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 Diritto d'autore

Riforma del diritto d'autore: chi vince e chi perde
di Daniele Minotti* - 05.09.2000

Il 26 luglio 2000, la Commissione Giustizia del Senato ha definitivamente approvato la legge di riforma del diritto d'autore e subito si sono alzate le voci di chi sa guardare al di là della fredda cronaca parlamentare e dei proclami di certi politici.
L'approvazione del disegno di legge S1496, che crea un'evidente "ipertutela", è sicuramente una vittoria per gli imprenditori del diritto d'autore ed i loro "portavoce" dentro e fuori del Parlamento. Ma non si possono nascondere gli "effetti collaterali" taciuti da chi ha interessi economici nel business dell'opera dell'ingegno.

Già da qualche anno, il diritto d'autore si è trasformato, mediante la subdola opera del legislatore, nel diritto dell'imprenditore. In prima battuta, il d.lgs. 518/92 aveva distinto il software da tutte le altre opere sanzionando pesantemente una vasta categoria di condotte.
Con la disciplina delle banche dati del 1999, tale preoccupante tendenza si è fatta ancora più evidente e soltanto un commentatore di parte potrebbe ricondurla ai principi fondamentali che governano la legge 633/41. La nascita della cosiddetta "tutela sui generis" rappresenta, pur mascherata da un latinismo edulcorante, l'evidenza positiva più inquietante.
La progressione del capitale non si è ancora arrestata ed, anzi, appare oggi ancor più manifesta e sfacciata, un potere cui sono accordati privilegi ingiustificati e che non trovano alcun riscontro in una speculare tutela del consumatore.

Il recente "Caso Outlook" è soltanto l'ultimo dei problemi di sicurezza di cui soffrono molti programmi per elaboratori e che il legislatore continua a non voler considerare. Milioni di utenti dell'applicazione Microsoft sono stati esposti, per colpa della software house statunitense, al rischio di attacchi o intrusioni sul proprio computer. E Microsoft vorrebbe cavarsela soltanto con una tardiva "patch", che suona tanto come l'italiana "pezza" posticcia.
Ma con il consumatore, oggi resta schiacciato anche il diritto alla cultura, quell'uso personale che, giustamente, neppure nel ventennio fascista si era osato negare e che, con la riforma, è espressamente fatto salvo soltanto nell'art. 171 ter della legge sul diritto d'autore, non per il software e per le banche dati (nuovo art. 171 bis).

Con l'entrata in vigore della riforma, l'accesso alla cultura sarà fortemente limitato: ridotte possibilità di copia di opere cartacee; duplicazione di software e trasferimento di banche dati su altri supporti sanzionate (penalmente) anche in presenza di un mero soddisfacimento morale (la fruizione della cultura...); ecc.
Il tutto in un impianto legislativo che mette sullo stesso piano pirati professionisti e duplicatori per uso personale, con squilibri di disciplina tra software e banche dati da un lato e le altre opere dall'altro, a vantaggio, guarda caso, dei primi; sanzioni amministrative per il mero utilizzo di opere abusive; pesanti norme eccezionali in tema di sequestri e confische, queste ultime applicabili anche su beni appartenenti a persone diverse dal reo. Per tacere della nascita del cosiddetto "pentitismo elettronico", strumento forse adatto alla mafia e al traffico di stupefacenti, la cui estensione al diritto d'autore non può che far prendere coscienza dei poteri delle lobby economiche e della debolezza del nostro Stato.

Una riforma iniqua come tutta la legislazione dettata da spinte marcatamente di parte cresciute, tra l'altro, sull'ignoranza della materia che si intende regolare, anzi probabilmente incostituzionale, parto di un legislatore stolto o in malafede. Sarebbe da preferire la prima ipotesi cui, almeno, si potrebbe porre in qualche modo rimedio.
Resta da sperare che gli interpreti si accorgano delle molteplici sperequazioni in contrasto con la Costituzione e che rammentino i principi generali della legge 633/41, che vogliono libera la fruizione personale di tutte le opere, non escluse il software e le banche dati.
In ultima analisi, oggi vincono le multinazionali, perdono i creatori dell'opera, i consumatori e la cultura.

* avvocato - daniele@minotti.net