CORTE DI APPELLO di ROMA
- SEZIONE FERIALE -
La Corte,
composta dai Magistrati:
SANTORO Dr. Giuseppe Presidente
BERNARDI Dr. Sergio Consigliere
LOREFICE Dr. Paolo Consigliere Est.
riunita in camera di consiglio, nella causa civile, iscritta ai nn. 3846/2000 +
3858/2000 di ruolo generale,
avente ad oggetto:
ricorso ex artt. 33 Legge n. 287/1990, e 700 c.p.c.;
pendente
TRA
ALBACOM S.p.A., in persona dei legale rappresentante p.t., con gli avvocati
Rino Caiazzo e Angelo Anglani, elettivamente domiciliata c/o il loro studio in
Roma, v. XX settembre n. 1;
E
INFOSTRADA S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., con l'avvocato
prof. Mario Libertini, elettivamente domiciliata c/o il suo studio in Roma, via
del Quirinale n. 26,
RICORRENTI
C/
TELECOM ITALIA S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t.,
elettivamente domiciliata in Roma, p.za di Spagna n. 15, c/o lo studio dell'avv.to
Mario Siragusa, che la difende unitamente agli avvocati di cui alla procura a
margine della memoria difensiva;
RESISTENTE
e con l'intervento di:
ALBACOM.AMPS Telecomunicazioni S.p.A., in persona del legale rappresentante
p.t., con gli avvocati Rino Caiazzo e Angelo Anglani, elettivamente domiciliata
c/o il loro studio in Roma, v. XX settembre n. 1;
ASSOCIAZIONE Italiana Internet Providers;
DATA SERVICE S.r.l.;
PRONET S.r.l.;
UNIDATA S.p.A.
tutte in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., con gli avvocati
Andrea Valli e Bruno Macaluso, elettivamente domiciliate c/o il loro studio in
Roma, via del Quirinale n. 26;
INTERVENUTE -
a scioglimento della riserva, di cui al verbale del 10 agosto 2000, osserva:
IN FATTO
Con separati ricorsi, notificati nel termine assegnato, e riuniti all'udienza
10 agosto 2000, ALBACOM S.p.A. e INFOSTRADA S.p.A. hanno invocato l'adozione di
provvedimento di urgenza, ai sensi degli artt. 33 Legge n. 287/1990, e 700
c.p.c., onde eliminare la distorsione di mercato, conseguente alla posizione
dominante di Telecom Italia S.p.A.
All'udienza suddetta si è costituita Telecom Italia S.p.A., la quale
contesta quanto assunto delle società ricorrenti, e chiede il rigetto delle
loro richieste.
Sono intervenute ALBACOM.AMPS Telecomunicazioni S.p.A., Associazione Italiana
INTERNET PROVIDERS; DATA SERVICE S.r.l.; PRONET S.r.l.; UNIDATA S.p.A., le quali
tutte chiedono analoga tutela in via d'urgenza.
Le ricorrenti lamentano che Telecom Italia, avvalendosi del vantaggio derivatole
dalla precedente situazione di monopolio, dopo aver avviato sin dagli ultimi
mesi del 1999 una campagna di commercializzazione dei propri servizi -denominati
Ring (servizi di trasmissione dati e accesso ad internet ad alta velocità,
destinati all'utenza professionale, mediante lo sfruttamento di tecnologie X-DSL
e SDH)-, ha nei confronti delle società ricorrenti sistematicamente rifiutato e
comunque ritardato - dal 29 dicembre 1999 al 20 giugno 2000 - la stipula di
contratti di fornitura all'ingrosso dei servizi in questione; con la conseguenza
che Telecom Italia, mentre ha concluso con l'utenza finale un numero crescente
di contratti per la fornitura dei suddetti servizi Ring, ha così inciso
negativamente sulla capacità competitiva delle ricorrenti medesime, di fatto
impedendo loro l'accesso al mercato della fornitura dei servizi di trasmissione
dati e di accesso ad internet ad alta velocità.
