Net economy atto secondo - Tecnologie, sviluppo e innovazione
Convegno di apertura SMAU 2001
Il Forum: la Rete italiana risponde e domanda - pag. 1
Aggiornamento 18.10.01
7. ALCEI - Contributo
al Forum di InterLex per SMAU 2001
Questo documento evidenzia, pur sommariamente, quanto la legislazione
italiana sul diritto delle tecnologie dell'informazione, farraginosa ed
"interessata", possa avere costituito una gravissima limitazione dei
diritti individuali oltre che un notevole fattore frenante nello sviluppo della
net economy nel nostro paese.
Ovviamente il tema è molto ampio e complesso, per cui sintetizziamo qui di
seguito soltanto le vicende più eclatanti, restando a disposizione di chiunque
volesse approfondire gli argomenti trattati.
1 - Recepimento della direttiva 90/388 nel d.lgs.103/95
Questo decreto legislativo istituiva - nell'ambito della
liberalizzazione un duplice regime (autorizzatorio e "notificatorio")
per i fornitori di servizi di telecomunicazioni, a seconda che li offrissero
tramite connettività dedicata o commutata. Per anni e non ostante le richieste
degli operatori, il dicastero competente ha evitato di fornire una
interpretazione volta ad inquadrare l'internet in uno schema o nell'altro.
Mentre nello stesso tempo gli accertatori hanno sposato una interpretazione
sbagliata e ampiamente criticata dagli esperti del settore. Il risultato è
stato una raffica di procedimenti con sanzioni anche molto gravose, che hanno
messo a rischio la sopravvivenza di un elevatissimo numero di imprese operanti
nel settore dell'internet. Solo la creazione di un orientamento
giurisprudenziale compattamente contrario (cioè grazie a "capri
espiatori" che hanno dovuto subire processi) ha sconfessato l'orientamento
più vessatorio non ufficialmente accettato dal Ministero delle comunicazioni.
2 - Reati informatici (legge 547/93)
La legge sui reati informatici criminalizza le tecnologie piuttosto che l'utilizzo
che ne viene fatto. Contiene norme scritte male, inapplicabili e contraddittorie
(basta mettere a confronto la nozione di documento informatico nell'art.
491bis del codice penale e quello che, in proposito, dice la normativa sulla
firma digitale).
E' del tutto carente la regolamentazione delle procedure di indagine, il che
si traduce in sequestri inutili di computer, acquisizione di log presso
operatori di TLC e internet provider lacunose ed imprecise, impossibilità
pratica di garantire il diritto di difesa. Il tutto anche con grave danno delle
imprese che vedono pendere sulla propria testa una vera e propria spada di
Damocle. Che in qualsiasi momento potrebbe cadere rovinosamente provocando il
blocco totale dei sistemi informatici dell'azienda.
3 - Sequestri di computer
Nelle applicazioni pratiche della legge 547, in quelle della legge sul
diritto d'autore, della disciplina dei brevetti, della detenzione di immagini
pornografiche ritraenti minori, e ancora nelle indagini per diffamazione sono
stati adottati - fin dal 1994 - sistemi di indagine consistenti nel sequestro
indiscriminato da parte della magistratura di interi computer (compresi mouse,
tappetini, casse acustiche e monitor), quando l'oggetto dell'indagine
riguarda solo le informazioni contenute nelle memorie di massa.
Si tratta di misure inutili, non giustificabili che vanno a ledere diritti
fondamentali della persona (anche se indagata). Che viene privata di un mezzo
tramite il quale viene esercitata la libertà di manifestazione del pensiero, e
intrinsecamente privo di qualsiasi attitudine criminale.
Alcuni magistrati più illuminati hanno dimostrato che è possibile seguire
strade alternative procedendo al solo sequestro di dati mediante l'impiego di
tecniche crittografiche. Ma si tratta di eccezioni che, allo stato, sono
destinate a rimanere tali.
