«Sono un privato, non ho partita IVA, non sono giornalista. Sto per pubblicare
un sito. Ci sono obblighi legali? C'è tanta confusione nelle informazioni sul
Web». Non sono più in molti a porsi questi problemi, ma è bene fare chiarezza.
Diciamo subito che chiunque voglia pubblicare un sito web amatoriale, per
farlo non deve sottostare ad alcun obbligo di legge. Lo stesso vale per un forum
o un blog. Si tratta di manifestazioni del pensiero garantite dall'articolo 21
della Costituzione: "Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio
pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione".
L'unica condizione, posta da un insieme di norme che risalgono alla metà del
XX secolo, è che la pubblicazione non sia "periodica", cioè che non
esca - e non sia prevista l'uscita - a intervalli regolari.
Invece, quando c'è la previsione di ricavare dei soldi dall'attività
editoriale, la solfa cambia: occorre l'iscrizione nel Registro degli
operatori di comunicazione. Nel caso di pubblicazione periodica si impone l'iscrizione nel registro della stampa del tribunale del luogo di pubblicazione
e la designazione di un direttore responsabile, che deve essere iscritto
all'Albo dei giornalisti.
Ma di questo abbiamo parlato fino alla noia negli anni passati su MCreporter
(vedi le FAQ
sulle regole dell'informazione on line e gli articoli elencati alla fine
della pagina). Qui ci interessano le pubblicazioni amatoriali. Che non sono
soggette,
come ho scritto all'inizio, ad alcun obbligo preliminare, ma richiedono una
certa attenzione nella gestione dei contenuti.
Infatti ci sono molti illeciti che un blogger può compiere, anche in buona
fede. Ecco un elenco, forse non esaustivo:
Diffamazione, violazione del diritto d'autore, stalking, aggiotaggio,
incitamento alla violenza o all'odio razziale, apologia di reato, diffusione di
notizie false o tendenziose atte a turbare l'ordine pubblico, procurato allarme,
ingiurie... per finire con la semplice diffusione di dati personali, anche
"sensibili".
Ognuna di queste fattispecie meriterebbe un discorso a parte. Ma non si può
pretendere che un blogger o il titolare di una pagina facebook si metta a
studiare il diritto, né che consulti ogni volta un avvocato prima di pubblicare
qualcosa.
E allora la parola d'ordine deve essere prudenza. E' necessario pensare
volta per volta a quali possono essere le conseguenze della pubblicazione di una
notizia o di un commento. E, soprattutto, contare fino a dieci prima di condividere
qualcosa.
Di solito chi condivide un post o una notizia su un social network pensa che
venga letta solo dai suoi "amici". Il problema è che ciascuno degli
"amici" ne ha altrettanti, con i quali può a sua volta condividere un
nostro post. E così può nascere quella che viene chiamata condivisione
virale, con tutte le conseguenze del caso.
L'ultimo problema (ma non in ordine di importanza) è relativo ai cookie
che possono essere inviati da un nostro sito. E' necessaria una valutazione
molto attenta di quale può essere l'invasività di certi cookie su chi
visita le pagine e calibrare l'informativa e la richiesta di consenso secondo la
normativa in vigore.
Normativa che è destinata a cambiare in tempi relativamente brevi, con
l'entrata in vigore del cosiddetto Regolamento e-privacy, che dovrebbe
essere presto varato dal Parlamento europeo.
(M. C.)
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