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 Firma digitale

Una sola firma per il pubblico e per il privato: la carta vincente?
di Manlio Cammarata - 02.04.98

Fra le tante "convergenze" che caratterizzano la società dell'informazione, una è tutta italiana: quella tra la normativa che conferisce valore legale ai documenti informatici e l'incipiente sviluppo del commercio su Internet.
Il mondo è in attesa dell'esplosione del business telematico e tutti si preparano a regolarlo, a fronteggiarlo e, dalla parte dell'industria e del commercio, a guadagnarci il più possibile. Dall'Organizzazione mondiale del commercio alla nostrana Confcommercio è tutto un proliferare di documenti, dibattiti, proposte... E' difficile persino tener conto dei convegni che, solo in Italia, si tengono su questa materia. Anche l'Unione europea è in gran fermento, come possiamo leggere nell'
articolo di Natasha Montanari pubblicato in questo stesso numero.

Per restare nel nostro paese, stimoli pressanti vengono dall'industria e dal sistema bancario: da una parte Microsoft e IBM, dall'altra SSB (Società per i servizi bancari, a cui partecipa la maggioranza delle banche italiane) reclamizzano soluzioni "chiavi in mano" che promettono affari d'oro a tutti gli aspiranti protagonisti del nuovo mercato, consumatori compresi. Ma, fra tanto profluvio di chiacchiere, fino a oggi di business in rete se ne è visto ben poco.
Per capire come stanno realmente le cose e quali prospettive si aprono per l'Italia è necessario fare un passo indietro ed esaminare i principali aspetti della questione.

Che cos’è il commercio elettronico?

Con il termine "commercio elettronico" (o electronic commerce, o e-commerce, per seguire la sempre più dilagante moda di usare espressioni in inglese anche quando si potrebbero usare gli esatti corrispondenti in italiano) si intende quello che dovrebbe essere chiamato "commercio telematico", perché caratterizzato dall’incontro a distanza tra venditori e acquirenti.
Si tratta della compravendita di beni o servizi, resa possibile dal lo sviluppo delle reti telematiche (cioè, in pratica, di Internet). Sotto un certo aspetto è un’ulteriore evoluzione di quello sviluppo del commercio che suscita tante polemiche, dalla bottega di quartiere al supermercato e all’ipermercato. Si passa dal contatto diretto e abitudinario tra venditore e acquirente alla spersonalizzazione del rapporto nella grande distribuzione, per approdare a un sistema nel quale non c’è più neanche lo spostamento fisico del compratore nel luogo di vendita, anzi, è assolutamente irrilevante la distanza che separa i due contraenti.
Lasciando da parte gli svantaggi (soprattutto sul piano sociale) determinati da questa evoluzione, cerchiamo di capire quali sono i vantaggi che, con ogni probabilità, determineranno il successo delle vendite telematiche.

Il primo è dato dai prezzi, che possono essere più bassi perché non sono gravati dai costi della rete "fisica" dei grossisti e dei punti vendita (tuttavia anche le vendite on line hanno un costo non trascurabile). Poi ci sono i vantaggi, in molti casi sostanziali, di poter raggiungere un venditore lontano, di confrontare diverse offerte senza muovere un passo e anche di dedicarsi agli acquisti nelle ore e nei giorni in cui i negozi sono chiusi. Naturalmente è essenziale che i venditori telematici pubblichino sulla Rete offerte dettagliate, con esaurienti descrizioni dei prodotti e chiare indicazioni dei prezzi e delle modalità di pagamento.

Per questi motivi le prime affermazioni del commercio telematico si verificano nel campo dei beni per l’informatica e nel settore dei libri. Quest’ultimo è stato il primo a fiorire, perché consente di acquistare anche opere difficilmente reperibili nella libreria del quartiere o della città e non presenta alcun problema sull’identificazione e sulla qualità del prodotto richiesto. Il settore dell’informatica è il primo che sta raggiungendo fatturati ragguardevoli, per il semplice fatto che l’utente della Rete è il naturale acquirenti di questa categoria di prodotti, dal momento che dispone delle necessarie attrezzature ed è capace di servirsene.

Le condizioni essenziali

Lo sviluppo del commercio telematico presuppone alcune condizioni essenziali, che esaminiamo sommariamente.
1. La disponibilità di infrastrutture e la diffusione degli accessi a Internet a tariffe ragionevoli, soprattutto per le famiglie e le piccole e medie imprese.
2. Un'offerta abbastanza ampia di prodotti e servizi
3. La proposta di quelle che gli uomini di marketing chiamano killer application (per la verità l'espressione non è la migliore per infondere fiducia...), cioè di applicazioni che suscitino un alto interesse da parte del pubblico.
4. L’esistenza di strutture di servizio che mettano in contatto venditori e compratori, sollevando gli uni e gli altri da una serie di incombenze che altrimenti appesantirebbero il sistema fino a renderne impossibile lo sviluppo si vasta scala..
Affinché tutto questo si metta in movimento, occorrono altre due condizioni determinanti:
5. La fiducia degli utenti e degli operatori sulla sicurezza del sistema.
6. Un "punto di accesso iniziale" che trasformi il consumatore tradizionale in consumatore telematico.

