Prima di procedere riepiloghiamo il contenuto del primo articolo:
La Corte di Giustizia europea ha affermato in più decisioni (sentenza N.
C-67/98 del 21 ottobre 1999 Diego Zenatti - sentenza N. C-243/01 del 6 novembre
2003 Piergiorgio Gambelli) che ogni Stato può porre dei limiti alla libera
circolazione dei servizi, a condizione che tali limiti rispondano realmente ad
obiettivi tali da giustificarli e che le restrizioni imposte non risultino
sproporzionate rispetto a tali obiettivi.
a) La Corte ha esplicitamente escluso, tra gli altri, quali
giustificato motivo per restringere e limitare la libera circolazione dei
servizi che la riduzione o la diminuzione delle entrati fiscali (punto 61 della
sentenza Gambelli).
b) Inoltre: laddove le autorità di uno Stato membro inducano ed incoraggino i
consumatori a partecipare alle lotterie, ai giuochi d'azzardo o alle scommesse
affinché il pubblico erario ne benefici sul piano finanziario, le autorità di
tale Stato non possono invocare l'ordine pubblico sociale con riguardo alla
necessità di ridurre le occasioni di giuoco per giustificare provvedimenti
limitativi (punto 69 sentenza Gambelli).
c) Ancora: le restrizioni devono perseguire in ogni caso l'obiettivo di
un'autentica riduzione delle opportunità di giuoco e il finanziamento di
attività sociali attraverso un prelievo sugli introiti derivanti dai giuochi
autorizzati costituisce solo una conseguenza vantaggiosa accessoria, e non la
reale giustificazione, della politica restrittiva attuata (punto 62 sentenza
Gambelli).
d) Di più, la libera prestazione dei servizi comprende non solo la libertà del
prestatore di offrire ed effettuare servizi per destinatari stabiliti in uno
Stato membro diverso da quello sul cui territorio si trovi il detto prestatore,
ma anche la libertà di ricevere o beneficiare, in quanto destinatario, dei
servizi offerti da un prestatore stabilito in un altro Stato membro, senza
essere impedito da restrizioni (punto 55 sentenza Gambelli).
E' evidente che in Italia la situazione è ben diversa
rispetto a queste ipotesi.
Come espressamente già indicato in decine e decine di decisioni di merito, i
giudici hanno evidenziato il proliferare in Italia di giochi e scommesse nonché
il reiterato tentativo da parte del legislatore, ampiamente attuato, di ampliare
l'offerta di giochi e scommesse.
E' pure evidente che tale scelta ha lo scopo (peraltro palesemente dichiarato)
di aumentare le entrate per lo Stato.
E' da evidenziare che di recente anche la Corte di cassazione ha omesso di
assumere decisioni nei giudizi avanti alla stessa disponendo rinvii in attesa
delle decisioni dei giudici comunitari (avanti i quali la normativa italiana è
stata sottoposta per la terza volta).
Questo è il quadro (riferito alla specifica materia di giochi e scommesse) nel
quale si inserisce cronologicamente e storicamente l'art. 66 della legge
finanziaria in via di approvazione.
Sorge una prima domanda:
il legislatore sa tutto questo o lo ignora , o finge di ignorarlo?
Se lo ignora è grave ma è ancora più grave se, essendo a conoscenza di quanto
sopra, propone un articolo come quello della finanziaria.
In questo caso ci si deve chiedere perché fa questo e chi ne trae un vantaggio;
ma soprattutto: trattandosi di restrizioni a servizi, chi ne paga le
conseguenze? ("suppongo" il consumatore italiano che viene limitato,
spremuto, sempre a vantaggio. di chi?).
Ma ciò che ancora è più importante è altro: non vi sono
in Italia disposizioni analoghe (sappiamo che al mondo solo in pochissimi Paesi
- Paesi arabi - vi sono norme analoghe, con l'unica differenza che in questi
paesi è vietato nel modo più assoluto fare scommesse).
"Stupisce" questa attenzione del legislatore tanto più che non vi sono
normative assimilabili neppure per segmenti di criminalità molto più gravi
(sempre che il fare scommesse con allibratori esteri legittimati possa essere
considerata una attività criminale): pedofilia, traffico di organi, mafia,
ecc., la cui gestione repressiva è affidata a norme generali, senza il
coinvolgimento di responsabilità della figura del provider.
Se verrà approvata questa finanziaria vi saranno quindi
problemi non irrilevanti per i provider, i quali dovranno adempiere a una
imposizione (legittima?) pena gravi conseguenze economiche (tra 30 mila a 180
mila euro per caso).
