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Protezione dei dati personali

Videosorveglianza: due pesi e due misure?

di Corrado Giustozzi - 20.03.06

 

Mancano pochi giorni alla scadenza, che forse questa volta è proprio vera, per l'adozione delle misure minime e del famigerato DPS, e l'universo che ruota intorno alla privacy ed ai suoi adempimenti si agita sempre di più. Succedono infatti cose strane e inquietanti: e mentre gli avvocati scalpitano al fine di ottenere l'esenzione dal DPS per l'intera categoria (ed in questo mi ricordano tanto i tassisti, che in quanto guidatori abituali pretesero di essere esentati dall'obbligo delle cinture di sicurezza.), il Garante, bontà sua, interviene tempestivamente a dirimere questioni di profonda importanza per il Paese, facendoci ad esempio sapere mediante un apposito comunicato stampa che l'importo del compenso concesso a John Travolta per la sua apparizione a Sanremo non è tutelato dalla legge sui dati personali, e quindi se la RAI non vuole rivelarlo è un problema suo.

Rincuorati da questa puntuale e soprattutto indispensabile precisazione, ci domandiamo tuttavia se la commovente attenzione con cui il Garante seguiva le vicende legate al festival nazional-popolare non lo abbia almeno in parte distratto dalla visione di altre trasmissioni televisive andate in onda praticamente nelle stesse ore, quali ad esempio i telegiornali. Perché, curiosamente, il Garante sembra essere l'unico soggetto in Italia a non essersi accorto della grande fanfara con cui tutti gli organi di informazione, nessuno escluso ed eccettuato, hanno celebrato l'arresto del tristemente noto piromane che da mesi, con le sue insane gesta, terrorizzava la capitale disseminandola di carcasse di automobili fumanti.

Certo l'evento in sé potrebbe anche essere considerato meno rilevante rispetto agli straordinari interessi mediatici che polarizzano la kermesse canora sanremese, però rimaniamo ugualmente perplessi dinanzi alla più totale assenza di commenti almeno su di un dettaglio non proprio secondario della vicenda, quello che giornali e telegiornali non hanno mancato di illustrare con dovizia anche esagerata di particolari: ossia che il piromane è stato catturato grazie al filmato della telecamera di sorveglianza di un esercizio commerciale che lo ha fortuitamente ripreso in piena azione, consentendo così alle forze dell'ordine di identificarlo e quindi di arrestarlo.

Ci dice infatti la Adnkronos, in un "lancio" del 28 febbraio:
Tradito dal filmato di una telecamera puntata sulla strada. Così i carabinieri hanno identificato e arrestato la scorsa notte un piromane romano di 39 anni, sospettato di essere il responsabile di molti degli incendi dolosi appiccati nella capitale a Roma, di auto e moto dall'estate scorsa." E in pari data l'AGI le fa eco con questo comunicato: Per incendiare un'autovettura bastava solo un'azione che durava in tutto dieci secondi. È quanto si è potuto accertare grazie alle riprese di una telecamera di un esercizio commerciale nella zona di Casal Bruciato. Il filmato è stato girato i primi giorni di febbraio e mostra il piromane arrestato la scorsa notte a Roma, A.S. di 39 anni, mentre si avvicina ad una autovettura Smart e con un accendino dà fuoco al copriruota di plastica anteriore poi si allontana e il suo volto viene ripreso in primo piano.

Per la cronaca le immagini in questione sono ancora visibili a tutti: basta andare ad esempio sul sito di Repubblica, mentre il filmato è interamente visualizzabile sul sito di RomaOne.
Ora, ciò che nessuno ha fatto esplicitamente notare ma che tutti gli addetti ai lavori sanno, è che la telecamera in questione è molto probabilmente installata in modo illecito ed i suoi filmati pertanto illegittimi. L'impianto sembrerebbe infatti contravvenire a quanto disposto dal nefando provvedimento generale sulla videosorveglianza del 2004 con cui il Garante regolamentò l'utilizzo di telecamere e simili, e del quale più volte ci siamo occupati in passato su queste colonne (si vedano ad esempio: Videosorveglianza, la criminalità ringrazia e Videosorveglianza all'obitorio: è "sproporzionata").

