TRIBUNALE DI MODENA
Il giudice designato
a scioglimento della riserva di cui all'udienza del 15
giugno 2000;
esaminati gli atti;
OSSERVA
A) La ricorrente Data Service S.r.l., titolare del marchio
MODENA ON LINE registrato in Italia a seguito di domanda presentata il 16
gennaio 1996, nonché di sito Internet denominato "modenaonline.com",
ha proposto istanza cautelare ante causam nei confronti della Ascom
Servizi Modena soc. coop. a r.l., che risulta a sua volta successivamente
registrato un sito Internet denominato "modenaonline.it" (peraltro
inattivo), preannunciando domanda di merito volta a far dichiarare che l'uso
di tale domain name costituisce violazione dei propri diritti d'esclusiva
sul marchio registrato, violazione degli artt. 2563 e 2564 c.c. (ditta) e 2568
c.c. (insegna), contraffazione del segno distintivo atipico rappresentato dall'indirizzo
Internet ed atti di concorrenza sleale ex art. 2598 c.c., con conseguente
condanna all'inibitoria dell'uso ed al risarcimento dei danni.
In via cautelare, ha chiesto pertanto di ordinare alla
controparte "di non utilizzare quale domain name quello di
modenaonline.it e, per l'effetto, di porre immediatamente in essere tutte le
attività necessarie per addivenire alla cancellazione immediata dell'indicato
domain name in corrispondenza del sito predetto", con pubblicazione
del provvedimento ed adozione di ogni altro provvedimento ritenuto opportuno a
sua tutela.
La Ascom, costituitasi, ha eccepito, quanto al fumus, la
nullità dell'altrui marchio o comunque la sua qualità di marchio debole non
tutelabile, e l'assenza di identità o affinità dei prodotti offerti dalle
due società; quanto al periculum, l'assenza di imminenza ed attualità del
pregiudizio per essere il proprio sito inattivo, e l'inammissibilità della
cautela ove diretta ad ottenere la cancellazione del proprio domain name
al fine di registrarlo a nome della ricorrente.
B) PREMESSA
1) Com'è noto, Internet è una rete telematica mondiale,
articolata in vari nodi nazionali e locali, cui i singoli utenti accendono
attraverso la rete telefonica collegata al computer. Per rendersi accessibili
agli altrui collegamenti, è necessario individualizzare il "sito" del
proprio computer attraverso un codice di identificazione (c. detto indirizzo IP
Internet Protocol) costituito da una data combinazione di gruppi di numeri
divisi da punti. Per facilitare i collegamenti, ciascuno di tali indirizzi viene
affiancato da uno (e uno solo) c. detto indirizzo DNS (Domain Name System),
rappresentato da una combinazione di lettere in grado di formare parole di senso
compiuto, che costituisce l'elemento necessario e sufficiente al singolo
utente per realizzare la connessione con quel particolare sito (provvedendo l'apposito
software a convertire automaticamente l'indirizzo DNS nell'indirizzo IP,
unico riconoscibile dalle macchine).
Gli indirizzi DNS si compongono di due parti. Il c. detto top
level domain (TLD), che è composto da due o tre lettere poste all'estrema
destra, dopo un punto, che identificano l'area tematica o geografica del sito.
I TLD esistono in numero limitato per le aree tematiche (il più famoso è .com,
che designa le attività commerciali), mentre molte aree geografiche hanno il
proprio TLD identificativo (per l'Italia è .it). Il TLD è la parte di
indirizzo che non è scelta dall'utente, ma gli viene assegnata al momento
della registrazione.
Il c. detto second level domain si trova, invece,
sulla sinistra, ed è una espressione alfabetica liberamente scelta dall'utente
(entro il limite tecnico rappresentato dal numero dei caratteri, che non deve
essere superiore a 21), costituendo pertanto il vero momento identificativo del
sito.
Tale meccanismo è diventato uno standard generale, garantito
da un sistema di registrazione dei nomi che, nato in America, si è poi
articolato nel mondo attraverso la creazione di varie autorità di registrazione
locali, che adottano procedure simili per l'assegnazione, definite da autonomi
organismi collaterali. In Italia, il regolamento di registrazione è stabilito
dalla Naming Authority italiana (Na), mentre la Registration Autorithy italiana
(Ra) è l'organismo responsabile dell'assegnazione dei nomi - tutti aventi
il TLD.it - e della tenuta dei relativi registri. Il principio cardine
dell'assegnazione dei DNS è la regola del "first came, first served",
in forza del quale l'autorità assegna il nome al primo utente che ne fa
richiesta, senza svolgere alcun preventivo controllo di interferenza con altrui
diritti di privativa discendenti dalla legge.
