Vuoi per la mancanza di quella straordinaria urgenza che dovrebbe caratterizzare
il ricorso al decreto-legge, vuoi perché la complessità della materia richiede
un approfondimento ben maggiore di quello ragionevolmente possibile in sede di
conversione, vuoi perché è in corso di pubblicazione una direttiva europea in
materia di diritti di proprietà intellettuale (che richiederà comunque un
adeguamento della legislazione vigente), sin dalle prime avvisaglie l'Associazione
Italiana Internet Providers ha sollecitato il Governo ed il Parlamento a
sopprimere, in sede di conversione, l'intero articolo
1 del decreto-legge 72/04.
In subordine, AIIP ha sollecitato il Parlamento a farsi interprete di un
rigido rispetto degli articoli 15 (libertà e segretezza di ogni forma di
comunicazione) e 21 (diritto di manifestare il proprio pensiero con ogni mezzo
di diffusione) della Costituzione, che il testo governativo violava attribuendo
alla forze di polizia poteri che la Costituzione stessa riserva al magistrato.
Il disegno di legge n. 4833-A licenziato dalla Camera
in sede di conversione del decreto-legge n.72/04 rimuove le criticità
costituzionali dell'articolo 1 (norme antipirateria) e dell'emendamento
governativo già evidenziate da AIIP, e corregge la formulazione del comma 3
utilizzando, coerentemente con l'articolo 16
della legge n. 633/41, il termine "comunica" in luogo dell'originario
"diffonde". Purtroppo, probabilmente anche a causa dei tempi ridotti
per la concomitanza con la pausa pasquale, la Camera ha introdotto alcune
criticità del tutto nuove. In particolare:
1. drastico appesantimento delle sanzioni a carico degli utenti che
pubblicano in un sito materiale protetto o che, nell'ambito di una attività
di scambio con altri utenti, fanno "up-load" di contenuti
protetti. Tale previsione consegue all'introduzione della locuzione "per
trarne profitto" in luogo di "a fine di lucro", con la
conseguente introduzione di sanzioni penali (fino a 4 anni di reclusione e
15.493 euro di multa) in luogo delle precedenti sanzioni amministrative (da 51 e
a 2.065 euro per l'up-load). Sono colpiti siti aziendali, siti amatoriali,
e-mail e file sharing di opere protette;
2. estensione ai masterizzatori ed al software di masterizzazione della levy
già prevista per i supporti di registrazione;
3. introduzione di un idoneo avviso circa l'assolvimento degli obblighi
derivanti dalla normativa sul diritto di autore,
Il "trarne profitto"
Fermo rimanendo che il rispetto della legge non è facoltativo, che la
responsabilità è personale, e che le sanzioni devono essere proporzionate all'offesa,
le modifiche proposte creano un sistema vessatorio, che, in quanto tale, rischia
di rivelarsi alla lunga inefficace ai fini della tutela del diritto di autore.
Il problema nasce in seguito alla sostituzione nel comma 1 dell'articolo 171-ter della legge 633/41
(diritto di autore) della locuzione "a fine di lucro" con la locuzione
"per trarne profitto". A tale modifica - prevista nel nuovo comma 2
dell'articolo 1 del provvedimento in conversione - si affianca l'analoga
sostituzione nella nuova lettera a)bis dal comma 3 del provvedimento in
conversione introdotta al comma 2 dello stesso articolo 171-ter.
Due massime della Cassazione (pen., sez. III, 19-09-2001 (28-06-2001), n.
33896 e pen., sez. III, 06-09-2001 (25-06-2001), n. 33303) non lasciano alcun
dubbio sul fatto che tale modifica estenda le pene previste per chi trae
profitto dal commercio illegale di materiale protetto dal diritto di autore e
dagli altri diritti connessi al caso di chi "trae profitto" dal
mancato acquisto del prodotto originale.