4 - Modifiche alla legge sul diritto d'autore (legge 248/00)
La legge sul diritto d'autore è stata oggetto di forti critiche in
relazione ai metodi usati dalle associazioni di categoria per scoprire i
presunti duplicatori (pubblicità ingannevole, istigazione alla delazione). Ed
è stata anche ridimensionata dalle decine di assoluzioni pronunciate dai
Tribunali italiani, che hanno le hanno restituito una parvenza di
accettabilità. Era stato infatti stabilito dai giudici che solo la duplicazione
abusiva finalizzata all'ottenimento di un vantaggio economico dovesse essere
considerata penalmente rilevante.
La recente modifica della legge 633/41 ha aggirato l'interpretazione della
giurisprudenza, sanzionando con pene fino a tre anni (o fino a otto, se viene
contestata la ricettazione) anche lo studente che possiede software non
registrato per scopo personale (sicuramente illecito civile, ma oggettivamente
irrilevante sotto il profilo penale). La nuova legge non si limita a questo,
perchè istituisce l'obbligo generalizzato di apporre il cosiddetto
"bollino SIAE" su ogni software detenuto a "scopo di
profitto" sanzionando penalmente l'omissione dell'adempimento. Questo,
anche per chi non è iscritto alla SIAE (che per statuto tutela solo i propri
iscritti) e crea autonomamente il proprio software. Ovviamente, il non essere
iscritto alla SIAE implica pure che il pagamento del bollino non da diritto alla
ripartizione degli utili dei quali peraltro non si conosce la destinazione (la
recente indagine giornalistica della trasmissione Report, andata in onda
su RAI3 evidenzia situazioni gravissime, al proposito). In particolare, l'obbligo
di apposizione del bollino si traduce in un onere insostenibile per chi intende
sviluppare software e prodotti basati sul modello Open Source (Linux ma non
solo). Che grazie al sostegno di aziende come IBM, Compaq e HP sta
rappresentando un fatto altamente innovativo per l'industria e per il settore
pubblico (non in Italia, purtroppo).
Il recente regolamento attuativo della legge 248/00 aumenta la confusione,
derogando - senza averne il potere - alla legge ordinaria e attribuendo alla
SIAE numerosi poteri discrezionali che incidono pesantemente anche nello
sviluppo dell'offerta di servizi online.
Un altro elemento che caratterizza negativamente la nuova legge è l'istituzione
di un regime di vero e proprio pentitismo, in base al quale chi, accusato di
duplicazione abusiva, denuncia a propria volta un altro soggetto, godrà per
ciò solo di uno sconto di pena. Questo, anche se il nuovo denunciato dovesse
risultare innocente al processo.
4 - Limitazione della libertà di ricerca scientifica e brevettabilità del
software
Svariate norme - nel codice penale e nella legge penale speciale -
puniscono anche la sola ricerca nel settore dei sistemi di sicurezza e
protezione di software e sistemi di comunicazione, anche se il fatto non è
commesso per fino di lucro o altre finalità illecite. Questo si traduce nell'impossibilità
di migliorare i livelli di innovazione nel settore dell'informatica, dove più
che in ogni altro, le grandi scoperte sono arrivate da persone che
"facevano altro".
A fronte di questo, la paventata decisione comunitaria di prevedere la
brevettabilità del software (oggi tutelato dalla legge sul diritto d'autore)
rischia da un lato di provocare un'emorragia di royalty verso gli Stati
Uniti (le cui aziende detengono praticamente la totalità dei brevetti in
materia) oltre, ancora una volta, a paralizzare l'Open Source e Linux.
5 - Soggezione informatica dello Stato italiano
La scelta di utilizzare tecnologie proprietarie e non compatibili nelle
attività della pubblica amministrazione pone lo Stato italiano nelle mani di un
soggetto privato (per di più straniero) che, letteralmente, possiede le
"chiavi" per l'accesso a qualsiasi dato o informazione.
Questa scelta provoca inoltre una inutile serie di costi diretti (comprare ogni
volta nuove licenze perché il software viene posto in "obsolescenza
programmata", rinnovare il parco hardware per far girare programmi sempre
più pesanti) e indiretti (conversione di dati da formato a formato, formazione
del personale, installazione delle nuove applicazioni, problemi di sicurezza).
