Quanti obblighi per il
venditore in rete
di Manlio Cammarata - 11.11.99
Una settimana fa, nell'affrontare il problema
delle misure
minime di sicurezza per la protezione dei dati personali,
abbiamo visto che esse sono solo una parte di una serie di adempimenti che
riguardano tutti i fornitori di servizi a distanza, e in particolare quelli del
commercio elettronico.
Avviare un'attività di fornitura in rete di beni
o servizi non comporta problemi iniziali molto diversi da quelli di qualsiasi
altra attività commerciale e che riguardano la costituzione della società o
della ditta individuale, l'iscrizione alla Camera di commercio e altre
autorizzazioni, necessarie nel caso che la vendita avvenga in locali aperti al
pubblico.
Per l'apertura di un "negozio virtuale" c'è una formalità, prevista
dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, che recita:
Art. 18 (Vendita per corrispondenza,
televisione o altri sistemi di comunicazione)
1. La vendita al dettaglio per corrispondenza
o tramite televisione o altri sistemi di comunicazione è soggetta a previa
comunicazione al comune nel quale l'esercente ha la residenza, se persona
fisica, o la sede legale. L'attività può essere iniziata decorsi trenta giorni
dal ricevimento della comunicazione.
A questo punto entra in gioco una serie di norme
specifiche. Le più importanti, per ora sono queste:
- La normativa del codice civile, e in particolare
gli articoli 1469-bis e seguenti sui contratti del consumatore.
- Il DLgs 50/92 sui contratti negoziati al di
fuori dei locali commerciali.
- Le disposizioni più recenti, quelle del decreto
legislativo 22 maggio 1999, n. 185
"Attuazione della direttiva 97/7/CE relativa alla protezione dei
consumatori in materia di contratti a distanza".
Tutta la materia dovrà essere rivista in tempi
relativamente brevi, quando sarà in vigore la direttiva europea sul commercio
elettronico, ora allo stato di proposta.
Qui vediamo l'ultimo decreto, che attua la direttiva
97/7CE sui contratti a distanza in
generale, mentre la proposta in discussione riguarda in particolare il commercio
elettronico nel mercato interno.
Il DLgs 185/99 si sovrappone, in alcuni punti, a un precedente provvedimento, il
DLgs 50/92 sui contratti negoziati al di fuori dei locali commerciali, anche
questo in attuazione di una direttiva europea, precisamente la vecchia
85/577/CEE. In sostanza - e questo è un bene - tutte le normative dei Paesi
europei che riguardano direttamente o indirettamente il commercio telematico
hanno la stessa matrice comunitaria.
Le prime prescrizioni da seguire sono contenute
nell'articolo
3 (in neretto i passaggi
più importanti):
Art. 3. Informazioni per il consumatore
1. In tempo utile, prima della conclusione di
qualsiasi contratto a distanza, il consumatore deve ricevere le seguenti
informazioni:
a) identità del fornitore e, in caso di contratti che prevedono il pagamento
anticipato, l'indirizzo del fornitore;
b) caratteristiche essenziali del bene o del servizio;
c) prezzo del bene o del servizio, comprese tutte le tasse o le imposte;
d) spese di consegna;
e) modalità del pagamento, della consegna del bene o della prestazione del
servizio e di ogni altra forma di esecuzione del contratto;
f) esistenza del diritto di recesso o di esclusione dello
stesso ai sensi dell'articolo 5, comma 3;
g) modalità e tempi di restituzione o di ritiro del bene in caso di esercizio
del diritto di recesso;
h) costo dell'utilizzo della tecnica di comunicazione a distanza, quando è
calcolato su una base diversa dalla tariffa di base;
i) durata della validità dell'offerta e del prezzo;
l) durata minima del contratto in caso di contratti per la fornitura di prodotti
o la prestazione di servizi ad esecuzione continuata o periodica.
2. Le informazioni di cui al comma 1, il cui
scopo commerciale deve essere inequivocabile, devono essere fornite in modo
chiaro e comprensibile, con ogni mezzo adeguato alla tecnica di comunicazione a
distanza impiegata, osservando in particolare i principi di buona fede e di
lealtà in materia di transazioni commerciali, valutati alla stregua delle
esigenze di protezione delle categorie di consumatori particolarmente
vulnerabili.
