largo e generale
consumo. La superficie di vendita del nuovo esercizio deve essere pari alla
somma dei limiti massimi indicati alla predetta lettera d), tenuto conto del
numero degli esercizi concentrati. Il rilascio dell'autorizzazione comporta la
revoca dei titoli autorizzatori preesistenti.
4. Le domande di rilascio dell'autorizzazione all'apertura di un nuovo esercizio
prevista dall'articolo 24 della legge 11 giugno 1971, n. 426, in corso di
istruttoria alla data di pubblicazione del presente decreto, sono esaminate ai
sensi della predetta legge n. 426 del 1971 e decise con provvedimento espresso
entro e non oltre 90 giorni dalla suddetta data. Dalla data di pubblicazione del
presente decreto e fino al termine del periodo di cui all'articolo 26, comma 1,
è sospesa la presentazione delle domande, tranne nel caso di cui al comma 3.
5. Le domande di rilascio delle autorizzazioni previste dagli articoli 26 e 27
della legge 11 giugno 1971, n. 426, già trasmesse alla giunta regionale per il
prescritto nulla osta alla data del 16 gennaio 1998 e corredate a norma secondo
attestazione del responsabile del procedimento, sono esaminate e decise con
provvedimento espresso entro centottanta giorni dalla suddetta data.
6. Fino alla emanazione delle disposizioni di cui all'articolo 6, fatto comunque
salvo quanto previsto dal successivo articolo 31, alle domande di rilascio delle
autorizzazioni previste dagli articoli 26 e 27 della legge 11 giugno 1971, n.
426, non trasmesse alla giunta regionale per il prescritto nulla osta alla data
del 16 gennaio 1998, nonché alle domande per il rilascio delle medesime
autorizzazioni presentate successivamente e fino alla data di pubblicazione del
presente decreto, non è dato seguito. Dalla data di pubblicazione del presente
decreto e fino all'emanazione delle disposizioni di cui all'articolo 6 è
sospesa la presentazione delle domande.
7. I soggetti titolari di esercizi di vicinato, autorizzati ai sensi della legge
11 giugno 1971, n. 426, ed iscritti da almeno cinque anni alla gestione
pensionistica presso l'INPS, che cessano l'attività e restituiscono il titolo
autorizzatorio nei ventiquattro mesi successivi alla data di entrata in vigore
del presente decreto, possono usufruire di un indennizzo teso a favorire la loro
ricollocazione professionale.
8. Il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, di concerto con
il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, con proprio regolamento
definisce criteri e modalità per l'erogazione dell'indennizzo di cui al comma
7, l'entità dello stesso e la relativa modulazione tenuto conto dell'anzianità
di esercizio dei titolari, della eventuale esclusività dell'attività
commerciale esercitata quale fonte di reddito, della situazione patrimoniale e
della tipologia dell'attività svolta.
9. La concessione dell'indennizzo di cui al comma 7 è stabilita nel limite di
20 miliardi di lire per l'anno 1998 e di lire 40 miliardi per ciascuno degli
anni 1999 e 2000 a carico delle risorse disponibili, per gli interventi di cui
alla legge 1 marzo 1986, n. 64, nell'apposita sezione del Fondo di cui
all'articolo 4, comma 6, del decreto-legge 8 febbraio 1995, n. 32, convertito
dalla legge 7 aprile 1995, n. 104. A tal fine il Ministro dell'industria, del
commercio e dell'artigianato è autorizzato a trasferire le somme suddette ad
apposita sezione del Fondo di cui all'articolo 14 della legge 17 febbraio 1982,
n 46.
Art. 26. Disposizioni finali
1. Ad eccezione dell'articolo 6, dell'articolo 10, dell'articolo 15, commi 7, 8
e 9, dell'articolo 21, dell'articolo 25, commi 1, 2, 3, 4, 5 e 6, e del comma 3
del presente articolo, le norme contenute nel presente decreto hanno efficacia a
decorrere dal trecentosessantacinquesimo giorno dalla sua pubblicazione.
2. è vietato l'esercizio congiunto nello stesso locale dell'attività di
vendita all'ingrosso e al dettaglio salvo deroghe stabilite dalle regioni. Resta
salvo il diritto acquisito dagli esercenti in attività alla data di cui al
comma 1.
