di Andrea Monti - 23.03.2000
Come tutti dovrebbero sapere (la legge non ammette ignoranza) la prossima
settimana scade il termine per l'adozione delle misure minime previste dal DPR
319\99.
Anche se (anzi, proprio perché) il provvedimento è povera cosa, specie sotto
il profilo tecnico, chi ha cercato di applicarlo concretamente si è imbattuto
nel solito valzer di definizioni imprecise, "falsi tecnologici" e
prescrizioni ai confini della realtà. Basti - per tutti - ricordare il
dibattito in corso su cosa dovrebbe intendersi per "reti di
telecomunicazioni disponibili al pubblico"(vedi, fra gli altri, gli
articoli Cosa deve intendersi per "elaboratore
accessibile in rete"? e Sicurezza
e reti "disponibili al pubblico")
Il risultato è stato, come al solito, un misto di sgomento, rassegnazione e
incredulità, in particolare per il brevissimo termine (sei mesi) imposto per la
completa ottemperanza al dettato normativo. Già strutture di media dimensione -
piccoli comuni o ASL, o PMI - con così poco tempo a disposizione riescono a
mala pena ad avere una "radiografia" del proprio "stato di
salute". Non parliamo di quanto tempo sarebbe necessario per realtà di
più consistenti dimensioni, per le quali sei mesi bastano soltanto a far
circolare la notizia dell'emanazione della norma.
Il risultato pratico di questo stato di fatto si riassume nel titolo di un film
di Alberto Sordi: "Tutti dentro!". Nessuno, la prossima settimana,
sarà in regola con il DPR 318\99 e tutti saranno dunque passibili di denuncia
penale per omessa adozione di misure di sicurezza.
A meno che - come è stato riportato dalla stampa la scorsa settimana - non
si celebri l'ennesima farsa del "rinvio in extremis", già approvato
dal Senato, per cui, fermo restando l'obbligo di adozione delle misure,
verrebbero "congelate" per un anno le sanzioni penali, almeno nei
confronti di chi avrà comunicato, con l'ennesimo atto burocratico, di avere
dato inizio ai lavori.
Ad oggi di questo rinvio non si sa molto di più, ma il solo fatto che sia
stato proposto e preso in seria considerazione dimostra chiaramente quanto valga
la legge 675/96, il cui unico "merito" sembra proprio quello di avere
provocato danni enormi ad aziende ed Enti pubblici, imponendo enormi moli di
adempimenti farraginosi ed incoerenti. Tanto per fare un esempio, chi avesse
adottato le misure previste dalla normativa successivamente alla notifica,
dovrebbe ripresentarla per non incorrere nell'illecito di omessa o infedele
notificazione. Certo, il Garante ha dichiarato che non è necessario rifare la
notifica per l'adeguamento delle misure di sicurezza, ma - come si dice - l'uomo
prudente campa due volte e quindi non è improbabile che molti reiterino questo
atto "a scanso di equivoci".
Carta, bolli, timbri, ricevute, protocolli, versamenti in conto corrente,
comunicazioni, lettere, fax.... questo è il risultato dell'applicazione della
legge sui dati personali.
In tutto questo, sarebbe quanto meno mezzo gaudio che il Garante, dando il
buon esempio, dimostri a tutti come ha applicato tempestivamente le norme che ha
voluto con tanta forza... a meno che non speri anche lui in una proroga.