L'ultimo passaggio, con tutta evidenza è quello
più critico: non solo si deve fornire una serie di informazioni
particolareggiate (la maggior parte delle quali , di solito, è già presente
nelle offerte commerciali a distanza), ma queste informazioni devono osservare
"i principi di buona fede e di lealtà in materia di transazioni
commerciali, valutati alla stregua delle esigenze di protezione delle categorie
di consumatori particolarmente vulnerabili". Si pensa ai bambini, ma questa
disposizione potrebbe rivelarsi un tranello in altri casi, per esempio nella
vendita di apparecchiature di alto contenuto tecnologico ad acquirenti
impreparati, per livello di istruzione o per condizioni socio-economiche. Con le
conseguenze che è facile immaginare.
Le informazioni, che si suppone siano offerte in
video, devono poi essere confermate ai sensi dell'articolo
4:
Art. 4 - Conferma scritta delle
informazioni
1. Il consumatore deve ricevere conferma
per iscritto o, a sua scelta, su altro supporto duraturo a sua disposizione
ed a lui accessibile, di tutte le informazioni previste dall'articolo 3, comma
1, prima od al momento della esecuzione del contratto. Entro tale momento
e nelle stesse forme devono comunque essere fornite al consumatore anche le
seguenti informazioni:
a) un'informazione sulle condizioni e le modalità di esercizio del diritto di
recesso ai sensi dell'articolo 5, inclusi i casi di cui all'articolo 5, comma 2;
b) l'indirizzo geografico della sede del fornitore a cui il consumatore può
presentare reclami;
c) le informazioni sui servizi di assistenza e sulle garanzie commerciali
esistenti;
d) le condizioni di recesso dal contratto in caso di durata indeterminata o
superiore ad un anno.
Attenzione: questo significa che le informazioni
elencate nell'articolo precedente, devono essere presentate una seconda volta,
al più tardi al momento dell'esecuzione del contratto, che consiste nella
consegna del bene o nell'inizio della fornitura del servizio. "Per
iscritto" significa "su carta"? Probabilmente è questo che
intende il legislatore, e comunque il consumatore potrebbe pretendere il
"pezzo di carta" o, perché no? un dischetto...
Segue un comma di comprensione non immediata
2. Le disposizioni di cui al presente
articolo non si applicano ai servizi la cui esecuzione è effettuata mediante
una tecnica di comunicazione a distanza, qualora i detti servizi siano forniti
in un'unica soluzione e siano fatturati dall'operatore della tecnica di
comunicazione. Anche in tale caso il consumatore deve poter disporre
dell'indirizzo geografico della sede del fornitore cui poter presentare reclami.
E' una disposizione abbastanza oscura, che di
fatto sembra escludere la necessità della seconda informazione quando la
prestazione consiste in un servizio che si esaurisce "in un sol
colpo", fornito dallo stesso "operatore della tecnica di
comunicazione". In sostanza non dovrebbe riguardare la maggior parte degli
operatori del commercio elettronico.
Gli articoli 5, 6 e 7 riguardano il diritto di
recesso e l'esecuzione del contratto, con una serie di clausole particolari e di
casi di esclusione. Da segnalare in particolare l'articolo
5, che stabilisce il diritto di recesso
da parte del consumatore entro il termine di dieci giorni dal ricevimento del
bene o dalla conclusione del contratto (i dieci giorni diventano tre mesi se il
venditore non ha rispettato l'obbligo della conferma scritta).
Per l'esercizio del diritto di recesso, il quarto comma dello stesso articolo 5
rende obbligatoria la "lettera raccomandata con avviso di
ricevimento". Non è previsto l'uso della firma digitale applicata a una
e-mail, e sarà interessante vedere che cosa accadrà quando qualcuno cercherà
di recedere da un contratto a distanza servendosi di un "documento
informatico valido e rilevante a tutti gli effetti di legge"...
Un'altra disposizione importante è contenuta
nell'articolo
6: se il fornitore non è in grado di
dare esecuzione all'ordine entro trenta giorni, a causa dell'indisponibilità
(anche temporanea) del bene o del servizio, deve informare il consumatore e
rimborsargli le somme eventualmente già corrisposte. L'adempimento non può
avvenire con una fornitura diversa da quella pattuita, anche se di valore più
alto, senza il preventivo consenso del consumatore.
L'articolo
8 protegge il consumatore quando usa la
carta di credito (o il Bancomat, che dal punto di vista tecnico è una
"carta di debito") e può essere fonte di problemi per il venditore.
