Il ministro Urbani ha utilizzato l'occasione dei sussidi a
sostegno delle attività cinematografiche, dello spettacolo, e dello sport (DL 72/04 convertito con L 128/04), per
"contrastare la diffusione telematica abusiva di opere dell'ingegno" e
sferrare il suo attacco alla pirateria "che sfrutta le nuove tecnologie
(Internet) ed è una piaga non solo italiana ma mondiale, una piaga che bisogna
assolutamente sconfiggere, come ha raccomandato Ciampi".
I sussidi al cinema non sono una buona idea. Ogni
informazione che sia promossa, sussidiata e controllata dai governi si riduce
alla lunga in un inutile esercizio burocratico o in uno strumento di
interferenza politica. Per di più, è il favore del pubblico, non il denaro del
contribuente, a fare il successo di un film. Il denaro dello Stato non serve per
fare un buon regista. Ma anche gli altri aspetti della legge, la sostituzione
del termine "lucro" con "profitto", l'obbligo del bollino virtuale
SIAE, il coinvolgimento del Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero
dell'interno per la prevenzione e la soppressione delle violazioni, e l'obbligo
della delazione, non erano necessari.
Piccante la spiegazione della sostituzione "lucro-profitto":
"la Commissione credeva di venire incontro alle esigenze degli utenti non
avendo compreso la portata delle modifiche". Quando il decreto giunse al
Senato pare che nessuno fosse favorevole al testo sottoposto, ma non c'era
tempo per le correzioni data la prossimità del termine di conversione, e dato
il desiderio di non lasciare cadere i finanziamenti. La legge venne approvata,
ma il ministro e il relatore promisero di creare un gruppo di lavoro, e un
ordine del giorno.
Le proposte di modifica vennero sottoposte al Senato in
luglio 2004. Punto informatico riferisce che "tutti i rappresentanti
dell'editoria, del cinema, della musica e degli autori, comprese realtà
discografiche ed editoriali indipendenti, hanno firmato (e inviato al Senato)
una imponente e preoccupante missiva" nella quale esprimono forte
preoccupazione per le modifiche proposte alla normativa anti-pirateria la quale
"rappresenta il miglior compromesso possibile tra i variegati interessi
contrapposti", e sottolineano la contrarietà delle associazioni firmatarie
alla proposta di ripristinare "lucro". La lettera conclude con l'auspicio
di non svuotare la legge Urbani "del suo precipuo significato di tutela del
patrimonio culturale italiano".
Chi insidia il patrimonio della cultura italiana in Internet?
Perché servirebbe la legge Urbani per preservarlo? E quale sarebbe il "precipuo
significato" di tutela?
Non si dovrebbero condividere in Internet le foto digitali che facciamo del
Davide, di San Pietro, del colonnato del Bernini? Non si dovrebbero condividere
le canzoni di Caruso, le opere di Bellini, i canti della Divina Commedia, le
poesie del Pascoli?
Proprio così. L'esercizio dei diritti di proprietà (e del
fair use) verrà reso "tecnicamente" impossibile: sono già in atto
accordi fra i produttori di hardware e software per non portare
più sul mercato certe macchine capaci di "registrare"; mentre la
limitazione regionale dei lettori DVD è oramai cosa fatta, anche se non si
tratta di protezione dei diritti d'autore né di misura anti-pirateria. Si
tratta semplicemente di un cartello, blindato da sanzione penale (contenuta
nella legge sui diritti d'autore) contro chi elimina, con il semplice
inserimento di un chip, la restrizione illegittima sulla propria
macchina.
Chi sono stati gli artefici, e quali i contenuti del
patrimonio culturale italiano? Gli scienziati, i filosofi, i poeti, gli
esploratori, i navigatori, gli architetti, i pittori, gli scultori, i musicisti,
i liutai lombardi; monumenti, palazzi e castelli, cattedrali, templi, ponti e
acquedotti, edifici pubblici, religiosi e privati, le città italiane, le arti
figurative.
Questo patrimonio culturale italiano deve essere sì
conservato con adeguate opere di manutenzione e restauro, e protetto da vandali,
e da turisti e curiosi invadenti e irrispettosi; ma non c'è necessità che
venga protetto dai pirati del copyright, anzi, deve essere disseminato,
diffuso in qualunque modo, quanto più largamente possibile. E Internet è il
mezzo più idoneo per farlo. Allora, se l'anti-pirateria non c'entra con la
protezione del patrimonio culturale italiano, quale "cultura" rimane da
proteggere? I film italiani, che oggigiorno sono spesso caratterizzati dall'ingrediente
prevalente della volgarità; le canzonette, piacevoli da ascoltare ma raramente
fatte del tessuto che crea il patrimonio culturale duraturo di un popolo?
C'è da augurarsi che prima di varare le modifiche alla
legge Urbani venga fatta una pausa di riflessione sulla ratio e
giustificazione sociale del diritto d'autore, che ci si ricordi che questo si
basa sulla limitata e temporanea rinuncia alla generale ostilità verso i
monopoli per stimolare l'attività creativa degli autori concedendo la
temporanea privativa di sfruttamento economico entro limiti ragionevoli e utili
nell'interesse della comunità e nel rispetto degli usi permessi e non
regolamentati; il patto sociale, quid pro quo per la concessione del
monopolio stesso.
Agli italiani piace ispirarsi al modello americano. Ebbene,
nella relazione dei lavori parlamentari americani in occasione della modifica
delle leggi sul copyright, nel 1988, si legge che "lo scopo
costituzionale del copyright è di facilitare il flusso delle idee nell'interesse
dell'apprendimento" e che "in base alla Costituzione americana l'obiettivo
primario della legge sul copyright non è quello del compenso all'autore,
ma piuttosto quello di assicurare al pubblico i benefici derivati dalle
attività degli autori". Non c'è ragione di modificare, in sordina, i
termini di questo contratto sociale, che vale anche per l'Italia, e che è
stato rispettato per secoli.
Su un piatto della bilancia, l'avidità dell'industria,
sull'altro, la libertà di espressione dei cittadini. Quale sia il valore
maggiormente meritevole di protezione non dovrebbe essere una scelta difficile.
O vogliamo giungere a situazioni grottesche, come quella ricordata dal giudice
Breyer della Corte suprema americana: richiesta di diritti di licenza nell'ammontare
annuo oscillante fra $257 e $1.439 per campeggio così da permettere alle Girl
Scouts di cantare God Bless America intorno al fuoco?
Quanto alle implicazioni penalistiche della "condivisione" serve, come
sempre quando si tratta di leggi penali, innanzi tutto precisione e chiarezza. Sarebbe necessario spiegare agli italiani come
si conciliano "profitto", "uso personale", "condivisione" di file. Se si vieta agli italiani di uscire in
strada con la cravatta rossa, il minimo che i cittadini dovrebbero poter
chiedere è di essere avvertiti in tempo, in lingua italiana comprensibile.
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