Riprendiamo infatti il provvedimento e leggiamolo con attenzione. Ad esempio al punto 2.3 "Principio di proporzionalità" esso ci dice che: Gli impianti di videosorveglianza possono essere attivati solo quando altre misure siano ponderatamente valutate insufficienti o inattuabili. Se la loro installazione è finalizzata alla protezione di beni, anche in relazione ad atti di vandalismo, devono risultare parimenti inefficaci altri idonei accorgimenti quali controlli da parte di addetti, sistemi di allarme, misure di protezione degli ingressi, abilitazioni agli ingressi. Sempre al medesimo punto il testo chiarisce che: la proporzionalità va valutata in ogni fase o modalità del trattamento, per esempio quando si deve stabilire: se sia sufficiente, ai fini della sicurezza, rilevare immagini che non rendono identificabili i singoli cittadini, anche tramite ingrandimenti; se sia realmente essenziale ai fini prefissi raccogliere immagini dettagliate; la dislocazione, l'angolo visuale, l'uso di zoom automatici e le tipologie - fisse o mobili - delle apparecchiature; e fa altresì presente che: In applicazione del predetto principio va altresì delimitata rigorosamente: anche presso luoghi pubblici o aperti al pubblico, quando sia di legittimo ed effettivo interesse per particolari finalità, la ripresa di luoghi privati o di accessi a edifici.

Né vanno meglio le cose al successivo punto 2.4 "Principio di finalità", che così recita: Gli scopi perseguiti devono essere determinati, espliciti e legittimi (art. 11, comma 1, lett. b), del Codice). Ciò comporta che il titolare possa perseguire solo finalità di sua pertinenza. Si è invece constatato che taluni soggetti pubblici e privati si propongono abusivamente, quale scopo della videosorveglianza, finalità di sicurezza pubblica, prevenzione o accertamento dei reati che invece competono solo ad organi giudiziari o di polizia giudiziaria oppure a forze armate o di polizia. (omissis) In ogni caso, possono essere perseguite solo finalità determinate e rese trasparenti, ossia direttamente conoscibili attraverso adeguate comunicazioni e/o cartelli di avvertimento al pubblico (fatta salva l'eventuale attività di acquisizione di dati disposta da organi giudiziari o di polizia giudiziaria), e non finalità generiche o indeterminate, tanto più quando esse siano incompatibili con gli scopi che vanno esplicitamente dichiarati e legittimamente perseguiti (art. 11, comma 1, lett. b), del Codice). Le finalità così individuate devono essere correttamente riportate nell'informativa.

Tralasciando per brevità di sottolineare come risulti necessario per il titolare dell'impianto esporre al pubblico un'adeguata segnalazione della videosorveglianza in corso, e documentare altresì in apposito atto autonomo le scelte organizzative e tecniche rapportandole alle necessità di tutela che la videosorveglianza è chiamata a coprire, richiamo solo come il provvedimento ricordi infine che: Nell'uso delle apparecchiature volte a riprendere, per i legittimi interessi indicati, aree esterne ad edifici e immobili (perimetrali, adibite a parcheggi o a carico/scarico merci, accessi, uscite di emergenza), il trattamento deve essere effettuato con modalità tali da limitare l'angolo visuale all'area effettivamente da proteggere, evitando la ripresa di luoghi circostanti e di particolari non rilevanti (vie, edifici, esercizi commerciali, istituzioni ecc.).

Ora, sembra abbastanza evidente come nel caso in questione le riprese fossero state effettuate essenzialmente in barba a tutte le meticolose prescrizioni del Garante: appaiono infatti poco sussistenti sia il principio di proporzionalità che, soprattutto, quello di finalità, perché non è certamente compito del negoziante preoccuparsi di eventuali atti di vandalismo in strada. La telecamera inoltre non era posizionata in modo da inquadrare solo le pertinenze del negozio, e per di più consentiva la facile identificazione dei volti anche dei semplici passanti.

Il punto 7 del provvedimento, "Prescrizioni e sanzioni", ci dice a tale proposito che: Le misure necessarie prescritte con il presente provvedimento devono essere osservate da tutti i titolari di trattamento. In caso contrario il trattamento dei dati è, a seconda dei casi, illecito oppure non corretto, ed espone: all'inutilizzabilità dei dati personali trattati in violazione della relativa disciplina (art. 11, comma 2, del Codice); all'adozione di provvedimenti di blocco o di divieto del trattamento disposti dal Garante (art. 143, comma 1, lett. c), del Codice), e di analoghe decisioni adottate dall'autorità giudiziaria civile e penale; all'applicazione delle pertinenti sanzioni amministrative o penali (artt. 161 s. del Codice).

