Eliminare gli squilibri è la prima
delle "agevolazioni"
di Manlio Cammarata - 10.12.98
Tra pochi giorni, lunedì 15, l'Autorità per le
garanzie nelle comunicazioni dovrebbe decidere sul "riequilibrio"
delle tariffe telefoniche. La decisione potrebbe avere effetti non indifferenti
sullo sviluppo dell'internet in Italia, per i motivi che vedremo tra poco.
E' noto che il "monopolista uscente"
(la definizione di "ex monopolista" per molti aspetti è prematura) ha
prospettato un sensibile aumento della tariffa urbana, accompagnato da una
modesta diminuzione dell'interurbana. Salta agli occhi la sfrontatezza della
richiesta: sulle urbane Telecom Italia gode ancora del monopolio, sulle
interurbane la concorrenza incomincia a farsi avanti...
Le regole europee del libero mercato prescrivono che le tariffe devono essere
orientate ai costi. Se si applicasse in pieno questo principio, la differenza
tra gli "scatti" urbani e quelli in teleselezione sarebbe molto bassa,
anche se è difficile dire a quale livello potrebbe ragionevolmente attestarsi
il costo medio delle chiamate. Infatti il calcolo dei costi può essere fatto
secondo criteri diversi, fino a dare ragione a coloro che vorrebbero
semplicemente l'abolizione della tariffa a tempo. E va comunque tenuto presente
il fatto che i costi del nostro operatore sono più alti di quelli dei suoi
concorrenti in ambito internazionale, a causa delle diseconomie della gestione
segnalate dagli esperti in molte occasioni.
Le indiscrezioni di ieri, 9 dicembre, parlano di
un modesto aumento della TUT (quattro per cento), accompagnato però
dall'introduzione della cosiddetta "tariffa di prossimità", della
quale parliamo più avanti. Il canone dovrebbe restare invariato, mentre nulla
si dice del ribasso della teleselezione. Per completezza di cronaca, va
ricordato che alla conferenza
dell'AIIP del 27 novembre, per bocca del
commissario Paola Manacorda l'Autorità ha detto che con il riordino delle
tariffe avrebbe tenuto conto delle esigenze di sviluppo dell'internet.
Ora è opportuno fare il punto della situazione e
distinguere in primo luogo tra l'eliminazione degli attuali squilibri e
l'introduzione di "agevolazioni", vere o apparenti.
Possiamo distinguere quattro diversi problemi:
1. il costo della TUT per gli utenti che hanno un provider efficiente nella loro
area telefonica;
2. il costo dei collegamenti in teleselezione per tutti gli altri abbonati;
3. le distorsioni del mercato dovute alle politiche commerciali di Telecom
Italia;
4. le agevolazioni tariffarie che dovrebbero stimolare la crescita della
telematica.
E' evidente che il terzo problema assorbe in
buona parte i primi due; tuttavia è opportuno distinguere i diversi fattori,
perché il problema della concorrenza riguarda in primo luogo l'Autorità
antitrust (che ha aperto un'istruttoria per i comportamenti
anticoncorrenziali segnalati
dall'Associazione Italiana Internet Providers), mentre la determinazione delle
tariffe e le eventuali iniziative per favorire lo sviluppo dell'internet sono di
competenza dell'Autorità per le garanzie.
Vediamo dunque i diversi aspetti della questione.
1. La tariffa urbana a tempo.
C'è chi propone di abolirla (ma non servirebbe a nulla, perché il prezzo a
tempo dovrebbe essere applicato dai provider), mentre sarebbe ragionevole
aspettarsi un ribasso. Invece si prospetta un aumento, sia pure relativamente
modesto, che non cambierebbe di molto la spesa per le connessioni. L'ordine di
grandezza della TUT non è lontano da quello che si applica in altri paesi e
sarebbe tollerabile se tutti gli utenti potessero collegarsi in ambito urbano.
Naturalmente una diminuzione dei costi delle chiamate giocherebbe a favore dello
sviluppo delle attività telematiche.
2. Il costo della teleselezione. Questo
è il problema più grave, uno degli ostacoli più sensibili allo sviluppo della
Rete. Chi non ha un provider efficiente nella propria area telefonica deve
sborsare cifre rilevantissime per raggiungere un fornitore che si trova in
un'altra area. Questo provoca, fra l'altro, un'intollerabile disparità tra i
cittadini nelle condizioni di accesso all'informazione e di utilizzo di uno
strumento essenziale per la crescita economica, sociale e culturale.
La soluzione che è stata spesso prospettata in passato, l'internet a tariffa
urbana indipendentemente dalla distanza, è difficile da applicare. Più
semplice, e forse anche più efficace, è il meccanismo della tariffa di
prossimità, della quale si parla con insistenza da qualche tempo e che
potrebbe far parte delle imminenti decisioni dell'Autorità. Si tratta di
applicare la tariffa urbana ai collegamenti tra aree vicine, sia per la
telefonia, sia per la telematica. In questo modo si avrebbe, di fatto, un
allargamento delle aree telefoniche o, se si preferisce, una riduzione del
numero delle stesse.
In questo modo sarebbe facile raggiungere un provider efficiente anche per chi
risiede fuori delle grandi città. Inoltre si darebbe agli operatori
"privati" la possibilità di coprire tutto il territorio nazionale con
un minore numero di "punti di presenza" (POP).
