Il recesso nei contratti on line di servizi
turistici
di Laura Liguori* -
20.04.2000
I. I contratti a distanza nel settore turistico
I contratti conclusi mediante l'uso di tecniche di comunicazione a distanza
sono stati oggetto di un recente intervento legislativo, in attuazione della
direttiva europea 97/7. Il decreto
legislativo 22 maggio 1999, n. 185 infatti, ha introdotto una nuova
disciplina in materia, e trova applicazione anche nel caso di contratti conclusi
attraverso Internet, in attesa che la Commissione europea prima e il legislatore
nazionale poi adottino una disciplina specifica sul commercio elettronico.
In questa sede affronteremo le problematiche relative all'applicazione alla
fornitura di servizi turistici attraverso Internet della normativa sui contratti
a distanza e sui contratti conclusi fuori dei locali commerciali.
Attualmente sono già operativi in Italia alcuni siti web attraverso i quali
è possibile effettuare prenotazioni on-line o scegliere un pacchetto
turistico o un altro servizio da un catalogo on-line. Nella maggior parte
dei casi, la transazione non si conclude via Internet, ma necessita dell'intervento
di agenzie collegate al soggetto che effettua l'offerta. In ogni caso,
tuttavia, nel momento in cui il contratto viene concluso non c'è la
contestuale presenza del consumatore e del fornitore del servizio, dal momento
che quasi sempre la prenotazione viene confermata telefonicamente così come via
telefono o via banca vengono effettuati i relativi pagamenti.
II. Legislazione italiana su contratti a distanza, contratti conclusi fuori
dai locali commerciali e l'offerta di servizi turistici
L'aspetto più importante della nuova disciplina sui contratti a distanza,
oltre ad alcuni obblighi di informazione a carico del fornitore, è quello
connesso al diritto di recesso attribuito al cliente (articolo
5 del DLgv 185). Tale diritto di recesso si caratterizza per l'assenza
di spese, penalità o indennizzi a carico del consumatore, il quale è
esclusivamente obbligato alla restituzione del bene al fornitore ed a sostenere
le spese necessarie a tal fine. Il consumatore ha pertanto diritto di inviare al
fornitore una comunicazione in cui dichiara di voler recedere dal contratto,
mediante lettera raccomandata con ricevuta di ritorno, senza che assumano alcun
rilievo i motivi che sono alla base della sua decisione. La comunicazione deve
essere spedita entro 10 giorni che decorrono:
a) per i beni, dal giorno del loro ricevimento da parte del consumatore, nel
caso in cui siano state fornite le informazioni previste dallo stesso decreto e
secondo le modalità ivi indicate oppure dal giorno in cui i suddetti requisiti
siano stati soddisfatti (ove ciò avvenga dopo la conclusione del contratto, ma
non oltre il termine di tre mesi dalla conclusione);
b) per i servizi, dal giorno della conclusione del contratto o dal giorno in cui
siano state fornite le informazioni sub a), qualora ciò avvenga dopo la
conclusione del contratto purché non oltre il termine di tre mesi dalla
conclusione stessa.
Con riguardo in particolare alla fornitura di servizi turistici, tuttavia, l'articolo
7 introduce una importante deroga, escludendo espressamente dall'ambito
della sua applicazione i "contratti di fornitura di servizi relativi
all'alloggio, ai trasporti, alla ristorazione, al tempo libero, quando all'atto
della conclusione del contratto il fornitore si impegna a fornire tali
prestazioni ad una data determinata o in un periodo prestabilito".
Il decreto fornisce inoltre una definizione del contratto a distanza: esso ha
per oggetto beni o servizi ed è stipulato tra un fornitore e un consumatore,
nell'ambito di un sistema organizzato dal fornitore, il quale impiega
esclusivamente una o più tecniche di comunicazione a distanza fino alla
conclusione del contratto, compresa la conclusione del contratto stesso.
La tecnica di comunicazione a distanza, invece, è una tecnica che consente la
conclusione del contratto senza la presenza fisica e simultanea del fornitore e
del consumatore: il decreto contiene anche una lista indicativa di tali tecniche
e si può senz'altro annoverare tra esse anche Internet (nell'Allegato
I si fa riferimento alla posta elettronica, ma non ai siti web).