3. Ai fini della commercializzazione restano salve le disposizioni concernenti
la vendita di determinati prodotti previste da leggi speciali.
4. Fino al termine di cui al comma 1 resta salvo quanto previsto in materia di
esercizio dell'attività di vendita di giornali, quotidiani e periodici dalla
legge 5 agosto 1981, n. 416, e successive modifiche, e ai soggetti titolari di
dette attività non si applicano le disposizioni di cui all'articolo 25, comma
1. Decorso tale termine all'attività di vendita di giornali, quotidiani e
periodici si applica la disciplina generale prevista dal presente decreto, fatta
salva la parità di trattamento nelle condizioni di vendita e di distribuzione
delle testate.
5. è soggetto alla sola comunicazione al comune competente per territorio il
trasferimento della gestione o della proprietà per atto tra vivi o per causa di
morte, nonché la cessazione dell'attività relativa agli esercizi di cui agli
articoli 7, 8 e 9. Nel caso di cui al presente comma si applicano le
disposizioni di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 7.
6. Sono abrogate: la legge 11 giugno 1971, n. 426, e successive modificazioni,
ed il decreto ministeriale 4 agosto 1988, n. 375, a esclusione del comma 9
dell'articolo 56 e dell'allegato 9 e delle disposizioni concernenti il registro
esercenti il commercio relativamente alla attività di somministrazione di
alimenti e bevande di cui alla legge 25 agosto 1991, n. 287, e alla attività
ricettiva di cui alla legge 17 marzo 1983, n. 217; la legge 28 luglio 1971, n.
558; la legge 19 marzo 1980, n. 80, come modificata dalla legge 12 aprile 1991,
n. 130; l'articolo 8 del decreto-legge 1 ottobre 1982, n. 697, convertito, con
modificazioni, dalla legge 29 novembre 1982, n. 887, come riformulato
dall'articolo 1 del decreto-legge 26 gennaio 1987, n. 9 convertito, con
modificazioni, dalla legge 26 gennaio 1987, n. 121; l'articolo 4 della legge 6
febbraio 1987, n. 15; il decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994,
n. 384; l'articolo 2 del decreto ministeriale 16 settembre 1996, n. 561;
l'articolo 2, commi 89 e 90 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, nonché ogni
altra norma contraria al presente decreto o con esso incompatibile. Sono
soppresse le voci numeri 50, 55 e 56 della tabella c) allegata al decreto del
Presidente della Repubblica 26 aprile 1992, n. 300, come modificata ed integrata
dal decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 407.
Titolo X - Commercio al dettaglio su aree pubbliche
Art. 27. Definizioni
1. Ai fini del presente titolo si intendono:
a) per commercio sulle aree pubbliche, l'attività di vendita di merci al
dettaglio e la somministrazione di alimenti e bevande effettuate sulle aree
pubbliche, comprese quelle del demanio marittimo o sulle aree private delle
quali il comune abbia la disponibilità, attrezzate o meno, coperte o scoperte;
b) per aree pubbliche, le strade, i canali, le piazze, comprese quelle di
proprietà privata gravate da servitù di pubblico passaggio ed ogni altra area
di qualunque natura destinata ad uso pubblico;
c) per posteggio, la parte di area pubblica o di area privata della quale il
comune abbia la disponibilità che viene data in concessione all'operatore
autorizzato all'esercizio dell'attività commerciale;
d) per mercato, l'area pubblica o privata della quale il comune abbia la
disponibilità, composta da più posteggi, attrezzata o meno e destinata
all'esercizio dell'attività per uno o più o tutti i giorni della settimana o
del mese per l'offerta integrata di merci al dettaglio, la somministrazione di
alimenti e bevande, l'erogazione di pubblici servizi;
e) per fiera, la manifestazione caratterizzata dall'afflusso, nei giorni
stabiliti sulle aree pubbliche o private delle quali il comune abbia la
disponibilità, di operatori autorizzati ad esercitare il commercio su aree
pubbliche, in occasione di particolari ricorrenze, eventi o festività;
f) per presenze in un mercato, il numero delle volte che l'operatore si è
presentato in tale mercato prescindendo dal fatto che vi abbia potuto o meno
svolgere l'attività;
g) per presenze effettive in una fiera, il numero delle volte che l'operatore ha
effettivamente esercitato l'attività in tale fiera.