Specificano le ricorrenti che alle date 1 e 16 giugno 2000, e quindi dopo
taluni mesi dalla pubblicazione della delibera del 16 marzo 2000, n. 2/00/CIR
(pubblicata in G. U. 28/3/2000, n. 73), con cui l'autorità per le garanzie
nelle comunicazioni ha sancito l'obbligo di Telecom Italia di offrire agli
operatori licenziatari un servizio di canale virtuale permanente ... X-DSL ...
(etc.), la medesima ha formulato la prima ed unica propria offerta -denominata
Ring- di canale virtuale permanente, di tipologia wholesale per servizi in
tecnologia di accesso XDSL, in modo inadeguato e discriminatorio, per le ragioni
analiticamente esposte alle pgg. 24 e ss. del ricorso Albacom, e 18 e ss. del
ricorso Infostrada.
Telecom Italia, costituitasi all'udienza del 10 agosto u. s., contesta la
fondatezza di quanto assunto nei ricorsi, di cui chiede dichiararsi la
improcedibilità, o, in subordine, la sospensione, o provvedersi con il suo
rigetto. La Corte ha riservato il provvedimento, concedendo termine per note.
IN DIRITTO
Preliminarmente, attesa l'eccezione mossa da Telecom Italia, che lamenta il
difetto di giurisdizione di questa Corte quanto alla materia dedotta, è da
esaminare la valenza del disposto di cui al com. Il dell'art. 33, della Legge n.
287/1990.
Con riguardo a detta norma in giurisprudenza si è affermato (si cfr. - tra le
prime- Corte App. Roma, 20 agosto 1993; e più recente, Corte App. Catanzaro, 3
luglio 1998; Corte App. Genova, 14 ottobre 1996) che i provvedimenti di urgenza,
ex art. 700 c.p.c., possono essere utilmente adottati solo in quanto strumentali
alle pronunce di nullità e di risarcimento del danno, devolute alla cognizione
dei giudice ordinario, non anche con riguardo a misure cautelari anticipatorie
degli effetti dei provvedimenti di competenza di altra autorità, cui - invece -
compete (pag. 2 delle note conclusive Telecom Italia, depositate il 14 agosto
2000) il potere/dovere di accertamento e repressione delle violazioni della
regolamentazione di settore, suscettibili di produrre danno a carico di una
pluralità di operatori.
Orbene, è pacifico che lo strumento cautelare ex art. 700 c.p.c. è, nella
specie, finalizzato all'adozione di misure idonee a limitare il danno paventato,
conseguente alla impossibilità di occupare in regime di libera concorrenza una
parte di mercato, e questo a causa della condotta della resistente. Esigenza
che, nella presente vicenda, si palesa tanto più fondata, in quanto il
pregiudizio prospettato risulta afferente alla possibilità (prospettiva) di
profitto di ciascuna delle imprese interessate, danno, come tale, di difficile
liquidazione.
Ogni diversa interpretazione appare non conforme a legge, in quanto elusiva dei
compiti assegnati alla tutela atipica, quale posta dall'art. 700 c.p.c. (norma
che è sostanzialmente richiamata nella parte del II com., che qui interessa,
dell'art. 33 della L. 10 ottobre 1990, n. 287).
E' certo, poi, che i provvedimenti di urgenza hanno autonoma previsione e
contenuto rispetto ad altri rimedi, eventualmente possibili.
Essi, infatti, risultano in ogni caso caratterizzati e giustificati proprio
dalla loro funzione, strumentalmente rivolta non a disciplinare il mercato, ma
ad evitare o limitare i pregiudizi in danno di una o più imprese. In aggiunta
alle indicate considerazioni, la Corte reputa corretto concludere per
l'autonomia delle procedure in questione, atteso anche -A)- che la -d 'innanzi
rilevata-funzione preventiva è finalizzata a predisporre quanto necessario ad
evitare, o a limitare il danno, e a renderne possibile il risarcimento; mentre,
diversamente i procedimenti di competenza di altre Autorità (AGcm e -AGcom)
sono rivolti a rimuovere le varie condizioni distorsive, comunque giuridicamente
rilevanti.