Occorre sottolineare come il decreto si inserisca in un quadro normativo
piuttosto complesso, dal momento che già esisteva in Italia una legislazione a
tutela del consumatore per i contratti conclusi fuori dai locali commerciali,
dettata dal DLgv 15 gennaio 1992, n. 50. L'articolo 1 del DLgv 50/92 definisce
i contratti conclusi fuori dei locali commerciali come quei contratti per la
fornitura di beni o per la prestazione di servizi conclusi al domicilio del
consumatore (porta a porta) o sul posto di lavoro del consumatore, durante un'escursione
organizzata dal fornitore, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, per
corrispondenza o comunque tramite catalogo consultato dal consumatore senza la
presenza del fornitore.
L'articolo 9, inoltre, estende l'ambito di applicazione delle proprie
disposizioni anche ai contratti "conclusi mediante l'uso di strumenti
informatici e telematici". Appare evidente, pertanto, come un contratto
concluso via Internet, oltre a cadere nella definizione di contratto a distanza,
rientri anche nella categoria dei contratti conclusi fuori dai locali
commerciali.
Per i contratti conclusi fuori dai locali commerciali il DLgv 50/92
attribuisce al consumatore un diritto di recesso da esercitarsi entro 7 giorni,
che decorrono:
a) dalla data di sottoscrizione del contratto, nel caso di prestazione di
servizi o fornitura di beni ove al consumatore sia stata mostrata la merce
oggetto del contratto;
b) dal giorno del ricevimento della merce, nel caso di fornitura di beni ove l'acquisto
sia avvenuto senza la presenza del fornitore (ad es. tramite catalogo) o sia
stata mostrata una merce diversa da quella oggetto del contratto.
Come risolvere, dunque, le conseguenze della inevitabile sovrapposizione tra le
due normative? Il nostro legislatore, consapevole delle antinomie, ha introdotto
all'articolo 15 del 185/99 una norma
transitoria, in base alla quale, in attesa della emanazione di un testo unico di
coordinamento tra i due testi legislativi, si applicheranno le disposizioni più
favorevoli al consumatore contenute nel 185/99.
Secondo una prima interpretazione (vedi Il Sole 24 ore, 21 febbraio 2000),
da tale ultima disposizione scaturirebbe una importante conseguenza: se
normalmente, in base all'articolo 7 del 185/99, per un contratto concluso via
Internet avente ad oggetto servizi turistici che vengono forniti ad una data
determinata o in un periodo prestabilito, non è attribuito al consumatore il
diritto di recesso di cui sopra, dovendosi in base al citato articolo 15
applicare solo le disposizioni più favorevoli al consumatore, si deve ritenere
che il diritto di recesso in questione venga attribuito al consumatore anche per
quei servizi normalmente esclusi. Secondo questa interpretazione, pertanto,
anche l'offerta di servizi turistici (pacchetti o biglietti o prenotazioni di
albergo o altro) da fornire ad una data determinata o in un periodo
prestabilito, per la quale normalmente non è previsto diritto di recesso,
sarebbe invece soggetta al diritto di recesso di cui al 185/99.
Come è facile comprendere, questa interpretazione metterebbe seriamente a
rischio la vendita on line di biglietti aerei o pacchetti turistici, che,
infatti, in Italia non si è ancora del tutto sviluppata. Non solo: poiché,
come abbiamo già evidenziato, la maggior parte dei siti web che offrono servizi
turistici lo fanno appoggiandosi ad agenzie, prevedendo che la prenotazione
definitiva avvenga per via telefonica, con la comunicazione dei dati relativi
alla carta di credito dell'utente, appare evidente come anche in questo caso
si possa affermare che il contratto è concluso fuori dei locali commerciali e a
distanza e pertanto che la normativa sopra citata debba ritenersi applicabile.
Se così fosse, gli operatori dovrebbero prevedere questa facoltà di recesso,
che invece solitamente non viene attribuito al consumatore se non nei limiti
previsti dalla legislazione speciale.
A questa normativa già stratificata e confusa, infatti, si aggiunge una
normativa specifica, più risalente ed ancora diversa, quella posta dalla
Convenzione di Bruxelles del 1970, ratificata con Legge 27 dicembre 1977, n.
1084. In base a questa normativa, infatti, e in particolare all'articolo 9
della 1084/77, "il viaggiatore può annullare il contratto in qualsiasi
momento, totalmente o parzialmente, a condizione di indennizzare l'organizzatore
di viaggi conformemente alla legislazione nazionale o secondo le disposizioni
del contratto".
