Tribunale
di Modena - Ordinanza del 7 dicembre 2000
(A.B.Casa c. Berber) R.G.
272/2000
AB Casa c/ Berber
Il g.i.
a scioglimento della riserva assunta osserva quanto segue:
1. A.B.Casa s.r.l., sedente a Milano, in quanto titolare del marchio
registrato "Voglia di Casa", relativo a prodotti afferenti
alla classe merceologica 24, ossia tessuti, coperte da letto e
copritavoli, ha dedotto nel ricorso ex art. 700 c.p.c. qui proposto di
avere subito contraffazione di marchio in quanto lo stesso sarebbe stato
utilizzato da Berber s.n.c. di Breveglieri P. & C. che avrebbe
registrato ed utilizzato un sito web attualmente attivo denominato
appunto www.vogliadicasa.it. Stante il rischio di confusione, ha,
perciò, chiesto in via cautelare l'inibizione al suo utilizzo quale
domain name, come anche dell'insegna distintiva dell'unità locale della
resistente posta a Castelfranco Emilia.
Berber s.n.c. di Breveglieri P. & C. si è costituita in giudizio
opponendosi alla domanda ed ha chiesto il rigetto del ricorso.
A prescindere dal merito della vicenda, si rileva la presenza di un
ostacolo procedurale che non permette di scendere ad esaminare la
fondatezza della domanda principale di A.B. Casa.
Si tratta, in particolare, della mancata evocazione in giudizio del
soggetto destinatario mediato della richiesta di inbizione urgente,
ossia la Registration Authority italiana presso il C.N.R.; si tratta
dell'ente italiano che, in base al principio "first came, first
serve", assegna a chi ne faccia richiesta per primo i nomi a
dominio, in base ad una valutazione puramente formale, senza cioè
effettuare alcun controllo preventivo sulla liceità della assegnazione
e che, per espressa disposizione del regolamento interno di assegnazione
dei nomi (art. 12), può disporre la sospensione dell'assegnazione di
esso "per ordine dell'autorità giudiziaria, notificatole nelle
forme di legge,... con cui ne venga inibito l'uso
dell'assegnatario".
La mancata evocazione nel giudizio cautelare del destinatario
dell'eventuale ordine giudiziale di inibizione o di sospensione del nome
a dominio (Registration Authority Italiana) determina il difetto di
contraddittorio, non sanabile con un ordine giudiziale, non trattandosi
di litisconsorzio necessario (art. 102 c.p.c.). E' infatti evidente che,
in base ai principi generali della procedura (art. 101 c.p.c.), un
ordine giudiziale può essere rivolto solamente a chi sia stato
regolarmente evocato in giudizio, con ciò mettendolo in grado, se lo
desideri, di difendersi dalla richiesta contro di lui avanzata. Tale
difetto di contraddittorio deve condurre, perciò, al rigetto della
domanda cautelare principale.
2. Parte istante ha poi dedotto a sostegno della domanda cautelare anche
un'altra significativa circostanza, ossia che l'insegna dell'unità
locale della resistente, il cui negozio, come emerge dalla visura
camerale, è posto a Castelfranco Emilia, via Circondaria sud 109, è
del pari lesiva della sua privativa in quanto esercitato sotto la
denominazione di "Voglia di casa" ed ha del pari chiesto
l'inibizione all'utilizzo.
La domanda è infondata e va quindi reietta.
Infatti, perché possa soccorrere la tutela invocata prevista dall'art
13, 1° comma, l. marchi è necessario che i segni distintivi adottati,
eguali o simili, oltre a riguardare prodotti identici od affini, siano
in grado di "determinare un rischio di confusione per il pubblico
che può consistere anche in rischio di associazione tra i due
segni".
In tal caso fa, tuttavia, difetto il rischio di confusione tra il
marchio identificativo dei prodotti offerti in vendita dalla ricorrente
e l'insegna dell'unità locale della resistente. Va, infatti,
considerato che un simile rischio di confusione, pur nell'identità
della denominazione adottata per l'individuazione dei segni distintivi
prescelti dai due imprenditori, sembra in concreto da escludere. A.B.
Casa, per quanto titolare di un marchio dotato di una certa notorietà
soprattutto nell'Italia del Nord, ove è titolare di ben 10 negozi
collocati tra Torino e Milano, non sembra in grado di subire alcuno
sviamento di clientela e quindi di concorrenza sleale, da parte
dell'unico negozio di cui è titolare la società modenese avente
un'insegna identica al marchio della prima. Il negozio in questione si
trova, infatti, in un paese della provincia modenese, privo di altri
punti vendita oltre a quello di Castelfranco, ove è esercita
un'attività di "piccola importanza", come la definisce la
visura camerale in atti, anche perché priva di dipendenti ed ove
collaborano solo due addetti indipendenti.
Il principio de quo trova riscontro in giurisprudenza ove si legge
che:
"La ditta, pur essendo costituita essenzialmente dal nome, dalla
sigla o dalla denominazione dell'imprenditore, puo' comprendere anche
indicazioni relative all'attivita' dell'impresa o parole di fantasia
idonee ad accentuarne la forza individualizzante, ed in essa, come
nell'insegna, possono essere inserite, quali elementi
aggiuntivi o integrativi, anche parole o espressioni di fantasia
rappresentative di un marchio altrui, quando, in ragione dell'oggetto
dell'impresa o del luogo del suo esercizio, non ne derivi possibilità'
di confusione con l'attivita' e i prodotti dell'altra impresa, ad
esempio per la limitatezza dei mercati in cui le due imprese
rispettivamente operano e per la distanza esistente tra i relativi
esercizi commerciali" (così Cassazione civile, sez. I, 23 dicembre
1983 n. 7583).
Come si vede le due realtà aziendali non sono minimamente equiparabili
da un punto di vista qualitativo o quantitativo, come pure i rischi di
interferenza tra di esse, data anche la distanza spaziale che le divide,
risultano essere pressoché nulle; ciò che giustifica, pertanto, il
rigetto anche della domanda in questione.
Le spese seguono la soccombenza (artt. 669 septies e 91 c.p.c.) e sono
liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
- rigetta le domande della ricorrente.
- la dichiara poi tenuta e condanna al rimborso delle spese della
presente procedura che liquida in complessive £ 2.500.000 (di cui £
427.000 per anticipazioni; £ 1.000.000 per diritti ed il residuo per
onorario), oltre ad IVA e CAP come per legge e 10% spese generali.
Modena, 7.12.2000
Si comunichi
Il g.i.
(dott. R. Masoni)
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