Il Ministro per l'innovazione e le tecnologie, invia una lettera al Ministro
dell'interno. Caro Pisanu - scrive, in sostanza, Lucio Stanca - questo progetto della carta d'identità elettronica non va
avanti, costa troppo e i Comuni non ce la fanno. Cambiamo sistema, togliamo di
mezzo la costosa banda ottica, centralizziamo la fase di emissione: così
risparmiamo un mucchio di soldi e acceleriamo la diffusione della carta, ora in
grave ritardo rispetto agli obiettivi iniziali. La notizia della missiva di
Stanca è sul Sole 24 ore del 3 giugno. Riferisce il quotidiano economico che, secondo Stanca, l'obiettivo alla fine
del 2005 era di 7 milioni di carte distribuite, mentre si arriverà si e no a
1,5 milioni. Le complicazioni tecniche e i conseguenti alti costi ricadono sul
cittadino. Quindi la soluzione, sempre secondo il Ministro dell'innovazione, è
nell'eliminazione della banda ottica e nella rinuncia all'emissione "a vista" da parte dei Comuni,
con la costituzione di un centro di servizio nazionale. Poi si può
prolungare da cinque a sette-dieci anni la validità del documento.
La risposta arriva il 6 giugno, sempre sul Sole 24 Ore, con un articolo a firma del Ministro dell'interno.
Contesta, punto per punto, le affermazioni attribuite a Stanca dal giornale (e confermate
in via informale dal Dipartimento). Scrive Pisanu: non è vero
che siamo in ritardo, la banda ottica è "fondamentale per realizzare un
documento di identificazione ai fini di polizia con le più elevate
caratteristiche di sicurezza... Questi requisiti sono indispensabili anche per
un'altra funzione della carta d'identità, quella di documento di viaggio
equipollente al passaporto... Il modello al quale si sta lavorando è conforme
alle normative internazionali, che non possono in alcun modo essere
aggirate"
Aggiunge Pisanu che ci sono "tre ostacoli insormontabili": le legge
che attribuisce al sindaco la competenza per il rilascio della carta
d'identità, il divieto di costituire elenchi anagrafici che non siano quelli
comunali e "il fatto che da più di settant'anni gli italiani ricevono la
carta d'identità dal proprio Comune. Ora, con quella elettronica, potranno
farlo il pochi minuti".
Proprio da quest'ultima affermazione si vede come il Ministro dell'interno
non sia bene informato. Uno dei problemi emersi durante la sperimentazione della CIE
è costituito dal tempo necessario a preparare la carta, sia per l'intrinseca
lentezza della scrittura sulla banda ottica, sia per i tempi di risposta del
"cervellone" del Viminale. Sembra infatti che il Comune di Torino (che
pure si appoggia su una rete telematica tra le più efficienti) abbia posto
termine alla sperimentazione proprio per le difficoltà incontrate nei
collegamenti con il SSCE (Sistema di Sicurezza del Circuito di Emissione) e il
SAIA (Sistema di Accesso e Interscambio Anagrafico) del ministero.
Ma non è tutto. Allo stato della tecnologia non è vero che la banda ottica
sia "fondamentale" per la sicurezza del documento. Ci sono
sistemi molto sicuri, e soprattutto molto più economici, per verificare
l'autenticità di una smart card e la banda ottica è pressoché inutile (per i
dettagli tecnici si veda l'articolo di Corrado Giustozzi Perché
non serve la banda laser).
Si tratta di un "accessorio" presentato all'inizio come memoria
scrivibile, perché nel '99 (quando fu scritto il progetto della CIE) la RAM
delle carte a microprocessore era molto limitata.
Solo in un secondo tempo la superficie
ottica fu giustificata per imprimere uno pseudo-ologramma, assai difficile da falsificare,
con una miniatura della foto del titolare (che si trova sul lato
opposto del supporto), e un numero seriale.
Questa sarebbe la funzione "fondamentale" di sicurezza della banda
ottica. Chi ha visto qualcuna delle CIE in circolazione, si è reso conto di
come la foto riprodotta dal laser in dimensioni microscopiche sia
praticamente illeggibile: a malapena si può capire se il soggetto è calvo o
barbuto...
Un'altra inesattezza delle affermazioni del Ministro dell'interno
riguarda la funzione di passaporto. Il documento "intelligente" che è
allo studio sulla base di accordi internazionali non è una smart card, ma un
libretto del tutto simile a quello attuale, anche in considerazione del tempo
che sarà necessario affinché tutti gli Stati interessati si dotino di lettori di smart
card in tutti i posti di frontiera. La novità è in un microprocessore
"annegato" (embedded) nella copertina di cartone, che contiene
tutte le informazioni del documento. Queste possono essere visualizzate sullo
schermo di un computer grazie a un lettore "di prossimità". In
sostanza, quando il sistema è disponibile, basta accostare il libretto al
sensore per vedere i dati; in caso contrario si legge quello che è scritto
sulla carta, ovviamente con un grado di sicurezza molto più basso.