2) Ciò posto, è chiaro che compito del giudice non è
quello di arretrare di fronte ad un fenomeno in continua espansione, retto da
propri principi di funzionamento e con caratteristiche uniche e, fino a poco
tempo fa, inimmaginabili (una per tutte: la delocalizzazione, per cui ogni
"sito" risulta accessibile da ogni parte del mondo); è necessario, al
contrario, occuparsi della sua collocazione giuridica, utilizzando gli ordinari
strumenti esegetici al fine di verificare ogni possibile interferenza con la
legislazione interna di riferimento che, nella specie, è quella relativa alla
privativa ed alla concorrenza.
C) FUMUS
1) In primo luogo, il marchio registrato dalla ricorrente,
risultando dalla combinazione di parole (MODENA ON LINE) e disegno
(rappresentazione di un globo terrestre) caratterizzati da una particolare veste
grafica, è un marchio complesso delle cui validità non può seriamente
dubitarsi, essendo per costante giurisprudenza pienamente registrabile un
marchio complesso che contenga al suo interno segni non idonei a costituire
autonomo marchio. Legittimo è, pertanto, l'inserimento nel marchio della
parola "Modena" che in sé sarebbe segno designante la provenienza
geografica del servizio, la cui registrazione come autonomo marchio è vietata
dall'art. 18, lett. b), l.m.; mentre le parole "on line" neppure da
sole presenterebbero problemi di registrazione rispetto ad un marchio che, come
quello della ricorrente, risulta utilizzato nell'intera attività commerciale
e non soltanto in quella svolta in via telematica.
2) L'ampiezza dell'oggetto sociale dell'Ascom,
risultante dalla certificazione della CC.II.AA. in atti (erogazione di servizi
tecnici, commerciali, informatici ed amministrativi nei confronti di imprese
commerciali e non ... elaborazione meccanografica ed informatica in genere di
dati contabili, tecnici, commerciali, amministrativi, previdenziali,
contributivi e comunque di qualsiasi dato o informazione ....programmazione
informatica ... assistenza informatica in genere etc.) dà contezza del fatto
che tale società propone al pubblico servizi quantomeno affini a quelli offerti
dalla ricorrente (elaborazione dati, fornitura di software, consulenza
informatica), rispetto a parte dei quali (comunicazioni, appartenenti alla
classe 38 tab. C) risulta registrato il marchio.
3) Accertata, quindi, la validità del marchio e la stretta
concorrenzialità fra le imprese, occorre porsi l'astratto problema della
catalogazione del DNS nell'ambito della normativa qui in considerazione: il
che significa chiedersi se esso costituisca in qualche modo un segno distintivo
(assimilabile ad un marchio di fatto, ad una ditta di fatto, ad una insegna, o
individuabile come segno atipico), in quanto tale soggetto all'altrui
aggressione per violazione della privativa, ovvero costituisca qualcosa d'altro,
estraneo all'applicazione della disciplina qui in considerazione.
Ci si riferisce in particolare, a quella teoria che individua
nel DNS semplicemente l'indirizzo del computer collegato alla rete (una
recente pronuncia del Tribunale di Firenze - ord. 29 giugno 2000 - in Giuda al
Diritto n° 28/00, ha negato tutela cautelare in un caso simile al presente per
difetto di fumus proprio in forza di tali considerazioni).
Tale teoria non può essere però condivisa, per la semplice
considerazione che l'elemento qualificante del DNS - ovvero il second level
domain - viene ad essere arbitrariamente stabilito dall'utente ed ha quindi
ben poco in comune con l'indirizzo, che certo non è oggetto di scelta.
In realtà, non può seriamente dubitarsi dell'appartenenza
del domain name alla categoria dei segni distintivi, di cui possiede
tutte le caratteristiche peculiari, vale a dire la natura di rappresentazione
grafica (nella specie denominativa) prescelta dal titolare allo scopo di far
riconoscere la propria attività rispetto agli altri.
Che poi, esso debba ricondursi ad una piuttosto che ad altra
categoria di segni, al fine che qui occupa, poco importa (questo giudice, sia
detto per inciso, propende per l'assimilazione all'insegna perché svolge l'identica
funzione di contraddistinguere il luogo virtuale in cui l'imprenditore offre i
propri prodotti o servizi al pubblico, consentendone al contempo il reperimento
e l'individuazione rispetto ai concorrenti), poiché così classificato,
comunque il domain name non si sottrae al rispetto delle regole dettate
in materia di marchio e di concorrenza, in virtù del principio di unicità dei
segni distintivi.
