N. 00287/2018 REG.PROV.COLL.
N. 00135/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia
Giulia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 135 del 2018, integrato da motivi
aggiunti, proposto dall’avv. Fabio Balducci Romano, in proprio, con domicilio
digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Azienda per l'Assistenza Sanitaria n. 3 Alto Friuli Collinare
Medio Friuli, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e
difeso dall'avvocato Laura D'Orlando, con domicilio digitale come da PEC da
Registri di Giustizia e domicilio eletto presso l’avv. Giulia Milo in Trieste,
via di Mercato Vecchio 3;
nei confronti
Manuel Cacitti, non costituito in giudizio;
per l'annullamento
per quanto riguarda il ricorso introduttivo:
- dell'avviso pubblico prot. n. 16546 del 5.4.2018, per
l'affidamento di un incarico di collaborazione professionale per l'impostazione
e lo svolgimento nella fase di prima applicazione dei compiti di responsabile
della protezione dei dati;
- del decreto del Direttore Generale dell'AAS3 n. 73 del
29.3.2018, recante in oggetto “Estensione convenzione con ASUIUD per le
funzioni ICT in applicazione Regolamento (UE) 2016/679 e avviso pubblico di
selezione per l'affidamento di un incarico di lavoro autonomo per l'impostazione
e l'avvio delle funzioni di DPO”;
- di ogni altro atto presupposto, consequenziale e comunque
connesso;
per quanto riguarda i motivi aggiunti:
- del decreto del Direttore Generale dell’AAS3 n. 112 del
22.5.2018, recante in oggetto “Designazione del responsabile per la
protezione dei dati (DPO – data protection officer) per la AAS 3”, non
notificato né comunicato;
- del verbale prot. 21288 del 4.5.2018 relativo alla selezione
ai fini dell’affidamento di un incarico di collaborazione professionale per
l’impostazione e lo svolgimento nella fase di prima applicazione dei compiti
di responsabile della protezione dei dati, comunicato in data 1.6.2018;
- di ogni altro atto presupposto, consequenziale e comunque
connesso.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Azienda per
L'Assistenza Sanitaria n. 3 Alto Friuli Collinare Medio Friuli;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 5 settembre 2018
il dott. Nicola Bardino e uditi per le parti i difensori come specificato nel
verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
1. Viene impugnato l’avviso pubblico prot. n. 16546 del
5.4.2018, per l’affidamento di un incarico di collaborazione professionale per
l’impostazione e lo svolgimento dei compiti di responsabile della protezione
dei dati, unitamente al decreto n. 73 del 2018, a firma del Direttore Generale
dell’Azienda resistente, con il quale ne è stata disposta la pubblicazione.
Il ricorrente espone che, con tale ultimo decreto, rilevata
l’assenza tra i dipendenti di una figura professionale corrispondente al
profilo richiesto, era stata prevista la selezione, per titoli ed eventuale
colloquio, di un esperto di normativa e prassi in materia di protezione dei
dati.
A tale soggetto si sarebbe dovuto conferire l’incarico di
collaborazione professionale da parte dell’Azienda resistente, congiuntamente
all’Azienda Sanitaria Universitaria Integrata di Udine, ai sensi degli artt.
37 e seguenti del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento Europeo e del
Consiglio del 27 aprile 2016 (Regolamento generale sulla protezione dei dati,
comunemente abbreviato in GDPR).
Nello specifico, l’incarico in questione avrebbe contemplato
l’impostazione e lo svolgimento dei compiti indicati nell’art. 39 del GDPR,
nella fase della sua prima applicazione.