Oltre alla peculiarità, ora indicata, è da aggiungere -B)- il diverso ambito
soggettivo della presente procedura, la quale riguarda la condotta di uno o più
soggetti, con riferimento ai quali incidentalmente può venire in considerazione
il mercato; le altre, invece, riguardano il mercato, considerato nel suo
complesso.
Per le considerazioni, ora svolte, deve riconoscersi, che il ricorso di specie,
come risulta dal suo stesso contenuto, è formulato con riguardo non al mercato
in generale, ma al pregiudizio lamentato dai ricorrenti, e quindi con specifica
considerazione della loro situazione, per la cui esatta determinazione può pure
rendersi necessario avanti al G. O. l'esame, ma in via meramente incidentale,
del mercato nel suo complesso.
Sotto il profilo considerato, risulta, dunque, come non possa essere
fondatamente mossa da Telecom Italia l'eccezione in esame.
Detta società, a suo sostegno richiama i precedenti di cui a Cass. 17 gennaio
1986, n. 277 e 10 giugno 1998 n. 3359, i quali risultano: non verificabile il
secondo, non risultando massimata la sentenza n. 3359, peraltro del dì 1/4/1998
e non del 10/5, ed impropriamente invocato il primo - anzitutto perché
precedente alla Legge n. 287/1990, e, comunque, in quanto riguardante altra e
specifica materia - il pubblico impiego, su cui l'avviso (di inammissibilità)
risulta pacifico (Cass., S. U., 10 ottobre 1994, n. 8276; S. U., 5 ottobre 1994,
n. 7262) -, mentre l'ammissibilità della tutela ex art. 700 c.p.c., con
riguardo ad altra questione, coinvolgente sempre la P.A., è ad es. riconosciuta
da Cass., S. U., 7 gennaio 1993, n. 66. Le considerazioni che precedono
forniscono, dunque, argomento per escludere la fondatezza delle ragioni svolte
da Telecom Italia, oltre che quanto alla pretesa inammissibilità del ricorso,
anche con riguardo alla richiesta di sospensione del procedimento, giustificata
dall'attesa della decisione da parte di altra Autorità, richiesta che va
disattesa, per la sua incompatibilità con la natura e finalità della presente
procedura.
Essendosi fatta questione circa la possibilità di intervento di terzi nel
presente procedimento avente natura cautelare, la Corte, conformemente
all'opinione espressa dalla prevalente dottrina - che ha indicato come ostative
solo talune ragioni di mera opportunità -, oltreché dalla giurisprudenza
(Cass., 13 marzo 1995, n. 2903; Pret. Roma, 13 aprile 1989, in Dir. Fall., 1991,
11, 203; Pret. Panna, 3 maggio 1995, in Foro Pad., 1994, 1, 11), reputa di
poterne ritenere l'ammissibilità, con l'esclusione del caso in cui l'intervento
può tradursi nell'appesantimento della procedura, incompatibile con la urgenza
che le è propria.
Orbene, l'indicato rischio è sicuramente estraneo al caso di specie, ove gli
intervenuti hanno formulato richieste analoghe a quelle avanzate dalle società
ricorrenti. La inibitoria richiesta, in quanto relativa a modalità della
contrattazione finisce, oltretutto, per avere una valenza anche per gli
intervenuti, indipendentemente dalla loro effettiva partecipazione. Parimenti,
neppure può valere l'ulteriore rilievo di Telecom Italia - che in qualche modo
si appunta alla questione ora considerata - per cui il provvedimento di urgenza
nella specie richiesto - inibitoria a commercializzare i servizi Ring - sarebbe
improponibile, in ragione sia dei poteri istruttori del giudice ordinario, che
dei contenuto del provvedimento invocato, - in quanto diretto ad assicurare non
gli effetti della (futura) decisione sul merito, ma quelli derivanti da una
(ipotetica) regolazione negoziale, come tale da mantenere affidata alla sola
autonoma iniziativa delle parti.