E' bene chiarire che questa non è una posizione "contro" Microsoft
(oggi è lei, domani potrebbe essere un altro operatore) ma una questione di
principio: lo Stato dovrebbe spingere per l'adozione di "codici
aperti". Come già fece trent'anni fa il governo americano che finanziò
lo sviluppo del protocollo TCP/IP, immesso liberamente sul mercato e poi
implementato dalle imprese (anche se la prima incorporazione in un sistema
operativo fu quella dello UNIX dell'università di Berkeley).
Forse non è inutile ricordare che il TCP/IP è il protocollo che ha reso
possibile la nascita e lo sviluppo dell'internet, facendo "parlare"
fra di loro computer costruiti su tecnologie e con sistemi operativi diversi.
Come è opportuno ricordare che l'intera internet nasce e si regge su sistemi
aperti, trasparenti e compatibili.
6 - Norme in materia di editoria (legge 62/01)
La vecchia normativa italiana sulla stampa permette di svolgere attività
informativa solo a soggetti iscritti in un albo chiuso e sotto la stretta
sorveglianza dei tribunali e della polizia. Recentemente queste norme, che non
hanno eguali nei Paesi democratici, sono state estese all'informazione
telematica. Con l'ennesima "leggina" in materia di provvidenze per l'editoria
è stato istituito un regime che, di fatto, considera qualsiasi contenuto
informativo online dotato di testata e periodicità un prodotto editoriale da
registrare presso il Tribunale e da far dirigere ad un giornalista iscritto all'albo.
Questo significa porre fuori legge le libere attività di manifestazione del
pensiero dei privati cittadini e delle aziende. Nonostante le dichiarazioni
pubbliche di svariati esponenti politici che hanno dichiarato di non condividere
questa interpretazione della norma, il suo tenore letterale non lascia adito a
dubbi. Siamo di fronte, per l'ennesima volta, ad un incredibile intreccio
normativo che pone in serio pericolo la possibilità di operare online.
ALCEI (Associazione per la Libertà della
Comunicazione Elettronica Interattiva)
6. Daniela De Angelis
Se tutti i progetti fossero sviluppati e realizzati in Italia sarebbe
meraviglioso. Ma L'italia è pronta?
Nell'area in cui risiedo non sanno ancora cos'à la numerazione intelligente, l'adsl,
l'hosting ecc....nè tanto meno sanno cos'e un centro telematico e fanno delle
smorfie se parlo di ufficio virtuale...o segreteria virtuale.
Però abbiamo tutti due o tre telefonini e il pc.
Il nostro problema è che tutto fa moda, approfondire a capire costa fatica e
nel caso di aziende ed enti che potrebbero investire costa non solo fatica ma
anche tanti miliardi per creare non solo le strutture ma anche le infrastrutture
(senza parlare di quelle di base necessarie ai servizi sociali, intesi come
tangibili e non dati attraverso la rete).
Non bisogna scoraggiarsi e bisogna cominciare ad investire per educare prima e
per far pratica poi.
Daniela De Angelis di @ON LiNE
5. Giuseppe Silvi - Associazione Piazze
Telematiche (2)
8.100 Piazze Telematiche per favorire il passaggio dell'Italia dall'economia
industriale all'economia dei servizi
A completamento del nostro precedente contributo a questo
forum SMAU, ci teniamo a sottolineare che per il decollo dell'economia dei
servizi occorre realizzare nuove infrastrutture di sistema-paese dedicate
esclusivamente a questa economia in analogia a quanto fu fatto a suo tempo per
il decollo dell'economia industriale con la realizzazione di infrastrutture
viarie (strade, autostrade, ferrovie, ponti, ecc.), infrastrutture su cui oggi
scorre tutta l'economia industriale.
L'economia dei servizi per decollare richiede la realizzazione di un nuovo
grande ponte tra il mondo e tutte le realtà territoriali locali oggi ancora
isolate, occorre un "ponte glocale", molto diverso dagli attuali
"ponti digitali" basati su un utilizzo casuale e non pianificato delle
reti telematiche e dai vecchi ponti stradali fatti di piloni e campate in
cemento armato.
