Il "secondo atto" verso il digital
divide?
di Manlio Cammarata - 18.10.01
Il convegno di apertura dello SMAU di quest'anno è incominciato con cinque
domande indirizzate ai più importanti manager italiani nel settore delle
tecnologie dell'informazione e al Ministro per l'innovazione. Le stesse domande
sono state rivolte alla "comunità dell'internet italiana", alle
persone che con l'internet vivono e lavorano ogni giorno.
Abbiamo le prime risposte, quelle che vengono dalla
Rete, e oggi conosceremo le risposte dei "destinatari finali" delle
cinque domande. Dunque non è ancora il momento di trarre conclusioni, ma si
possono già fare alcune riflessioni sul materiale ricevuto.
Il primo dato da considerare è il numero esiguo delle risposte: i messaggi sono
in tutto una ventina, compresi quelli inviati direttamente all'organizzazione
del convegno. Pochi per cercare qualche risultato statisticamente significativo,
e pochi soprattutto nel confronto con altre iniziative lanciate da InterLex, che
hanno avuto centinaia o migliaia di riscontri.
La difficile atmosfera nella quale viviamo dopo i tragici fatti dell'11
settembre è senza dubbio una della cause dello scarso interesse dei lettori per
questa "consultazione". Lo dimostrano anche le statistiche degli
accessi alle pagine della rivista, che dopo la catastrofe americana hanno
registrato un improvvisa diminuzione e sono tornate sui livelli normali solo tra
la fine di settembre e l'inizio di ottobre. Anche il numero di e-mail ricevute
ogni giorno dalla redazione sugli argomenti più disparati è drasticamente
sceso l'11 settembre e non ha ancora ripreso i ritmi consueti.
Inoltre è possibile che la comunità dell'internet, abituata a dibattiti
informali e diretti, avverta una specie di barriera di fronte ai temi e ai
linguaggi propri delle discussioni "ad alto livello". Anche se alla
fine i problemi sono gli stessi, esiste una sensibile differenza nel modo di
affrontare le questioni, che può determinare una rifiuto di partecipare. Questo
è un dato che dovremo tenere presente in futuro, perché rischiamo di allargare
la distanza che già oggi sembra dividere l'internet "reale" da quella
immaginata dai politici e, in qualche caso, dai manager delle grandi imprese.
Tuttavia anche in questo campione così limitato è possibile identificare
qualche tratto interessante. Si nota un particolare abbastanza ovvio, ma non per
questo meno istruttivo: la differenza fra i messaggi inviati da singole persone
e quelli provenienti da due associazioni (Piazze
telematiche e ALCEI). Brevi e su aspetti
specifici i primi, lunghi e articolati i secondi. Ma in tutti c'è un filo
comune.
Se leggiamo le proposte di Piazze telematiche insieme alla dura requisitoria di
ALCEI sulla legislazione recente, otteniamo un quadro drammatico dello
"stato dei lavori" per la costruzione della società dell'informazione
nel nostro Paese. E in questo quadro si inseriscono perfettamente diversi
singoli interventi, fino a disegnare in pochi tratti un panorama complessivo che
non può non costituire un punto di partenza per ogni discussione sui problemi
delle attività on line e delle telecomunicazioni in Italia.
Ora su questi argomenti aspettiamo di conoscere le opinioni dei grandi
manager e quelle del ministro. E potremo quindi capire se, come e con quali
strumenti le politiche industriali e i progetti governativi rispondano alle
richieste che giungono dalla Rete. Se dunque la nuova economia (nei diversi
significati che di volta in volta assume l'espressione) è destinata a diventare
in qualche modo un ambiente comune di sviluppo, o se resterà un argomento da
trattare nei convegni e nei libri, lontano dall'economia quotidiana dei
cittadini, di quelli "connessi" e di quelli che, per un motivo o per
l'altro, non lo sono. E che quindi rischiano di languire nella
"vecchia" economia, mentre la nuova bene o male favorisce la crescita
della società "connessa".
Ma, attenzione: quello che abbiamo appena descritto si chiama, in due parole,
digital divide. Che può separare cittadini di una stessa nazione, ma
anche una nazione dalle altre. E già oggi, con una più critica lettura degli
interventi in questa discussione on line, si può avere conferma dell'esistenza
di un digital divide tra l'Italia e gli altri Paesi industrializzati.
Questo potrebbe essere l'argomento cardine della riflessione di oggi su un
"secondo atto" della nuova economia.
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