L'Europa verso l'armonizzazione - 1
di Gian Marco Rinaldi* -
28.03.01
Considerazioni generali
Nel dicembre 1997 fu approvata dal Consiglio
dell'Unione europea la prima bozza di proposta di direttiva "sull'armonizzazione
di taluni aspetti del diritto d'autore e dei diritti connessi nella società
dell'informazione".
In data 14 febbraio 2001 il Parlamento
europeo ha apportato una serie di emendamenti al testo,
che dovrà di qui a breve passare ad un nuovo esame del Consiglio.
Fra gli scopi che la direttiva si prefigge vi è, in particolare, la creazione
fra i vari Paesi dell'Unione di un quadro più armonico e coerente fra le
varie legislazioni sul diritto d'autore. Il secondo obiettivo della direttiva
è quello di conformare le norme esistenti ai trattati OMPI
(Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale) in materia di diritto d'autore
ed in materia di "interpretazioni, esecuzioni e fotogrammi" sottoscritti a
Ginevra nel dicembre 1996. Per quanto riguarda "l'armonizzazione" essa non
investe ogni aspetto del diritto d'autore ma esclusivamente quelli che si
ritiene abbiano a che fare con la cosiddetta "società dell'informazione".
Nell'articolo 1, rubricato "Campo di
applicazione" è presente una lista di materie, già regolate da precedenti
direttive, e non modificate dall'applicazione di questo provvedimento. Esse
sono: la tutela giuridica dei programmi per elaboratore, il diritto di noleggio,
il diritto di prestito, le trasmissioni via satellite e via cavo.
Il considerando 19 esclude esplicitamente che le norme in questione
incidano sui diritti morali che rimangono regolati dal diritto dei singoli Paesi
nel rispetto delle disposizioni della Convenzione di Berna e dei trattati OMPI.
Inoltre, di fatto, i diritti di utilizzazione economica di cui la direttiva si
occupa sono esclusivamente il diritto di riproduzione, il diritto di
comunicazione al pubblico ed il diritto di distribuzione.
Le motivazioni che spingono le istituzioni
europee a tracciare le linee di una nuova disciplina nelle materie predette sono
ampiamente spiegate in alcuni dei 60 considerando che precedono l'articolato
vero e proprio. Innanzitutto si afferma che "un quadro giuridico armonizzato.promuoverà
notevoli investimenti in attività creatrici ed innovatrici" (considerando 4).
La mancanza di armonia fra le legislazioni dei vari Stati introdotte per "rispondere
alle sfide tecnologiche", genera "differenze significative in materia di
protezione e, di conseguenza, restrizioni alla libera circolazione dei servi e
dei prodotti che contengono proprietà intellettuale, e dunque determina "una
nuova frammentazione del mercato interno nonché un'incoerenza normativa".
Ciò è tanto più vero in presenza di un vieppiù marcato "sfruttamento
transfrontaliero della proprietà intellettuale" (considerando 6).
Si afferma che: "per continuare la loro
attività creativa ed artistica, gli autori e gli interpreti o esecutori debbono
ricevere un adeguato compenso per l'utilizzo delle loro opere, come pure i
produttori per poter finanziare tale creazione." (considerando 10).
In termini più espliciti, la preoccupazione evidente, alla base della direttiva
è quella di riuscire, al di là di ogni ragionevole dubbio, a far rientrare le
operazioni tipiche della navigazione Internet e del prelievo di file all'interno
delle categorie previste dalle legislazioni del diritto d'autore; in
particolare sotto il profilo dello sfruttamento economico delle opere. E ciò
per l'appunto, viene fatto non definendo un "diritto d'autore di Internet"
(nome, quest'ultimo, giammai citato in tutta la direttiva), ma "allargando",
"riconfigurando" le categorie esistenti per far sì che la Rete sia
certamente coinvolta dalle norme a tutela della proprietà intellettuale.
Questo metodo peraltro è anche esplicitato nel considerando 5.
