L'attuazione va oltre le indicazioni
comunitarie
di Daniele Minotti - 15.05.03
Con il decreto legislativo 9 aprile 2003, n.
68, l'Italia, come è noto, ha dato
attuazione alla direttiva 29/2001/CE, volta ad armonizzare taluni aspetti del
diritto d'autore e dei diritti connessi nella società dell'informazione.
Coerentemente con il fondamentale riferimento alla "società dell'informazione",
il nostro legislatore si è mosso sia con adattamenti (sovente soltanto
terminologici) alle nuove tecnologie che con la presa d'atto dell'esistenza
delle "misure tecnologiche" e delle "informazioni sul regime
dei diritti" alleate dei titolari dei diritti. Questi ultimi due temi
sono sicuramente quelli che hanno causato i più decisi interventi nel nostro
ordinamento e che, pertanto, occorre analizzare.
Le "misure tecnologiche", nella definizione offerta dalla
direttiva all'art. 6.3, sono "tutte le tecnologie, i dispositivi o
componenti che, nel normale corso del loro funzionamento, sono destinati a
impedire o limitare atti, su opere o altri materiali protetti, non autorizzati
dal titolare del diritto d'autore o del diritto connesso al diritto d'autore,
così come previsto dalla legge o dal diritto sui generis previsto al
capitolo III della direttiva 96/9/CE". Tale definizione è stata ripresa,
con il consueto "copia e incolla" (questa volta opportuno), dal
decreto il quale ha inserito, nella legge 633/41, l'art. 102-quater
dedicato proprio a tale materia (anche se, come da indicazioni sovranazionali,
va ricordato che la nuova disciplina non riguarda i programmi per
elaboratore).
Le misure tecnologiche non sono certo un'"invenzione" del
legislatore. Il mercato, già da anni, conosce pratiche di protezione delle
opere dell'ingegno. Le più evidenti sono quelle che inibiscono la
realizzazione di copie in modo diretto (es.: Analog CPS Macrovision) oppure
indiretto (es.: Cactus Data Shield).
Ma a causa di un classico doppio colpo (al cerchio e alla botte) ne è sortita
una disciplina che, anzitutto, appare fortemente sbilanciata a favore dei
titolari dei diritti. Si osservi, infatti, che la direttiva prevede un
principio della proporzionalità (tra misure e diritti protetti), ricordando,
al contempo, che esistono dispositivi e attività che hanno una finalità
commerciale significativa o un'utilizzazione diversa dall'elusione della
protezione tecnica e che, comunque, occorre sempre guardare alle superiori
istanze della ricerca sulla crittografia (considerando 48). Il nostro
legislatore, come si vedrà oltre nella disamina della disciplina penale,
sembra però avere parzialmente ignorato queste condivisibili indicazioni.
In secondo luogo, le nuove norme finiscono per essere contraddittorie. Si
guardi, ad esempio, alle questioni relative alla copia privata di opere audio
e video, concessa a fronte del pagamento di un equo compenso su supporti e
apparecchiature. Nell'àmbito della stessa disposizione (art. 71-sexies)
da un lato si consente, nel rispetto delle misure tecnologiche, "la
riproduzione privata di fonogrammi e videogrammi su qualsiasi supporto,
effettuata da una persona fisica per uso esclusivamente personale, purché
senza scopo di lucro e senza fini direttamente o indirettamente
commerciali"; dall'altro, "i titolari dei diritti sono tenuti a
consentire che, nonostante l'applicazione delle misure tecnologiche di cui
all'articolo 102-quater, la persona fisica che abbia acquisito il possesso
legittimo di esemplari dell'opera o del materiale protetto, ovvero vi abbia
avuto accesso legittimo, possa effettuare una copia privata, anche solo
analogica, per uso personale, a condizione che tale possibilità non sia in
contrasto con lo sfruttamento normale dell'opera o degli altri materiali e non
arrechi ingiustificato pregiudizio ai titolari dei diritti" (comma 3).
Come dire, nell'interpretazione al momento forse più diffusa, che, pur
essendo costretto a pagare l'equo compenso sul supporto digitale (inferiore
di pochi centesimi di euro rispetto a quello analogico), il legittimo
possessore di un supporto incorporante un'opera in forma digitale protetta
da misure tecnologiche deve "accontentarsi" di una (peraltro
anacronistica) copia analogica, restando sempre illecite le pratiche di cracking
anche se destinate alla realizzazione di una vera e propria copia conforme all'originale
(digitale da digitale).
Ciò conduce alla disamina delle novità nel settore penale ove i ritocchi
operati dal nostro legislatore si sono concentrati ancora una volta sulla L.
633/41, precisamente con la parziale riscrittura dell'art. 171-ter
dedicato alle opere audio e video.
La prassi della predisposizione di procedure anti-copia era, per la verità,
già stata presa in considerazione dal nostro ordinamento. Ne è conferma la
previgente lett. d) della disposizione citata la quale sanzionava penalmente
tutta una serie di attività aventi ad oggetto "sistemi atti ad eludere,
a decodificare o a rimuovere le misure di protezione del diritto d'autore o
dei diritti connessi".
