Contratti on-line e diritti del consumatore
di Enrico Dell'Orto - 24.02.200
Il recente sviluppo della rete Internet in Italia ha prodotto
rilevanti novità anche nell'ambito del diritto. Internet è stata per anni
una entità pressoché misteriosa per la assoluta maggioranza dei cittadini
italiani, affidata a pochi pionieri che regolamentavano i propri comportamenti
in virtù di una sorta di codice deontologico, la cosiddetta netiquette.
In seguito la rete è stata oggetto di un sempre maggiore interesse tanto di
istituzioni, quanto di aziende, quanto di privati cittadini che ne hanno
sviluppato le potenzialità. A questo sviluppo è però mancato un altrettanto
rapido sviluppo normativo, producendo incertezza e diffidenza nei soggetti che
vorrebbero utilizzare gli indubbi vantaggi a disposizione.
Per quel che riguarda il commercio in rete, uno dei primi
quesiti che si pone di fronte al navigatore è la comprensione della effettiva
validità del contratto. Al riguardo in Italia vi è una specifica disposizione
normativa (DPR 513/97) che ha provveduto a
disciplinare parte dei problemi giuridici sorti con l'e-commerce, e che qui si
analizzerà per la parte riguardante la validità della stipulazione
contrattuale.
La validità dei contratti on-line
L'articolo 11 comma 1 del decreto citato recita: "I
contratti telematici stipulati con strumenti informatici o per via telematica
mediante l'uso della firma digitale secondo le disposizioni del presente
regolamento sono validi e rilevanti a tutti gli effetti di legge". Con
ciò si sancisce la validità del contratto telematico concluso mediante l'apposizione
della firma digitale certificata secondo le modalità individuate dallo stesso
decreto (di seguito solo: certificata), ossia del contratto concluso mediante l'utilizzo
di un codice che rende certa la provenienza del file. Forme di garanzia contro
il loro abusivo utilizzo sono oggetto dello stesso decreto, che affida a
società per azioni il compito di certificazione e pubblicazione (art. 8).
Se dunque è certo che il contratto concluso con firma digitale
certificata sia valido, resta da chiarire quid juris per i contratti
on-line privi di firma digitale o con firma digitale non certificata.
I giuristi (su tutti per autorevolezza De Nova "Un
contratto di consumo via Internet" in I Contratti, Febbraio, 1999, pagina
113) hanno considerato comunque validi i contratti on-line conclusi senza
firma digitale certificata: quando due soggetti, mediante terminale, comunicano
reciprocamente la propria volontà negoziale in modo idoneo al raggiungimento di
un accordo, tale attività rientra in quanto previsto dall'articolo 1321 c.c.
Talché è alla disciplina dei contratti in generale, ovvero alla disciplina di
un contratto tipico, che si deve far riferimento per quel che riguarda la
disciplina applicabile. Né più, né meno di quello che si avrebbe per un
contratto concluso senza l'utilizzo della telematica.
Non paiono in questo senso convincenti le opinioni contrarie: la
previsione della validità dei contratti on-line conclusi utilizzando la firma
digitale certificata non è idonea ad escludere, di per sé, la validità dei
contratti conclusi senza tale strumento. Una attenta lettura della norma
supporta questa tesi: nell'articolo 11 non vi è nulla che indichi una
esclusione di validità di contratti conclusi in rete senza l'utilizzo della
firma digitale certificata; e non si può validamente sostenere che la
previsione di validità di una forma di contratto escluda la validità dei
contratti conclusi con forme diverse. La trattativa on-line, l'offerta, l'accettazione
e la conclusione del contratto si caratterizzano semplicemente per la mancanza
della certezza dell'identità della controparte, mancanza che non è
sufficiente a determinare l'esclusione di tale accordo dalla tutela garantita
dall'ordinamento. La difficoltà, ed eventualmente l'impossibilità di
provare, in caso di lite, quale sia il soggetto obbligato, e dunque quale sia il
soggetto su cui gravano le conseguenti responsabilità, è un elemento che non
riguarda la formazione dell'accordo.
Sotto quest'ultimo punto di vista, l'esperienza pratica
insegna che gli operatori economici che utilizzano Internet per la conclusione
di contratti, sovente adottino misure idonee all'individuazione dell'obbligato.