Art. 28. Esercizio dell'attività
1. Il commercio sulle aree pubbliche può essere svolto:
a) su posteggi dati in concessione per dieci anni;
b) su qualsiasi area purché in forma itinerante.
2. L'esercizio dell'attività di cui al comma 1 è soggetto ad apposita
autorizzazione rilasciata a persone fisiche o a società di persone regolarmente
costituite secondo le norme vigenti.
3. L'autorizzazione all'esercizio dell'attività di vendita sulle aree pubbliche
mediante l'utilizzo di un posteggio è rilasciata, in base alla normativa
emanata dalla regione, dal sindaco del comune sede del posteggio ed abilita
anche all'esercizio in forma itinerante nell'ambito del territorio regionale.
4. L'autorizzazione all'esercizio dell'attività di vendita sulle aree pubbliche
esclusivamente in forma itinerante è rilasciata, in base alla normativa emanata
dalla regione, dal comune nel quale il richiedente ha la residenza, se persona
fisica, o la sede legale. L'autorizzazione di cui al presente comma abilita
anche alla vendita al domicilio del consumatore nonché nei locali ove questi si
trovi per motivi di lavoro, di studio, di cura, di intrattenimento o svago.
5. Nella domanda l'interessato dichiara:
a) di essere in possesso dei requisiti di cui all'articolo 5;
b) il settore o i settori merceologici e, qualora non intenda esercitare in
forma itinerante esclusiva, il posteggio del quale chiede la concessione.
6. L'autorizzazione all'esercizio dell'attività sulle aree pubbliche abilita
alla partecipazione alle fiere che si svolgono sia nell'ambito della regione cui
appartiene il comune che l'ha rilasciata, sia nell'ambito delle altre regioni
del territorio nazionale.
7. L'autorizzazione all'esercizio dell'attività di vendita sulle aree pubbliche
dei prodotti alimentari abilita anche alla somministrazione dei medesimi se il
titolare risulta in possesso dei requisiti prescritti per l'una e l'altra
attività. L'abilitazione alla somministrazione deve risultare da apposita
annotazione sul titolo autorizzatorio.
8. L'esercizio del commercio sulle aree pubbliche dei prodotti alimentari è
soggetto alle norme comunitarie e nazionali che tutelano le esigenze igienico
sanitarie. Le modalità di vendita e i requisiti delle attrezzature sono
stabiliti dal Ministero della sanità con apposita ordinanza.
9. L'esercizio del commercio disciplinato dal presente articolo nelle aree
demaniali marittime è soggetto al nulla osta da parte delle competenti
autorità marittime che stabiliscono modalità e condizioni per l'accesso alle
aree predette.
10. Senza permesso del soggetto proprietario o gestore è vietato il commercio
sulle aree pubbliche negli aeroporti, nelle stazioni e nelle autostrade.
11. I posteggi, temporaneamente non occupati dai titolari della relativa
concessione in un mercato, sono assegnati giornalmente, durante il periodo di
non utilizzazione da parte del titolare, ai soggetti legittimati ad esercitare
il commercio sulle aree pubbliche, che vantino il più alto numero di presenze
nel mercato di cui trattasi.
12. Le regioni, entro un anno dalla data di pubblicazione del presente decreto,
emanano le norme relative alle modalità di esercizio del commercio di cui al
presente articolo, i criteri e le procedure per il rilascio, la revoca e la
sospensione nei casi di cui all'articolo 29, nonché la reintestazione
dell'autorizzazione in caso di cessione dell'attività per atto tra vivi o in
caso di morte e i criteri per l'assegnazione dei posteggi. Le regioni
determinano altresì gli indirizzi in materia di orari ferma restando la
competenza in capo al sindaco a fissare i medesimi.