All’interno dell’avviso (all. 2 del ricorso), veniva
inoltre precisato che “si considerano complementari rispetto ai compiti
previsti dall’art. 39 GDPR e costituiscono oggetto dell’incarico, anche le
seguenti funzioni da svolgere in raccordo con le con le competenti strutture
aziendali:
f) aggiornamento giuridico e impostazione
organizzativo-metodologica per la gestione aziendale della privacy, per la
redazione del registro dei trattamenti, per lo svolgimento di valutazioni di
impatto sulla protezione dei dati (DPIA) secondo le linee guida del gruppo dei
Garanti Privacy UE(WP29);
g) ricognizione ed assessment aziendale in termini di
sicurezza informatica e privacy, in particolare:
- conformità rispetto a GDPR;
- conformità rispetto a quanto stabilito dalla Circolare
dell’Agenzia per l’Italia Digitale del 18 aprile 2017, n. 2/2017 “Misure
minime di sicurezza ICT per le Pubbliche Amministrazioni” DPCM 1 agosto 2015;
- compliance audit e impostazione attività di adeguamento:
- rispetto alle criticità emerse attraverso il ricorso al
best practice, regolamenti/policy/procedure di sicurezza, linee guida, piani
operativi;
- rispetto alla contrattualistica nei rapporti con i
fornitori con finalità di compliance alla normativa privacy e alle misure
minime di sicurezza;
- rispetto agli applicativi esistenti e alle valutazioni di
acquisizione di nuovi prodotti secondo il paradigma della privacy by design;
h) partecipazione alle attività di formazione interna
continua e specifica sulle tematiche della protezione dei dati, anche tramite
corsi in aula a favore dei dipendenti, al fine di responsabilizzare il
management aziendale, i dirigenti di struttura e il personale addetto in ordine
alle responsabilità connesse alla sicurezza e alla protezione dei dati”.
Infine, riguardo ai requisiti di partecipazione alla
selezione, l’avviso (paragrafo 3) richiedeva il possesso, in capo a ciascun
candidato, del diploma di laurea in Informatica o Ingegneria Informatica, ovvero
in Giurisprudenza o equipollenti, nonché la certificazione di Auditor/Lead
Auditor per i Sistemi di Gestione per la Sicurezza delle Informazioni secondo la
norma ISO/IEC/27001.
2. Il ricorrente, con messaggio di posta elettronica
certificata del 16 aprile 2018 (all. 8), chiedeva di partecipare alla selezione,
producendo, a corredo, cospicui titoli curriculari; egli aveva peraltro cura di
precisare in relazione ai requisiti di ammissione, di essere laureato in
Giurisprudenza e di non possedere “la certificazione Auditor/Lead Auditor
per i Sistemi di Gestione per la Sicurezza delle Informazioni secondo la norma
ISO/IEC/27001, indicata in via alternativa dall'avviso. Si precisa, comunque,
che la certificazione indicata quale requisito non appare pertinente, sia perché
l'ASUIUD e l'AAS3 non possiedono la certificazione ISO/IEC/27001, sia perché la
norma è antecedente rispetto all'emanazione del GDPR e, quindi, il diploma di
Auditor/Lead Auditor non può essere una certificazione rilevante per un esperto
di normativa e prassi da nominare quale DPO”.
Egli, inoltre, senza attendere le determinazioni
dell’Amministrazione relativamente alla propria domanda, proponeva
l’immediata impugnazione dell’avviso e del decreto, poc’anzi richiamati,
proponendo i seguenti motivi:
- (1) Violazione degli artt. 37 e 39 del Reg. UE n.
679/2016; eccesso di potere per violazione di atti di regolazione; eccesso di
potere per violazione di atto presupposto; eccesso di potere per manifesta
illogicità ed irrazionalità dei requisiti di partecipazione alla selezione;
eccesso di potere per sviamento; viene in particolare contestata:
- - sotto un primo profilo, (1.1) la pertinenza rispetto al
ruolo da ricoprire della “certificazione Auditor/Lead Auditor ISO/IEC/27001”,
richiesta dall’avviso, ritenendo che tale titolo, oltre a risultare privo di
attinenza riguardo alle mansioni specificamente richieste dal GDPR e agli stessi
compiti enunciati nell’avviso (e, in particolar modo, a quei compiti
complementari ivi testualmente indicati), determinerebbe un’indebita
sperequazione ai danni dei soggetti titolari della laurea in Giurisprudenza, i
quali, ove ne fossero sprovvisti, non potrebbero partecipare alla selezione per
difetto dei requisiti richiesti. Sotto tale aspetto, il ricorrente contesta la
congruità della previsione del requisito, sia, secondo l’interpretazione che
egli ritiene preferibile, per il caso in cui la suddetta certificazione debba
essere considerata equipollente alla laurea, sia nella diversa e avversata
ipotesi in cui l’avviso vada invece interpretato nel senso che entrambi i
titoli debbano coesistere in capo a ciascun candidato (opzione interpretativa,
quest’ultima, che avrebbe poi comportato l’esclusione del ricorrente,
proprio perché privo della certificazione);
- - sotto un secondo profilo, (1.2) la riconducibilità delle
competenze, necessarie per lo svolgimento dell’incarico, alla laurea in
Informatica o in Ingegneria informatica, ritenendo che il profilo professionale
oggetto della selezione possa essere ricoperto soltanto da un laureato in
giurisprudenza;
- (2) Violazione dell’art. 7 del d.lgs. 165/2001; i
requisiti di partecipazione consentirebbero, in violazione della norma
richiamata, il conferimento dell’incarico individuale, mediante contratti di
lavoro autonomo, ad un soggetto privo di “particolare e comprovata
specializzazione” e comunque in possesso di una qualifica potenzialmente
inferiore a quella del personale di ruolo.