Il Ponte Glocale dovrà servire a favorire un modello di sviluppo che integri
i tre scenari dello sviluppo GloCale (Globale - Locale), dello sviluppo
sostenibile e di una società dell'informazione che garantisca il diritto
universale all'accesso ai servizi offerti tramite la larga banda a tutti i
cittadini (poveri e ricchi, giovani e anziani, ecc.) e a tutte le imprese
(piccole, medie e grandi).
Il Ponte Glocale è un ponte che deve servire al decollo dell'economia dei
servizi rispetto alla quale tutte le realtà territoriali possono essere
considerate ancora delle isole; sono ancora isole le zone rurali e di montagna,
come pure vanno considerate ancora isolate intere zone delle grandi città.
Un Ponte Glocale per l'Italia fatto di 8.100 "piazze
telematiche", una per ognuno degli 8.100 comuni, potrebbe diventare realtà
in 4-8 anni se solo si avesse il coraggio e la determinazione di spostare i
finanziamenti pubblici (fondi strutturali, fondi nazionali e regionali, ecc.) da
progetti obsoleti a progetti innovativi basati su un utilizzo delle reti
telematiche mirato alla gestione del territorio e delle risorse, dando tra l'altro
un decisivo contributo al conseguimento di un modello di sviluppo compatibile
sul piano sociale, economico ed ambientale.
Ing. Giuseppe Silvi - Presidente Associazione Piazze Telematiche - www.piazzetelematiche.it
4. Carlo Ricci - libero professionista
Come si fa a parlare di "sviluppo e innovazione", se le tecnologie
non sono alla portata di tutti e, anzi, si fa in modo che l'accesso alle
tecnologie stesse sia sempre molto oneroso? C'è il problema del software, che
è carissimo (e il risparmio che si può avere con l'open software si paga con
difficoltà di installazione, difficoltà di reperimento dei programmi,
necessità di formazione ecc.), c'è il problema del continuo aggiornamento
dell'hardware (reso necessario dal continuo appesantimento del sofware), ma
soprattutto c'è il problema dei costi di connessione.
Si fa tanto parlare di "banda larga", ma quando sarà disponibile, per
quante persone e, soprattutto, a quali costi? E' un discorso addirittura
irritante, considerando che oggi costa troppo anche la pochissima banda di cui
disponiamo. Da anni si parla di facilitare l'accesso a Internet con tariffe
agevolate, ma persino l'offerta di Telecom Italia (conveniente solo per pochi
utenti) dello sconto sulle lunghe connessioni è stata eliminata. Le tariffe
flat si sono rivelate una "bufala", l'Adsl è adesso disponibile solo
per pochi e non lo sarà mai per tutti.
Per molti studi professionali sarebbero utili tariffe forfetarie: un tot di ore
al giorno su linea ISDN, senza scatto alla risposta, così ci si collega solo
quando è necessario, non si sovraccarica la rete e non si devono pagare
bollette salatissime.
Il Ministro delle Comunicazioni ha detto che è un problema da risolvere (lo
sentiamo ripetere da anni), ma in concreto sta facendo qualcosa? E l'Autorità
preposta?
Ma la domanda va fatta anche agli operatori del settore: offrire abbonamenti a
Internet per gli studi professionali e le PMI, di qualità professionale e a
tariffe convenienti, potrebbe rivelarsi un'arma concorrenziale molto forte. Non
serve Internet gratis se poi la telefonata costa troppo, vogliamo un servizio di
qualità al prezzo giusto.
Carlo Ricci - Roma
3. Paolo Del Romano - insegnante
Salve,
sono un insegnante di un Istituto Tecnico Commerciale. Giorni fa abbiamo
pensato, nella nostra scuola, di utilizzare sistematicamente una banca dati
legislativa sia per ricerche di natura didattica sia per la gestione
amministrativa della scuola.
Abbiamo scoperto che esiste un sito www.gazzettaufficiale.ipzs.it
che mette a disposizione tutte le leggi dello Stato. Però abbiamo scoperto con
nostra sorpresa che l'accesso a tale sito è libero solo per la consultazione
delle leggi degli ultimi 60 giorni. Quindi per avere l'accesso a leggi
precedenti occorre pagare un canone fisso e in più pagare pagare un costo
aggiuntivo, proibitivo secondo noi perché ogni consultazione ci verrebbe a
costare l'equivalente di una intera gazzetta ufficiale cartacea.
