Qualità e sicurezza dei dati
personali
di Alessandra Paravani - 24.05.2000
Premessa
La legge 675/96 impone all'articolo
15 l'obbligo di adottare misure di sicurezza atte a proteggere i dati dal
rischio che soggetti terzi non autorizzati accedano ai dati stessi
manomettendoli, o che di essi venga fatto un uso non conforme alle finalità del
trattamento. L'idoneità delle misure di sicurezza deve essere valutata in
relazione alle finalità del trattamento, alla natura e alla qualità dei dati.
Da un lato, quindi, la sicurezza è in funzione delle caratteristiche proprie
del patrimonio informativo da proteggere, dall'altra la qualità pone le regole
del controllo dei dati in funzione di sicurezza. Il rapporto tra qualità e
sicurezza si rivela irriducibile a distinzione nette.
Della qualità non si rinvengono che indici, scale, fattori, e
quant'altro serva a misurarla, a controllarla, a stabilire il rispetto della
soglia oltre la quale essa esiste, non si dà viceversa alcuna definizione utile
a comprendere cosa essa sia.
Nella legge n. 675/96 il concetto di qualità attiene ai requisiti (esattezza,
pertinenza, non eccedenza, etc.) che i dati devono possedere in rapporto alle
finalità del trattamento effettivamente perseguite, cioè essa si risolve nel
rispetto di una regola convenzionale. Tuttavia per garantire che i dati abbiano
determinati requisiti è necessario che il titolare adotti anche idonee misure
di sicurezza.
Senza voler negare che la qualità abbia una propria autonomia concettuale, v'è
infatti da rilevare che esiste, per così dire, una zona grigia di derivazione e
di implicazione reciproca. E ciò accade ad esempio quando si parla di
affidabilità del dato. Un dato si ritiene affidabile quando di esso si può
dire che è come si rappresenta. Ma quando il dato è affidabile? Quando è
rappresentato come esatto, integro e pertinente ovvero quando è protetto da
misure di sicurezza che riducono il rischio che venga alterato?
La qualità dei dati
La legge 675/96 enuncia all'articolo
9 le modalità di raccolta e i requisiti dei dati personali. Al titolare
è fatto obbligo innanzitutto di raccogliere i dati per scopi "determinati,
espliciti e legittimi, ed utilizzati in altre operazioni del trattamento in
termini non incompatibili con tali scopi" (art. 9, lett. b).
L'aderenza allo scopo costituisce sia il presupposto di legittimità della
raccolta di dati, sia il limite al trattamento degli stessi. Solo con
riferimento alle finalità del trattamento è quindi possibile verificare la
qualità dei dati, nel senso che i dati oggetto del trattamento sono solo quelli
"pertinenti, completi e non eccedenti rispetto alle finalità per le quali
sono raccolti o successivamente trattati" (art. 9, lett. d). In nessun caso
il titolare può utilizzare i dati oltre quel confine che è impresso dallo
scopo e che costituisce, pertanto, un vincolo di destinazione sui dati.
A confermare una relazione sì stringente tra finalità del
trattamento e qualità dei dati sono le norme che impongono al titolare gli
obblighi di notificazione (articolo 7)
e di informativa (articolo 10),
rispettivamente al Garante e all'interessato. La notificazione consente in via
preventiva di controllare la legittimità del trattamento; l'informativa oltre
ad assolvere ad una autonoma funzione di trasparenza, permette all'interessato
di verificare che i dati richiesti siano pertinenti rispetto agli scopi
dichiarati. Si ricordi, del resto, che il diritto di accesso riconosciuto
all'interessato e gli altri diritti ad esso connessi rappresentano, a chiusura
del cerchio, il riflesso sul piano procedimentale delle norme sostanziali
dettate a presidio del principio di finalità.
Premesso, dunque, che il principio di finalità legittima e
vincola tutto il trattamento dei dati, la legge ha previsto una serie di norme
per evitare che la normativa venga di fatto aggirata nelle varie operazioni del
trattamento. A far salvo il principio di finalità, la legge impone al titolare
di procedere ad una nuova notificazione qualora vi sia un mutamento delle
finalità e delle modalità del trattamento (art. 7, co. 2); di utilizzare i
dati in altre operazioni del trattamento "in termini non
incompatibili" con gli scopi previamente dichiarati (art. 9, co. 1, lett.
b); di cedere i dati ad altro titolare, "purché destinati ad un
trattamento per finalità analoghe agli scopi per i quali i dati sono stati
raccolti" (art. 16, co. 2,
lett. b).
Il criterio della pertinenza
Premesso che non tutti i dati possono essere raccolti, ma tutti
e solo quelli strumentali al raggiungimento dello scopo, il criterio in base al
quale i dati vengono raccolti risulta essere la pertinenza, ovvero l'essere del
dato inerente alla finalità del trattamento.
