Continuano le perplessità e le polemiche sulle parti del "pacchetto
anti-terrorismo" che riguardano le attività telematiche. Ed è naturale,
viste le imprecisioni e l'oscurità delle norme e, in qualche caso, le loro difficoltà di applicazione. Per non parlare della sostanziale
inutilità di misure che impongono "lacci e lacciuoli" alle attività
delle persone oneste, senza creare ostacoli concreti a quelle dei terroristi
internazionali.
Le disposizioni in questione sono scritte male, difficili da interpretare,
come buona parte della legislazione di questi tempi, e non solo quella che
interessa il mondo delle tecnologie. Ma quello che emerge senza ombra di dubbio
è che pongono limiti pesanti alla "libertà telematica", a quella
"cittadinanza elettronica" che dovrebbe contraddistinguere la società
dell'informazione (vedi l'intervento di ALCEI "Pacchetto sicurezza" e diritti civili).
I problemi sono tanti e non derivano solo dalla cattiva
qualità delle norme, ma anche dalle caratteristiche delle tecnologie di cui
pretendono di regolare l'uso. Vediamo, per esempio, un messaggio che richiama la
conclusione alla quale eravamo giunti nell'articolo
precedente a proposito degli anonymous remailer (cioè i server che
rendono impossibile risalire al mittente di un messaggio di posta elettronica):
essi sono di fatto vietati dalle norme in questione. Dice il messaggio:
1) perche' di fatto gli AR dovrebbero essere vietati? Io, ove tenuto, posso sempre conservare i log del sistema, che non sono "generati a bella posta" ma sono i log reali del sistema informatico e del server SMTP che utilizzo. Essi saranno ovviamente quasi inutili, ma cosi' avro' adempiuto in pieno agli obblighi di legge. O no ??
...
2) I titolari degli AR italiani sono quasi tutti privati od associazioni non costituite.
Sono tenuti alla conservazione dei log?
Rispondiamo alla prima domanda. Le norme del "Pisanu" non parlano
di "conservazione dei log", ma dei "dati del traffico telefonico
e telematico", di "monitoraggio delle operazioni dell'utente" e
"archiviazione
dei relativi dati". Poi il provvedimento attuativo (DM 16 agosto 2005)
specifica che i titolari e i gestori sono tenuti ad "adottare le misure occorrenti per il monitoraggio delle
attività", che consistono nel "memorizzare e mantenere i dati relativi alla data ed ora della comunicazione e alla tipologia del servizio utilizzato, abbinabili univocamente al terminale utilizzato dall'utente, esclusi comunque i contenuti delle
comunicazioni". Dunque, se si devono "memorizzare e mantenere" i
dati, non si possono usare sistemi che non consentono di farlo, come appunto i
server che consentono la corrispondenza e la navigazione anonima.
Ma, chiederà qualcuno, se un "fornitore di una rete pubblica di comunicazioni o di un servizio di comunicazione
elettronica accessibile al pubblico" vuole offrire ai suoi clienti che vogliano mantenere l'anonimato in rete, un servizio di
posta o navigazione anonima, può farlo? Ecco il punto: nessuna norma, per
quanto ci risulta, vieta un servizio di questo tipo. Però, per le loro caratteristiche tecniche,
questi server non conservano i dati e quindi rendono
impossibile l'applicazione della legge. Quid iuris, come dicono i legulei
quando non riescono a risolvere un'incertezza normativa?
La seconda domanda provoca una risposta ancora più incerta. L'art. 7 del decreto
parla esplicitamente di "circolo privato di qualsiasi specie".
Un'associazione non riconosciuta è un circolo privato? Nell'accezione comune la
risposta è "sì", anche se sono possibili interpretazioni diverse e
la norma stessa appare discutibile (vedi il già citato intervento
di ALCEI, in questo stesso
numero). Nel dubbio, per ora è meglio rispettare la disposizione.
Il discorso è diverso per quanto riguarda i "privati" in senso
stretto, cioè le persone fisiche. Le norme anti-terrorismo non le prendono in
considerazione (il regime di polizia non è ancora del tutto operante!), e
nessuna norma vieta, sempre per quanto ci risulta, che chiunque possa offrire ai
suoi amici un servizio di posta anonima. E allora? Ecco un ottimo sistema per
aggirare la legge!
Dunque, come abbiamo già scritto, queste disposizioni non servono a nulla.
Ci sono mille e mille modi di aggirarle, anche senza violare la legge (che sotto
diversi aspetti è
legge penale e quindi non può essere applicata per analogia: o un comportamento
è specificamente previsto come reato, o non è reato).
Con il fine (o il pretesto) di combattere il terrorismo, è stata stesa una rete
che ha le maglie troppo strette per le persone oneste e troppo larghe per i
terroristi o aspiranti tali.
In tutto questo ritornano dal passato fantasmi che pensavamo esorcizzati,
come un defunto provvedimento del 1995: vedi E la polizia resuscita il
decreto legislativo 103/95
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