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 Attualità

In ritardo, ma speriamo che sia la volta buona
di Manlio Cammarata - 22.06.2000

Il Governo presenta un progetto di largo respiro per lo sviluppo della new economy. Meno di due mesi fa il presidente Amato aveva del tutto trascurato l'argomento nell'esposizione del suo programma alle Camere (vedi Presidente, e la società dell'informazione?). Ora afferma che la diffusione delle tecnologie rappresenta un aspetto "cruciale" del programma: misteri della politica.

Il "piano d'azione" del Governo (da non confondere con le chiacchiere del "Forum per la società dell'informazione", che dopo un anno di lavori presenta on line una bozza...) prevede una serie di interventi in molti campi, come il capitale umano, la scuola, l'università, e l'occupazione nel Mezzogiorno. Colpisce positivamente la visione complessiva degli aspetti generali della società dell'informazione, con indicazioni anche in materia di cultura, e non centrata sul commercio elettronico e gli aspetti economici, come è di moda da alcuni mesi a questa parte.

Certo, il ricordo dei proclami lanciati un anno fa nel DPEF del precedente Governo, poi scomparsi dalla legge finanziaria (almeno come progetto complessivo), lascia un margine di sano scetticismo sulle prospettive concrete di attuazione del piano. Sono però confortanti alcune indicazioni sulle risorse necessarie alla realizzazione dei progetti e sulle scadenze. Si legge infatti:
"Le nuove risorse a carico del bilancio pubblico sono limitate, in gran parte già coperte da leggi esistenti e concentrate principalmente sulla scuola e sull'università. 
Le risorse nuove e aggiuntive proverranno dai proventi della gara per le licenze dell'UMTS e non supereranno comunque il 10% degli introiti su un arco pluriennale.
Il Piano d'Azione, infine, è caratterizzato da obiettivi quantitativi e scadenze verificabili entro 12 mesi".

Dunque i soldi ci sono e questo è già un buon punto di partenza, anche se la cifra complessiva è ancora molto vaga: non più del 10%, su un arco pluriennale, dei proventi della gara per le licenze UMTS, può significare migliaia di miliardi o poche lire. E' vero che oggi non è possibile quantificare la massa di soldi che le licenze per il cellulare di terza generazione porteranno nelle casse dello Stato, ma l'indicazione di una cifra minima non guasterebbe, anche per dare qualche certezza sull'effettiva messa in cantiere dei progetti.

Ancora a proposito dell'UMTS, che nelle intenzioni governative è un aspetto fondamentale di tutto il progetto, non si dovrebbe esagerare con l'entusiasmo sui possibili sviluppi dei nuovi servizi: è ancora da dimostrare che gli italiani (e non solo gli italiani) saranno irresistibilmente attratti dalle meraviglie multimediali offerte dai supertelefonini, soprattutto se i prezzi delle connessioni mobili resteranno al livello di quelli attuali.
Si devono considerare anche i recenti dati sulla diffusione dei PC e dell'accesso all'internet nelle famiglie: se l'uso della Rete si diffonde con la velocità che sembra caratterizzare questo periodo, allora l'idea di usare l'UMTS come "invito all'internet" non ha più senso. Quando la nuova rete cellulare sarà abbastanza diffusa, l'accesso ai servizi telematici attraverso il personal computer dovrebbe essere diventato un'abitudine per percentuale significativa della popolazione e l'accesso mobile potrebbe rivelarsi utile solo per un numero limitato di professionisti o dirigenti.

Un altro aspetto del piano del Governo continua a suscitare perplessità: è quello dei "portali" per le imprese, che qui ricompaiono a livello locale insieme agli "incubatori" per le imprese. Sono progetti che l'iniziativa privata può mettere in piedi in tempi molto brevi e a basso costo, come è stato più volte affermato anche su queste pagine (vedi Una proposta sbagliata da ritirare subito).
L'intervento pubblico, che assoggetterebbe queste realizzazioni ai tempi e alle complicazioni della burocrazia, scoraggiando nello stesso tempo l'iniziativa privata, potrebbe rivelarsi un boomerang.

Nell'insieme il "Piano d'azione" sembra un buon punto di partenza, anche se alcuni aspetti devono essere valutati meglio. Peccato che sia in ritardo di almeno cinque anni: il documento americano sulle autostrade dell'informazione è del '94, il Rapporto Bangemann del '95... Se almeno questa fosse la volta buona!