InfoCamere: occorre un intervento
normativo
26.09.02
Egregio Direttore,
con la presente intendiamo fornire dei chiarimenti ai problemi sollevati dai
due articoli apparsi su questa rivista in data 19 settembre 2002 (ci riferiamo
rispettivamente all'articolo "Tra i "bachi"
delle norme e quelli dei programmi", a firma di Manlio Cammarata, ed a
quello intitolato "La firma è sicura, il documento no",
di Andrea Gelpi).
Ci sembra opportuno, innanzitutto, chiarire meglio l'excursus del software di
firma digitale DiKe e le ragioni delle scelte che InfoCamere ha adottato nel
tempo. Detto software è stato ideato e reso disponibile al pubblico
principalmente al fine di fornire uno strumento "di base" per
l'utilizzo della firma digitale, ed, in particolare, per consentire il dialogo
telematico con il sistema camerale.
Sulla scorta di dette esigenze, quindi, occorreva tenere in considerazione
complessivamente tutte le fasi di acquisizione del documento da parte della
pubblica amministrazione, tenendo ben presenti altresì le procedure di
"back office" relative all'archiviazione ottica dei documenti
pervenuti alle singole Camere di Commercio. In merito, la disciplina adottata
con la deliberazione AIPA 30 luglio 1998, n. 24
prevedeva all'art. 6, lett. b), delle espresse restrizioni dei documenti
informatici archiviabili otticamente, consentendo, in particolare, il
trasferimento del documento sul supporto di memorizzazione solamente se il
documento informatico originario era conforme allo standard SGML ovvero creato
in uno dei seguenti formati: PDF, AFP e Metacode.
Tale previsione, in realtà, poteva anche essere considerata superata dalla
disciplina di cui all'art. 61 del D.P.C.M. 8
febbraio 1999, il cui terzo comma stabiliva l'inapplicabilità delle
restrizioni di formato ai documenti creati originariamente su supporto
informatico, ma l'esigenza di ottimizzazione dei processi e l'assenza di regole
precise e definite sulla formazione dei documenti informatici all'interno della
pubblica amministrazione, rendevano comunque consigliabile, anche
prudenzialmente, il mantenimento all'interno del software DiKe delle inibizioni
alla possibilità di sottoscrivere digitalmente documenti in formato diverso da
quelli stabiliti dalla deliberazione AIPA n. 24/98 sopra citata.
Questa limitazione, ovviamente, ha comportato numerose segnalazioni da parte
degli utenti del software DiKe, i quali, vista la diffusione dei programmi MS
Word e MS Excel, chiedevano di includere anche detti formati tra quelli
"firmabili". Nel frattempo è stata adottata dall'AIPA la deliberazione n. 51/2000 del 23 novembre 2000,
recante "Regole tecniche in materia di formazione e conservazione di
documenti informatici delle pubbliche amministrazioni". La disciplina
contenuta nelle regole tecniche colma un vuoto normativo, in quanto non riferita
più solamente alla fase di archiviazione ottica di documenti (analogici o
informatici), ma relativa alla vera e propria fase di "formazione"
del documento. In tale ambito, le regole tecniche, invece di indicare
specificatamente i singoli formati utilizzabili per la creazione dei documenti,
definiscono i requisiti degli stessi (art. 4), i quali devono garantire, tra
l'altro "[.] b) la non alterabilità del documento durante le fasi di
accesso e conservazione; [.] d) l'immutabilità nel tempo del contenuto e
della sua struttura. A tale fine i documenti informatici non devono contenere
macroistruzioni o codice eseguibile, tali da attivare funzionalità che possano
modificarne la struttura o il contenuto". Il superamento della
"logica dei formati" è evidente: non sono più citati nominativamente
i formati consentiti, ma sono indicate le caratteristiche generali che gli
stessi devono assicurare.
Proprio tale cambiamento di prospettiva da parte dell'Autorità di controllo
ha potuto consentire un allargamento dei formati utilizzabili, con conseguente
inclusione degli stessi all'interno di quelli riconosciuti dal DiKe per
l'apposizione e la verifica della firma digitale. Sia ben chiaro che la norma
non esclude l'utilizzo di un determinato formato, ma esclude la liceità di un
formato che contenga all'interno delle macroistruzioni o del codice eseguibile.
In sostanza, nella pubblica amministrazione non è vietato utilizzare un file .doc,
ma è vietato utilizzare un file .doc che al proprio interno contenga delle
macro o dell'altro codice eseguibile (il quale, di per sé, non è quindi
considerato affidabile dalla normativa).