Al riguardo, a fugare ogni possibile dubbio, vale il riferimento alla Legge
287/1990 (artt. 3 e 33), che espressamente ammette la giurisdizione del giudice
ordinario nel caso in cui vi sia il pericolo di abuso di posizione dominante, e
consente di riconoscere la possibilità di adozione di misure cautelari, al fine
non già di consentire misure sostitutive del mancato accordo tra le parti, ma
solo di rimuovere il pericolo di danno, o di aggravamento di quello già
prodottosi.
D'altra parte, sempre con riguardo al contenuto del provvedimento cautelare in
oggetto (su cui i rilievi di Telecom Italia a pag. 6 e 14 della nota conclusiva
depositata il 14 agosto 2000), neppure è da trascurare che la dottrina
elaborata sull'art. 700 c.p.c. ha, oramai da tempo, superato il principio di
correlazione tra condanna ed esecuzione forzata, arrivando così ad affermare la
possibilità di una funzione inibitoria atipica di ampia valenza.
Si è, in proposito, rilevato che nessuna delle disposizioni di legge (in specie
gli artt. 474, n.I, c.p.c., 2818 e 2935 c. c.), normalmente poste a fondamento
della correlazione tra sentenza di condanna ed esecuzione forzata, giustifica
tale conclusione. Infatti, l'articolo 474 cit., ponendosi dall'angolo visuale
della identificazione degli atti o dei documenti idonei a mettere in moto il
processo di esecuzione forzata, appare inidoneo ad offrire alcun argomento in
ordine al problema relativo alla questione se oggetto della sentenza di condanna
possano essere anche gli obblighi non suscettibili di esecuzione forzata;
l'articolo 2818 cit. a sua volta contiene una formulazione assai lata, la quale
si presta a ricomprendere tutte le sentenze di condanna, sia all'adempimento di
obblighi già violati suscettibili di esecuzione forzata, sia di obblighi non
ancora violati ma suscettibili di esecuzione forzata in caso di violazione
(cosiddetta condanna in futuro), sia le sentenze di condanna agli adempimenti di
obblighi già violati ma non suscettibili di esecuzione forzata, il cui
adempimento, oltre ad essere ancora possibile, continua ad interessare il
titolare del diritto, sia pure le sentenze di condanna dirette, oltreché a
reprimere la violazione già effettuata, anche ad impedire o prevenire
violazioni future; da ultimo, l'articolo 2935 cit., il quale, producendo
principalmente i propri effetti sul piano strettamente sostanziale, esclude che
si possa distinguere tra condanna all'adempimento di obblighi suscettibili o
meno di esecuzione forzata.
Appare fondato e, quindi, da condividere il convincimento, per cui le misure
cautelari atipiche sono idonee a svolgere la loro funzione nel confronti di
qualunque obbligo di fare, o di non fare, la cui preventiva previsione, pur
nella specificità, non può che essere in qualche modo generica, così da
riguardare attività nel loro complesso, onde evitare la, anche parziale,
inidoneità del provvedimento, attraverso la mancata previsione di ipotesi
(effettivamente, o solo potenzialmente) lesive.
In considerazione dell'indicato profilo, neppure è a sostenersi che il giudice
della cautela, nella determinazione del contenuto delle emanande misure
cautelari , sia tenuto a sostituirsi al giudice del merito; è, infatti,
sufficiente che da parte sua ci sia l'identificazione degli effetti
assicurativi, peraltro (spesso) realizzabili attraverso l'obbligo dell'intimato
ad una condotta idonea ad attuare la salvaguardia del diritto dall'evento
pregiudizievole dall'altra parte lamentato.
Parimenti è indubbio che nella tutela della libera concorrenza i provvedimenti
che vengono nella considerazione del giudice della cautela, pur nella loro
specificità, possano risultare caratterizzati dalla generalità e, in qualche
misura, dalla genericità di contenuto, attesa sia la possibilità di
reiterazione dei comportamenti cui si riferiscono, che la mutevolezza del tipo
(o del contenuto) degli atti lesivi in concreto attuabili nello svolgimento di
attività economiche; d'altra parte, è pure innegabile che, proprio nelle
ipotesi in considerazione, massimo è l'allarme sociale, in conseguenza della
indicata possibile molteplicità e mutevolezza degli atti in questione.