Si costituiva l’Amministrazione, resistendo nel merito.
3. Con motivi aggiunti, depositati il 5 luglio 2018, il
ricorrente impugnava il successivo verbale prot. n. 21288 del 4 maggio 2018,
relativo alla selezione in esame, nonché il decreto del Direttore Generale n.
112 del 22 maggio 2018 avente ad oggetto la designazione del responsabile per la
protezione dei dati.
Nel predetto verbale, in particolare, la commissione
costituita ai fini della selezione del soggetto cui affidare l’incarico,
riteneva non ammissibile la domanda presentata dal ricorrente, non possedendo
quest’ultimo la certificazione ISO/IEC/27001; nel contempo, veniva espressa
una valutazione positiva in favore del curriculum dell’unico candidato
restante, l’odierno controinteressato, dott. Cacitti.
Nel secondo provvedimento (decreto n. 112 del 2018),
l’Azienda faceva proprio l’esito della selezione, preferendo tuttavia
assegnare provvisoriamente l’incarico, stante la pendenza del presente
giudizio, al dott. Stefano Bergagna, proprio dipendente di ruolo, considerato
che quest’ultimo, “dirigente responsabile della SOC Direzione
amministrativa delle funzioni ospedaliere di questa Azienda, possiede adeguato
curriculum professionale e formativo e non presenta profili di incompatibilità
ai fini dell’espletamento dell’incarico di DPO”. Si proponeva pertanto
di “di affidare al dipendente dr. Stefano Bergagna, in via provvisoria e
per il solo periodo di tempo necessario alla definitiva individuazione di idoneo
professionista al quale affidare l’incarico, le funzioni di DPO (Data
Protection Officer – Responsabile trattamento dati) per la AAS 3, secondo
quanto previsto dal regolamento generale sulla protezione dei dati - Regolamento
(UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016”.
Analogo decreto veniva adottato dall’Azienda Sanitaria
Universitaria Integrata di Udine (che non è però parte del giudizio), la quale
nominava a titolo provvisorio l’Ing. Zangrando.
Nei motivi aggiunti sono proposte le seguenti ulteriori
censure:
- (1) Violazione dell’art. 7, co. 6, del d.lgs. 165/2001e
degli artt. 46, 71 e 75 del D.P.R. 445/2000; eccesso di potere per violazione
dell’avviso pubblico del 5.4.2018; eccesso di potere per carenza di
istruttoria e sviamento; il ricorrente contesta l’esistenza e il contenuto
dei titoli curriculari esposti dal controinteressato (laureato in Informatica e
titolare della certificazione ISO/IEC/27001), rilevando come nessuna valutazione
o verifica sarebbe stata condotta in proposito dalla commissione;
- (2) Eccesso di potere per violazione dell’avviso
pubblico del 5.4.2018; eccesso di potere per violazione dei principi di non
discriminazione, ragionevalezza e favor partecipationis; la mancanza della
certificazione ISO/IEC/27001 non avrebbe potuto determinare l’esclusione del
ricorrente, dal momento che tale requisito doveva essere ritenuto alternativo
rispetto al possesso della laurea, e ciò in ragione di un’interpretazione
dell’avviso maggiormente adesiva rispetto al principio del favor
partecipationis;
- (3) Violazione degli artt. 37 e 39 del Reg. UE n.
