La marcatura temporale, come abbiamo visto nell'articolo precedente,
rappresenta il perno su cui ruota la conservazione del documento informatico
sottoscritto con firma digitale, determinando in modo legalmente certo un
momento nel tempo in cui il documento sicuramente è esistente. E' chiaro che
l'utente che vuole avvalersi della firma digitale per gestire parte dei propri
rapporti giuridici, deve poter accedere con facilità a tale servizio, senza
troppe complicazioni tecniche, potendo firmare documenti informatici nella
consapevolezza che la loro conservazione sia non solo facilmente garantita nel
tempo, ma anche economicamente conveniente.
L'analisi della normativa e delle prime applicazioni pratiche lasciano
intravedere come tale essenziale strumento sia stato a mala pena considerato,
elaborando un sistema che non sembra proprio accettabile. Vediamo perché.
Il servizio di marcatura temporale. La marcatura temporale o time
stamping è la procedura informatica che si realizza quando l'utente invia
al certificatore l'impronta (hash) del documento informatico
sottoscritto, sul quale verrà apposta la marca, che contiene alcune
informazioni (art. 53 reg. tec.), tra cui
la data e l'ora di sua creazione, il tutto sottoscritto con la chiave di
marcatura temporale del certificatore, che verrà restituito all'utente. La
data e ora di generazione della marca è elaborata da un sistema che ne
garantisce l'affidabilità e universalità temporale (art. 55 ss. reg. tec.). La marca verrà
successivamente restituita all'utente entro un minuto dalla richiesta.
Difficoltà di accesso al servizio di marcatura temporale. Attualmente ci
sono certificatori che forniscono la firma digitale senza il correlativo
servizio di marcatura temporale. Com'è possibile? Nei manuali infatti l'aspetto
della conservazione del documento digitalmente sottoscritto è, per così dire
secondario, dando la netta impressione all'utente che la marcatura temporale
non sia di per sé essenziale, ma un mero servizio accessorio.
Dati gli effetti della marcatura temporale, sarebbe da imporre che il
certificatore fornisca il sevizio completo e non solo una parte, evitando all'utente
di correre i rischi già descritti..
Difficoltà di capire la durata della marca temporale. Fin dalle prime
applicazioni pratiche vengono utilizzate chiavi di marcatura temporale di 1024
bit, con una durata temporale, per esempio, di un anno. Questo comporta che a
norma dell'art. 60, comma 2, prima della
scadenza della marca , ai fini della continuità temporale della validità del
documento informatico, si dovrà applicare una nuova marca. E' chiaro che
sapere quando scade la marca temporale applicata è fondamentale, tuttavia
questa informazione non si trova tra le informazioni minime che ogni marca deve
contenere ex art. 53. In verità l'art. 53 va coordinato con l'art. 11, comma 5, che stabilisce che il
certificato delle chiavi di marcatura temporale debba contenere anche le
informazioni di cui al comma 1, il quale prevede alla lett. g) che sia indicato
il periodo di validità del certificato. Non si vede per quale motivo l'utente
deve andare a cercarsi nei manuali la durata della marca temporale (che non
sempre riesce a trovare), quando questa informazione dovrebbe essere contenuta
tra le informazioni che appaiono alla verifica della marca temporale. Tutto
ciò, oltre che essere complicato, rende difficile accertare il momento della
scadenza della marca temporale, problema però che con facilità si può
eliminare.
12. Complessità della gestione e incompatibilità delle marche nel tempo
Vi sono poi altri due problemi: uno riguarda la gestione delle marche
temporali prodotte nel tempo, l'altro l'incompatibilità dei sistemi di
verifica della marcatura temporale. Per il primo punto è chiaro che con l'andare
del tempo le marche temporali di durata annuale associate al documento ex art.
60, comma 2, saranno sempre più numerose e con tanti piccoli file dai nomi
simili, rendendone difficile la gestione. Preoccupa il fatto che per verificare
un documento vecchio di 20 anni si dovrà procedere alla verifica, oltre del
singolo documento, anche di tutte marche, rendendo il tutto molto laborioso per
l'utente. La soluzione sarà più agevole con il servizio di conservazione
documentale di cui all'art. 59 che, se
ben organizzato, darà veramente affidabilità circa la validità dei documenti
anche per il futuro.
Dall'altra parte i sistemi di verifica della marcatura temporale sono tra loro
incompatibili, dovendosi per forza utilizzare il servizio del certificatore che
l'ha apposta, rendendo anche in questo caso difficile per l'utente procedere
alla verifica della marca. L'utente infatti dovrebbe sapere nella migliore
delle ipotesi dove si trova per ogni certificatore la pagina web con il servizio
di verifica (soluzione peraltro ottimale), nella peggiore (nel caso in cui, come
avviene per la maggior parte, il certificatore non offra il servizio on-line)
dovrebbe possedere il programma di verifica di ogni certificatore. Sempre
ammesso che l'utente sia in grado di capire a chi appartiene la singola marca
temporale, dato che questa si identifica solo con l'estensione e non è
facile, per un non esperto, identificare dalla semplice marca il certificatore
che l'ha emessa.
