Accolgo volentieri l'invito che chiude la relazione
introduttiva di Manlio Cammarata e cerco di chiarire alcuni aspetti fondamentali
della attuale fase che attraversa il settore delle telecomunicazioni.
La convergenza delle reti e dei media, con la quale chi utilizza nuove
tecnologie si è abituato a convivere, non è un concetto fermo, definito,
immutabile.
Essa, a discapito degli sforzi definitori che alcuni studi (es. il Libro verde
sulla convergenza della Commissione UE del 1997) anni fa hanno messo in atto, ha
ricevuto definizioni che non sono adeguate ai tempi o non coprono l'interezza
del fenomeno.
La convergenza, secondo una concezione "statica" è l'incontro
delle "reti" che, grazie alla rivoluzione digitale riescono a mettere in
comune contenuti, dati, linguaggi e servizi.
I tempi che stiamo vivendo evidenziano nuove forme di convergenza, che stanno
dando luogo ai dibattiti più accesi in tema di diritto d'autore sui
contenuti, di rapporto con l'ordinamento in senso ampio, di logiche di mercato
applicabili in termini di concorrenza e modelli regolatori.
Si tratta della cosiddetta "convergenza di fruizione",
quel fenomeno cioè per il quale le reti che -come sappiamo - comunicano
digitalmente per effetto della convergenza, raggiungono l'utente attraverso un
terminale unico che si occupa delle procedure di interfacciamento tra ciascuna
rete e l'utente; l'utente non ha così consapevolezza (o la ha in misura
minore: può "scordarsi" a cosa è collegato o non accorgersene) della
provenienza dei dati e contenuti di cui fruisce: ciò che importa è la
fruizione dei contenuti.
Ragionando sul concetto di convergenza di fruizione è
possibile avere una chiave interpretativa di molte tendenze: in primo luogo il
rinnovato fervore che circonda il diritto d'autore.
E' oggi più che mai necessario infatti stabilire un regime chiaro per i
contenuti diffusi attraverso le reti perché non sempre si è in grado di
percepirne la provenienza. L'ideale sarebbe se il contenuto in qualche maniera
"incorporasse" il diritto d'autore ad esso relativo. Occorre dunque
tracciare la filiera dei diritti d'autore e capire "a che punto" il
diritto viene ceduto e, soprattutto, a che titolo: se acquisto da una
televisione il diritto di trasmettere una partita, la squadra di calcio può
avere qualcosa in contrario? E se lo acquisto direttamente dalla squadra?
Le soluzioni a tal proposito sono ancora in gran parte da
studiare e avanzati studi sono in via di svolgimento.
In questa sede si può dire che esse non necessariamente si ottengono producendo
nuove norme o modificando le esistenti -al contrario - è probabile che la
strada da imboccare sia quella di deroghe contrattuali concordate tra gli
operatori interessati.
Cerchiamo di ragionare di questi concetti in termini di eventi correnti nel
mercato.
Un buon punto di partenza riguarda la vicenda della
trasmissione dell'evento sportivo inerente ai Mondiali di calcio 2006,
acquistato sul mercato da un operatore pay-tv satellitare. E' probabile che la
soluzione che consentirà la circolazione anche in chiaro dei diritti sarà
ottenuta attraverso una negoziazione e la rinuncia ad alcune esclusive da parte
dell'acquirente; ove si fosse voluto affrontare il medesimo discorso in sede
normativa lo si sarebbe dovuto fare con molta cautela, dati i delicati profili
concorrenziali coinvolti.
Lo stesso acquisto dei Mondiali di calcio, peraltro, si potrebbe valutare in
termini di tentativo di riequilibrio del sistema nel momento in cui proprio le
logiche della convergenza di fruizione stavano dando luogo (digitale terrestre,
ADSL e cavo) a differenti piattaforme sulle quali visionare, a prezzi
competitivi, un contenuto sino ad allora caratteristico della piattaforma
satellitare: il campionato nazionale.
Sul mercato stanno infatti per apparire decoder
multitecnologia ADSL (Internet television)-DTT, dotati di interfacce utente
evolute attraverso le quali è possibile acquistare contenuti da più
piattaforme e visionarli sul televisore di casa.
La piattaforma satellite, per conquistare clienti, deve dunque offrire prodotti
"unici" e "di qualità".
Questa mi sembra la logica in cui inquadrare il corrente scenario di mercato; la
competizione tra pay-tv e servizio pubblico è, purtroppo, inevitabile nel
momento in cui il diritto da acquistare è conteso tra questi due soggetti.
Come creare allora un quadro di mercato favorevole alla
convergenza di fruizione?
Si possono dare due prime indicazioni.
E' necessario creare un modello contrattuale che definisca i diritti e le
facoltà. Una sorta di "licenza tipo" come lo è la GPL per l'open source,
potrebbe, in questa delicata fase, aiutare le negoziazioni che avvengono dopo le
acquisizioni delle grandi esclusive. Il modello agevolerebbe le acquisizioni di
contenuti da una piattaforma all'altra, soluzione al problema dell'indisponibilità
per il 100% della popolazione di tutte le piattaforme. L'acquirente di un
contenuto pregiato che volesse cederlo "inalterato" non dovrebbe imbarcarsi
in un costoso negoziato ma potrebbe semplicemente utilizzare un riferimento
preconcordato e, magari, un listino di riferimento.
Attraverso questa "licenza tipo" si potrebbe inoltre
chiarire se la normativa applicabile alla circolazione del contenuto in
questione è quella di tipo televisivo o quella relativa ai servizi di
telecomunicazione. Ulteriore contenuto potrebbe (eventualmente) riguardare i
sistemi di DRM prescelti. Ove si scelga di applicarli, vi è quasi sempre uno
scollamento tra le facoltà e i diritti attribuiti dalla legge e le possibilità
offerte dal DRM: quasi mai ci si preoccupa di definire contrattualmente un
documento che stia alla base del funzionamento del DRM. Ha ragione Corrado
Giustozzi (I meccanismi di DRM non
funzionano e non funzioneranno mai), il problema della salvaguardia dei
diritti non è tecnologico ma è legale ed economico.
Su questa linea vorrei passare alla seconda indicazione
relativa alla creazione di un mercato idoneo alla convergenza di fruizione, che
è, per l'appunto, di tipo economico.
Gli operatori che sono affezionati al modello subscription (abbonamento
annuale) devono, anche attraverso la circolazione dei contenuti, trovare modi di
vendere contenuti singolarmente, senza abbonamento. In questo senso il digitale
terrestre o l'ADSL potrebbe diventare la piattaforma attraverso cui cavo e
satellite raggiungono il grande pubblico quando c'è da commerciare una grande
esclusiva. A ciò si oppone (e probabilmente vi sono fondate ragioni anche a
favore di tale tesi) una logica per cui le esclusive devono servire da richiamo
per espandere la base di clienti annuali.
Ci si permetta tuttavia, al proposito, un ulteriore richiamo
all'esplosivo successo del software open source, che attraverso la
diffusione conquista quote di mercato.
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