Le polemiche erano scoppiate subito, appena la stampa aveva reso noto il
testo di un comma aggiuntivo al decreto-legge 112/2008 (Disposizioni
urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la
stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria). La nuova
norma avrebbe modificato il regime dei trasferimenti di quote delle società a
responsabilità limitata, consentendo di scavalcare il controllo notarile e di
inviare al registro delle imprese un semplice documento informatico con firma
digitale (vedi Un "baco" che non c'è e una scorciatoia per i
disonesti, I postini e la
certezza del sistema di Enrico Maccarone e il comunicato del Notariato). Esultavano i commercialisti e i
fautori della semplificazione a ogni costo e le critiche dei notai venivano
bollate come la solita autodifesa della casta. Ora
quel testo è legge (art. 36, c. 1-bis,
legge 133/08). Ma una lettura attenta rivela che in realtà l'autentica
notarile resta necessaria e la sola "semplificazione" è nella possibilità di trasmettere
l'atto per mezzo di un "intermediario abilitato" (di solito un
commercialista), oltre che depositato dal notaio.
L'interpretazione, che si può leggere nell'articolo Quote societarie: la sola
novità è nell'invio dell'atto di Enrico Maccarone e Gaetano Petrelli, è
condotta con rigore... notarile e difficile da contestare. Ma era questa
l'intenzione del legislatore? Probabilmente no. Comunque il risultato è che di fatto
non c'è nessuna sostanziale semplificazione. Purtroppo di questi tempi
gli infortuni legislativi sono frequenti. Solo nel comma in questione ce n'è un
altro, che rivela la superficialità di chi scrive i testi delle leggi e
la confusione normativa che regna nel campo del documento informatico. Dice la
norma che l'atto che deve essere inviato dall'intermediario è "sottoscritto
con firma digitale". Il codice dell'amministrazione digitale (art. 1, comma 1, lett. q) dice che la
firma digitale è "un particolare tipo di firma elettronica qualificata".
Allora l'atto di trasferimento non può essere sottoscritto con la firma
elettronica qualificata, ma solo con un "particolare tipo" di essa?
Considerando che la firma elettronica qualificata ha gli stessi effetti della
firma autografa (anche nel rispetto della normativa europea), la dizione della
nuova norma è quantomeno imprecisa e riflette la confusione definitoria del
DLgv 82/05, che abbiamo tante volte messo in luce. (vedi, fra l'altro Idee sempre più confuse sulle firme elettroniche
e Firme elettroniche, il
Codice è da rifare). Un altro motivo di
perplessità nasce dall'art. 31 della stessa legge
133:
Durata e rinnovo della carta d'identità
1. All'articolo 3, secondo comma, del testo unico delle leggi di pubblica
sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive
modificazioni, le parole: «cinque anni» sono sostituite dalle seguenti: «dieci
anni» ed è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Le carte di identità
rilasciate a partire dal 1° gennaio 2010 devono essere munite della fotografia
e delle impronte digitali della persona a cui si riferiscono.».
Il documento in questione è a prima vista quello tradizionale, cartaceo,
perché il nuovo è definito "carta d'identità elettronica" dal DPCM 437/99. Il punto è che ai sensi dell'articolo
7-vicies ter della legge
31 marzo 2005, n. 43, la carta d'identità tradizionale deve essere sostituita
da quella elettronica "all'atto della richiesta del primo rilascio o del
rinnovo". Dunque anche qui la dizione potrebbe essere imprecisa, perché si
sarebbe dovuto scrivere "carta d'identità elettronica" e non
"carta d'identità".
Ma c'è il fatto che il documento cartaceo continua a essere emesso e rinnovato
da molti comuni. E la differenza, per quanto riguarda le impronte digitali, non
è da poco: sul documento cartaceo possono essere solo materialmente
impresse e quindi visibili. Invece su quello informatico sono caricate nella
memoria in forma codificata e invisibili, con tanti vantaggi per la privacy. Dal dubbio su quale carta debba durare dieci anni, e considerando che in genere
una carta di credito o un bancomat dopo tre anni sono in condizioni pietose,
nasce una speranza: che il legislatore abbia finalmente abbandonato il troppo
costoso progetto della carta d'identità elettronica, che compie dieci anni. E
appartiene ormai all'archeologia tecnologica (vedi CIE: un miliardo di euro buttati via?).
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