Questo è indice di un problema ancora insoluto, e che i privati hanno cercato
di superare. Ma ciò non rende plausibile la tesi che chiede l'invalidità del
contratto on-line a causa della incertezza rispetto la riconoscibilità del
soggetto stipulante. L'accoglimento di tale ragionamento equivarrebbe ad
escludere, in modo del tutto arbitrario ed al di fuori di qualsiasi previsione
legislativa, tutti quei contratti che si perfezionano a distanza, senza la
sottoscrizione da parte del contraente o, più in generale, senza che vi sia la
certezza dell'identità dello stipulante.
Con questo, si noti bene, non si vuole né minimizzare né
sottovalutare il grave problema della sicurezza del negozio, dove per sicurezza
si deve intendere la certezza del contraente rispetto ai propri diritti, e
soprattutto rispetto alla effettiva possibilità di tutelarli. Quella dell'utilizzazione
della rete in modo fraudolento è una delle questioni più spinose, e alla quale
tanto le istituzioni quanto i gestori fanno fatica a dare risposte efficaci.
Tale situazione non deve però spingere ad un irrazionale rifiuto dello
strumento telematico quelle mezzo per lo sviluppo di un nuovo modo di
commerciare beni e servizi.
Il diritto di recesso
Il secondo comma dell'articolo 11 del DPR 513/97 prevede l'applicazione
delle norme del DLgs 15 gennaio 1992, n. 50 "Attuazione della direttiva n.
85/577/CEE in materia di contratti negoziati fuori dai locali commerciali"
ai contratti on-line conclusi mediante firma digitale certificata. La ratio
della norma farebbe presumere l'applicabilità del DLgs 50/92 a tutti i
contratti on-line conclusi con firma digitale certificata, senza le limitazioni
d'applicabilità previste dallo stesso DLgs 50/92. Diversamente non si
capirebbe l'utilità del secondo comma, in quanto i contratti on-line
risultano già compresi dall'articolo 9 comma 1 del DLgs 50/92. Talché,
secondo l'interpretazione di parte della dottrina, ad ogni contratto on-line
con firma digitale certificata il compratore godrebbe sempre del diritto di
recesso, entro 7 giorni, mentre al venditore spetterebbero sempre i conseguenti
obblighi di informazione.
Tale interpretazione non può essere accolta. In primis
è da rilevare l'illogicità che si verrebbe a creare: da una parte una
maggiore protezione e tutela di categorie, quali i titolari di firma digitale
certificata, che si dimostrano (per il semplice fatto di possedere ed utilizzare
tale strumento) maggiormente esperte dei problemi giuridici di Internet, dall'altra
l'esclusione di tale ultra-protezione dei consumatori meno esperti, non in
possesso di tale firma. Talché l'articolo
11, tanto al comma 1 quanto al comma 2, pare il frutto di un atteggiamento
eccessivamente prudente del legislatore.
Il contratto on-line è valido, e a questo si applicano, quando è possibile,
anche le norme previste dal DLgs 50/92.
Nuovi diritti per il consumatore
Rispetto al contratto on-line si è aggiunta recentemente la
normativa prevista dal decreto legislativo 22
maggio 1999, n. 185, che recepisce la direttiva
97/7/CE, inerente alla tutela del consumatore in materia di vendita a
distanza. Nulla questio sulla applicabilità del DLgs 185/99 ai contratti
on-line: infatti l'articolo 1 del decreto definisce il contratto a distanza
"il contratto avente per oggetto beni o servizi stipulato tra un fornitore
ed un consumatore nell'ambito di un sistema di vendita o di prestazione di
servizi a distanza organizzato dal fornitore che, per tale contratto, impiega
esclusivamente una o più tecniche di comunicazione a distanza fino alla
conclusione del contratto, compresa la conclusione del contratto stesso".
Qualora il contratto on-line, con o senza firma digitale certificata, venga
stipulato secondo la metodologia individuata dall'articolo di cui sopra, deve
essere applicata la normativa del DPR 185/99. Qualora non sia applicabile il
DLgs 185/99 resta salva l'applicazione del DLgs 50/92, in tutti quei casi dove
sia possibile.