La tariffa di prossimità dovrebbe quindi risolvere il problema dell'accesso sia
sul fronte degli utenti, sia su quello dei fornitori. Infatti sono ancora molte
le aree telefoniche in cui non c'è un provider o, se c'è, non è in condizioni
di offrire un servizio soddisfacente, perché il numero dei potenziali abbonati
in quella zona non assicura il ritorno di grandi investimenti nelle
apparecchiature e non può coprire il costo elevatissimo di circuiti affittati
di sufficiente capacità.
E' importante ricordare che non si parla solo di zone "sperdute"
(ammesso che in Italia ve ne siano), ma anche dei dintorni delle grandi città,
come Roma e Milano, cioè di quelle grandi "aree di mobilità" in cui
il telelavoro può aiutare a diminuire la congestione del traffico veicolare. In
queste zone Telecom ha compiuto, nel corso di alcuni anni, un vero capolavoro di
vessazione tariffaria. Infatti, presentando la riduzione del numero dei
distretti telefonici come un vantaggio per l'utenza, ha trasformato le vecchie
chiamate interdistrettuali in interurbane. Quindi, con il calcolo delle
"fasce" basato sulla distanza tra i centri delle aree, con le grandi
città confinano solo settori di seconda fascia. In questo modo gli utenti che
prima pagavano la tariffa "interdistrettuale", di poco superiore a
quella urbana, ora si collegano con la tariffa interurbana da 15-30 chilometri.
L'introduzione della tariffa di prossimità eliminerebbe questa vessazione e
metterebbe i provider che operano nei grandi centri in condizione di servire a
tariffa urbana anche le zone vicine. Nello stesso tempo i fornitori delle aree
meno favorite potrebbero estendere la loro zona di attività. Tutto questo
diminuirebbe il numero dei POP che ogni provider deve installare se vuole
coprire tutto il territorio nazionale, e per i POP vale lo stesso discorso dei
provider delle aree meno ricche o popolose: se non c'è un'utenza abbastanza
vasta, l'operazione è in perdita.
3. Le distorsioni del mercato.
Con questo siamo arrivati al terzo punto, la politica di Telecom Italia Questa
politica - ricostruita da Paolo Nuti nel suo ultimo articolo "Con
il 147 la tenaglia si chiude" - è
fondata anche su espedienti come quello di concedere la cosiddetta "offerta
Internet" solo agli utenti che non hanno un fornitore nella loro area.
Siccome nella maggior parte delle aree è presente ormai almeno un provider di
piccole dimensioni - e per questo spesso poco efficiente - la scelta per
l'utente è tra il collegamento a tariffa urbana a un fornitore scadente o la
teleselezione verso una struttura più valida. Poi è arrivato il
"147", con il quale TIN mette a disposizione di tutti un accesso a
basso costo, indipendentemente dalla zona, ma ottiene questo risultato con una
soluzione che i suoi concorrenti non si possono permettere: mantenere i POP in
perdita, finanziando questa perdita con i proventi degli "scatti".
Anche questa pratica è stata segnalata dall'AIIP all'Antitrust.
Un altro fattore di distorsione della concorrenza è il prezzo dei circuiti
affittati, molto più alto di quello praticato negli altri paesi, che si spera
venga drasticamente ridotto prima che i concorrenti di Telecom siano in grado di
costringerla a farlo. Non si deve dimenticare che, nella situazione attuale, il
"monopolista uscente" ricava comunque un utile dalle connessioni
all'internet, anche quelle fornite dai suoi concorrenti, attraverso il conteggio
degli "scatti".
4. Le "agevolazioni" per gli
utenti. Con l'approvazione della legge finanziaria per il '99,
l'Autorità dovrà metter mano anche alle agevolazioni previste dal
"collegato". Ma c'è da sperare che il testo già approvato da un ramo
del Parlamento venga modificato, perché nella sua attuale formulazione è
tutt'altro che soddisfacente (anche se è migliore di quello originario, che
prevedeva addirittura quattro ore al giorno di accesso gratuito). Prima di tutto
perché favorire i lunghi collegamenti non è né educativo, né opportuno per
il sistema delle telecomunicazioni. Poi perché non basta favorire l'utenza
residenziale: lo sviluppo dell'internet passa anche per le piccole e medie
imprese, che oggi sono sensibilmente penalizzate dai costi di connessione.
Con il suo primo provvedimento di rilievo,
l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha ridotto sensibilmente le
pretese di Telecom Italia sulle tariffe di interconnessione, portandole ai
livelli medi europei. Tra pochi giorni sapremo se è riuscita a riequilibrare,
per quanto è possibile in questa fase, anche le bollette degli utenti e
soprattutto quelle degli abbonati alla Rete, eliminando le attuali situazioni
sfavorevoli.
In ultima analisi, per aiutare lo sviluppo della telematica in Italia non sono
tanto necessari gli "sconti", quanto i "conti" equilibrati.
I veri incentivi possono essere utili per altri aspetti, come per l'acquisto dei
computer, per la qualità dei contenuti, per l'alfabetizzazione telematica delle
famiglie e delle piccole e medie imprese.
Nello stesso tempo è urgente mettere ordine
nella situazione normativa e regolamentare, partendo dall'ancora irrisolta
questione delle autorizzazioni generali previste dalla normativa europea: un
altro nodo che l'Autorità per le garanzie deve sciogliere al più presto, anche
con la determinazione di importi ragionevoli per i contributi richiesti agli
operatori. Ne parleremo sul prossimo numero.
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