4) Ciò posto, va specificato che, come già affermato in
giurisprudenza (cfr. Trib. Milano, ord. 3 giugno 1997) nell'ambito del
giudizio di contraffazione al TLD (nella specie:.it) non va attribuita
alcuna valenza distintiva del segno: il raffronto, pertanto, va limitato al secondo
level domain prescelto dalla resistente modenaonline, che risulta identico
alla parte denominativa del marchio complesso della ricorrente.
Poiché a tale parte comunque assegnata efficacia
individualizzazione del marchio, l'utilizzo di un identico domain name
da parte del concorrente va, con tutta probabilità, considerato espressione di
una attività di contraffazione del marchio e di concorrenza sleale confusoria a
prescindere dalla natura debole o forte del marchio della ricorrente anche per i
marchi deboli, infatti, l'esatta riproduzione delle parti individualizzanti
costituisce illecito rilevante nel senso indicato.
5) Va poi chiarito per la particolarità della fattispecie,
determinata dal fatto che il sito della resistente è ancora inattivo, che la
semplice "apertura" del sito come sopra denominato costituisce in sé
uso illecito dell'altrui marchio, non potendosi l'ipotesi de qua assimilare
al caso della mera registrazione del marchio confondibile non accompagnata dall'uso
del segno che, per costante giurisprudenza, non dà luogo a contraffazione, per
il semplice motivo che, nella fattispecie in esame, v'è il tratto aggiuntivo
e qualificante della conoscibilità della registrazione confusoria da parte del
pubblico dei "navigatori" di Internet.
6) Infine, è il caso di specificare che, nell'ipotesi in
cui la contraffazione venga realizzata attraverso la registrazione dell'altrui
segno quale domain name italiano, non viene in considerazione il
complesso problema dei rapporti fra territorialità della protezione del marchio
e libera accessibilità mondiale del sito. In un caso del genere, infatti, la
costante è che il gestore opera in Italia, a prescindere dal luogo di residenza
della propria clientela. L'uso del segno contraffatto, quindi, si realizza in
ogni caso sul territorio in cui si estende l'altrui privativa per cui il
titolare di questa può legittimamente aspirare ad una tutela piena e
territorialmente incondizionata.
7) In definitiva, ricorre il fumus della pretesa.
D) PERICULUM IN MORA
1) E' pacifico che la concessione dell'inibitoria
prevista dall'art. 63 l.m. sia condizionata alla ricorrenza anche del
requisito del periculum in mora, cioè al fatto che, nel tempo necessario ad
ottenere la pronuncia di merito favorevole, si realizzi in danno dell'istante
un pregiudizio non più riparabile.
Nella specie tale periculum è stato dalla ricorrente
individuato nello sviamento di clientela che per definizione determina un danno
di difficile accertamento e, quindi, statisticamente non riparabile nella sua
interezza. e costituisce tradizionale circostanza integrativa del requisito
nella materia in esame sotto il duplice (ma, all'evidenza, alternativo)
profilo dell'accaparramento di clienti determinato dall'illecita attività
concorrenziale della controparte e dalla perdita di potenziali clienti dissuasi
nella ricerca del proprio sito dal rinvenimento del sito inattivo della
resistente.
2) Nessuno di tali profili di periculum può dirsi ricorrente
nella specie.
Quanto al primo, l'attuale e documentata inattività del
sito della resistente (alla cui apertura corrisponde la scritta "directory
listing denied", tipica dei siti privi di contenuti) esclude che, allo
stato, la stessa possa sviare l'altrui potenziale clientela sostituendosi alla
concorrente nell'offerta dei medesimi servizi attraverso Internet: né è
lecito al fine che qui occupa valutare la semplice potenzialità futura dell'attuale
attività contraffattoria della resistente, poiché essa corrisponde ad un
pregiudizio meramente eventuale, in quanto tale suscettibile di nuova reazione
giudiziale nell'ipotesi di sua concretizzazione.
Quanto al secondo, esso appare in radice inesistente.
Invero, tale profilo, evidentemente è riferito alla
potenziale perdita di clientela disposta a contattare la ricorrente attraverso
Internet. Orbene, il contatto della potenziale clientela con il sito della
ricorrente può avvenire come sempre o attraverso una ricerca consapevole, o
attraverso una ricerca causale.
Nel primo caso, il problema dello sviamento non si pone
affatto, poiché il potenziale cliente, per definizione, sa in partenza per
averlo appreso dalla sua pubblicità o con altri mezzi idonei che la ricorrente
ha aperto un sito denominato modenaonline.com, e non ha quindi difficoltà a
reperirlo.
Nel secondo, l'ipotesi di partenza è che il cliente
conosca il marchio della ricorrente e sospetti, senza esserne certo, che la
stessa abbia aperto un suo sito Internet.