Quest'ultima osservazione ci consente di trattare il punto specifico degli
articoli apparsi su questa rivista. Sembra opportuno chiarire che il software
DiKe, così come qualsiasi altro software di firma digitale, nel momento in cui
provvede all'apposizione della firma ed alla successiva verifica non fa altro
che firmare (e verificare) il contenuto di un documento (o meglio ad estrarre un
hash del suo contenuto ed a firmare e verificare la firma apposta sullo stesso).
In tali ipotesi un'eventuale macro all'interno del documento viene identificata
dal software come parte integrante di detto contenuto. In sintesi, ciò che
viene firmato è "l'oggetto macro" il quale può contenere elementi
variabili (qualora sia stata attivata l'apposita funzione di aggiornamento). Da
un punto di vista informatico, però, la variazione dei valori contenuti nella
macro non comporta alcuna alterazione del documento. Il DiKe, quindi, si
comporta correttamente fornendo un esito positivo della verifica di firma in
quanto non vi è stata alcuna rottura dell'integrità del documento (unica
evenienza che potrebbe far supporre una modifica, tanto che le poche norme in
materia si riferiscono sempre alla "integrità" del documento, e non
alla immodificabilità dello stesso). Informaticamente perciò non si può
parlare di "bug" del software, non essendo presenti errori di
programmazione o di implementazione del meccanismo di firma digitale, e
tantomeno dichiararsi una non conformità rispetto alla normativa attualmente
esistente. Non solo. Le più recenti versioni degli applicativi MS Word e MS
Excel hanno reso meno agevole da parte dell'utente il controllo dell'esecuzione
di eventuali macroistruzioni contenute nei documenti con essi formati. La
presenza di dette macro non è più espressamente segnalata all'apertura del
documento e la loro disabilitazione deve essere eseguita manualmente
dall'utente.
Il nocciolo della questione, pertanto, non è nel software di firma digitale,
ma nella affidabilità dei formati dei documenti che i soggetti privati possono
utilizzare, tenuto conto delle limitazioni delle tecnologie attualmente a
disposizione. Sarebbe auspicabile un'indicazione espressa da parte del
legislatore (analoga a quella compiuta per le pubbliche amministrazioni con la
delibera n. 51/2000) sui requisiti di detti formati, rimanendo altrimenti in
capo a ciascuno la responsabilità dell'accettare o meno determinati tipi di
documenti in base a valutazioni sull'intrinseca sicurezza degli stessi che,
sicuramente, non sono alla portata di tutto il pubblico degli utenti della firma
digitale.
Un ultima notazione, che non vuol essere di smentita a quanto sopra
affermato, riguarda gli esempi riportati dall'articolo di Andrea Gelpi. Le
ipotesi di macroistruzioni nello stesso indicate (la data, l'ora, il nome del
documento, l'autore) riguardano, infatti, informazioni per la sicurezza e
certezza delle quali è stato necessario emanare una normativa sulla firma
digitale. La data inserita nel documento, infatti, a fini probatori ha uno
scarso valore, e il legislatore richiede l'apposizione di una marca temporale
per poter aver certezza di tale elemento. L'autore del documento (ammesso che
abbia qualche senso parlare di autore e non di sottoscrittore) non può
sicuramente ricavarsi dalla semplice macro, dato che tutto l'impianto della
firma digitale tende proprio ad assicurare la provenienza del documento stesso.
Ad ogni modo, InfoCamere non ritiene né ha mai affermato che il problema
segnalato sulla vostra rivista sia di scarso valore. Sicuramente sarebbe
opportuna e necessaria un'indicazione da parte del legislatore o dell'Autorità
di controllo che definisca chiaramente i requisiti dei formati utilizzabili per
la redazione e sottoscrizione di un documento informatico valido e rilevante ad
ogni effetto di legge. Nelle more, comunque, la scrivente provvederà a mettere
a disposizione sul proprio sito dei software di conversione dei documenti, in
modo da garantire agli utenti della firma digitale l'utilizzo di quei formati ad
oggi considerati affidabili, e verranno rese più evidenti a tutti gli
utilizzatori le avvertenze in merito alla sicurezza dei vari formati
utilizzabili (le quali sono state già inserite sul
sito da cui può essere effettuato il download del DiKe).
Infine, con specifico riferimento all'invio dei documenti alle Camere di
Commercio, fino a quando non saranno definiti i requisiti dei formati ammessi,
ed al fine di evitare sovraccarichi di lavoro agli uffici camerali (che
dovrebbero controllare volta per volta la presenza o meno di macroistruzioni
all'interno dei documenti spediti), sarà mantenuta la limitazione del software di
predisposizione informatica delle pratiche che non consente l'allegazione di
file in formato .doc e .xls ai fini della presentazione agli uffici camerali.
Il direttore relazioni esterne
Pierluigi Sacconi |