Senza soffermarsi sul distinguo tra misure anticipatorie (concordemente ammesse)
e misure conservativi (oltre a quelle reintegrativi, di meno frequente
rinvenimento, supponendo esse la verificazione del danno), ad avviso della Corte
neppure è da trascurare che nella materia in esame, - in cui viene in questione
la necessità di assicurare la libera e corretta concorrenza tra imprese -, una
delle misure tipiche è la inibitoria di cui all'art. 2599 c.c., al cui
contenuto possono essere ispirati anche i provvedimenti resi in sede di tutela
atipica.
Anche per tale via risulta la ammissibilità e procedibilità delle deduzioni
dalle società ricorrenti rappresentate con i ricorsi ex art. 700 cit., dalle
medesime presentati.
L'art. 2599 ora richiamato, infatti, (mentre implicitamente lascia escludere
-secondo l'interpretazione prevalente- la rilevanza sia del dolo, che della
colpa dell'autore dell'atto, confermando così la sua ampia portata),
esplicitamente suppone la continuazione del turbamento del gioco concorrenziale
-continuazione (la cui sussistenza, alla stregua delle considerazioni di cui
appresso, pare ricorrere nella specie), e, quindi, il mancato esaurimento di
esso quale condizione necessaria e sufficiente per l'adozione del provvedimento
cautelare di inibitoria- essendo, altrimenti, indubitabile che l'unico rimedio
utile verrebbe ad essere dato dal calcolo dell'entità del danno economico
prodotto e dal suo risarcimento.
Al fine di fugare i dubbi, conseguenti ai rilievi al riguardo formulati da
Telecom Italia,- è anche da rilevare che è pacifico che il c.d. illecito
concorrenziale,, in presenza dei presupposti di legge, legittima senz'altro
l'esercizio dell'inibitoria in considerazione (Cass., Sez. Un., 23 novembre
1995, n. 12103).
Con riferimento a tale rimedio va, altresì, ribadito che il relativo
provvedimento cautelare, pur non riguardando il mercato, ma l'attività di
singoli operatori, non può di regola che essere generale, dovendo
necessariamente avere riguardo non solo ai singoli atti, ma all'attività di un
intero settore, per coglierne le modalità e quant'altro utile ai fini della
decisione. Inoltre,- neppure è da trascurare che la rilevanza della condotta in
questione è perfezionata dalla sussistenza della mera potenzialità del danno,
sia specifico (discredito, confusione tra prodotti, etc.), che solo generico
(danno patrimoniale o economico), per cui è in concreto sufficiente la
astratta--idoneità (e quindi la sola potenzialità) di una condotta a produrre
il danno (pericolo di danno), non occorrendo anche la effettiva verificazione di
esso (danno attuale). Alla stregua delle considerazioni svolte, a giudizio della
Corte risulta oltre l'ammissibilità, anche la proponibilità dei ricorsi in
esame.
Venendo alla questione relativa alla loro fondatezza, vale ricordare che
nella specie non si tratta di statuire sul diritto, previo il suo rigoroso
accertamento, ma solo di fare in modo che -previa sommaria cognizione- quello,
che potrà in seguito risultare essere il diritto, possa subito trovare tutela.
Ne segue, che in concreto è da verificare la sussistenza -del c.d. fumus, e
cioè- del convincimento di verosimiglianza della situazione dedotta, oltreché
del fondato timore - periculum in mora - che essa, nel tempo occorrente a farla
valere in via ordinaria, possa rimanere pregiudicata, e rimanere così,- in
tutto o in parte, insoddisfatta.
E' certo, al riguardo, che gli argomenti svolti dalle società ricorrenti,
suffragati dalla ampia documentazione prodotta, da cui risulta il contenuto dei
vari atti compiuti nel seno di una più ampia trattativa, nonché l'andamento e
l'esito di essa, consentono di ritenere sussistenti entrambi gli elementi ora
indicati.