Con la pertinenza si usa indicare, in termini generali, la qualità di ciò che
è destinato al servizio della cosa principale. I dati sono pertinenti in quanto
sono destinati a servire quel determinato scopo. La pertinenza del dato rispetto
allo scopo non può risultare, per così dire, a posteriori, una volta
raccolti tutti i dati potenzialmente utili allo scopo, ma deve ritenersi il
criterio in base al quale si procede alla selezione dei dati nella fase di
raccolta. Né del resto tutti i dati potenzialmente destinati a servire lo scopo
potrebbero risultare in concreto utili, dunque ciò comporta che nella fase di
progettazione dei data base particolare attenzione dovrà essere rivolta proprio
alla cosiddetta analisi dei dati.
In particolare nella fase di raccolta, ove si assuma che l'obbligo del titolare
di trattare dati non eccedenti sia da intendere nel senso che il trattamento
debba riguardare solo i dati che offrano un'utilità massima, potranno essere
raccolti solo quelli che siano al contempo necessari e sufficienti, e ciò
perché solo quelli strettamente necessari offrono una tale utilità. Sono
necessari e sufficienti, infatti, quei dati la cui rinuncia risulta essere di
ostacolo al raggiungimento dello scopo perseguito. Stando alle regole generali
dell'economia, per ogni dato che viene successivamente raccolto, cresce anche
l'utilità che si ricava dalla lettura complessiva dei dati, tuttavia detta
utilità cresce in misura meno che proporzionale rispetto ad ogni dato
addizionale. In altri termini i dati successivamente raccolti, che si
riferiscano allo stesso oggetto, soddisfano un interesse alla conoscenza sempre
meno importante, cioè aggiungono sempre meno utilità, sì da far ritenere
inutile e ingiustificato il sacrificio della riservatezza dell'individuo con
un'aggiunta di dati superflui rispetto a quella sufficiente per raggiungere lo
scopo.
La "necessità" del dato diventa in questo senso una
clausola di chiusura con la quale misurare, con riferimento alla finalità, ciò
che è strettamente indispensabile e non può non essere tale. Ne deriva che
tutto ciò che eccede non è, ontologicamente, necessario e sufficiente, e se
non lo è, nemmeno deve essere oggetto di trattamento.
La definizione dello scopo segna anche un limite temporale. I dati non possono
essere trattati per un tempo indefinito, ma solo "per un periodo di tempo
non superiore a quello necessario agli scopi per i quali essi sono stati
raccolti o successivamente trattati" (art. 9, lett. e). Con il che
s'intende che una volta esaurito quel rapporto strumentale di cui si è detto,
perché i dati non sono più utili al raggiungimento dello scopo, ovvero questo
è da considerarsi irraggiungibile, deve procedersi alla immediata cancellazione
dei dati o alla loro trasformazione in forma anonima, venendo meno la ragione
che giustifica una compressione del diritto alla riservatezza. Senza
considerare, peraltro, che la conservazione dei dati oltre il tempo necessario,
quando i dati non siano anche eccedenti e non pertinenti, risulta fortemente
diseconomica in termini di gestione patrimoniale del trattamento.
La sicurezza dei dati
Resta da affrontare l'altro termine del rapporto, quello
relativo alla sicurezza.
Come anche per il principio di finalità e qualità dei dati, il legislatore ha
dettato in materia di sicurezza una disciplina generale che il soggetto titolare
del trattamento, deve rispettare in ogni caso. L'obbligo di adottare misure di
sicurezza, al pari di quello che impone di trattare solo dati pertinenti
rispetto allo scopo perseguito, è infatti generale e inderogabile: generale in
quanto si applica ai dati indipendentemente dal mezzo con cui essi vengono
trattati (articolo 5); inderogabile
in quanto grava anche sui soggetti titolari di trattamenti cd. particolari,
cioè di quei trattamenti che, per altri aspetti, sono sottratti dall'ambito di
applicazione della legge (articolo 4,
co. 2).
L'articolo 15 sulla "sicurezza dei dati" impone al
titolare di adottate misure idonee a ridurre il rischio, sia pure involontario,
di distruzione o perdita dei dati, e ciò in ragione del fatto che ogni
alterazione del dato nella sua consistenza logico - fisica è essa stessa una
modifica del suo contenuto informativo. A ben vedere del contenuto informativo
si è già detto con riferimento ai requisiti dei dati cioè alla loro qualità
(esatti, aggiornati, pertinenti, etc.). In tema di sicurezza, infatti, il dato
è sicuro in quanto sia anche integro, esista per ciò che è, abbia una propria
identità.
Quid iuris nel caso in cui quel dato venga perso? E se quel
dato non fosse altrimenti disponibile? Se è vero che l'adozione delle misure di
sicurezza non può andare disgiunta dalla considerazione della natura del dato,
è altresì vero che la perdita del dato risulta commisurata piuttosto alla sua
disponibilità. Posto che minore è la disponibilità del dato, maggiore è il
suo valore, deve ritenersi che la gravità del danno che derivi dalla sua
perdita sia inversamente proporzionale alla sua disponibilità. Ove invece vi
fosse sì perdita del dato, e non anche danno di terzi perché il dato è
altrimenti disponibile, il fatto dovrà comunque imputarsi al titolare?