Infatti, se il consumatore dimostra che l'addebito eccede il prezzo pattuito o
che la sua carta è stata utilizzata fraudolentemente, l'emittente della carta
gli restituisce i soldi e può addebitare l'importo al fornitore. Dunque è
necessario richiedere sempre l'autorizzazione. Se la transazione avviene
attraverso un centro di servizi, questo dà il via alla prestazione solo dopo
l'accertamento presso il centro di autorizzazione della carta, e quindi non si
corrono rischi.
L'articolo
9 contiene alcune prescrizioni abbastanza
ovvie, che tuttavia alcuni operatori piuttosto disinvolti in qualche caso
cercano di ignorare o di aggirare: è vietata la fornitura di beni o servizi al
consumatore in mancanza di una sua previa ordinazione, nel caso in cui la
fornitura comporti una richiesta di pagamento. Inoltre il consumatore non è
tenuto ad alcuna prestazione corrispettiva in caso di fornitura non richiesta e
la mancata risposta non significa consenso. Dunque non è possibile inviare una
proposta che preveda l'invio "automatico" di un bene, contro un
corrispettivo, nel caso che il destinatario non dichiari esplicitamente di non
volerlo ricevere.
Vediamo ancora l'articolo
11 e l'articolo 12. Il primo stabilisce
che i diritti sanciti dallo stesso decreto legislativo sono irrinunciabili.
Eventuali clausole di deroga sono nulle. Inoltre, anche se è stato convenuto
che il contratto è soggetto alla legge di uno Stato diverso, al consumatore
italiano spettano comunque i diritti sanciti dalla normativa italiana.
L'articolo
12 stabilisce per le cause civili la
competenza territoriale inderogabile del giudice del luogo di residenza o
domicilio del consumatore (è nulla quindi la consueta clausola, comunque
vessatoria, che indica la competenza del foro di residenza del fornitore).
Le disposizione transitorie e finali (articolo
15) stabiliscono che il contratto a
distanza deve obbligatoriamente contenere il riferimento al decreto legislativo
185/99 e che "Fino alla emanazione di un testo unico di coordinamento delle
disposizioni di cui al presente decreto legislativo con la disciplina recata dal
decreto legislativo 15 gennaio 1992, n. 50, alle forme speciali di vendita
previste dall'articolo 9 del decreto legislativo 15 gennaio 1992, n. 50, e dagli
articoli 18 e 19 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, si applicano le
disposizioni più favorevoli per il consumatore contenute nel presente decreto
legislativo".
Dunque il legislatore, rendendosi conto che il quadro normativo è diventato
confuso, promette un testo unico e stabilisce che, nel frattempo, in caso di
norme discordanti si applicano quelle più favorevoli al consumatore.
Per concludere vediamo un punto molto delicato:
l'articolo
10 disciplina l'uso della posta
elettronica per l'invio di messaggi non richiesti a liste di indirizzi (quello
che nel gergo dell'internet si chiama mail spamming). Questa attività
ricade nel campo di applicazione della legge sul trattamento dei dati personali
ed è richiamata (con una formula diversa) anche dall'articolo
10 del DLgs 171/98, sulla tutela della
vita privata nel settore delle telecomunicazioni. Nel testo che stiamo
esaminando suona così:
Art. 10 - Limiti all'impiego di talune
tecniche di comunicazione a distanza
1. L'impiego da parte di un fornitore del
telefono, della posta elettronica di sistemi automatizzati di chiamata senza
l'intervento di un operatore o di fax, richiede il consenso preventivo del
consumatore.
2. Tecniche di comunicazione a distanza
diverse da quelle di cui al comma 1, qualora consentano una comunicazione
individuale, possono essere impiegate dal fornitore se il consumatore non si
dichiara esplicitamente contrario.
Il primo comma è praticamente inapplicabile alla
lettera, perché di fatto vieta il mail spamming: sarebbe necessario un
primo mail spamming per ottenere il consenso - che, fra l'altro -
andrebbe richiesto con le complicate formule previste dalla legge 675/96 (la
gestione di un elenco di possibili clienti è, a tutti gli effetti, un
trattamento di dati personali).
La futura direttiva europea prevede una soluzione
piuttosto complessa, ma certamente più ragionevole: tutti i consumatori che non
vogliono ricevere comunicazioni commerciali dovrebbero iscriversi in un apposito
elenco, che il venditore dovrebbe consultare preventivamente. E' probabile che
questo controllo verrà compiuto automaticamente da appositi programmi (perché
l'elenco dovrà essere consultabile per via telematica) e che questa formalità
possa essere compiuta dai fornitori dei servizi di intermediazione.
E' un argomento di grande importanza, che
esamineremo meglio nel prossimo futuro.
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