Il 2005 verrà ricordato dagli abitanti di Torino, forse,
come l'anno in cui è entrato in vigore il termine previsto dal locale
regolamento di polizia urbana (regolamento n. 221 del 25 luglio 2002, art. 13
bis, sez. II) per lo smantellamento delle antenne satellitari poste su balconi e
facciate, a favore delle antenne satellitari centralizzate o, comunque, poste
sul tetto dell'edificio lato cortile interno e, possibilmente, mimetiche o
trasparenti.
Chi non si adegua, rimuovendo la propria installazione su balcone o facciata in
favore di una installazione centralizzata o a tetto, secondo i dettami del
regolamento sopra citato riceve una sanzione da 25 a 500 euro.
Colpisce chi si trova a occuparsi di materia di emittenza che
un comune, pur di ragguardevoli dimensioni, intervenga con tale forza su una
questione tanto delicata quale il diritto di antenna.
L'apparato definitorio del codice delle comunicazioni elettroniche consente di
affermare che le parabole sono antenne a pieno titolo e ricadono nell'ambito
di applicazione degli articoli 91 e 93 del codice stesso.
La prima norma citata disciplina le limitazioni legali della
proprietà per quanto riguarda le installazioni di impianti di comunicazione
elettronica (tra cui le antenne satellitari),
La seconda stabilisce che "le Pubbliche Amministrazioni, le Regioni, le
Province ed i Comuni non possono imporre, per l'impianto di reti o per l'esercizio
dei servizi di comunicazione elettronica, oneri o canoni che non siano stabiliti
per legge".
Da ciò deriva che solo la legge nazionale può limitare il
diritto del proprietario a installare antenne per quanto riguarda servizi di
comunicazione elettronica. Tale normativa è esplicazione pratica del "diritto
di antenna" che trova la sua base nell'art. 21 della Costituzione: ognuno ha
libertà di manifestazione del pensiero, il cui presupposto è la
libertà/diritto ad essere informati, e l'antenna è un mezzo per ricevere
tali informazioni.
Non si vuole però così negare che un problema esista:
foreste di antenne, frutto di una sostanziale deregolamentazione, potrebbero
creare alla lunga un problema paesaggistico che un Paese come l'Italia, che fa
del turismo una risorsa, potrebbe sentire particolarmente.
Tali considerazioni sono alla base della necessità di un intervento e della
conseguente necessità di cimentarsi in qualche "esercizio di federalismo":
riguardo al tema della centralizzazione delle antenne (satellitari e non). Tali
"esercizi" si risolvono nell'individuare il livello (enti locali, regione
o Stato) a cui la regolamentazione dalla materia è più opportuna ed efficace.
Il principio della sussidiarietà, pienamente recepito nel
nostro ordinamento, prevede che l'azione regolatoria debba essere esercitata
al livello più vicino ai cittadini dove è efficiente. E' possibile
che avvicinando troppo ai cittadini alcuni tipi di regole, queste provochino
squilibri indesiderati e viceversa.
Occorre allora domandarsi se i singoli comuni siano effettivamente competenti a
regolare il "diritto di antenna" alla luce delle citate prescrizioni del
codice delle comunicazioni elettroniche ma, soprattutto, alla luce di
ragionamenti fondati sul principio di sussidiarietà.
Ammettendo che ogni comune possa introdurre una propria
regolamentazione, si potrebbe avere uno scenario possibile in cui un cittadino,
spostandosi sul territorio, passa da zone dove una tecnologia risulta libera e
diffusa (magari agevolata!) a zone dove la medesima tecnologia è meno diffusa
in quanto l'ente locale competente applica una normativa che rende l'oneroso
l'acquisto dei relativi mezzi di ricezione. In tal modo l'ente locale
risulta di fatto influenzare il modo in cui i propri residenti acquistano
informazioni e contenuti. Ciò ha ripercussioni costituzionali non indifferenti.
Inoltre, alcuni enti locali stanno, a quanto sembra,
studiando o applicando misure di fiscalità agevolata per agevolare la
centralizzazione degli impianti. Al proposito si ritiene che una iniziativa di
incentivazione basata sulla fiscalità locale potrebbe essere un'ottimale
soluzione al problema ma, a maggior ragione, essa dovrebbe essere coordinata a
livello nazionale e considerare un ampio raggio di tecnologie (antenne
tradizionale, satellitari, cavo, ecc.). Lo strumento fiscale è infatti di
competenza comunale, ma il fine per cui deve essere utilizzato si ritiene sia di
competenza statale.
A tal proposito, la consultazione recentemente bandita dal
Ministero delle comunicazioni sul tema della centralizzazione delle antenne
(tradizionali) potrebbe essere un buon punto di partenza per estendere il
dibattito e portare sul tavolo il problema.
Il tema in questione, è bene sottolinearlo, prescinde da qualunque
considerazione su piattaforme, decoder e altro: un'antenna può essere
collegata a una pluralità di tecnologie, aperte o proprietarie; gli incentivi
all'antenna sono dunque meri incentivi all'informazione e gli oneri sull'antenna
sono oneri sull'informazione.
Per un'ampia tutela del diritto di antenna si schiera anche
la giurisprudenza. Si vedano, tra le molte decisioni in materia, Cassazione
civile, sez. II, 6 novembre 1985 n. 5399 e Cassazione civile, sez. II, 6
novembre 1985 n. 5399, secondo cui "Il diritto alla installazione, nel
lastrico solare di un edificio condominiale, di un'antenna autonoma, nonché al
passaggio delle condutture, fili o qualsiasi altro impianto occorrente per il
funzionamento degli apparecchi radioriceventi e televisivi, sia esso qualificato
come diritto soggettivo di natura personale oppure come diritto
costituzionalmente protetto alla libera manifestazione del proprio pensiero e
alla libera ricezione di quello altrui ex art. 21 cost., non incontra, nei
rapporti tra privati, alcun altro limite oltre quello di ostacolare e impedire
il pari diritto altrui oppure di pregiudicare, nel caso di installazione su
proprietà esclusiva di un singolo condomino, il diritto di proprietà di
quest'ultimo, e nel caso di installazione su parte comune, l'uso del bene comune
da parte degli altri condomini".
Non c'è molto tempo, i Comuni stanno già agendo da tempo per regolare a loro
modo (giusto o sbagliato che sia) il fenomeno e alcune aziende stanno cercando
di "fronteggiare l'emergenza" con incentivi di tasca propria per le nuove
installazioni. Si auspica dunque un dibattito il più possibile aperto e un attento
studio della questione a tutti i livelli.
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