13. Le regioni, al fine di assicurare il servizio più idoneo a soddisfare gli
interessi dei consumatori ed un adeguato equilibrio con le altre forme di
distribuzione, stabiliscono, altresì, sulla base delle caratteristiche
economiche del territorio secondo quanto previsto dall'articolo 6, comma 3, del
presente decreto, della densità della rete distributiva e della popolazione
residente e fluttuante, i criteri generali ai quali i comuni si devono attenere
per la determinazione delle aree e del numero dei posteggi da destinare allo
svolgimento dell'attività, per l'istituzione, la soppressione o lo spostamento
dei mercati che si svolgono quotidianamente o a cadenza diversa, nonché per
l'istituzione di mercati destinati a merceologie esclusive. Stabiliscono,
altresì, le caratteristiche tipologiche delle fiere, nonché le modalità di
partecipazione alle medesime prevedendo in ogni caso il criterio della priorità
nell'assegnazione dei posteggi fondato sul più alto numero di presenze
effettive.
14. Le regioni, nell'ambito del loro ordinamento, provvedono all'emanazione
delle disposizioni previste dal presente articolo acquisendo il parere
obbligatorio dei rappresentanti degli enti locali e prevedendo forme di
consultazione delle organizzazioni dei consumatori e delle imprese del
commercio.
15. Il comune, sulla base delle disposizioni emanate dalla regione stabilisce
l'ampiezza complessiva delle aree da destinare all'esercizio dell'attività,
nonché le modalità di assegnazione dei posteggi, la loro superficie e i
criteri di assegnazione delle aree riservate agli agricoltori che esercitano la
vendita dei loro prodotti. Al fine di garantire il miglior servizio da rendere
ai consumatori i comuni possono determinare le tipologie merceologiche dei
posteggi nei mercati e nelle fiere.
16. Nella deliberazione di cui al comma 15 vengono individuate altresì le aree
aventi valore archeologico, storico, artistico e ambientale nelle quali
l'esercizio del commercio di cui al presente articolo è vietato o sottoposto a
condizioni particolari ai fini della salvaguardia delle aree predette. Possono
essere stabiliti divieti e limitazioni all'esercizio anche per motivi di
viabilità, di carattere igienico sanitario o per altri motivi di pubblico
interesse. Vengono altresì deliberate le norme procedurali per la presentazione
e l'istruttoria delle domande di rilascio, il termine, comunque non superiore a
novanta giorni dalla data di ricevimento, entro il quale le domande devono
ritenersi accolte qualora non venga comunicato il provvedimento di diniego,
nonché tutte le altre norme atte ad assicurare trasparenza e snellezza
dell'azione amministrativa e la partecipazione al procedimento, ai sensi della
legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modifiche.
17. Al fine di valorizzare e salvaguardare il servizio commerciale nelle aree
urbane, rurali, montane ed insulari, le regioni e i comuni possono stabilire
particolari agevolazioni, fino all'esenzione, per i tributi e le altre entrate
di rispettiva competenza per le attività effettuate su posteggi posti in comuni
e frazioni con popolazione inferiore a 3.000 abitanti e nelle zone periferiche
delle aree metropolitane e degli altri centri di minori dimensioni.
18. In caso di inerzia da parte del comune, le regioni provvedono in via
sostitutiva, adottando le norme necessarie, che restano in vigore fino
all'emanazione delle norme comunali.
Art. 29. Sanzioni
1. Chiunque eserciti il commercio sulle aree pubbliche senza la prescritta
autorizzazione o fuori dal territorio previsto dalla autorizzazione stessa,
nonché senza l'autorizzazione o il permesso di cui all'articolo 28, commi 9 e
10, è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire
5.000.000 a lire 30.000.000 e con la confisca delle attrezzature e della merce.
2. Chiunque violi le limitazioni e i divieti stabiliti per l'esercizio del
commercio sulle aree pubbliche dalla deliberazione del comune di cui
all'articolo 28 è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una
somma da lire 1.000.000 a lire 6.000.000.
3. In caso di particolare gravità o di recidiva il sindaco può disporre la
sospensione dell'attività di vendita per un periodo non superiore a venti
giorni. La recidiva si verifica qualora sia stata commessa la stessa violazione
per due volte in un anno, anche se si è proceduto al pagamento della sanzione
mediante oblazione.
