FAQ: Domande e risposte sulla firma
digitale
di Manlio Cammarata e Enrico Maccarone - 12.12.02
41. Ancora su home banking e firme elettroniche
Utilizzo regolarmente il servizio di home banking di BNL, che prevede, al
primo accesso, la generazione di un certificato previo invio di una
"chiave" rilasciata dalla banca. Il certificato viene poi custodito
sul PC dell'utente. Ad ogni ulteriore accesso al sito protetto, il certificato
deve essere validato tramite "firma". Vorrei sapere se questo tipo di
procedura può già essere considerato congruo con i criteri della firma
elettronica, ora in discussione. (Luigi Fraccaroli)
Continuiamo e approfondiamo il discorso iniziato nella FAQ
precedente. Secondo le definizioni dell'art.
2 del DLgv 10/02 si intende per "firma elettronica" l'insieme dei
dati in forma elettronica, allegati oppure connessi tramite associazione logica
ad altri dati elettronici, utilizzati come metodo di autenticazione
informatica".
Tralasciamo l'aspetto relativo all'uso del termine "autenticazione"
(che nell'ordinamento italiano ha un significato diverso) al posto di
"validazione" e vediamo che la definizione si adatta alla procedura
descritta dal lettore e comune a molti tipi di transazioni sicure via web.
Dunque, ai sensi della normativa attuale, la procedura può essere qualificata
come firma elettronica.
L'aspetto interessante è che in realtà si tratta di un riconoscimento
"tra macchine" e non relativo all'identità dell'utente. La differenza
fondamentale con la firma digitale qualificata è proprio nel fatto che la
procedura non dà la minima certezza su "chi" dispone una transazione
e quindi non può avere lo stesso valore della firma autografa apposta sul
modulo cartaceo di uso tradizionale.
Ora, come chiedeva l'autore della precedente FAQ, si deve capire qual è il
valore probatorio del documento informatico che la banca può produrre nel caso
di una contestazione sull'operazione. E' di assoluta evidenza che si tratta di
un documento "non firmato", perché non esiste alcuna certezza
sull'identità del soggetto che ha disposto la transazione. Quindi si rileva
ancora una volta l'assurdità della norma del nuovo art. 10, comma 2, del testo unico sulla
documentazione amministrativa. Che da una parte riconosce che il valore
probatorio di un documento informatico con firma elettronica è
"liberamente valutabile", ma dall'altra afferma che esso
"soddisfa il requisito legale della forma scritta", senza eccezioni.
Ma nella forma scritta è essenziale la firma autografa, che consente di
attribuire il documento a un determinato soggetto, e che può essere validamente
sostituita dalla firma digitale qualificata. Invece, con un metodo di
validazione come quello adottato dalle banche, questa attribuzione non è
possibile, quindi l'equiparazione del documento informatico così validato alla
forma scritta tradizionale è priva di fondamento.
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