Per meglio comprendere, pertanto, quale sia uno
dei cardini giuridici attorno a cui ruota la direttiva è necessario
sottolineare le difficoltà nelle quali ci si è imbattuti nel tentativo di
descrivere, alla luce delle nostre norme sul diritto d'autore, le operazioni
che normalmente si svolgono in Internet. Come poc'anzi sottolineavamo, i
diritti di utilizzazione economica che la direttiva prende in considerazione
sono il diritto di riproduzione, di comunicazione al pubblico e di
distribuzione.
Il problema che si è posto chi per primo ha voluto giuridicamente inquadrare la
navigazione in Internet è stato: "Nel momento in cui offro dei contenuti sul
web e dunque li trasmetto ai soggetti che al sito accedono, tutto ciò concreta
un esercizio del diritto di diffusione ex art.
16 LDA? Oppure quale altro diritto di utilizzazione economica viene
interessato?".
Tale problema è rilevante in quanto, come è
noto, in base al disposto dell'art. 107
LDA, ogni diritto di sfruttamento economico è autonomo rispetto agli altri. L'eventuale
cessione di ciascun diritto non implica mai la cessione di un altro dei diritti
che gli artt. 12 e ss. prevedono. È
dunque importante, di volta in volta, chiarire quali, fra i molti diritti che i
suddetti articoli individuano, vadano a meglio definire il tipo di sfruttamento
economico che intendiamo esercitare.
Il diritto di diffusione è quel diritto esclusivo preso in considerazione
laddove si impieghi "uno dei mezzi di diffusione a distanza, quali il
telegrafo, il telefono, la radiodiffusione, la televisione ed altri mezzi
analoghi, e comprende la comunicazione al pubblico via satellite e la
ritrasmissione via cavo, nonché quella codificata con condizioni di accesso
particolari" (art. 16 LDA). Da più parti si è ritenuto che l'ampiezza
della formula usata, il carattere esemplificativo (segnalato dall'uso del
termine 'quale'), e la locuzione "mezzi analoghi" consentisse di
ritenere il web-siting assimilabile ai mezzi di comunicazione suddetti:
le 'trasmissioni' web come le trasmissioni televisive.
Diversamente si è invece ritenuto che il tutto fosse meglio inquadrabile nella
categoria del diritto di distribuzione ex. art.
17 LDA, il quale ha per oggetto "il diritto di mettere in commercio, di
porre in circolazione o comunque a disposizione del pubblico, con qualsiasi
mezzo ed a qualsiasi titolo, l'opera o gli esemplari di essa.".
L'ipotesi è stata ritenuta plausibile in quanto ogni volta che un singolo
utente accede ad un sito la visualizzazione del suo contenuto è offerta a
questi in maniera individualizzata (diversamente che nelle trasmissioni
televisive), dunque vi è una vera e propria traditio dei contenuti.
In senso contrario, si è, invece, obiettato che la distribuzione sovente
prevede una preventiva moltiplicazione in copie e poi una cessione, cosa che non
avviene in Rete e, che, comunque, l'in sé del web-siting non è cedere
qualcosa a qualcuno ma consentirgli il godimento dei contenuti del sito.
È rilevante comprendere quali dei due diritti
inquadri meglio la pubblicazione di siti in Internet anche perché mentre il
diritto di distribuzione è soggetto all'esaurimento (cioè si considera che
alla prima cessione si esaurisce il potere, per colui che detiene inizialmente
quel diritto, di controllare ogni successiva rivendita o distribuzione di quell'opera),
nel caso del diritto di diffusione ogni singola utilizzazione continua a
considerarsi una forma di sfruttamento economica dell'opera.
Su questo aspetto, la direttiva europea ha affermato, nell'art. 3, che
è riconosciuto agli autori "il diritto esclusivo di autorizzare o vietare
qualsiasi comunicazione al pubblico, su filo o senza filo, delle loro opere,
compresa la messa a disposizione del pubblico delle loro opere in maniera tale
che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente".