Di conseguenza, la nuova formulazione del comma 1 dell'art. 171-ter della
633/41 colpisce la con la reclusione da sei mesi a tre anni e la multa da cinque
a trenta milioni di lire (nonché con la sanzione accessoria della
pubblicazione della sentenza in uno o più quotidiani, di cui almeno uno a
diffusione nazionale, e in uno o più periodici specializzati), chiunque, per
uso non personale e per trarne profitto, "abusivamente duplica,
riproduce, trasmette o diffonde in pubblico con qualsiasi procedimento, un'opera
dell'ingegno destinata al circuito televisivo, cinematografico, della vendita o
del noleggio" ovvero "diffonde in pubblico, con qualsiasi
procedimento, opere o parti di opere letterarie, drammatiche, scientifiche o
didattiche, musicali o drammatico-musicali, ovvero multimediali, anche se
inserite in opere collettive o composite o banche dati".
Ricade in pieno in questa previsione anche un semplice sito amatoriale
realizzato, per pura soddisfazione personale, anche non direttamente legata al
conseguimento di un vantaggio economico con materiale protetto.
Il file sharing di materiali protetti è colpito ancor più pesantemente. La
nuova formulazione del comma 2 dell'articolo 171-ter della legge 633/41.
punisce "con la reclusione da uno a quattro anni e con la multa da cinque a
trenta milioni di lire chiunque "in violazione dell'articolo 16, per trarne
profitto, comunica al pubblico immettendola in un sistema di reti telematiche,
mediante connessioni di qualsiasi genere, un'opera dell'ingegno protetta dal
diritto d'autore, o parte di essa". E quindi anche chi, allo scopo di poter
accedere gratuitamente a materiale protetto dal diritto di autore, mette a
propria volta a disposizione del corrispondente mediante programmi di file
sharing, altro materiale protetto.
Da ultimo, ricordiamo che la disciplina vigente (articolo 171 della legge 633/41) prevede per
chi immette in rete illecitamente, ma non a scopo di lucro, materiale protetto
una sanzione amministrativa compresa tra 51 e 2.065 euro e (articolo 174-ter
della legge 633/41) una sanzione amministrativa compresa tra 154 e 1.032 euro
per chiunque abusivamente utilizza, anche via etere o via cavo, opere o
materiali protetti.
L'inasprimento delle sanzioni è quindi violento ed in totale contraddizione
con le affermazioni del Governo e segnatamente del Ministro dei beni e delle
attività culturali .
Tutto ciò considerato, ferma restando la convinzione che la soluzione più
corretta sarebbe quella della soppressione dell'intero articolo 1, AIIP
auspica che quanto meno il Senato emendi il testo licenziato dalla camera
sopprimendo i commi 2 e 3 del provvedimento, o, in ulteriore subordine, sopprima
il comma 2 e ripristini, al comma 3, la locuzione "a fine di lucro".
La levy sui "masterizzatori" e il "software di
masterizzazione"
Una seconda criticità è rappresentata dal comma 8 dell'articolo 1 del
disegno di legge n. 4833-A che prevede, tra l'altro, l'introduzione di una
"tassa" (la cosiddetta levy) del 3% sugli apparecchi
esclusivamente destinati alla masterizzazione di supporti DVD e CD ed il software
finalizzato alla masterizzazione.
Considerato che il neologismo "masterizzatore" indica nel linguaggio
comune un "registratore digitale" (audio e/o video e/o dati) e che la
lettera h del comma 1 dell'articolo 39 del DLgs 9 aprile 2003 n. 68 contempla
già gli "apparecchi esclusivamente destinati alla registrazione analogica
o digitale", la prima parte di tale previsione appare pleonastica.
Per quanto attiene al "software finalizzato alla masterizzazione"
occorre considerare che tale software è ormai contenuto nei sistemi operativi
più diffusi, tra cui Windows e che il software di controllo dei registratori
digitali può essere acquistato anche on line direttamente nei Paesi di origine.
Di conseguenza la previsione verrebbe elusa, procurando un danno alla rete
commerciale italiana, ma senza alcun vantaggio per le categorie che si vorrebbe
proteggere e, in considerazione della diffusione dei sistemi operativi,
rischierebbe di avere un significativo impatto inflativo.
In subordine alla soppressione dell'intero articolo 1 del provvedimento,
AIIP auspica che il Senato emendi il testo licenziato dalla camera cancellando
la lettera b) del comma 8 dell'articolo 1 del provvedimento, o, in ulteriore
subordine, la cancelli la disposizione relativa al "software finalizzato
alla masterizzazione".