I primi tre punti non richiedono particolari commenti: la diffusione di PC e modem è in costante aumento, le tariffe dovranno scendere, per amore o per forza, in tempi ragionevoli. L'offerta arriverà naturalmente, appena le prospettive di guadagno saranno concrete, anche se si rischia la situazione classica del gatto che si morde la coda: l'offerta non parte se non c'è il mercato, il mercato non parte se non c'è l'offerta. Occorre la killer application elencata al terzo punto... ne parliamo tra un attimo.

Ora concentriamo la nostra attenzione sugli ultimi due punti. Il venditore che offre i suoi prodotti attraverso la Rete deve risolvere un problema essenziale: la certezza di incassare il corrispettivo, che significa certezza dell’identità del compratore, validità del "denaro elettronico" e semplicità della procedura di incasso. Dal canto suo, l'acquirente ha bisogno non solo della certezza su dove vanno a finire i suoi soldi, ma anche di qualcuno che certifichi la sua identità telematica e le sue possibilità finanziarie e gli fornisca gli strumenti per compiere tutte le operazioni. In sostanza di una specie di gateway verso il mercato telematico.
Giungiamo così agli intermediari, ai quali spetta un compito abbastanza complesso

Gli intermediari

Per il commercio telematico occorrono dunque strutture di servizio, per certificare l’identità del compratore e la disponibilità della somma dovuta, e quindi provvedere all’accredito/addebito, sia con le normali procedure del "denaro di plastica", sia con i nuovi sistemi di denaro elettronico (e-cash). Tutte operazioni che presuppongono applicazioni specializzate, alcune di natura tecnico-legale (la certificazione dei venditori e dei compratori), altre di natura finanziaria, per il trasferimento dei documenti e dei corrispettivi.
Sul fronte degli operatori le strutture di servizio devono fornire applicazioni di EDI (Electronic document interchange), indispensabili per le transazioni tra fornitori e con la struttura di intermediazione, poi devono offrire i diversi server per la gestione dei passaggi su diversi fronti: quello tra fornitori (business to business, per gli specialisti B2B), quello tra fornitori e clienti (business to consumer, in sigla B2C) e infine quello tra fornitori e strutture finanziarie.
Ai consumatori gli intermediari devono offrire una procedura di registrazione il più semplice possibile e compatibile con diversi sistemi di pagamento, da quello tradizionale con carta di credito alle varie forme di "portafoglio elettronico" (che rendono convenienti anche le transazioni per importi molto piccoli).

A questo punto appare evidente che il sistema bancario è il più adatto a svolgere questo ruolo, con i meccanismi associativi e consortili già ampiamente collaudati anche per le carte di credito e di debito. E con la collaborazione dei fornitori di soluzioni informatiche e degli Internet provider per quanto riguarda la gestione delle transazioni sia sul lato dei fornitori, sia su quello degli acquirenti.
Le banche - è previsto di fatto anche dal
regolamento sulla firma digitale - potranno essere le "autorità di certificazione" che "presenteranno" il cittadino alla Rete e ne autenticheranno l'identità telematica. Con questo ci avviciniamo al punto finale del nostro discorso.

La convergenza tra commercio e pubblica amministrazione

Se sul fronte del commercio elettronico le incertezze sui modi e sui tempi dello sviluppo sono ancora molte, dalla parte della pubblica amministrazione la strada dell'evoluzione italiana è già segnata dal secondo comma dell'articolo 15 della legge 59/97 e dai regolamenti dell'AIPA.
Anche se è difficile immaginare che le date previste per l'introduzione delle procedure telematiche possano essere rispettate da tutti gli uffici, non c'è dubbio che le amministrazioni più importanti saranno pronte in tempi abbastanza brevi, prima fra tutte quella delle finanze.
Se, come sembra, dal prossimo anno si potranno presentare le varie dichiarazioni e versare gli importi dovuti via Internet, le banche avranno tutto l'interesse di "certificare" i contribuenti e assisterli nelle procedure digitali come fanno da tempo per quelle cartacee.

Ma in Italia, grazie alla lungimirante legge 58/97, che prevede la validità della firma elettronica sia per la pubblica amministrazione, sia per i privati, il cittadino abilitato a dialogare per via telematica con gli uffici è pronto anche per fare i suoi acquisti in rete. O, se è un imprenditore commerciale, è pronto a vendere. In un modo o nell'altro il primo passo è fatto.
Si verifica in questo modo una convergenza, che potrebbe avere riflessi molto importanti, tra settore pubblico e settore privato. In linea di principio il commercio elettronico non richiede una certificazione pubblica, con una firma digitale "valida a tutti gli effetti di legge", perché possono bastare gli accordi tra i diversi operatori, come accade negli USA, in cui il fatturato delle vendite in rete si misura già in miliardi di dollari. Ma se il settore pubblico apre la strada e fornisce una serie di certezze sul piano psicologico, e ancor più su quello legale, se ne avvantaggia non poco anche il settore privato.

Potrebbe così accadere che proprio il rapporto - sempre così difficile - tra cittadini e pubblica amministrazione diventi la leva per muovere un settore economico che promette sviluppi di grandi interesse.
Insomma, non sembra troppo azzardato prevedere che la killer application per il decollo del commercio telematico in Italia possa essere, alla fine, l'odiato modello "740". O, meglio, o il suo "unico" sostituto...