Economia della conoscenza,
conoscenza dell'economia
di Manlio Cammarata - 30.03.2000
Con il leit motiv della "Economia
della conoscenza" si è aperta e chiusa a Lisbona l'ennesima riunione
comunitaria sulla società dell'informazione, questa volta intitolata "eEurope".
Tra gli addetti ai lavori, chi ha scorso le cronache - naturalmente
entusiastiche - di questi giorni o i documenti comunitari, probabilmente ha
avvertito un odore di vecchio, qualcosa di già visto e sentito molto tempo fa.
Tanto per fare un esempio, tra i buoni propositi formulati nell'assise
comunitaria va rilevato quello di concludere entro l'anno la liberalizzazione
dei servizi di telecomunicazioni. Può essere utile ricordare ciò che disse
Edward McCracken, presidente di Silicon Graphics e per l'occasione capo della
delegazione degli industriali USA, alla conferenza del G7 sulla società
dell'informazione, a Bruxelles nel febbraio del '95: "Per la
liberalizzazione gli europei prendono tre anni di tempo, per approvare leggi che
fra tre anni saranno superate, vista la velocità alla quale viaggia la
tecnologia". Da allora ne sono passati cinque...
Molte delle proposte che in Portogallo sono state
presentate come nuove e magari avveniristiche sono di molti anni fa. Risalgono
infatti al 1992 le prime intuizioni di Al Gore e Bill Clinton sulle prospettive
della società dell'informazione, poi sancite nel documento "Tecnologia per
la crescita economica dell'America", firmato appunto dal presidente e dal
vicepresidente degli Stati Uniti il 22 febbraio 1993.
Nel dicembre dello stesso anno il Consiglio europeo chiese a un gruppo di
"eminenti personalità", fra le quali Romano Prodi, di preparare un
rapporto sulle "misure specifiche" che la Comunità e gli Stati membri
avrebbero dovuto prendere per lo sviluppo delle infrastrutture
dell'informazione. Il testo, intitolato "L'Europa e la società
dell'informazione globale", fu presentato al vertice di Corfù il 24 giugno
1994 ed è noto come il Rapporto Bangemann.
Nel febbraio del '95 il G7 tenne a Bruxelles la "Information Society
Conference", i cui documenti finali sembravano il manifesto di una nuova
era. Se fossero ancora reperibili su qualche sito dell'Unione europea, sarebbe
facile vedere come progetti e conclusione della riunione di Lisbona ne siano la
copia fedele. Con qualche variazione, dovuta al fatto che allora il commercio
elettronico era una lontana prospettiva, mentre oggi appare un business
colossale, da cui nessuno - a ragione - vuole essere escluso.
Così, seguendo la tendenza di questi tempi, per
il vertice in Portogallo al nome dell'Europa è stato aggiunto il prefisso
"e", che in origine significava "elettronico" e che ora
sembra indicare solo "economico". Perché ormai, da qualsiasi
prospettiva si osservi la situazione, appare evidente che l'interesse allo
sviluppo dell'internet che manifestano i Governi è quello delle grandi imprese.
Dare un computer a ogni studente, collegare all'internet ogni scuola, abbassare
le tariffe telefoniche... tutto per formare e incoraggiare i nuovi acquirenti
telematici, i consumatori del mercato globale.
La proposta è dunque quella di una "economia della conoscenza", ma
alla base c'è la "conoscenza dell'economia". In Italia
particolarmente sviluppata, come osserva Alessandro Ghezzer su e-business,
a proposito del progetto di un "portale di Stato", che il Governo
continua a sostenere spudoratamente.
In tutto il confuso bla-bla sull'Europa - anzi,
sull'eEuropa - l'aspetto forse più irritante è che lo spirito comunitario
viene sbandierato solo nelle occasioni di facciata e viene sistematicamente
ignorato quando il rispetto dei principi e delle disposizioni europee dà
fastidio a qualcuno.
Per esempio, dal 1. gennaio 99 dovrebbero essere in vigore le
"autorizzazioni generali" per i fornitori dei servizi di
telecomunicazioni, prescritte dalla direttiva
97/13/CE. Ma le relative norme non sono state emanate e la Polizia delle
telecomunicazioni continua a martellare i piccoli internet provider sulla base
di scriteriate interpretazioni del decreto
legislativo 103/95 e dei suoi derivati (vedi Il
Pretore: niente autorizzazione per le linee dei POP).
Perché? Ne parliamo sul prossimo numero.
Nota: I documenti sul vertice di Lisbona si
trovano a partire dalle URL
http://europa.eu.int/comm/information_society/eeurope/index_en.htm
e
http://www.portugal.ue-2000.pt/uk/frame_docmne05.htm |