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Secondo convegno del Forum multimediale "La società dell'informazione"
LA LEGGE E LA RETE
Roma, 12 novembre 1997

Comunque dovremo andare dal notaio di persona!
di Luca Maria de Grazia* - 27.10.97

Vorrei effettuare delle prime annotazioni per quanto riguarda alcuni aspetti generali dello schema di regolamento approvato dal Consiglio dei Ministri in data 05.08.1997 u.s., in ossequio a quanto disposto dall’art. 15, comma 2^, della Legge 15.03.1997 n.59 (c.d. "Bassanini").
In primo luogo, mi sembra sia opportuno notare come per la sottoscrizione del documento elettronico diverso da una semplice scrittura privata sia comunque necessario recarsi di persona innanzi ad un pubblico ufficiale, sia esso notaio o funzionario della Pubblica Amministrazione.
Anzi, mentre nel regolamento è espressamente prevista la possibilità d'autenticazione della firma digitale (art.16), non vi è cenno alcuno della formazione della volontà e quindi della conseguente formazione di un atto pubblico in forma digitale sin dall’origine, mentre è espressamente prevista la possibilità che le copie degli atti pubblici, sia tra privati sia tra privati e Pubblica Amministrazione, possano liberamente circolare e mantengano la loro intrinseca validità anche se formati e spediti in forma elettronica (art.6, 12 e 18 del Regolamento).
In effetti, secondo la definizione data dall’art. 2699 del Codice Civile, è "...atto pubblico è il documento redatto, con le richieste formalità, da un notaio o altro pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede nel luogo dove l’atto si è formato".
L’efficacia probatoria dell’atto pubblico è piena, secondo quanto dispone l’art. 2700 del Codice Civile.
Ora è chiaro che nessuna norma potrà vietare ai notai (che, tra l‘altro, si stanno già organizzando molto bene in tal senso: vedi sito notariato <www.notariato.it>) di predisporre l’atto direttamente in forma digitale, ovvero a mezzo di un computer.E’ del tutto evidente che le norme che pongono dei limiti a tale "estrema" utilizzazione del computer sono quelle contenute nella Legge Notarile:
Art. 47. L'atto notarile non può essere ricevuto dal notaro se non in presenza delle parti e, salvo che la legge stabilisca diversamente, di due testimoni. La presenza dei testimoni non è necessaria negli atti di cui ai numeri 1, 2, 3, 4 e 5 dell'art. 1, nonché di quelli di autenticazione delle firme apposte su titoli all'ordine, e in genere su tutti i titoli commerciali trasmissibili mediante girata, e su quelli del debito pubblico.
Spetta al notaro soltanto d'indagare la volontà delle parti e dirigere personalmente la compilazione integrale dell'atto.

Il problema potrebbe essere superato dalla stessa Legge, la quale all’articolo 48 recita:

Art. 48. Per tutti gli atti tra vivi, eccettuate le donazioni e i contratti di matrimonio, la parte o le parti che sappiano leggere e scrivere, hanno facoltà di rinunziare di comune accordo alla assistenza dei testimoni all'atto. Il notaro farà espressa menzione di tale accordo in principio dell'atto.
Se una sola delle parti non consenta alla detta rinunzia, l'atto dovrà essere compiuto con l'assistenza dei testimoni.
Anche nel caso di rinunzia delle parti, il notaro, ove lo creda necessario, può richiedere l'assistenza dei testimoni.
L'atto ricevuto in conformità alla presente disposizione, deve considerarsi a tutti gli effetti come compiuto con l'assistenza dei testimoni.

Il problema mi sembra che si ponga nel momento in cui si dovrà apporre la sottoscrizione all’atto formato digitalmente; esso dovrà comunque essere stampato su carta, il notaio formerà l’atto secondo le regole "normali" e quindi l’atto potrà liberamente circolare in forma elettronica, una volta ritrasferito in tale forma e dopo che avrà avuto il "sigillo informatico" da parte del Notaio stesso, che si sarà dotato di una firma digitale ritualmente depositata e certificata.
D’altra parte la giurisprudenza della Corte di Cassazione ha in linea di principio escluso la responsabilità del notaio per quanto concerne l’indagine sui "motivi" dell’atto, limitandola all’indagine sull’effettiva volontà di compiere l’atto stesso, indagine che ben può essere compiuta con l’ausilio del mezzo informatico.
Per tutte: Sez. V, sent. n. 7501 del 19-09-1983 (ud. del 13-05-1983), Zocco (rv 160220).
La volontà delle parti che il notaio, a norma dell'art. 47 della legge 16 febbraio 1913 n. 89 e dell'art. 67 del relativo regolamento, deve indagare, è la volontà della dichiarazione, non essendo il contratto simulato collegabile tra gli atti espressamente proibiti dalla legge e manifestamente contrari al buon costume e all'ordine pubblico, vietati dall'art. 28 dell'indicata legge.