Quanto al primo (fumus), è da rilevare che, alla stregua delle risultanze in
atti. sussiste la possibilità che le società ricorrenti, di fatto escluse dal
mercato a seguito dei comportamenti della Telecom Italia, possano rimanere tali,
attesa la valenza di essi (comportamenti), che fa ritenere (almeno in questa
sede) il possibile impedimento all' (utile) inserimento delle società
ricorrenti nel mercato (in proposito si cfr. per tutti il doc. n. 19, produzione
Albacom, e in specie la sua ultima pagina).
Nella elaborazione giurisprudenziale risulta consolidato il principio per cui la
c.d. posizione dominante (su cui da ultimo Cass., 1 febbraio 1999, n. 827)
concerne la situazione anche economica dell'impresa, in conseguenza della quale
questa si trova nella possibilità di efficacemente ostacolare una concorrenza
effettiva, così da poter mantenere comportamenti indipendenti rispetto ai
concorrenti ed ai clienti, senza subire conseguenze pregiudizievoli; posizione i
cui indicatori sono: a) l'essere l'impresa sottratta ad ogni concorrenza
efficace (indicatore oggettivo); b) la diretta incidenza del suo comportamento
sul mercato (indicatore soggettivo). Orbene, risulta che Telecom Italia, come
lamentato dalle società ricorrenti (doc. 20 produzione Infostrada), ha inteso
praticare a queste ultime lo stesso prezzo preteso dagli operatori finali al
dettaglio.
Si deve, di conseguenza, fondatamente ritenere che Telecom Italia abbia di fatto
impedito, e stia impedendo tuttora, a tali imprese l'utili7.72 ione del servizio
Ring, e con esso l'accesso al mercato dei servizi di trasmissione dati con le
tecnologie più recenti ed evolute, rimanendo così esclusa per le medesime, a
seguito della impossibilità economica di duplicare gli impianti, la
opportunità di offrire qualificazioni e specificazioni, a condizioni
effettivamente remunerative dell'impegno economico, sostenuto per l'incremento
di valore, apportato con le utilità aggiunte.
L'indicata preclusione, operando a monte, fa escludere che possa avere pregio
quanto sostenuto da Telecom Italia, la quale evidenzia (pag. 25 delle note
conclusive) come non possa trovare ingresso il tentativo delle ricorrenti di
giocare sulla confusione tra offerta di capacità trasmissiva e offerta dei
servizi, stante che nella fornitura dei servizi finali non possono essere prese
in considerazione le sole componenti di costo relative alla trasmissione: la
resistente, infatti, con tale assunto trascura di considerare che, come -
esemplificativamente - è certo, l'acquirente all'ingrosso abbisogna dei margine
che gli rende conveniente la vendita al dettaglio.
Va pure chiarito che l'offerta che le ricorrenti intendono operare, e che va
loro resa economicamente possibile, risulta costituita non dal mero riaffitto di
Ring - definito come modalità che facilita alle aziende l'utilizzo della banda
larga -, ma dalla fornitura del servizio aggiunto, la cui diversa e specifica
utilità è appunto da aggiungere al mero utilizzo di Ring.
