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Diritto d'autore

Urbani e la tutela del patrimonio culturale italiano

di Nicola Walter Palmieri* - 26.07.04

Il ministro Urbani ha utilizzato l'occasione dei sussidi a sostegno delle attività cinematografiche, dello spettacolo, e dello sport (DL 72/04 convertito con L 128/04), per "contrastare la diffusione telematica abusiva di opere dell'ingegno" e sferrare il suo attacco alla pirateria "che sfrutta le nuove tecnologie (Internet) ed è una piaga non solo italiana ma mondiale, una piaga che bisogna assolutamente sconfiggere, come ha raccomandato Ciampi".

I sussidi al cinema non sono una buona idea. Ogni informazione che sia promossa, sussidiata e controllata dai governi si riduce alla lunga in un inutile esercizio burocratico o in uno strumento di interferenza politica. Per di più, è il favore del pubblico, non il denaro del contribuente, a fare il successo di un film. Il denaro dello Stato non serve per fare un buon regista. Ma anche gli altri aspetti della legge, la sostituzione del termine "lucro" con "profitto", l'obbligo del bollino virtuale SIAE, il coinvolgimento del Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno per la prevenzione e la soppressione delle violazioni, e l'obbligo della delazione, non erano necessari.

Piccante la spiegazione della sostituzione "lucro-profitto": "la Commissione credeva di venire incontro alle esigenze degli utenti non avendo compreso la portata delle modifiche". Quando il decreto giunse al Senato pare che nessuno fosse favorevole al testo sottoposto, ma non c'era tempo per le correzioni data la prossimità del termine di conversione, e dato il desiderio di non lasciare cadere i finanziamenti. La legge venne approvata, ma il ministro e il relatore promisero di creare un gruppo di lavoro, e un ordine del giorno.

Le proposte di modifica vennero sottoposte al Senato in luglio 2004. Punto informatico riferisce che "tutti i rappresentanti dell'editoria, del cinema, della musica e degli autori, comprese realtà discografiche ed editoriali indipendenti, hanno firmato (e inviato al Senato) una imponente e preoccupante missiva" nella quale esprimono forte preoccupazione per le modifiche proposte alla normativa anti-pirateria la quale "rappresenta il miglior compromesso possibile tra i variegati interessi contrapposti", e sottolineano la contrarietà delle associazioni firmatarie alla proposta di ripristinare "lucro". La lettera conclude con l'auspicio di non svuotare la legge Urbani "del suo precipuo significato di tutela del patrimonio culturale italiano".

Chi insidia il patrimonio della cultura italiana in Internet? Perché servirebbe la legge Urbani per preservarlo? E quale sarebbe il "precipuo significato" di tutela?
Non si dovrebbero condividere in Internet le foto digitali che facciamo del Davide, di San Pietro, del colonnato del Bernini? Non si dovrebbero condividere le canzoni di Caruso, le opere di Bellini, i canti della Divina Commedia, le poesie del Pascoli?

Proprio così. L'esercizio dei diritti di proprietà (e del fair use) verrà reso "tecnicamente" impossibile: sono già in atto accordi fra i produttori di hardware e software per non portare più sul mercato certe macchine capaci di "registrare"; mentre la limitazione regionale dei lettori DVD è oramai cosa fatta, anche se non si tratta di protezione dei diritti d'autore né di misura anti-pirateria. Si tratta semplicemente di un cartello, blindato da sanzione penale (contenuta nella legge sui diritti d'autore) contro chi elimina, con il semplice inserimento di un chip, la restrizione illegittima sulla propria macchina.

Chi sono stati gli artefici, e quali i contenuti del patrimonio culturale italiano? Gli scienziati, i filosofi, i poeti, gli esploratori, i navigatori, gli architetti, i pittori, gli scultori, i musicisti, i liutai lombardi; monumenti, palazzi e castelli, cattedrali, templi, ponti e acquedotti, edifici pubblici, religiosi e privati, le città italiane, le arti figurative.

Questo patrimonio culturale italiano deve essere sì conservato con adeguate opere di manutenzione e restauro, e protetto da vandali, e da turisti e curiosi invadenti e irrispettosi; ma non c'è necessità che venga protetto dai pirati del copyright, anzi, deve essere disseminato, diffuso in qualunque modo, quanto più largamente possibile. E Internet è il mezzo più idoneo per farlo. Allora, se l'anti-pirateria non c'entra con la protezione del patrimonio culturale italiano, quale "cultura" rimane da proteggere? I film italiani, che oggigiorno sono spesso caratterizzati dall'ingrediente prevalente della volgarità; le canzonette, piacevoli da ascoltare ma raramente fatte del tessuto che crea il patrimonio culturale duraturo di un popolo?

C'è da augurarsi che prima di varare le modifiche alla legge Urbani venga fatta una pausa di riflessione sulla ratio e giustificazione sociale del diritto d'autore, che ci si ricordi che questo si basa sulla limitata e temporanea rinuncia alla generale ostilità verso i monopoli per stimolare l'attività creativa degli autori concedendo la temporanea privativa di sfruttamento economico entro limiti ragionevoli e utili nell'interesse della comunità e nel rispetto degli usi permessi e non regolamentati; il patto sociale, quid pro quo per la concessione del monopolio stesso.

Agli italiani piace ispirarsi al modello americano. Ebbene, nella relazione dei lavori parlamentari americani in occasione della modifica delle leggi sul copyright, nel 1988, si legge che "lo scopo costituzionale del copyright è di facilitare il flusso delle idee nell'interesse dell'apprendimento" e che "in base alla Costituzione americana l'obiettivo primario della legge sul copyright non è quello del compenso all'autore, ma piuttosto quello di assicurare al pubblico i benefici derivati dalle attività degli autori". Non c'è ragione di modificare, in sordina, i termini di questo contratto sociale, che vale anche per l'Italia, e che è stato rispettato per secoli.

Su un piatto della bilancia, l'avidità dell'industria, sull'altro, la libertà di espressione dei cittadini. Quale sia il valore maggiormente meritevole di protezione non dovrebbe essere una scelta difficile. O vogliamo giungere a situazioni grottesche, come quella ricordata dal giudice Breyer della Corte suprema americana: richiesta di diritti di licenza nell'ammontare annuo oscillante fra $257 e $1.439 per campeggio così da permettere alle Girl Scouts di cantare God Bless America intorno al fuoco?

Quanto alle implicazioni penalistiche della "condivisione" serve, come sempre quando si tratta di leggi penali, innanzi tutto precisione e chiarezza. Sarebbe necessario spiegare agli italiani come si conciliano "profitto", "uso personale", "condivisione" di file.  Se si vieta agli italiani di uscire in strada con la cravatta rossa, il minimo che i cittadini dovrebbero poter chiedere è di essere avvertiti in tempo, in lingua italiana comprensibile.
 

* Avvocato, New York - Montreal

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