Infatti sembra concepito proprio per non farlo rendere conveniente e quindi per
ostacolare la diffusione del servizio.
A questo punto abbiamo fatto delle riflessioni.
- Noi docenti insegniamo a scuola che la conoscenza delle leggi è un
diritto/dovere e che lo Stato si deve adoperare per far realizzare questo
diritto/dovere. Gli alunni ci fanno notare che in questo modo lo Stato si
comporta come un'impresa privata, cioè vuole guadagnare sulla erogazione di
questo servizio che dovrebbe essere gratuito
- Il fatto che la versione cartacea della Gazzetta Ufficiale avesse un costo era
dettata dalla necessità di recuperare il costo variabile generato dalla stampa
di ogni copia. Ora con internet i tempi sono cambiati
- L'entrata in scena delle banche dati e della possibilità di accedere ad esse
tramite internet ha cambiato radicalmente il modo di vedere la gestione del
servizio di documentazione legislativa svolto dal Poligrafico dello Stato. Ma a
quanto pare quelli del Poligrafico non se ne sono accorti. E neanche quelli del
governo.
- Ma è possibile che nessun Deputato o Senatore della Repubblica si sia accorto
del problema e abbia sentito la necessità di chiedere una interrogazione
parlamentare al Governo per porre la questione della necessità di far accedere
gratuitamente i cittadini, le scuole, la stessa Pubblica Amministrazione alla
Banca Dati del Poligrafico dello Stato alle Leggi dello Stato?
Qualcuno dice che ci sono degli interessi di aziende editoriali che frenano
la introduzione di questa evidente necessità (l'accesso libero alla conoscenza
delle leggi) che è diventa una opportunità offerta da internet a bassi costi
per lo Stato.
Oggi voglio conoscere il contenuto della proposta della Legge finanziaria mi
accorgo con sorpresa che il sito di Repubblica mi mette a disposizione il testo
integrale del ddl e il sito www.governo.it,
con tutto quello che costa, mette a disposizione solo una misera scheda senza
dare l'accesso all'intero provvedimento.
Si parla, ormai da tempo, di e-government, ma mi pare che si è ancora molto
lontani.
Prof. Paolo Del Romano - ITC DE STERLICH - Chieti Scalo
2. Giancarlo Livraghi - scrittore
Che cosa stanno facendo, o prevedono di fare, le autorita' e la pubblica
amministrazione in Italia per favorire soluzioni opensource, o comunque aperte,
trasparenti e compatibili? Si sta sviluppando un movimento
internazionale "software libero" che coinvolge i governi e i
servizi pubblici di vari paesi; e anche l'Unione Europea. L'Italia rimarra'
assente da questo processo? O come intende impegnarsi?
Giancarlo Livraghi - Milano (http://gandalf.it)
1. Giuseppe Silvi - Associazione Piazze
Telematiche
Vorrei fare alcune domande da aggiungere eventualmente ai numerosi punti gia
evidenziati nelle vostre:
- In che modo le reti a larga banda possono dare un contributo alla creazione
di un modello di Sviluppo Integrato e Sostenibile?
- Cosa pensate dei progetti di reti di Telecentri avviati in Canada (10.000
telecentres) , Messico (2000 telecentros comunitarios) e Francia (7.000 Espaces
Publics Numeriques) ed in numerosi altri Paesi ? Perché l'Italia ad oggi non ha
ancora un piano di sviluppo di reti di Telecentri?
- Perché tra le grandi opere pubbliche non esiste ancora una voce riservata
alle infrastrutture telematiche di pubblica utilità per garantire l'accesso
universale alla larga banda a tutti i cittadini?
- Quale sara secondo voi il modello sociale e di business di una Società
dell'Informazione Euro-Mediterranea in cui coesione sociale e sviluppo
sostenibile siano al primo posto?
- DOMANDA PROVOCATORIA:
Secondo voi una Società dell'Informazione per tutti, sarà anche una Società
del cibo, dell'acqua e dell'aria respirabile per tutti ?
Ing. Giuseppe Silvi - Presidente Associazione Piazze Telematiche - www.piazzetelematiche.it
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