Orbene, anche la constatata sostanziale diversità tra le due offerte consente
di ritenere (il che nella presente procedura è certamente sufficiente)
l'infondatezza dell'assunto di Telecom Italia (pag. 36 della memoria difensiva),
che indica come invocata a sproposito dalle ricorrenti la tutela della libertà
della concorrenza, la quale, per essa Telecom Italia, sarebbe estranea alla
presente fattispecie, caratterizzata dalla semplice rivendita da parte di
Infostrada e Albacom dei medesimi servizi. Il che non è per quanto sopra
considerato. Ad avvalorare la sussistenza del fumus in questione, concorrono
anche gli argomenti che si traggono dai seguenti ulteriori rilievi:
A) la stessa Telecom Italia -e non altri-, in data 2 agosto c.a., avanti
all'Autorità Garante della Concorrenza e dei Mercato (pag. 5 dell'ali. 13 del
fascicolo Telecom) ha esplicitamente ammesso, nella persona dell'ing. Papini,
che,per fine novembre quando è atteso che l'AGCom si esprima in merito
all'offerta originaria, sarà necessario modificare alcuni punti delle
trattative; ed ancora, che (pag. 6 del doc. ora cit.), a seguito di talune
perplessità manifestate dall'avv. De Sanctis per Telecom Italia, la d.ssa
Amendola per l'AGCom, alla stregua delle risultanze in suo possesso ha ritenuto
di ricordare a Telecom Italia il principio generale antitrust in base al quale
un soggetto in posizione dominante, nel momento in cui offre commercialmente un
servizio su un mercato liberalizzato sfruttando una risorsa essenziale detenuta
in monopolio è tenuto a fornire anche ai concorrenti l'accesso non
discriminatorio a tale risorsa in modo da consentire la concorrenza sul mercato
a valle;
B) a fronte della (ampia) domanda formulata dalla d.ssa Amendola, in
relazione alle varie offerte Telecom Italia (pag. 7 del doc. di cui sopra),
l'ing. Papini ha riferito l'assenza di discriminazioni rispetto alle altre
offerte, e non anche alla modalità wholesale dell'offerta Ring; avendo il dr.
Calabrò (pag. 8 doc. cit.), per l'AGCom, dato termine - scaduto alla data di
comparizione delle parti avanti a questa Corte- a Telecom Italia per la
produzione di documenti vari (lett. a - f), tutti pertinenti alla presente
questione, Telecom Italia bene avrebbe potuto provvedere alle medesime
produzioni avanti a questa Corte (oltretutto, essendo pacifica la libertà di
forme nella cognizione sommaria che caratterizza la presente procedura, sia
quanto alla produzione delle prove, che quanto alla formazione del convincimento
del giudicante), così da fondare su elementi oggettivi, quanto, invece,
affidato a considerazioni, rimaste prive di riscontro e, quindi, di valore.
Risulta, d'altra parte (doc. 10, produzione Infostrada), che Telecom Italia,
già da tempo si era impegnata a negoziare modalità wholesale dell'offerta
Ring, ma che di fatto non erano seguite offerte concrete.
Da tutte le risultanze di causa, come dalle indicate considerazioni è dato
trarre anche il convincimento per cui l'impedimento dei ricorrenti, ad inserirsi
nel mercato, determini per loro l'impossibilità di liberamente offrire il
proprio know how, afferente la novità dei beni e/o servizi resi, la loro
diversa qualità, affidabilità, duttilità, economicità, etc., e quindi, di
poter formare, o mantenere il proprio avviamento, con grave e definitivo
pregiudizio, destinato ad ulteriormente aggravarsi (periculum in mora) col
permanere della rilevata situazione.
A conferma della sussistenza, nella specie, di tale rischio, v'è da considerare
che l'offerta di Telecom Italia agli operatori, per così dire all'ingrosso, del
servizio Ring risulta formulata con lo sconto massimo del 3% (doc. 20 produzione
Infostrada) del prezzo al dettaglio. Orbene, la esiguità del margine esclude
che possa affannarsi (come pretende Telecom Italia, alla pag. 9 della più volte
cit. nota conclusiva, secondo cui le ricorrenti lamenterebbero non un danno
esiziale ed irreversibile, ma solo la perdita di un'opportunità per concorrere
m un segmento particolarmente lucrativo del mercato) che detta offerta non possa
determinare il rischio di esclusione dal mercato di detti operatori; invero,
indipendentemente dai livelli di efficienza dai medesimi raggiunti, la sua
inadeguatezza consente di poter escludere in loro favore un margine minimo di
profitto, capace di assicurare loro una qualche possibilità di stabile
inserimento nel mercato (al riguardo sono da tener in conto le risultanze di cui
al doc. 21, prodotto da Infostrada). In dottrina, come in giurisprudenza è
pacifico che la possibilità di non inserimento o di uscita dal mercato di una
impresa costituisce di per sé danno, che, oltretutto, prestandosi con
difficoltà alla liquidazione di adeguato risarcimento, va, come tale,
possibilmente evitato, quanto meno nell'aggravamento, giusta la finzione dei
provvedimento invocato.