L'"idoneo avviso"
Nel corso delle audizioni e degli incontri succedutesi alla pubblicazione del
DL 72/04, le categorie interessate avevano aderito all'ipotesi di pubblicare,
sui siti che vendono legalmente contenuti, un "bollino verde" che
avrebbe avuto la funzione di promozione della vendita legale di contenuti
protetti.
Il primo comma dell'articolo 1 del testo licenziato dalla Camera trasforma
viceversa tale promozione in una obbligo generalizzato di corredare di un
"idoneo avviso" qualsiasi immissione in un sistema di reti
telematiche, a prescindere dalla finalità commerciale della immissione in rete
e rinvia una eventuale limitazione dei "soggetti obbligati" ad un
successivo decreto del Presidente del Consiglio.
Di conseguenza, quanto meno fino alla pubblicazione del suddetto DPCM,
sussisterebbe l'obbligo di corredare con "idoneo avviso" qualsiasi
immissione in rete di una qualsiasi opera dell'ingegno. Considerato che un
sito è sempre e comunque composto di un numero spesso elevatissimo di
"opere dell'ingegno" (testi, disegni, contrassegni grafici,
fotografie, etc.), si potrebbe addirittura temere che il comma 1 imponga di
ripetere la pubblicazione dell'"idoneo contrassegno" per ogni
singola opera presente, anche non a fini commerciali, su ogni sito, anche
amatoriale, e persino ogni singola e-mail con allegati testi, immagini, brani
musicali o filmati, anche personali.
Anche volendo escludere l'ipotesi paradossale di riempire le pagine dei
siti italiani di tanti "idonei avvisi" quante sono le opere dell'ingegno,
l'obbligo generalizzato di pubblicazione dell'"idoneo avviso" da
parte di ogni privato italiano che pubblichi un sito con materiale di cui
detiene ogni diritto o invii una e-mail con allegati, appare inapplicabile e
ridicola, in particolare nel contesto sopranazionale di Internet.
Per evitare un transitorio ingestibile e "fughe in avanti" in sede
di elaborazione del DPCM di attuazione previsto dal comma 1, è indispensabile
che il legislatore chiarisca sin da subito le sue intenzioni escludendo tali
eventualità.
L'internet Italiana non può trovarsi tra capo e collo un avviso per ogni
e-mail, né un "avviso" per ogni link su una pagina. E' giusto
che le modalità tecniche di pubblicazione dell'"idoneo avviso"
siano concordate tra le categorie interessate, ma deve essere chiaro sin da
subito che l'introduzione dell'idoneo avviso circa l'assolvimento degli
obblighi derivanti dalla normativa sul diritto di autore deve essere limitata
alla distribuzione commerciale di opere dell'ingegno protette, che la
pubblicazione di tale avviso non comporterà al "prestatore di servizi
della società dell'informazione" ulteriori oneri (p.e. diritti SIAE), e
che l'obbligo può essere assolto anche mediante il rinvio ad una apposita
pagina.
Si consideri che esiste anche il problema dello shareware (e assimilati):
software i cui autori auspicano la più ampia diffusione possibile. Se
imponessimo dei vincoli alla "immissione in rete" di shareware,
freeware etc. produrremmo un serio danno ai loro autori.
Conclusioni
Se dovesse verificarsi l'ipotesi, che alla data odierna (28 aprile 2004)
appare quanto mai probabile, di una approvazione senza ulteriori modifiche da
parte del Senato del disegno di legge, l'Internet italiana si troverebbe allo
sbando, con sanzioni penali a carico degli utenti fino a 4 anni di reclusione
(più multa e sanzioni accessorie); i gestori dei siti (commerciali, aziendali e
amatoriali) che, non vendendo opere dell'ingegno protette, non si riterranno
soggetti all'obbligo della pubblicazione dell'"idoneo avviso",
rischiano una sanzione amministrativa di 10.000 euro, cosi come gli utenti che
allegano un file (di cui magari detengono i diritti) ad una e-mail; la levy
sul software di masterizzazione colpirà pressoché tutti i sistemi operativi,
con un significativo impatto inflattivo.
Complimenti per la vessatorietà ("per trarne profitto"), l'inutilità
e l'effetto inflattivo (la levy sul software di masterizzazione), il
senso del ridicolo (la mancata restrizione dell'"idoneo avviso" alla
distribuzione via Internet di materiale protetto.
|