Tornando al DLgs 185/99, esso sia applica a contratti conclusi tra fornitori e
consumatori, ad eccezione di una serie di contratti individuati dall'articolo
2.
a) diritto d'informazione
A norma del decreto, il fornitore è obbligato a fornire una
serie di informazioni al consumatore (identità del fornitore e, in caso di
contratti che prevedono il pagamento anticipato, l'indirizzo del fornitore;
caratteristiche essenziali del bene o del servizio; prezzo del bene o del
servizio, comprese tutte le tasse o le imposte; spese di consegna; modalità del
pagamento, della consegna del bene o della prestazione del servizio e di ogni
altra forma di esecuzione del contratto; esistenza del diritto di recesso o di
esclusione dello stesso; modalità e tempi di restituzione o di ritiro del bene
in caso di esercizio del diritto di recesso; costo dell'utilizzo della tecnica
di comunicazione a distanza, quando è calcolato su una base diversa dalla
tariffa di base; durata della validità dell'offerta e del prezzo; durata minima
del contratto in caso di contratti per la fornitura di prodotti o la prestazione
di servizi ad esecuzione continuata o periodica), che devono essere esposte
in modo chiaro e comprensibile; tali informazioni devono essere fornite anche
per iscritto non oltre la conclusione del contratto.
b) diritto di recesso
Inoltre il consumatore gode del diritto di recesso, la cui
decadenza varia a seconda dell'oggetto del contratto; se il contratto prevede
la compravendita di beni, il recesso è esercitabile per i dieci giorni
successivi dal giorno del ricevimento della merce, ove siano stati soddisfatti
gli obblighi di informazione scritta, o dal giorno in cui questi ultimi siano
stati soddisfatti, qualora ciò avvenga dopo la conclusione del contratto
purché non oltre il termine di tre mesi dalla conclusione stessa; se oggetto
del contratto è un servizio, dal giorno della conclusione del contratto o dal
giorno in cui siano stati soddisfatti gli obblighi di informazione scritta,
qualora ciò avvenga dopo la conclusione del contratto purché non oltre il
termine di tre mesi dalla conclusione stessa.
Nel caso in cui il fornitore non abbia soddisfatto gli obblighi
di informazione scritta, il termine per l'esercizio del diritto di recesso è di
tre mesi e decorre, per i beni, dal giorno del loro ricevimento da parte del
consumatore, mentre decorre dal giorno della conclusione del contratto per i
contratti inerenti servizi.
c) divieto di vendita "aggressiva"
Inoltre, ex articolo 9, "è vietata la fornitura di
beni o servizi al consumatore in mancanza di una sua previa ordinazione nel caso
in cui la fornitura comporti una richiesta di pagamento". Tale norma
interviene in un campo particolarmente delicato, quale quello delle cosiddetta vendite
aggressive. E' purtroppo noto come la vendita di beni e servizi abbia
conosciuto tecniche che spesso fanno dubitare delle loro liceità. Una di queste
è sicuramente la vendita aggressiva, ossia la vendita caratterizzata dalla
particolare aggressività del venditore, che interviene all'interno della
sfera privata del cittadino, consegnando o fornendo direttamente beni o servizi
non richiesti, chiedendone al contempo (o in un tempo differito) il pagamento.
La posizione che viene ad assumere il venditore, anche se solo da un punto di
vista psicologico, è quella del debitore, e questo perché spesso il soggetto
che non ha chiesto nulla, si vede nella materiale impossibilità di restituire
il bene non richiesto, consegnatogli contro la sua volontà ed in modo
ingannevole.
Finalmente una parola chiara è stata posta in questo campo. E
se di questo possono dirsi soddisfatti tutti i consumatori, anche il consumatore
che conclude contratti on-line ha trovato una difesa contro i tentativi delle
aziende di collocare i propri prodotti senza rispettare la libertà altrui: non
sarà più possibile far trovare al navigatore un servizio non richiesto, per
poi chiederne il pagamento.
d) indisponibilità dei diritti
A rafforzare l'intero impianto, il decreto ha sancito come
irrinunciabili tutti diritti del decreto stesso. Con questo si è evitato il
sorgere della deprecabile usanza delle aziende di far comparire all'interno di
lunghissimi contratti, piccole e brevi frasi che il consumatore medio non legge
con la necessaria attenzione, e che eludono le protezioni contrattuali che il
legislatore ha inteso garantire.
Per concludere, alla luce di quanto detto, credo che si possa
dire che oggi il contratto trovi su Internet un campo di applicazione nuovo, ma
già oggetto di opportuni interventi dottrinali e legislativi.
La possibilità di concludere contratti valutando con rapidità una pluralità
di offerte facilmente comparabili, senza la necessità di doversi spostare
fisicamente, unito alle nuove garanzie che il legislatore ha individuato,
costituiscono le premesse per lo sviluppo dell'e-commerce. I vantaggi macro e
micro economici ci sono illustrati da tutti gli economisti e dalla nostra stessa
esperienza diretta; ai giuristi non rimane che garantirne il sereno sviluppo, ed
eventualmente proporre i necessari correttivi legislativi o interpretativi
qualora si verificassero storture o prevaricazioni. |