Pertanto, al viaggiatore che intende recedere dal contratto di viaggio verrà
applicata una penale e non sarà restituita l'intera somma versata come
corrispettivo. Una simile facoltà di "annullamento" del contratto
(leggi: recesso dal contratto) è attribuita al consumatore anche dal DLgv 17
marzo 1995, n. 111, riguardante i viaggi, le vacanze e i circuiti "tutto
compreso" (i cosiddetti pacchetti turistici), ma solo nel caso in cui l'organizzatore
proceda a revisione del prezzo in misura superiore al 10% rispetto a quello
originariamente indicato o quando abbia modificato un elemento essenziale del
contratto: in questo caso, il consumatore ha diritto di usufruire di un altro
pacchetto turistico ovvero a recedere dal contratto ottenendo la restituzione di
quanto già pagato, salvo il risarcimento di ogni ulteriore danno.
III. Conclusioni
L'interpretazione sopra prospettata, dunque, non convince. Come abbiamo
già avuto modo di evidenziare, l'articolo 15 del 185/99, nel prevedere l'applicazione
delle norme più favorevoli al consumatore in esso contenute fino all'adozione
del testo unico di coordinamento, intende porre rimedio ad eventuali antinomie
tra la legislazione sui contratti conclusi fuori dai locali commerciali e quella
sui contratti a distanza. In assenza di tale norma di coordinamento, ad esempio,
poiché il contratto via Internet può farsi rientrare in entrambe le categorie,
sarebbe lecito chiedersi quale termine di decadenza per il diritto di recesso
risulterebbe applicabile: quello di 7 giorni previsto dal Decreto 50 o quello di
10 giorni previsto dal Decreto 185? E da quando comincerebbe a decorrere tale
termine?
Tale norma, in definitiva, non ha altra conseguenza se non quella di fare
prevalere le disposizioni più favorevoli per il consumatore in caso di norme
discordanti: essa, dunque, ha il solo scopo di introdurre un criterio per
risolvere le antinomie tra i due testi legislativi. Per l'esercizio del
diritto di recesso, ad esempio, si applicherà il termine di 10 giorni, in
quanto ritenuto più favorevole al consumatore, e non quello di 7 giorni
previsto dal 50/92, e così dicasi per qualsiasi altra disposizione a favore del
consumatore.
La portata della norma non può certo estendersi fino al punto di introdurre
un diritto di recesso dove la stessa legge lo esclude e dunque di eliminare (sia
pure temporaneamente) una deroga che la stessa normativa introduce
precedentemente. Una simile lettura dell'articolo 15 finirebbe con lo
snaturare l'impianto del 185/99 e tradire gli obiettivi della direttiva
97/7/CEE che esso attua.
Nel caso in esame, infatti, non di una vera e propria antinomia si può parlare,
laddove il 50/92 non prevede alcuna differenziazione di disciplina per i servizi
turistici, mentre il 185/99 introduce un deroga per i contratti che li hanno ad
oggetto. Di fronte a questa diversità di disciplina, se si dovesse ritenere
esistente un contrasto di norme, in base all'articolo 15 del 185/99, sarebbe
oltremodo difficile comprendere quale potrebbe essere la norma dello stesso
decreto più favorevole al consumatore.
Né si potrebbe ritenere applicabile, in virtù dell'articolo 15, il
diritto di recesso in 10 giorni che lo stesso 185/99 prevede, perché si
finirebbe per negare efficacia ad una norma che lo stesso precedentemente ha
introdotto all'articolo 7 (deroga al diritto di recesso).
A nostro avviso, pertanto, sarebbe opportuno ritenere che la deroga introdotta
dall'articolo 7 del 185/99 stia ad indicare che, in materia di contratti a
distanza, la fornitura di servizi turistici è regolata da norme speciali.
Seguendo questa interpretazione, la deroga al diritto di recesso entro 10 giorni
attribuito in via generale al consumatore, introdotta dall'articolo 7 del
185/99 non avrebbe altra conseguenza se non quella di limitare le possibilità
di recesso del consumatore da un contratto di fornitura di servizi turistici
esclusivamente a quelle espressamente regolate dalla legislazione speciale, in
particolare dalla legge 1084 e dal decreto 111 sopra citati.
* Studio
legale Puopolo Sistilli Geffers & Luise |