Il diritto d'autore geneticamente modificato
di Manlio Cammarata - 26.07.2000
Ha ragione Prodi, presidente della Commissione
europea, quando dice che è necessaria una direttiva sugli alimenti che
contengono organismi geneticamente modificati (OGM), perché altrimenti le
multinazionali del cibo potrebbero fare il comodo loro e riempirci, a nostra
insaputa, di chissà quali sostanze. Ma la Commissione sbaglia nel preparare una
normativa che stabilisce a quali condizioni gli OGM possono essere utilizzati:
gli OGM negli alimenti vanno semplicemente proibiti.
Qualcuno chiederà: che centrano gli OGM e la Commissione europea con il disegno
di legge sul diritto d'autore? Un po' di pazienza e sarà chiaro il nesso tra le
due questioni.
Secondo le multinazionali del food, che
hanno investito cifre pazzesche sulla manipolazione genetica dei vegetali, gli
OGM servono a far crescere prodotti della terra resistenti ai parassiti e agli
altri accidenti che spesso distruggono parte dei raccolti. Nessuno sa dirci,
però, se queste sostanze non provochino danni al nostro organismo, magari
a lungo termine e nelle generazioni future. Questo dovrebbe bastare a bandire
dalla nostra alimentazione i cibi con il codice genetico contraffatto, anche
perché c'è un sistema molto più sicuro per assicurare alla popolazione del
mondo una sufficiente quantità di cibo: aumentare la superficie delle terre
coltivate, in modo che anche in tempo di carestia ci sia abbastanza da mangiare
per tutti.
Gli spazi non mancano, e ci sono le tecnologie
per rendere coltivabili superfici che oggi producono poco o nulla (pensiamo alle
sterminate terre improduttive dell'Africa). In questo modo si porterebbero
lavoro e benessere in zone oggi sottosviluppate e lo sviluppo dell'economia
farebbe cessare le terribili "guerre tra poveri" che oggi insanguinano
il continente.
Però le multinazionali perderebbero lauti guadagni. Ecco spiegato il loro
interesse a imporre i cibi contraffatti anche a chi non ne ha bisogno. E i
solerti governanti europei, o almeno una buona parte di loro, sono pronti a
emanare regole "improntate alla massima prudenza" per favorire il business
planetario degli OGM.
Non basta. Occorre assicurare ai prodotti delle
grandi industrie anche le nicchie del mercato. Ed ecco gli instancabili
eurogovernanti che emanano direttive che colpiscono il cibo tradizionale, quello
fatto con le mani e la sapienza di generazioni e generazioni. Il pretesto -
guarda un po' - è la tutela della salute, quella che gli organismi
geneticamente modificati potrebbero mettere in pericolo.
Con il software e con le altre opere dell'ingegno
accade esattamente la stessa cosa. L'interesse delle major è di occupare
ogni possibile angolo del mercato, di vendere anche una sola copia in più dei
milioni che già vendono a prezzi pazzeschi, e quindi di colpire con la massima
durezza anche il ragazzino che duplica un videogioco o il ragioniere che usa due
copie del programma di contabilità, avendone pagata una sola. E si badi bene
che spesso anche il software è geneticamente modificato, con continue inutili
aggiunte che servono solo a costringere i clienti a riacquistare ciò che hanno
già acquistato a caro prezzo poco tempo prima.
Per raggiungere questo risultato occorre, anche
in questo campo, la complicità dei governanti. Così nascono norme restrittive
e punitive oltre ogni logica, come le direttive sui diritti d'autore o l'italico
decreto legislativo 518/92.
Ma ci sono giudici, intelligenti custodi del diritto, che interpretano le norme
salvando il buon senso e i principi dell'ordinamento. Che fare? Occorre
modificare il diritto, introducendo norme che resistano alla peronospera delle
interpretazioni contrarie agli interessi delle major. Nasce così il
diritto geneticamente modificato, come quello che si cerca di introdurre con il disegno
di legge recentemente approvato dal Senato.
Di alcuni aspetti specifici del testo riferisce
Andrea Monti nel suo articolo. Qui basta sottolineare
una "modificazione genetica" che dovrebbe far sobbalzare anche il più
impreparato studente di giurisprudenza.
E' la norma - già presente nella DLgt 518/92 - che muta un tipico
illecito civile, come la singola copia non autorizzata di un software, in
illecito penale, con sanzioni pesantissime là dove sarebbe sufficiente il
risarcimento del danno. Non vi è infatti un danno o un allarme sociale nella
violazione, da parte di un singolo individuo e per i proprio tornaconto
personale, di un modesto diritto economico.
C'è da aggiungere la previsione del "bollino" come condizione pratica
per una più efficace tutela del prodotto dell'ingegno, mentre il principio
universalmente riconosciuto è la protezione dell'opera in quanto tale, per il
solo fatto di essere stata creata. Con il risultato, fra l'altro, di rendere
meno efficace la tutela del software "artigianale", scritto su misura
per uno o per pochi committenti, per il quale l'apposizione del bollino risulta
troppo gravosa.
Effetti simili saranno determinati dalla direttiva
sul commercio elettronico 2000/31/CE, approvata l'8 giugno scorso. Un'intera
sezione è dedicata alla responsabilità dei provider per i contenuti immessi
dai fornitori dei servizi e, tra mille distinzioni ed eccezioni, può comportare
oneri pesanti soprattutto per i fornitori di hosting (si veda, in
particolare, l'articolo 14). Questi operatori, per evitare di incorrere in
grattacapi e sanzioni, finiranno col selezionare solo i clienti più sicuri.
Cioè, ancora una volta, i grandi venditori, i marchi più noti, le
multinazionali dei diversi settori commerciali, che con ogni probabilità sono
più rispettosi delle regole. I piccoli, meno affidabili, si troveranno di
fronte a non poche difficoltà. Si aggiunga che anche molti piccoli provider,
meno attrezzati per far fronte alle nuove responsabilità, per evitare problemi
eviteranno ospitare attività di commercio elettronico.
Con questo si completa il quadro attuale, ma
tutto lascia pensare che siamo ancora agli inizi. L'intera internet, nata come
strumento di informazione libero e aperto a tutti, sta subendo una mutazione
genetica, con le norme restrittive dettate dalle grandi società che operano a
livello mondiale.
L'unica mutazione genetica che non si vede all'orizzonte è quella di cui
avrebbero bisogno certi software, anche questi prodotti dalle major del
settore, per essere meno attaccabili da virus e "vermi" di varia
natura...
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