Naturalmente, in linea di principio, la necessità di essere "personalmente" presenti alla formazione dell’atto non mi trova in completo disaccordo, poiché potrebbe evitare la totale "spersonalizzazione" d'ogni rapporto.
Quello che mi fa sorgere dei dubbi è comunque il fatto che non sia prevista, neppure in via di ipotesi, la formazione di atti che abbiano la validità di scrittura privata autenticata (art.2703 C.C., richiamato dall’art. 16 del Regolamento) e, come già detto, dell’atto pubblico vero e proprio, laddove gli atti della Pubblica Amministrazione (art.18 Regolamento) potranno essere sin dall’origine redatti in forma digitale.
E poi, quali atti della Pubblica Amministrazione potranno essere redatti in forma digitale? Probabilmente soltanto quelli che sono veri e propri atti amministrativi, mentre i contratti della P.A. dovranno comunque essere redatti nel modo tradizionale, innanzi al pubblico funzionario incaricato.
In questo modo, però, potrebbe essere validamente emanata dal Sindaco in via digitale un’ordinanza di demolizione ed, al contrario, non potrebbe essere redatto in tale forma un semplice contratto di appalto per la gestione delle mense scolastiche.
Per quale motivo tale disparità di trattamento? Il principio di formazione di un atto, e quindi della volontà di compiere tale atto, per via digitale non è estranea al nostro ordinamento: infatti, a prescindere dai richiami espressamente effettuati dal Regolamento in esame, occorre ricordare che il Codice di Procedura Penale prevede espressamente (artt. 141-bis e 147-bis) l’acquisione della prova nel processo penale in via telematica.
Orbene, se è possibile condannare qualcuno ad una pena detentiva, ed anche abbastanza "pesante", per quale motivo non è stata prevista la possibilità di formazione dell’atto DIRETTAMENTE in via digitale?
In effetti, non mi sembra che i mezzi tecnici attualmente disponibili, primo fra tutti la crittografia a chiave asimmetrica, ma anche i protocolli di trasmissione (tipo SSL e SHTTP) non forniscano sufficienti misure di sicurezza per quanto concerne l’identificazione di un soggetto.
Per dirla in altre parole, oggi è sicuramente più difficile alterare una firma digitale crittografata che spacciarsi per qualcun altro davanti ad un notaio esibendo documenti e testimoni falsi, con buona pace della perfetta buona fede dei Notai.

Ritengo che sia un vero peccato, probabilmente voluto, non avere esteso la possibilità di formazione di un atto per via completamente digitale; d’altra parte, non tutti avrebbero dovuto o potuto utilizzare tali mezzi, ma sarebbe stato importante avere COMUNQUE tale possibilità.
Da ultimo, nel concludere queste brevi considerazioni, mi sembra giusto rilevare che - dal Regolamento così come risulta pubblicato - non sarà possibile avere - almeno in campo civile - solo un tipo di "processo telematico", direi "part-time", in quanto i verbali dovranno essere sempre formati innanzi al Giudice, e soltanto le copie di essi potranno essere trasmesse per via telematica.
Una piccola differenza potrebbe forse aversi nel processo amministrativo, in quanto - come è noto agli addetti ai lavori - esso è in gran parte scritto, e la presenza delle parti e dei difensori assume sicuramente minor rilievo rispetto al processo civile ed a quello penale. In questo caso, l’acquisizione degli atti e dei documenti delle parti potrebbe avvenire in forma completamente digitale, e forse solo la stesura della sentenza (a parte l’eventuale udienza) dovrebbe essere svolta nel modo tradizionale.
Comunque, in ogni caso, sarebbe un modo per accelerare enormemente i tempi della Giustizia; chissà, forse è solo utopia, ma sperare non costa nulla.

* Avvocato patrocinante in Cassazione - luca.degrazia@rtmol.it

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