La carta d'identità "ibrida", come abbiamo scritto più volte, è
un'invenzione tutta italiana, che mette insieme gli standard internazionali
delle carte a microprocessore con le specifiche della carta a lettura laser di una piccola casa americana, la
Drexler (ora LaserCard
Systems), fornitore del governo USA.
La carta ibrida è molto più costosa da fabbricare, perché mettere sullo
stesso supporto la banda ottica e il microprocessore richiede un procedimento
complesso. Basti dire che il chip e i contatti devono essere embedded su
un supporto in cloruro di polivinile (PVC), mentre la striscia ottica va
incollata su policarbonato.
Costosissimi sono poi gli apparecchi che devono gestire leggere e scrivere
sulla superficie laser, che si aggiungono al lettore-scrittore di smart
card. Delicati e meccanicamente complicati, perché il supporto si deve muovere per la
scrittura e la lettura dei dati (mentre un lettore-scrittore di smart card costa
ormai pochi euro, se acquistato in grandi quantità). E la scrittura sulla banda
ottica è molto più lenta di quella sulla RAM.
In ultima analisi, un sistema diseconomico sotto ogni aspetto: conviene solo a
chi deve fornire, solo per la pubblica amministrazione italiana, le carte e gli
apparecchi.
Di tutto questo il ministro Stanca si era accorto fin dal suo ingresso
nell'allora neonato Dipartimento per l'innovazione. Infatti nella sua prima
"uscita" pubblica, allo SMAU del 2001, aveva fatto notare che per la
CIE i tempi sarebbero stati troppo lunghi e aveva proposto la carta nazionale
dei servizi, la CNS (vedi Innovazione, le sfide del Ministro).
Poi aveva difeso la CIE e la sua banda ottica, (vedi Carta dei servizi: non solo questioni di
costituzionalità), ma ora è ritornato alla sua prima convinzione.
Suscitando la poco convincente reazione del suo collega. Ma il problema c'è e deve essere risolto.
Come? A prima vista si potrebbe pensare di mettere la foto sulla CNS e
trasformarla in carta d'identità. Ma la cosa non è semplice, per diversi
motivi. La CNS è pensata per una quantità di impieghi differenti, anche
commerciali, e può essere emessa da diversi enti, mentre la carta d'identità
è un documento ufficiale che deve essere emesso dal Comune di residenza.
Ovviamente nessuno dei soggetti interessati alla CNS, anche in vista di ritorni
economici, può accettare che il documento sia emesso solo dai Comuni. Né è
pensabile che un documento ufficiale, anche nell'epoca del liberismo trionfante,
sia "sponsorizzato" o utilizzato per fini diversi dal pubblico
interesse.
Qui entra in gioco un altro aspetto, previsto dalle norme sia per la CIE sia
per la CNS: la possibilità di utilizzo come dispositivo sicuro per la firma
digitale. A parte le difficoltà tecniche, ancora non del tutto risolte, per
adattare la tessera al doppio impiego, c'è il problema della sicurezza: quante
volte siamo obbligati a consegnare un documento di identità come una sorta di
"cauzione" per entrare in un certo luogo o ottenere un certo servizio?
Il dispositivo di firma deve essere conservato "con la massima
diligenza" (DPCM 13 gennaio 2004, art. 7,
comma 3) e quindi non può essere lasciato nelle mani di chicchessia.
La partita è dunque aperta. I problemi sollevati da Stanca sono reali, anche
senza considerare che una rinfrescata non potrebbe che fare bene a un progetto
vecchio di cinque anni.
Un'ultima osservazione: scrive Pisanu che la legge proibisce di duplicare gli
archivi anagrafici dei Comuni. Ma nel progetto della CIE è prevista proprio la
duplicazione dei dati nel sistema informatico gestito dal Ministero
dell'interno. Sistema che preoccupa anche il Garante per la protezione dei dati
personali, intervenuto più volte sul punto. Con scarsi risultati, da quanto si
può capire.
Sull'argomento si veda anche:
La rivoluzione informatica va avanti,
l'Italia è pronta? di Manlio Cammarata - 09.12.99
La carta elettronica: una legge-quadro
di Luca-Maria de Grazia - 16.12.99
Sulla Rete siamo tutti
criminali? di Manlio Cammarata - 15.01.01
Innovazione, le sfide del Ministro -
25.10.01
Come si può colmare un ritardo di otto
anni? di Manlio Cammarata - 25.10.01
Il Garante: i rischi della
carta d'identità elettronica - 25.10.01
La confusione è grande e il futuro è in
ritardo di Manlio Cammarata - 13.12.01
Carta dei servizi: non solo questioni di
costituzionalità di Manlio Cammarata - 17.10.02
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