È significativo che l'Autorità per l'informatica nella
pubblica amministrazione abbia detto della sicurezza che essa non si aggiunge ab
extra al dato, ma ne costituisce un elemento inscindibile, sia "l'in
sé del dato" (G. M. Rey, Non c'è privacy
senza sicurezza). Tuttavia si ritiene che la sicurezza dei dati non
esaurisca completamente l'ambito e la portata delle norme di legge e, quindi,
senza dare della legge una lettura che riduca la tutela dei dati personali ad un
problema tecnico di sicurezza dei dati, viene da chiedersi se la qualità non
sia anch'essa ciò che il dato è in sé. Ben si potrebbe sostenere invece che
la sicurezza dei dati, intesa come idoneità delle misure predisposte a
proteggere fisicamente i dati personali, rappresenterebbe quella proprietà del
sistema o anche quella condizione tecnica che, garantendo la qualità dei dati,
tutela nello stesso tempo anche la riservatezza e l'identità della persona nei
dati che la rappresentano.
La norma dell'articolo 15 fa obbligo al titolare di adottare
misure idonee anche al fine di ridurre il rischio "di accesso non
autorizzato o di trattamento non consentito o non conforme alle finalità della
raccolta". Non v'è dubbio che questa sia anche la ratio della norma
dell'articolo 9: evitare che il titolare del trattamento possa raccogliere e
utilizzare dati oltre la finalità per la quale il trattamento è ammesso.
Né può sostenersi che le norme in tema di sicurezza siano poste solo a difesa
di soggetti terzi, estranei all'attività di trattamento, i quali riescano ad
introdursi abusivamente in un sistema informativo e a manomettere i dati.
L'accesso non autorizzato ai dati è di fatto un problema che riguarda sia la
sicurezza esterna che quella interna ai sistemi di dati e quest'ultima è tanto
più insidiosa quanto risulta sottovalutata. Può accadere, del resto, che il
trattamento di dati eccedenti rispetto alle finalità del trattamento verifichi
il rischio che un soggetto formalmente incaricato di trattare alcuni dati acceda
suo malgrado a dati per i quali invece non sarebbe stato autorizzato, con ciò
violando la riservatezza di terzi senza che ne sia personalmente responsabile.
Ad ogni modo, la sicurezza va intesa non nel senso che il titolare debba
garantire comunque che i dati non siano distrutti, o che soggetti non
autorizzati accedano a quei dati, ma più realisticamente consiste nell'adozione
di misure idonee a ridurre il rischio che l'evento dannoso si verifichi.
L'intervento del Garante
Della rilevanza del ruolo della sicurezza ha dato conto anche il
Garante per la tutela dei dati personali in occasione di un parere offerto
all'AIPA su tematiche di comune interesse. Tuttavia in quell'occasione il
Garante ha precisato che la sicurezza, che pure considera importante, non
sarebbe da ritenere l'obiettivo primario della normativa introdotta dalla legge
del '96, la quale a ben vedere avrebbe collocato sullo stesso livello di questa
anche altre scelte organizzative, riferendosi in particolare alla valutazione
delle finalità e delle modalità del trattamento, alla natura dei dati e alla
compatibilità dei dati con gli scopi effettivamente perseguiti (GARANTE, in
Cittadini e Società dell'Informazione, Bollettino, 1997, 2, pp. 51-53).
In particolare è interessante segnalare il parere che
l'Autorità ha reso in tema di misure di sicurezza da adottare a tutela della
riservatezza dei dati contenuti nel cedolino dello stipendio dei dipendenti
comunali (GARANTE, op. ult. cit., Bollettino, 1998, 6, p. 100). Il Garante si è
detto favorevole all'adozione di misure che, nella gestione del rapporto di
lavoro, impediscano l'accesso ai dati contenuti nel cedolino da parte di
soggetti diversi da quelli espressamente incaricati. Tali misure potrebbero
consistere nella eliminazione dal cedolino di quei dati relativi a situazioni
strettamente personali o familiari (es. la ragione del sussidio, la sigla del
sindacato) che si riferiscono a dati di natura sensibile ivi contenuti (sussidi
di cura, iscrizione al sindacato, etc.).
In tal caso, dunque, l'adozione delle misure di sicurezza si sovrappone
all'obbligo del titolare di effettuare il trattamento dei dati nei limiti in cui
esso sia strettamente necessario e pertinente all'adempimento dei compiti e
delle finalità per le quali è consentito. Tali norme cioè convergono tutte
verso lo stesso fine, quello della tutela dei dati personali, tutela che risulta
essere il risultato delle misure che vengono adottate per garantirla. Una piena
identificazione tra sicurezza, come mera predisposizione di regole tecniche, e
tutela dei dati rischierebbe pertanto di tradursi, come si è detto, in una
lettura riduttiva del senso delle norme di legge. |