4. L'autorizzazione è revocata:
a) nel caso in cui il titolare non inizia l'attività entro sei mesi dalla data
dell'avvenuto rilascio, salvo proroga in caso di comprovata necessità;
b) nel caso di decadenza dalla concessione del posteggio per mancato utilizzo
del medesimo in ciascun anno solare per periodi di tempo complessivamente
superiori a quattro mesi, salvo il caso di assenza per malattia, gravidanza o
servizio militare;
c) nel caso in cui il titolare non risulti più provvisto dei requisiti di cui
all'articolo 5, comma 2.
5. Per le violazioni di cui al presente articolo l'autorità competente è il
sindaco del comune nel quale hanno avuto luogo. Alla medesima autorità
pervengono i proventi derivanti dai pagamenti in misura ridotta ovvero da
ordinanze ingiunzioni di pagamento.
Art. 30. Disposizioni transitorie e finali
1. I soggetti che esercitano il commercio sulle aree pubbliche sono sottoposti
alle medesime disposizioni che riguardano gli altri commercianti al dettaglio di
cui al presente decreto purché esse non contrastino con specifiche disposizioni
del presente titolo.
2. Fino all'emanazione delle disposizioni attuative di cui all'articolo 28
continuano ad applicarsi le norme previgenti.
3. Sono fatti salvi i diritti acquisiti dagli operatori prima dell'entrata in
vigore del presente decreto e delle disposizioni attuative di cui all'articolo
28.
4. La disciplina di cui al presente titolo non si applica ai coltivatori
diretti, ai mezzadri e ai coloni i quali esercitino sulle aree pubbliche la
vendita dei propri prodotti ai sensi della legge 9 febbraio 1963, n. 59, e
successive modificazioni, salvo che per le disposizioni relative alla
concessione dei posteggi e alle soste per l'esercizio dell'attività in forma
itinerante.
5. Resta salvo il divieto di vendere sulle aree pubbliche bevande alcoliche di
qualsiasi gradazione diverse da quelle poste in vendita in recipienti chiusi nei
limiti e con le modalità di cui all'articolo 176, comma 1, del regolamento per
l'esecuzione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato con
regio decreto 6 maggio 1940, n. 635, e successive modifiche, nonché il divieto
di vendere o esporre armi, esplosivi od oggetti preziosi. è abolito ogni
precedente divieto di vendita di merci ivi incluso quello della vendita del pane
nei mercati scoperti, fatto salvo il rispetto dei requisiti igienicosanitari.
6. Sono abrogate: la legge 28 marzo 1991, n. 112, come modificata dalla legge 15
novembre 1995, n. 480, e dalla legge 25 marzo 1997, n. 77; l'articolo 3 della
legge 5 gennaio 1996, n. 25; il decreto ministeriale 4 giugno 1993, n. 248, come
modificato dal decreto ministeriale 15 maggio 1996, n. 350. è soppressa la voce
n. 62 della tabella c) allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26
aprile 1992, n. 300, come modificata ed integrata dal decreto del Presidente
della Repubblica 9 maggio 1994, n. 407.
Titolo XI - Inadempienza delle regioni
Art. 31. Intervento sostitutivo
1. Ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera c), della legge 15 marzo 1997, n.
59, qualora le regioni non esercitino le funzioni amministrative ad esse
conferite dal presente decreto nei tempi dal medesimo previsti, il Ministro
dell'industria, del commercio e dell'artigianato richiede l'adempimento ponendo
un termine non inferiore a sessanta giorni. Qualora la regione inadempiente non
provveda nel termine assegnato, provvede il Presidente del Consiglio dei
Ministri, su proposta del Ministro dell'industria, del commercio e
dell'artigianato, sentita la regione inadempiente previa intesa con la
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e Bolzano. Il presente decreto, munito del sigillo dello
Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della
Repubblica italiana. è fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo
osservare. Dato a Roma, addì 31 marzo 1998
SCALFARO
Prodi, Presidente del Consiglio dei Ministri
Bersani, Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato
Bassanini, Ministro per la funzione pubblica e gli affari regionali
Ciampi, Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica
Flick, Ministro di grazia e giustizia
Visto, il Guardasigilli: Flick.
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