Pagina pubblicata tra il 1995 e il 2013
Le informazioni potrebbero non essere più valide
Documenti e testi normativi non sono aggiornati

 

 Diritto d'autore

L'Europa verso l'armonizzazione - 2
di Gian Marco Rinaldi* - 12.04.01

Articolo precedente

Eccezioni e limitazioni

Di grande importanza è l'ampia trattazione che la direttiva fa in merito alle limitazioni dei diritti di utilizzazione economica degli autori (e degli esecutori, interpreti, produttori etc.). Salvo la limitazione relativa al caching tutte le altre, pur inserite in una lista chiusa (dunque non passibile di ampliamento), sono liberamente adottabili dagli Stati Membri.
L'art. 5 delinea nel paragrafo 1, un'esenzione riguardante tutte quelle riproduzioni a carattere temporaneo finalizzate alla trasmissione in rete o comunque ad un utilizzo legittimo dell'opera. È il caso del caching, cioè la necessaria memorizzazione preventiva e temporanea che permette ad ogni singolo computer di visualizzare le pagine web. Come è noto, infatti, i singoli file relativi alla pagina HTML, alle immagini, alle musiche, alle animazioni etc. vengono preventivamente memorizzati all'interno della memoria cache la quale, temporaneamente, contiene i file destinati poi a comporre la pagina mostrata a video. Lo stesso considerando 33 dà un ampia spiegazione sulla riproduzione temporanea e delle copie "cache" individuando le stesse come eccezioni al diritto di riproduzione.

Molte delle altre limitazioni invece hanno a che fare con il concetto di fair use ovvero coma da considerando 34 e 40, con il consentire eccezioni e limitazioni dei diritti di sfruttamento "per l'utilizzo a scopo didattico e scientifico, o da parte di organismi pubblici quali le biblioteche e gli archivi, per scopi d'informazione giornalistica, per citazioni, per l'uso da parte di portatori di handicap, per fini di sicurezza pubblica e in procedimenti amministrativi e giudiziari". Inoltre si prevede la possibilità di copie private salvo corrispondere un equo compenso (ved. considerando 38)
Questo genere di limitazioni "non possono essere applicate in modo da arrecare pregiudizio agli interessi legittimi dei titolari dei diritti o da essere in contrasto con la normale utilizzazione economica delle loro opere o materiali protetti" (considerando 44).

Molte di queste limitazioni si avvicinano a quelle già presenti nella nostra legge sul diritto d'autore negli artt. 65 e ss. sotto il nome di "Utilizzazioni libere".
Particolare attenzione merita proprio la possibilità prevista dal paragrafo 2, lett. b), laddove si prescrive che gli Stati membri possono prevedere limitazioni al diritto di riproduzione per ciò che riguarda "le riproduzioni su qualsiasi supporto effettuate da una persona fisica per uso privato e per fini non commerciali diretti o indiretti a condizione che i titolari dei diritti ricevano un equo compenso che tenga conto dell'applicazione o meno delle misure tecnologiche di cui all'articolo 6 all'opera o agli altri materiali interessati."

Il problema della copia privata si era posto in passato a proposito delle copie effettuate artigianalmente da chiunque su cassette audio e video di brani musicali e film. In Italia, come negli altri Paesi, constatata l'impossibilità pratica di impedire siffatte operazioni di riproduzione, si sono adottate delle norme (l. 5 febbraio 1992, n.93) che prevedono che una parte del prezzo di vendita delle cassette vergini audio e video e degli apparecchi di riproduzione finisca alla SIAE (www.siae.it), che li ripartisce poi agli autori ed ai loro aventi causa.

Si comprende facilmente come finora nessun artista ha ricevuto dei soldi, ad esempio, per le copie di file musicali circolate in formato Mp3 in Rete. La direttiva ribadisce dunque che anche per le riproduzioni in copie private in formato digitale vada corrisposto un equo compenso agli aventi diritto. Ovviamente non vi deve essere fine di lucro ed il tutto deve rimanere nell'ambito privato altrimenti ci troveremmo di fronte ad una forma vera e propria di sfruttamento economico per la quale è necessaria una cessione del relativo diritto a tutti gli effetti.
La misura del compenso viene inoltre legata all'aver o meno apposto una forma di protezione tecnologica.

Dei chiarimenti ulteriori in merito a quanto appena specificato li fornisce il considerando 35 il quale sottolinea che " .nel determinare la forma, le modalità e l'eventuale entità di detto equo compenso si dovrebbe tenere conto delle peculiarità di ciascun caso. Nel valutare tali peculiarità, un valido criterio sarebbe quello dell'eventuale pregiudizio subito dai titolari dei diritti e derivante dall'atto in questione. Se i titolari dei diritti hanno già ricevuto un pagamento in altra forma, per esempio nell'ambito di un diritto di licenza, ciò non può comportare un pagamento specifico o a parte. Il livello dell'equo compenso deve tenere pienamente conto della misura in cui ci si avvale delle misure tecnologiche di protezione contemplate dalla presente direttiva. In talune situazioni, allorché il danno per il titolare dei diritti sarebbe minimo, non può sussistere alcun obbligo di pagamento."