679/2016; eccesso di potere per violazione di atti di regolazione; eccesso di
potere per violazione di atto presupposto; eccesso di potere per manifesta
illogicità ed irrazionalità dei requisiti di partecipazione alla selezione;
eccesso di potere per violazione del canone di proporzionalità; sviamento;
sostanzialmente riproducendo il motivo 1.1 del ricorso introduttivo, viene
contestata l’attinenza della certificazione ISO/IEC/27001 rispetto al profilo
oggetto dell’incarico, sicché il possesso di tale titolo non potrebbe
assurgere a requisito di ammissione.
L’Azienda resisteva ai motivi aggiunti nel merito,
contestando inoltre il difetto di giurisdizione dell’adito Tribunale nonché
la carenza di interesse in capo al ricorrente, in mancanza dell’atto
conclusivo del procedimento (l’affidamento definitivo al soggetto dichiarato
vincitore) e, in ogni caso, considerata la sopravvenuta indisponibilità ad
assumere l’incarico da parte del controinteressato.
4. Ritiene il Collegio che sussistano i presupposti per
definire il giudizio nella presente sede cautelare, con sentenza in forma
semplificata ai sensi dell’art. 60 del cod. proc. amm., eventualità di cui le
parti sono state ritualmente informate nel corso dell’udienza, come attestato
nel relativo verbale.
4.1 In via preliminare, vanno rigettate entrambe le eccezioni
in rito, così come formulate dall’Azienda resistente.
4.1.1 In merito al dedotto profilo di inammissibilità
dell’impugnativa, per difetto di giurisdizione, deve essere innanzitutto
osservato che l’oggetto della controversia attiene all’assegnazione di un
incarico, mediante l’espletamento di una selezione comparativa, direttamente
riconducibile ad esigenze proprie dell’Amministrazione, connesse
all’esercizio di funzioni istituzionali (tra le quali devono essere incluse le
competenze e le responsabilità in tema di protezione dei dati, introdotte e
regolate dal GDPR), cui non può farsi fronte, secondo quanto esplicitamente
dichiarato nell’impugnato decreto n. 73 del 2018, con il personale in
servizio.
Sul punto, deve essere così richiamato il prevalente
insegnamento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, secondo cui “appartiene
alla giurisdizione del giudice amministrativo la controversia relativa ad una
procedura concorsuale volta al conferimento di incarichi ex art. 7, comma 6,
d.lg. n. 165 cit., assegnati ad esperti, mediante contratti di lavoro autonomo
di natura occasionale o coordinata e continuativa, per far fronte alle medesime
esigenze cui ordinariamente sono preordinati i lavoratori subordinati della p.a.”
(Cass. S.U. n. 13531 del 2016).
Tale indirizzo risulta ampiamente confermato e sviluppato
negli arresti della più recente giurisprudenza amministrativa, cui il Collegio
intende dare seguito, la quale ha precisato che “vale un'interpretazione
estensiva della nozione di «assunzione dei dipendenti delle pubbliche
amministrazioni» fatta propria dall'art. 63 co. 4 del d.lgs. 30 marzo 2001, n.
165, nella quale debbono ritenersi incluse non soltanto le procedure concorsuali
volte all'assunzione di lavoratori subordinati, ma anche quelle aventi
specificamente ad oggetto il conferimento di incarichi ex art. 7 co. 6 del
medesimo d.lgs. n. 165/2001, assegnati a esperti mediante contratti di lavoro
autonomo di natura occasionale, o coordinata e continuativa, per far fronte alle
medesime esigenze cui ordinariamente sono preordinati i lavoratori subordinati
della pubblica amministrazione. La giurisdizione amministrativa va affermata,
pertanto, ogniqualvolta la controversia riguardi una procedura concorsuale
indetta da un'amministrazione pubblica, quale che sia la tipologia
dell'instaurando rapporto lavorativo. Il requisito della concorsualità sussiste
in forza della natura comparativa della selezione, ancorché l'avviso di
indizione si limiti a rinviare ad un atto di scelta motivata” (da ultimo,
T.A.R. Toscana, Sez. I, n. 557 del 2018; vd. inoltre, Cons. Stato, Sez. IV, 1176
del 2017).