In questo modo, utilizzando la categoria della
"comunicazione al pubblico", già presente nella Convenzione di Berna (art.
11 bis) e nel Trattato OMPI (art. 8), e da considerarsi assimilabile nella
nostra legislazione al diritto di diffusione, la direttiva ha decretato che
sussiste la suddetta comunicazione anche laddove il godimento dell'opera
scaturisca da una scelta di luogo e di tempo dell'utente stesso. Ciò che
esattamente avviene nella navigazione in Internet e che differenzia questo
strumento, ad esempio, dalla televisione.
Il considerando 23 del resto sottolinea
che "La presente direttiva dovrebbe armonizzare ulteriormente il diritto d'autore
applicabile alla comunicazione di opere al pubblico. Tale diritto deve essere
inteso in senso lato in quanto concernente tutte le comunicazioni al pubblico
non presente nel luogo in cui esse hanno origine."
Acclarato questo aspetto, la direttiva si occupa anche di ridefinire il diritto
di riproduzione. L'intenzione è quella di potere meglio controllare, mediante
una migliore definizione normativa, tutto quell'ampio sistema di condivisione
di opere, in particolare musicali (MP3) , ma presto anche video e
cinematografiche (sono già esistenti formati video ultracompatti che consentono
di racchiudere un film di due ore in circa 700 megabyte), che, a giudizio delle
case discografiche, sta arrecando grave danno al mercato.
Il dubbio che, in passato, anche qui, era sorto era se potesse essere
considerata riproduzione (ai sensi dell'art.
13 LDA) la copia conseguita con download. Infatti la riproduzione si
è sempre considerata fissazione su supporto materiale. Prima su carta e poi su
dischi, nastri, videocassette, CD.
Ora ci stiamo invece occupando di opere
immateriali che rimangono immateriali e non trovano una fissazione di tipo 'fisico':
esse semplicemente, sotto forma di byte, viaggiano dal server di
provenienza per i mille fili della Rete e convergono su un hard disk di un
utente qualsiasi, ove riappaiono sotto forma di file.
Su questo punto la direttiva ha, nell'art. 2, voluto fornire un'ampia
definizione di riproduzione affermando che: "Gli Stati membri riconoscono"
agli autori, agli interpreti, agli esecutori, ai produttori discografici, ai
produttori cinematografici e ai produttori televisivi, "il diritto esclusivo
di autorizzare o vietare la riproduzione diretta o indiretta, temporanea o
permanente, in qualunque modo o forma, in tutto o in parte".
Le espressioni "riproduzione diretta ed
indiretta" e "in qualunque modo", nonché i numerosi riferimenti presenti
nei considerando (ad esempio in materia di riproduzione temporanea - considerando
33), rendono manifesta la volontà di allargare il concetto di
riproduzione, sottesa ad esempio allo specifico diritto ex art. 13 LDA,
anche alle 'copie' immateriali e digitali che si effettuano mediante download.
Allo stesso tempo si è voluto ribadire il diritto in capo agli autori di
autorizzare o meno forme di distribuzione al pubblico delle loro opere o di
copie mediante la vendita o in altro modo. È previsto anche l'esaurimento del
diritto sempre che la prima vendita sia stata effettuata, nella Comunità, dal
titolare del diritto o col suo consenso (art. 4).
Il concetto di distribuzione ed il relativo
diritto era stato già rivisto, nella nostra legislazione, con il recepimento
della direttiva 92/100/CEE che ha provocato (con il D.Lgs.685/94) la modifica
dell'art. 17 LDA (e l'introduzione del 18-bis).
Le modifiche dell'articolo già allora riflettevano la volontà di consentire
delle modalità di commercializzazione e messa a disposizione anche su supporti
digitali ed immateriali.
La direttiva dunque sancisce definitivamente, anche per quanto riguarda le
modalità tipiche della "Società dell'Informazione" il diritto degli
autori sulle loro opere distribuite mediante i nuovi strumenti tecnologici.
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