In merito alle misure tecnologiche merita, all'art. 6, di essere sottolineato il paragrafo 2, nel quale si prevede che gli Stati membri adottino forme di protezione giuridica contro la fabbricazione, importazione, la distribuzione, la vendita, il noleggio, la pubblicità, la detenzione a scopi commerciali di strumenti o servizi vari che siano "principalmente" finalizzati a eludere efficaci misure tecnologiche.
Ci si augura, a proposito di queste ultime norme che, al di là dei pur legittimi interessi dei discografici degli editori e dei produttori, la traduzione delle stesse nel nostro ordinamento abbia un carattere di maggiore specificità e chiarezza.
Tali connotati non possono che mancare quando si parla di ciò che allo stato attuale o non esiste, o non ha alcuna diffusione e rilievo all'interno della realtà della Rete. In assenza di chiarezza il rischio è quello di indirizzare l'azione preventiva e repressiva verso gli obiettivi sbagliati, restringendo inutilmente gli spazi di libertà che in questo settore hanno direttamente a che fare con la libera ricerca scientifica e con l'evoluzione ed il progresso tecnico.

L'art. 7 della direttiva impone, altresì, una serie di obblighi in materia di informazioni relative ai diritti stessi. Tali obblighi consistono nell'adozione di misure che garantiscano la presenza e la permanenza (contro ogni forma di alterazione o rimozione) delle informazioni fornite dai titolari atte ad identificare le opere protette o qualsiasi informazione circa i tempi e le condizioni d'uso delle opere.
Infine si sottolinea che con le ultime modifiche apportate l'iniziale termine di adeguamento per gli Stati Membri dall'entrata in vigore della direttiva è stato portato da due anni agli attuali 18 mesi e si preventiva (all'interno delle "motivazioni" delle ultime modifiche apportate) una revisione normativa dopo i primi due anni dall'entrata in vigore.

Gli effetti sulla normativa italiana

L'applicazione della direttiva potrebbe portare, al momento della sua traduzione in un provvedimento legislativo nazionale, ad alcuni conflitti con le norme in vigore nella legge sul diritto d'autore, ed in particolare rispetto alle più severe prescrizioni introdotte da ultimo con la legge 18 agosto 2000, n.248.
Difatti, come è noto, dopo la riforma dell'art.171-bis della LDA, viene penalmente sanzionato chiunque "per trarne profitto", abusivamente duplichi (ma anche venda, detenga a scopo commerciale o imprenditoriali, o conceda in locazione) programmi contenuti in supporti senza il necessario bollino SIAE. Fra le principali novità vi è stato proprio l'aver mutato le modalità del dolo della precedente fattispecie di reato, che erano invece incentrate sul "fine di lucro", determinando così (al di là di quelle che erano state le alterne letture interpretative della nozione di "lucro") un sicuro ampliamento delle condotte passibili di sanzioni.

La nozione di profitto adottata tende, infatti, a ricomprendere al suo interno ogni tipologia di vantaggio patrimoniale che può derivare da una certa azione. Non solo, pertanto, un vantaggio patrimoniale diretto che veniva (nella generalità dei casi) attribuito al "lucro" ma anche, ad esempio, il profitto ritraibile dal risparmio dei costi.
Come in precedenza sottolineato, la direttiva, fra le "eccezioni e le limitazioni" ai diritti degli autori, all'articolo 5, paragrafo 2, lettera b prevede la possibilità di una copia per uso privato e per fini non commerciali diretti o indiretti (salvo corresponsione di equo compenso). Considerando che con la locuzione "fini commerciali" ci si avvicina molto al fine di lucro (anzi è un nozione addirittura più specifica e particolare) e si rimane certamente distanti da quello di profitto, si delinea una palese diversità di trattamento fra la direttiva e l'attuale articolo 171-bis LDA. Difatti viene a crearsi un'area (tra il fine di profitto e quello di lucro o di commercio) che la legge italiana vede come reato e quella europea come una forma di libera utilizzazione (salvo compenso).

Inoltre le varie versioni di questo articolo hanno portato alla progressiva eliminazione dell'espressione "uso strettamente personale", inizialmente adoperata, in favore della locuzione "uso privato". Si ricorda che nella nostra LDA per uso personale si intende un uso strettamente legato alla persona e si differenzia dall'uso privato che è invece indicativo di un utilizzo in un ambito anche di più persone ma comunque chiuso, non pubblico e, pertanto, non fruibile da chiunque.

A questo punto è legittimo domandarsi, alla luce delle espressioni attualmente utilizzate dalla legge, se sia comunque consentita la copia finalizzata ad un uso personale senza neanche la necessità dell'equo compenso, richiesto invece per la copia privata (ubi lex voluit.).
Sarà, a questo proposito interessante vedere come il legislatore risolverà la questione.
Anche per quanto riguarda le opere dell'ingegno destinate "al circuito televisivo, cinematografico, della vendita o del noleggio, dischi, nastri o supporti analoghi ovvero ogni altro supporto contenente fonogrammi o videogrammi di opere musicali, cinematografiche o audiovisive assimilate o sequenze di immagini in movimento", l'art. 171-ter prevede che sia sanzionata penalmente la duplicazione delle stesse, (oltre che la riproduzione, la trasmissione, la diffusione in pubblico etc.), per fini di lucro, purché non sia effettuata per uso personale.

Come già sottolineato poc'anzi, nel momento in cui l'art. 171-ter limita la soglia di punibilità "all'uso non personale" individua una soglia assai più avanzata rispetto a quello della direttiva che fa invece riferimento all'uso privato (pur dietro pagamento del suddetto compenso) e comunque, come già in precedenza ricordato si considera, anche qui, reato ciò che la direttiva vede come eccezione o limitazione al diritto dell'autore.
Anche in questo caso il legislatore dovrà tenere conto delle norme europee, dal tenore certamente meno rigido di quelle attualmente in vigore nel nostro ordinamento. Potrebbe essere forse questa l'occasione per provvedere a quella riforma, già da più parti auspicata, delle pur recenti norme introdotte dalla legge 248 del 2000.

* Docente nel corso di Diritto dell'information technology, presso la Luiss Management - gmrinaldi@libero.it