Riceviamo con una certa frequenza segnalazioni e richieste di chiarimenti sulla
diffusione dei servizi a larga banda in zone più o meno marginali della
Penisola. In diversi casi i messaggi provengono da persone colpite da
disabilità, che potrebbero ricevere un aiuto importante dalla disponibilità di
un accesso ADSL, ma non possono averlo perché risiedono in località non
servite o non possono permetterselo, visto il livello miserabile delle pensioni
di invalidità.
Il problema si trascina da troppo tempo (vedi, fra l'altro, le interviste a Francesco Chirichigno e a Paolo Nuti). Al di là delle cifre ufficiali, non
è facile capire quale sia esattamente la situazione nei centri minori, perché
l'effettiva attivazione del servizio avviene in diversi casi al di fuori
dell'estensione programmata della rete e in località che sembrano poco
interessanti per il business di Telecom Italia. Mentre in zone con insediamenti
produttivi che farebbero intuire una redditività del servizio, le connessioni
ADSL si fanno attendere.
Non è il caso di ripetere ancora una volta i motivi di ordine generale per cui
lo Stato dovrebbe investire nella larga banda (ora sembra che il Palazzo abbia
finalmente deciso di intervenire, soprattutto nel Mezzogiorno), ma il caso dei
disabili che non possono permettersi l'ADSL per motivi di costo richiede
un'attenzione particolare. Ne avevamo parlato alla fine dell'anno scorso (vedi Tecnologie e disabilità: si deve fare di più) e ora
torniamo a richiamare su questo punto l'attenzione dei ministri competenti,
oltre che dei fornitori dei servizi di rete.
Speriamo in una convincente risposta.
(M. C.)
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