Alla luce delle considerazioni anzidette e dei richiami
giurisprudenziali, si deve pertanto osservare che l’attinenza dell’incarico
alle esigenze proprie dell’Azienda e la procedimentalizzazione della fase di
individuazione del soggetto incaricato, mediante l’espletamento di una
procedura selettiva di tipo comparativo, costituiscono chiaro indice della
manifestazione del potere organizzatorio dell’Amministrazione e del
corrispondente insorgere della giurisdizione amministrativa.
Non appare invece pertinente il richiamo, rivolto
dall’Amministrazione ad una precedente pronuncia di questo Tribunale (n. 130
del 2018), con la quale era stata declinata la giurisdizione in relazione ad
altra fattispecie, nella quale risultava invero assente, a differenza di quanto
si è poc’anzi osservato, “il pre-requisito della funzionalità
dell’incarico conferito alle esigenze proprie dell’Amministrazione”.
Nella vicenda di cui è causa, all’opposto, l’incarico
attiene infatti a compiti di protezione dei dati intestati all’Azienda
sanitaria, funzionalmente connessi ai servizi da questa espletati, in tutto e
per tutto omogenei rispetto alle mansioni cui è di norma preposto il personale,
come risulta confermato, in linea fattuale, dall’attribuzione dell’incarico,
ancorché in via temporanea e nelle more del giudizio, ad un dirigente in
servizio, ciò che è avvenuto ad opera dell’impugnato decreto n. 112 del 2018
e del parallelo provvedimento n. 500 del 2018, adottato dall’Azienda sanitaria
di Udine.
4.1.2 Quanto al secondo profilo di inammissibilità
(originaria carenza di interesse del ricorso e dei motivi aggiunti), va
osservato che il ricorrente, in quanto soggetto partecipante alla procedura,
risulta portatore di un interesse sufficientemente differenziato inteso a
conseguire la corretta interpretazione ed applicazione della disciplina
regolatrice della selezione nei propri confronti.
Da un lato, infatti, l’azione proposta mira (come si desume
dal complesso delle censure contenute nel ricorso introduttivo) a delimitare il
perimetro dei soggetti ammessi e a depotenziare i titoli curriculari da questi
eventualmente allegati, con ciò ampliando le possibilità di assegnazione
dell’incarico.
Dall’altro lato (come si deduce essenzialmente dal contesto
dei motivi aggiunti), l’impugnativa coglie gli effetti escludenti derivanti
dall’applicazione (e dall’avversata interpretazione) dell’avviso, nella
parte in cui esige il conseguimento, da parte dei candidati, della
certificazione ISO/IEC/27001, effetti che risultano cristallizzati nel verbale
prot. n. 21288 del 2018 (che sancisce l’inammissibilità della domanda
dell’avv. Balducci Romano) e nel decreto n. 112 del 2018 (quest’ultimo,
infatti, nel recepire integralmente il verbale, individua il controinteressato
quale soggetto vincitore, confermando l’esclusione del ricorrente), dando così
luogo a puntuali arresti procedimentali come tali immediatamente lesivi e
suscettibili di impugnazione.
Ne consegue che, qualora tali esiti escludenti fossero
rimossi, a prescindere dalla sopravvenuta rinuncia del soggetto risultato
vincitore, verrebbero conseguentemente meno le ragioni preclusive alla
valutazione nel merito della posizione del ricorrente e, in caso di giudizio
favorevole, all’auspicato affidamento dell’incarico.
5. Venendo al merito dell’impugnazione, ritiene il Collegio
che essa sia manifestamente fondata in relazione alla contestata individuazione
della certificazione di Auditor/Lead Auditor ISO/IEC/27001 quale requisito di
ammissione alla procedura selettiva (censura n. 1.1, introdotta nel ricorso,
reiterata nei motivi aggiunti al n. 3).