E' incontrovertibile, dunque, nella specie, la sussistenza, oltreché degli
altri presupposti, anche del periculum in mora.
Da ultimo, la Corte, -mentre tralascia l'analitica considerazione degli
argomenti tecnici, svolti dalle parti in causa con riferimento (si vedano ad es.
le pagg. 16 e ss. delle note autorizzate, depositate da Infostrada il 14 agosto
2000) alle più avanzate soluzioni e applicazioni tecniche, adottate
nell'apprestamento e nell'offerta del servizio in oggetto-, rileva che, proprio
per la complessità delle dette applicazioni in materia, come per il loro
continuo, quanto veloce affinamento tecnologico, va ritenuta la particolare
delicatezza dei settore, che come tale può prestarsi ad abusi.
Le considerazioni svolte permettono di ritenere, fondatamente, la sussistenza
nella presente fattispecie di tutti i presupposti, richiesti dalla legge (fumus
e periculum in mora).
La Corte ritiene, pertanto, che, in via cautelare, siano da inibire a Telecom
Italia S.p.A. la promozione, e/o l'offerta, e/o la conclusione in via diretta, o
a mezzo rappresentanti, o per il tramite di soggetti comunque collegati, dei
contratti, anche preliminari, aventi qualunque causa e con oggetto i servizi
cosiddetti Ring, o equivalenti.
Il presente provvedimento cautelare e, m quanto tale, funzionalmente collegato
alla successiva fase di merito.
Esso, perciò, ha efficacia come per legge (artt. 669 "novies ",.e 669
"decies " cod. proc. civ., per cui risultano normativamente superate
le perplessità di Telecom Italia, e di cui a pag. 6 delle note conclusive
depositate il 14 agosto 2000), senza che la stessa possa essere collegata, o,
comunque, fatta dipendere (come, invece, espressamente indicato da Infostrada
-pag. 44 delle note depositate il 14 agosto 2000-) dalla adozione di
provvedimenti in procedimenti pendenti avanti ad altra Autorità.
Quanto, infine, alla richiesta delle ricorrenti di pubblicazione della presente
ordinanza, la stessa non va accolta. Detta pubblicazione, infatti, si palesa
inutile, nella specie, in ragione sia delle peculiarità del settore
interessato, che della sufficienza del provvedimento adottato, trattandosi di
inibire comportamenti (che possono essere) discriminatori, a nulla occorrendo
-specie in sede di delibazione sommaria- di informare il mercato.
Non è dato provvedere quanto alle spese giudiziali anticipate, in relazione
alla natura del presente procedimento; mentre va dato ai ricorrenti temine
perentorio di gg. 20 (venti) per l'inizio dei giudizio di merito.
P.Q.M.
La Corte, a scioglimento della riserva di cui al verbale del 10 c. m.,
relativa ai ricorsi proposti da ALBACOM S.p.A., in persona del lega]
rappresentante p.t., e da INFOSTRADA S.p.A., in persona dei legali
rappresentante p.t., contro TELECOM ITALIA S.p.A., in persona di legale
rappresentante p.t., con l'intervento delle società di cui in epigrafi così
provvede:
in accoglimento dei ricorsi, fa divieto a TELECOM ITALIA S.p.A., in persona
del legale rappresentante p.t., di promuovere, e/o offrire, e/o concludere
direttamente, o per mezzo di rappresentanti, o di soggetti in qualunque modo
collegati, contratti, anche preliminari, aventi qualunque causa, e con oggetto
servizi Ring, o equivalenti, comunque nominati
Fissa per i ricorrenti il termine perentorio di gg. 20 (venti) per l'inizio
del giudizio di merito
Si comunichi
Così deciso in Roma, il 16 agosto 2000.
IL PRESIDENTE
(Dr. Giuseppe SANTORO)