La responsabilità del provider nell'ambito del commercio elettronico è
prevista dagli artt. 15 e 16 del decreto
legislativo 9 aprile 2003 n. 70 (attuazione della direttiva 2000/31/CE relativo
a taluni aspetti giudiziari dei servizi della società dell'informazione, in
particolare del commercio elettronico nel mercato interno). Vediamoli:
Art. 15 (Responsabilità nell'attività di memorizzazione
temporanea - Caching)
1. Nella prestazione di un servizio della società dell'informazione
consistente nel trasmettere, su una rete di comunicazione, informazioni fornite
da un destinatario del servizio, il prestatore non è responsabile della
memorizzazione automatica, intermedia e temporanea di tali informazioni
effettuata al solo scopo di rendere più efficace il successivo inoltro ad altri
destinatari a loro richiesta, a condizione che:
-
non modifichi le informazioni;
-
si conformi alle condizioni di accesso alle informazioni;
-
si conformi alle norme di aggiornamento delle informazioni, indicate in un
modo ampiamente riconosciuto e utilizzato dalle imprese del settore;
-
non interferisca con l'uso lecito di tecnologia ampiamente riconosciuta e
utilizzata nel settore per ottenere dati sull'impiego delle informazioni;
-
agisca prontamente per rimuovere le informazioni che ha memorizzato, o per
disabilitare l'accesso, non appena venga effettivamente a conoscenza del fatto
che le informazioni sono state rimosse dal luogo dove si trovavano inizialmente
sulla rete o che l'accesso alle informazioni è stato disabilitato oppure che un
organo giurisdizionale o un'autorità amministrativa ne ha disposto la rimozione
o la disabilitazione.
2. L'autorità giudiziaria o quella amministrativa aventi funzioni di
vigilanza può esigere, anche in via d'urgenza, che il prestatore,
nell'esercizio delle attività di cui al comma 1, impedisca o ponga fine alle
violazioni commesse.
Art. 16 (Responsabilità nell'attività di memorizzazione
di informazioni - Hosting)
1. Nella prestazione di un servizio della società dell'informazione
consistente nella memorizzazione di informazioni fornite da un destinatario del
servizio, il prestatore non è responsabile delle informazioni memorizzate a
richiesta di un destinatario del servizio, a condizione che detto prestatore:
-
non sia effettivamente a conoscenza del fatto che l'attività o
l'informazione è illecita e, per quanto attiene ad azioni risarcitorie, non sia
al corrente di fatti o di circostanze che rendono manifesta l'illiceità
dell'attività o dell'informazione;
-
non appena a conoscenza di tali fatti, su comunicazione delle autorità
competenti, agisca immediatamente per rimuovere le informazioni o per
disabilitarne l'accesso.
2. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano se il destinatario del
servizio agisce sotto l'autorità o il controllo del prestatore.
3. L'autorità giudiziaria o quella amministrativa competente può esigere,
anche in via d'urgenza, che il prestatore, nell'esercizio delle attività di cui
al comma 1, impedisca o ponga fine alle violazioni commesse.
Invece l'articolo della finanziaria in via di approvazione
dice:
- Il Ministero dell'Economia e delle Finanze -
Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato, fermi i poteri dell'autorità
e della polizia giudiziaria ove il fatto costituisca reato, comunica ai
fornitori di connettività alla rete internet ovvero ai gestori di altre reti
telematiche o di telecomunicazioni o agli operatori che in relazione ad esse
forniscono servizi tematici o di telecomunicazione, i casi di offerta,
attraverso le predette reti di giochi, scommesse o concorsi pronostici con
vincite in denaro in difetto di concessione, autorizzazione licenza od altro
titolo autorizzatorio o abilitativi o comunque in violazione delle norme di
legge o di regolamento o dei limiti o delle prescrizioni definiti dall'Amministrazione
stessa.
--. I destinatari delle comunicazioni hanno l'obbligo di inibire l'utilizzazione
delle reti, delle quali sono gestori o in relazione alle quali forniscono
servizi per lo svolgimento dei giochi, delle scommesse o dei concorsi pronostici
di cui al comma --, adottando a tal fine misure tecniche idonee in conformità
quanto stabilito con uno o più provvedimenti del Ministero dell'Economia e
delle Finanze - Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato.
- In caso di violazione dell'obbligo di cui al comma 13, si applica una sanzione
amministrativa pecuniaria da 30.000 a 180.000 euro per ciascuna violazione
accertatata. L'autorità competente è l'Amministrazione Autonoma dei Monopoli
di Stato.
Per quali ragioni solo per questa attività relativa alle
scommesse è previsto un così pesante aumento di pena a carico dei provider ?
(tra l'altro questo "obbligo" in cui verrebbe a trovarsi il provider è in
netto contrasto con la normativa comunitaria).
In ultimo: non è da sottovalutare il fatto che a molti di questi siti il
consumatore accede anche solo per avere informazioni e non per scommettere.
Oggi lo stato italiano limita l'accesso a queste
informazioni, domani cosa limiterà?
Ttto questo a vantaggio di chi? E. perché?
Oggi si limitano le informazioni sulle scommesse, domani cosa ?
.. attendiamo con interesse gli sviluppi dell'approvazione
della finanziaria sul punto in questione, con la promessa di approfondire ancor
più le tematiche in questione.
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