Sul punto va rilevato che la predetta certificazione non
costituisce, come eccepito dal ricorrente, un titolo abilitante ai fini
dell’assunzione e dello svolgimento delle funzioni di responsabile della
sicurezza dei dati, nell’alveo della disciplina introdotta dal GDPR, dovendosi
considerare che: da un lato, la norma ISO 27001 trova prevalente applicazione
nell’ambito dell’attività di impresa (basti rilevare che i riferimenti
rivolti ad essa, dal legislatore nazionale e dall’ordinamento euro-unitario,
attengono essenzialmente ai requisiti degli operatori economici, come ad esempio
avviene nel caso dell’art. 93, comma 7, D. Lgs. n. 50 del 2016, in tema di
garanzie per la partecipazione alle procedure di affidamento nei settori
ordinari); dall’altro lato, la medesima norma, per quanto potenzialmente
estensibile all’attività delle pubbliche amministrazioni, fa pur sempre salva
l’applicazione delle disposizioni speciali (euro-unitarie e nazionali) in
materia di tutela dei dati personali e della riservatezza (punto 18 “conformità”
della citata norma ISO; cfr. in particolare: 18.1.1 e 18.1.4), sicché la
minuziosa conoscenza e l’applicazione della disciplina di settore restano,
indipendentemente dal possesso o meno della certificazione in parola, il nucleo
essenziale ed irriducibile della figura professionale ricercata mediante la
procedura selettiva intrapresa dall’Azienda, il cui profilo, per le
considerazioni anzidette, non può che qualificarsi come eminentemente
giuridico.
Ne consegue che la certificazione, indicata nell’avviso, di
per sé non può costituire requisito di ammissione alla selezione in esame (né
tanto meno assurgere a titolo equipollente al richiesto diploma di laurea),
proprio perché essa non coglie (o non coglie appieno) la specifica funzione di
garanzia insita nell’incarico conferito, il cui precipuo oggetto non è
costituito dalla predisposizione dei meccanismi volti ad incrementare i livelli
di efficienza e di sicurezza nella gestione delle informazioni ma attiene
semmai, come rilevato nel ricorso, alla tutela del diritto fondamentale
dell’individuo alla protezione dei dati personali indipendentemente dalle
modalità della loro propagazione e dalle forme, ancorché lecite, di utilizzo.
Tali conclusioni sono ulteriormente rafforzate dall’esame
dei programmi dei corsi finalizzati all’acquisizione della certificazione ISO/IEC/27001
(prodotti dal ricorrente sub all. 22 – lead auditor e all. 23
– internal auditor), caratterizzati da una durata particolarmente
contenuta (2/5 giorni), per un massimo di 40 ore, dalla netta prevalenza delle
tematiche attinenti all’organizzazione aziendale (e ciò a discapito dei
profili giuridici) e dall’assenza di contenuti riferibili all’attività e
alla struttura delle pubbliche amministrazioni.
Siffatti rilievi consentono di escludere, una volta di più,
che dal possesso della certificazione, conseguita nel contesto di tali corsi,
possa essere fatta dipendere l’ammissione alla procedura selettiva,
trattandosi, a ben vedere, di un mero titolo curriculare (certamente valutabile
in sede di giudizio sulle posizioni dei singoli candidati) ma non anche di un
titolo formativo o abilitante, come tale idoneo ad assurgere a requisito di
accesso.
Il che appare tanto più vero quando solo si consideri che
entrambi i dirigenti incaricati dalle due Aziende dello svolgimento, nelle more
del giudizio, dei compiti di responsabile della protezione dei dati, risultano
in effetti carenti (come si desume agevolmente dall’esame dei rispettivi
curricula - all. 2 e 3 depositati il 30 agosto 2018) proprio della
certificazione ISO/IEC/27001, la cui mancanza ha però contraddittoriamente
determinato l’avversato giudizio di non ammissione, formulato nei confronti
del ricorrente.
In conclusione, per le considerazioni anzidette, devono essere
annullati gli atti impugnati nel presente giudizio, in relazione al primo motivo
di ricorso (punto 1.1) e alla corrispondente terza censura esposta nei motivi
aggiunti, potendosi prescindere dall’esame delle restanti doglianze, stante il
carattere integralmente satisfattivo della pronuncia di accoglimento.
6. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da
dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia
Giulia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in
epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi e per gli effetti di cui in
motivazione.
Condanna l’Azienda per l'Assistenza Sanitaria n. 3 Alto
Friuli Collinare Medio Friuli a rifondere al ricorrente le spese di giudizio,
che liquida nella misura di euro 1.500,00, oltre ad imposte e ad oneri se
dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità
amministrativa.
Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno 5
settembre 2018 con l'intervento dei magistrati:
Oria Settesoldi, Presidente
Manuela Sinigoi, Consigliere
Nicola Bardino, Referendario, Estensore
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