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 Firma digitale

La confusione è grande... seconda puntata
20.12.01

Ancora novità sul fronte della firma digitale. Una settimana fa in La confusione è grande e il futuro è in ritardo citavamo una serie situazioni in cui la stessa pubblica amministrazione sembra non fare nulla per l'adozione del documento informatico, quando addirittura non la ostacola. Ecco un altra notizia che conferma questa tendenza.
L'Agenzia delle entrate ha aperto a tutti la possibilità di registrazione telematica  dei contratti di locazione, ma con una procedura "proprietaria" che ignora le disposizioni sulla firma digitale. Dal punto di vista formale la soluzione non è illecita, perché l'articolo 62, comma 3 del DPCM  febbraio 1999 (le "regole tecniche" sul documento informatico)  contiene una disposizione ad usum delphini che fa salve le vecchie regole del Ministero delle finanze per la presentazione telematica delle dichiarazioni. Nella sostanza si perde un'altra occasione per stimolare la diffusione delle firma digitale, ormai completamente operativa, e si complica la vita dei cittadini con una complessa procedura fuori standard.

E ora parliamo di InfoCamere, il primo certificatore che ha annunciato una rete di sportelli su tutto il territorio ai quali si può rivolgere chiunque voglia attrezzarsi per il futuro. Un avvocato si presenta alla Camera di commercio di Pescara. "Lei è amministratore di un'azienda?" si sente chiedere. Alla risposta negativa, niente certificato e tutto il resto.
Invece a Milano, in una situazione identica, tutto è filato liscio.

Un'altra notizia che contribuisce ad aumentare il senso di confusione: la CompEd, che produce e commercializza DigitalSign, un software per la firma digitale a norma del DPR 445/2000, ha denunciato all'Autorità garante della concorrenza e del mercato  InfoCamere, che - lo ricordiamo - gestisce in regime di privativa i registri informatici delle Camere di commercio.
Secondo CompEd, InfoCamere approfitta della propria posizione dominante e del rapporto esclusivo con le Camere di commercio per stipulare accordi con associazioni di categoria e ordini professionali, in vista della fornitura dei servizi di firma digitale. Inoltre attua una politica di predatory pricing, distribuendo gratis il software DiKe, i dispositivi di firma e i certificati ai rappresentati legali delle imprese.

Secondo InfoCamere il ricorso presentato da CompEd è privo di fondamento. La società di informatica del sistema camerale ritiene che la distribuzione gratuita del proprio software di firma sia indispensabile per favorire la diffusione e l'utilizzo della firma digitale. "In questo modo - afferma InfoCamere - possono disporne liberamente sia i titolari di certificati di sottoscrizione rilasciati da InfoCamere, sia gli sviluppatori di applicazioni che intendono offrire ai loro clienti la possibilità di utilizzo della firma digitale".
La scelta operata, dice sempre InfoCamere, "ha lo scopo di creare e di ampliare il mercato della firma digitale, obiettivo che non può essere vanificato dall'accusa di comportamento contrario agli interessi dei potenziali utilizzatori, che appunto formano tale mercato".

Nel merito deciderà l'Antitrust. Ma non si può ignorare un aspetto della questione che suscita qualche seria perplessità. Nella Circolare 3529/C del 30.10.2001 il Ministero delle attività produttive ha citato FeDra (di InfoCamere) quale unico software per la presentazione di atti alle Camere di commercio (precisando poi nella circolare "correttiva" 3532/C che la citazione era "meramente esemplificativa"). Nel Decreto 12 novembre 2001 lo stesso ministero ha corretto il tiro, ma non troppo, prescrivendo l'uso di FeDra e DiKe "o analogo programma software", invece che limitarsi a indicare un riferimento alle specifiche tecniche. Una "pubblicità autorevole" che davvero non fa bene alla trasparenza e allo sviluppo del mercato.

(M. C.)