In definitiva il titolare dell'esercizio commerciale potrebbe teoricamente passare un guaio per la sua telecamera, e comunque i filmati registrati dalla stessa sarebbero inutilizzabili in quanto ottenuti in modo illecito o non corretto. Peccato che sia stato proprio grazie ad essi che le forze dell'ordine hanno potuto mettere fine alla carriera del vandalo incendiario, rendendo così un prezioso servizio all'intera comunità. E ciò spiega probabilmente l'imbarazzato silenzio del Garante, il quale ha evidentemente preferito far finta di nulla per evitare di dover prendere una posizione che sarebbe stata necessariamente impopolare. È facile infatti tuonare contro le telecamere quando non succede nulla e si possono sbandierare i diritti dei poveri passanti ignari; un po' più difficile farlo sull'eco emotiva di un arresto che ha lasciato tutti soddisfatti.

Ma, ci domandiamo: che sarebbe successo se non vi fosse stata quella telecamera? Il piromane sarebbe ancora a piede libero. oppure, più probabilmente, sarebbe stato prima o poi tradito da un'altra telecamera, anch'essa illegittima ma altrettanto utile!
Ecco dunque il vero nocciolo della questione, il paradosso che tutti conoscono ma nessuno vuole affrontare. La videosorveglianza a volte è utile, così come a volte è dannosa. Dipende dall'uso che se ne fa, così come accade per tutte le tecnologie. Di per sé la tecnologia è neutra, ossia non è intrinsecamente né buona né cattiva: usata bene può essere utile, usata male può essere dannosa, ma ciò dipende solo dal modo in cui la si usa e non dalla natura della tecnologia stessa. E la videosorveglianza non fa eccezione. Sono dunque i comportamenti ad essere illeciti o sanzionabili, e non le tecnologie: ciò che va regolamentato è pertanto il modo di usare le tecnologie, non il loro semplice utilizzo!

Purtroppo, come abbiamo avuto occasione di notare altre volte in passato, il nostro legislatore è evidentemente affetto da tecnofobia, e il Garante per la privacy non sembra essergli da meno. Ciò ha portato all'emanazione sempre più generalizzata di normative assurde ed inattuabili, che proibiscono tout court di utilizzare determinate tecnologie perché forse in conseguenza del loro uso potrebbero essere commessi degli illeciti (si veda ad esempio: L'indice dei Siti Proibiti). Sarebbe molto più logico e lineare sanzionare i comportamenti, ma sicuramente questo approccio è meno facile da attuare e soprattutto avrebbe un impatto non altrettanto demagogico: è infatti molto più semplice ed efficace dare la colpa alle tecnologie, demonizzandole di fronte al grande pubblico incolto (o almeno così lo ritiene il legislatore.), affinché sia sempre possibile trovare un capro espiatorio da additare in caso di necessità. La tecnologia è dunque diventata ormai un'ottima vittima predestinata, il mostro da accusare quando si vogliono sviare i sospetti dai veri responsabili dei misfatti, così come viene dimostrato dalle quotidiane crociate con cui si cercano di colpire i sistemi di P2P lasciando tuttavia ben tranquille le organizzazioni che lucrano sull'elusione dei diritti d'autore.

Vietare le telecamere, o renderne praticamente inutile l'utilizzo restringendone eccessivamente il campo di applicabilità, non è la soluzione per non avere problemi di privacy; tanto più che nessuno smetterà di installarle ed usarle illecitamente, e ci sarà ancora necessità di arrampicarsi sugli specchi quando, come sempre più spesso accade, un impianto illecito sarà nuovamente utile per acciuffare un altro delinquente. Come ebbe modo di scrivere proprio su queste pagine Claudio Manganelli, attuale componente dell'Autorità per l'informatica nella pubblica amministrazione e già componente del Garante per la protezione dei dati personali: quando un sistema di videosorveglianza è rivolto ad assicurare sicurezza alla società umana, gli unici fattori a mio avviso indispensabili debbono essere la durata della conservazione dei dati raccolti e la certezza che tali dati siano resi accessibili ai soli servizi abilitati a garantire la sicurezza, siano essi le forze dell'ordine o i servizi di sicurezza privata legalmente riconosciuti. La videosorveglianza non può più essere considerata un tabù quando è rivolta a garantire sicurezza e rispetto delle persone e delle cose. (si veda: Telesorveglianza: benvenuta se ben usata).

Le prospettive però non sembrano incoraggianti, anzi tutt'altro. Dopo aver praticamente reso illegittima ogni forma utile e sensata di videosorveglianza, il Garante con alcuni suoi recenti pareri sta facendo terra bruciata anche attorno ai sistemi di riconoscimento biometrico, i quali sono un altro efficace spauracchio che ben si presta a manovre d'effetto di stampo populistico. Ma di questo, magari, parleremo in un prossimo articolo.

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