Non a caso, con il decreto in commento, si è riscritta proprio la lett. d)
rimuovendo la parte riguardante le misure tecnologiche ora prese in esame, in
modo esclusivo, dalla nuova lettera f-bis).
Me vediamo più da vicino quello che, ad ogni modo, non è stato un mero
riordino sistematico.
La lett. f-bis) dell'art. 171-ter sanziona chiunque, a scopo
di lucro, "fabbrica, importa, distribuisce, vende, noleggia, cede a
qualsiasi titolo, pubblicizza per la vendita o il noleggio, o detiene per
scopi commerciali, attrezzature, prodotti o componenti ovvero presta servizi
che abbiano la prevalente finalità o l'uso commerciale di eludere efficaci
misure tecnologiche di cui all'art. 102-quater ovvero siano
principalmente progettati, prodotti, adattati o realizzati con la finalità di
rendere possibile o facilitare l'elusione di predette misure. Fra le misure
tecnologiche sono comprese quelle applicate, o che residuano, a seguito della
rimozione delle misure medesime conseguentemente a iniziativa volontaria dei
titolari dei diritti o ad accordi tra questi ultimi e i beneficiari di
eccezioni, ovvero a seguito di esecuzione di provvedimenti dell'autorità
amministrativa o giurisdizionale". In un testo sufficientemente chiaro
(forse perché onnicomprensivo), rimangono, però, perplessità sull'avverbio
"principalmente" in quanto palesemente indefinito e non tassativo.
Consola, però, il fatto che il legislatore si sia reso conto che un
determinato prodotto non è mai illecito ex se, ma, anzi, può avere
usi leciti non sanzionabili.
Diverso, invece, è il discorso sulle "informazioni sul regime dei
diritti" che, nell'art. 102-quinquies inserito dal decreto,
diventano anche "elettroniche" ed "identificano l'opera o il
materiale protetto, nonché l'autore o qualsiasi altro titolare dei diritti.
Tali informazioni possono altresì contenere indicazioni circa i termini o le
condizioni d'uso dell'opera o dei materiali, nonché qualunque numero o codice
che rappresenti le informazioni stesse o altri elementi di
identificazione". Si tratta, dunque, di una forma di tutela più blanda
(che non incide sulla possibilità di copia) che, però, il legislatore ha
voluto, comunque, proteggere penalmente.
La neointrodotta lettera h) dell'art. 171-ter colpisce, invero, chi,
sempre con lo scopo di lucro richiesto dalla norma per tutte le fattispecie
ivi previste, "abusivamente rimuove o altera le informazioni elettroniche
di cui all'articolo 102quinquies, ovvero distribuisce, importa a fini
di distribuzione, diffonde per radio o per televisione, comunica o mette a
disposizione del pubblico opere o altri materiali protetti dai quali siano
state rimosse o alterate le informazioni elettroniche stesse".
Va peraltro ricordato che entrambe le distinte ipotesi, come chiarito dallo
stesso art. 171-ter, sono penalmente sanzionate "se il fatto è
commesso per uso non personale". I lettori si domanderanno, allora, quale
potrà essere il trattamento riservato ad ipotesi come quelle coincidenti,
appunto, con l'uso personale.
La risposta è nel nuovo testo dell'art. 174-ter, erede
sostanzialmente pedissequo dell'art. 16 L. 248/2000 con gli opportuni
aggiornamenti in tema di misure tecnologiche. Recita il primo comma:
"Chiunque abusivamente utilizza, anche via etere o via cavo, duplica,
riproduce, in tutto o in parte, con qualsiasi procedimento, anche avvalendosi
di strumenti atti ad eludere le misure tecnologiche di protezione, opere o
materiali protetti, oppure acquista o noleggia supporti audiovisivi,
fonografici, informatici o multimediali non conformi alle prescrizioni della
presente legge, ovvero attrezzature, prodotti o componenti atti ad eludere
misure di protezione tecnologiche è punito, purché il fatto non concorra
con i reati di cui agli articoli 171, 171-bis, 171-ter, 171quater,
171-quinquies, 171-septies e 171-octies, con la sanzione
amministrativa pecuniaria.".
Anche in questo caso è necessaria almeno una riflessione critica. La
sanzione amministrativa non copre quanto riguarda le elusioni delle
informazioni elettroniche sul regime dei diritti. Il decreto, tra le novità
dovute al recepimento della direttiva, ha, infatti, introdotto il solo
riferimento alle misure tecnologiche. Ciò, nelle opposte conclusioni
ipotizzabili per le violazioni delle informazioni di cui all'art. 102-quinquies
non punibili ai sensi dell'art. 171-ter, potrebbe condurre o all'irrilevanza
anche in materia amministrativa o all'applicabilità del reato di
ricettazione (anche se un'auspicabile applicazione del principio del favor
rei dovrebbe consigliare la prima soluzione).
In definitiva, le novità introdotte con il decreto hanno certamente conferito
maggiore tutela ad una prassi (quella delle misure tecnologiche) già diffusa,
ma a fronte di ciò non si è mossi verso un opportuno bilanciamento degli
interessi tracciando, pertanto, un percorso che appare sempre più
esclusivamente penalizzante, in spregio alle pur timide osservazioni
comunitarie.
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