Costi del servizio di marcatura temporale. Ci sono oggi certificatori che
propongono il servizio di marcatura con un costo pari a circa 5 francobolli
normali per ogni marca temporale. Si tratta di un costo esorbitante, specie se
si pensa che per inviare un lettera firmata basta un solo francobollo. E' quindi
evidente quale ostacolo, anche economico, può frapporsi alla diffusione della
firma digitale, se il servizio di marcatura temporale, e più in generale tutti
i servizi descritti, vengono proposti a costi troppo elevati rispetto ai sistemi
tradizionali.
Brevità delle marche temporali. Non si comprende per quale motivo si
utilizzino solo chiavi di marcatura temporale di 1024 bit, con una durata
limitata della marca. Una durata così breve rende il sistema poco pratico, con
necessità di continue applicazione nel tempo.
L'art. 4, comma 4, prevede che la
lunghezza della chiave debba essere di minimo 1024 bit, potendo benissimo
crearsi chiavi più robuste, che permettano al certificatore di generare ed
applicare chiavi di marcatura temporale che siano più durature nel tempo. Dal
punto di vista normativo, mentre per le chiavi di sottoscrizione c'è il
limite di durata di 3 anni, non sembra individuarsi tale limite anche per le
chiavi di marcatura temporale.
Da un punto di vista tecnico si osserva che le chiavi di certificazione sono
di solito di 2048 bit (si esamini l'elenco delle chiavi di certificazione LISTACER_20011213.ZIP
già citato) e hanno una durata di 5 o 10 anni, per cui non si comprende perché
non vengano create chiavi di marcatura più robuste che garantiscano una durata
di almeno 5 o 10 anni o meglio ancora 25 anni come sostiene Franco Ruggieri
(vedi Gli errori tecnici dello schema di
recepimento).
Non dovrebbero esserci troppi problemi tecnici all'utilizzo di chiavi più
robuste, dato che i programmi di firma elettronica più famosi (per esempio PGP)
gestiscono senza problemi chiavi di tali dimensioni o superiori.
Questo poi dovrebbe valere anche per lo stesso certificato di sottoscrizione,
abolendo il limite di 3 anni previsto nell'art.
22 DPR 445/2000, condividendo quindi la tesi di chi ritiene che la durata
dei certificati, quale elemento tecnico, debba essere regolamentato da fonti
normative di rango inferiore, più attente all'evoluzione tecnologica.
Resta un dubbio per quelle notizie circa la futura potenza dei computer
quantici, che potrebbero decifrare i più complessi codici crittografici (F.R.
Orlando, Internet Magazine, N. 57 pag. 46 ss, AT.&T, Peter Shor),
potendo allora mettere in discussione l'intero sistema.
Non obbligatorietà del servizio di conservazione documentale. Il
servizio di conservazione documentale di cui all'art. 59 è per ora solo in
fase sperimentale, ma presto si spera che sia disponibile per gli utenti. E'
sicuramente un servizio necessario, che dovrebbe essere, insieme alla marcatura
temporale, obbligatorio per il certificatore, in modo che l'utente abbia tutti
gli strumenti per poter operare con le dovute garanzie.
13. Altri sistemi di conservazione documentale
E' da segnalare che di recente sono state emanate nuove norme sulla
conservazione documentale (AIPA/42/2001 Regole tecniche per la riproduzione e
conservazione di documenti su supporto ottico), che sembra dare una certa
garanzia circa la possibilità di avvalesi di un idoneo sistema di conservazione
documentale, che peraltro, stante la sua non immediatezza, verrà applicato
soprattutto dalla pubblica amministrazione e dalle organizzazioni private di un
certo livello, mentre per il semplice privato, più utile sarà il sistema
precedente.
14. La leggibilità nel tempo del documento informatico
E' stato posto il problema circa la leggibilità nel tempo del documento
informatico, che con l'evoluzione tecnologica futura potrebbe non essere più
intelleggibile con i nuovi sistemi. Sul punto sembra che l'art. 5, comma lett.
h) della delibera AIPA/42/2001 abbia
previsto l'obbligo per il responsabile della conservazione di verificare ogni
cinque anni la leggibilità dei documenti conservati, con obbligo del
riversamento in supporti leggibili se necessario.
Questo tipo di attività potrebbe essere svolta anche dal certificatore nel
servizio di cui all'art. 59, a garanzia della conservazione dei documenti
depositati.
15. Conclusioni
Dopo questa lunga analisi proposta da un giurista, alcune riflessioni sono
venute in rilievo.
Il sistema della firma digitale presenta per ora ancora molti problemi
applicativi, dovuti forse alla mancanza di un idoneo "dialogo
socratico" tra saperi diversi, l'unico in grado di affrontare le varie
questioni con l'approfondimento necessario, ponendo al centro della
riflessione le domande e non le risposte.
Attualmente la normativa è in continua evoluzione, per cui non mancheranno le
occasioni per migliorare il sistema, verso una maggiore semplificazione e una
maggiore sicurezza, che si spera ne determineranno presto il successo.
Rimango infatti convinto che questa nuova "scrittura digitale" è uno
di quei tasselli che mancava per giungere ad un società pienamente
informatizzata, della cui portata forse non ci rendiamo nemmeno conto.