In questo caso, tale cliente che va immaginato quale utente
di media conoscenza della rete andrà alla ricerca del sito della ricorrente
ipotizzando a ragione che esso sia contraddistinto da un second level domain
corrispondente alla parte denominativa del marchio, scritta (com'è
necessario) in minuscolo come parola unica.
Costui potrà, in primo luogo affidarsi ad uno dei tanti
motori di ricerca esistenti in rete, che svolgono la funzione di rinvenire i
siti di cui si conoscono parti del DNS; in tal caso, egli troverà entrambi i
siti in questione, per cui non verrà fermato nella sua ricerca dall'inattività
del sito avente.it quale TLD e riuscirà pertanto comunque a connettersi
con la ricorrente.
In alternativa se appena più esperto, egli proverà a
digitare direttamente il DNS immettendo la parte nominativa del marchio, seguita
da un punto e da uno dei due unici TLD utilizzabili dalle imprese commerciali
italiane, cioè .it. o .com. Anche in tal caso, è difficile ipotizzare
che l'utente arresti la ricerca dinanzi all'inattività del sito.it
essendo per definizione parte del suo patrimonio di conoscenza l'utilizzo
alternativo, da parte delle imprese italiane, dei due TLD suddetti, è facile
pensare ad un ulteriore tentativo di ricerca con il suffisso residuo, che
verrebbe coronato da successo.
In nessun caso, pertanto, può ipotizzarsi quella perdita di
clientela prospettata dalla ricorrente. Il periculum in mora, quindi, è nella
specie insussistente.
3) L'inibitoria non può pertanto essere concessa in questa
sede cautelare.
E) ULTERIORI RICHIESTE
L a ricorrente, inoltre, ha chiesto, sempre in via cautelare,
di ordinare alla controparte di porre immediatamente in essere tutte le
attività necessarie per addivenire alla cancellazione immediata dell'indicato
domain name in corrispondenza del sito predetto, invocando il proprio
buon diritto alla registrazione del sito "modenaonline.it" quale
legittimo utilizzo del marchio di cui è titolare, che sarebbe di fatto impedito
dall'altrui illecita registrazione.
Tale richiesta, evidentemente , è cosa diversa ed ulteriore
rispetto all'inibitoria di cui si è detto, ed è da intendersi evidentemente
proposta ai sensi dell'art. 700 c.p.c., non essendovi né nella legge marchi,
né nella disciplina della concorrenza, una specifica previsione cautelare in
tal senso.
La richiesta è peraltro inammissibile, e va pertanto
rigettata, per un doppio ordine di ragioni.
1) In primo luogo, a tale istanza cautelare non corrisponde l'espressa
anticipazione di una correlata futura domanda di merito volta ad ottenere detta
cancellazione, né la cautela in questione può dirsi strumentalmente
ricollegabile alle domande che la ricorrente ha espressamente dichiarato di
voler proporre (accertamento dell'illecito, inibitoria, danni).
2) In secondo luogo, ipotizzando un'implicita volontà di
proposizione di una siffatta domanda, l'accoglimento dell'istanza sarebbe
comunque impedita dall'intrinseca provvisorietà che deve necessariamente
caratterizzare i provvedimenti emessi ex art. 700 c.p.c.; provvisorietà che,
secondo la prevalente giurisprudenza condivisa dallo scrivente, va intesa in
senso sostanziale e si risolve, pertanto, nella pratica reversibilità degli
effetti della tutela cautelare per cui non può dirsi reversibile ed è ,
quindi, inammissibile quel provvedimento i cui effetti non vengano meno con la
successiva eliminazione del provvedimento stesso ed anzi determinino
necessariamente delle immutazioni non materialmente ripristinabili.
Tale è la natura del provvedimento qui richiesto poichè,
ove accolta, la cautela in parola determinerebbe l'immediata cancellazione del
sito registrato della resistente insuscettibile di ripristino anche nell'ipotesi
di riconoscimento del suo diritto alla registrazione contenuto nella futura
sentenza di merito, per effetto della altrui identica registrazione che
evidentemente nel frattempo verrebbe posta in essere.
F) CONCLUSIONI
Il ricorso va pertanto integralmente rigettato.
La novità delle questioni trattate, giustifica peraltro, l'integrale
compensazione delle spese del procedimento.
P.Q.M.
RIGETTA le domande cautelari proposte dalla data Service
S.r.l. nei confronti della Ascom Servizi Modena soc. coop. a r.l., con ricorso
depositato il 26 maggio 2000.
DICHIARA le spese del procedimento integralmente compensate
fra le parti.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di rito.
Modena, 1 agosto 2000 Il Giudice Designato
-Michele Ciffarelli-