E' bene, a questo punto, fare cenno ad alcune delle iniziative intraprese
in ambito europeo in merito al tema dei pagamenti elettronici. Una comunicazione
della Commissione del 1987 - la COM (86) 754 del 12 gennaio 1987 - era
denominata "Una prospettiva per l'Europa: le carte elettroniche di
pagamento".
Sempre nel 1987, il giorno 8 di dicembre, vede la luce la raccomandazione
della Commissione 87/598 CEE relativa ad un codice europeo di buona condotta
in materia di pagamento elettronico (Relazioni fra istituti finanziari,
commercianti-prestatori di servizio e consumatori). Il timore di fissare norme
destinate a divenire presto obsolete e magari anche ad essere da freno allo
sviluppo dei sistemi, porta ad individuare in un codice di buona condotta la
più adeguata ed elastica delle soluzioni, anche per la protezione dei
consumatori. A questi ultimi va infatti garantita sicurezza e comodità, mentre
occorre maggiore produttività e sicurezza per prestatori ed emittenti. I
principi di lealtà e un'interoperatività il più possibile generalizzata
sono le strade da seguire.
L'anno successivo la Commissione redige la raccomandazione
88/590/CEE del 17 novembre relativa ai sistemi di pagamento, in particolare
al rapporto tra il proprietario della carta e l'emittente della carta. In
essa, partendo dal presupposto che i sistemi di pagamento sono parte essenziale
del mercato interno, si cerca di definire una tutela dei consumatori più
efficace attraverso l'applicazione di condizioni contrattuali comuni ai vari
tipi di servizi finanziari a loro disposizione, tra i quali spiccano i metodi di
pagamento.
Quest'ultima raccomandazione è stata aggiornata dalla raccomandazione
della Commissione 97/489/CE del 30 luglio 1997 relativa alle operazioni
mediante strumenti di pagamento elettronici, con particolare riferimento alle
relazioni tra gli emittenti ed i titolari di tali strumenti. Essa porta in
allegato la Comunicazione COM (97) 353, denominata "Accrescere la fiducia
dei consumatori negli strumenti di pagamento elettronici nel mercato
unico".
La raccomandazione in questione si distingue per una maggiore analiticità
nel definire la natura di uno strumento di pagamento elettronico, anche se il
Parlamento europeo - attraverso la Commissione giuridica e per i diritti dei
cittadini - ha parlato di "un campo di applicazione e definizioni
enigmatiche ed oscure". Le fattispecie di strumenti di pagamento
elettronico elencate in tale raccomandazione sono in rapporto di genere a
specie: l'insieme più ampio è quello degli strumenti di pagamento
elettronico; tale insieme ricomprendeil gruppo degli strumenti di
pagamento mediante accesso a distanza e quello degli strumenti di moneta
elettronica.
Ecco quindi apparire, a distanza di più di dieci anni dalla prima Comunicazione
in materia, sistemi di pagamento nuovi, tra cui la moneta elettronica. Nella
comunicazione allegata, la Commissione dichiara che le prospettive circa lo
sviluppo del commercio elettronico fanno prevedere una sempre crescente esigenza
di strumenti di pagamento che offrano caratteristiche di sicurezza, efficienza e
facilità d'uso.
8. Regolamentazione e vigilanza
L'emissione di moneta elettronica pone dei problemi di regolamentazione e di
vigilanza cui l'Unione europea non è rimasta insensibile, vista la mancanza di
regolamentazione in materia. Bisogna infatti comprendere che la moneta
elettronica presenta caratteristiche tali da renderla simile al contante.
L'operazione di emissione di moneta elettronica non è altro che una conversione
del contante in una nuova forma, e cioè in quella digitale. Come bene ha
chiarito il Comitato economico e sociale "l'emissione di moneta elettronica
[.] non crea moneta, ma la sostituisce". Tant'è vero che
caratteristiche come la non rintracciabilità possono essere mantenute nel
passaggio all'utilizzazione della moneta elettronica. Si tratta di un mezzo di
pagamento diverso dal contante, ma simile a questo.
Per rendersi conto di come si sia data risposta all'esigenza dell'anonimato
è bene tornare alla tecnologia di eCash, denominata blind signature. In
sostanza, non è la banca a generare le monete elettroniche, ma il software nel
computer del cliente a dare inizio a tale creazione. È lo stesso programma che
si occupa quindi della generazione di numeri di serie casuali e che provvede
all'inserimento del blinding factor, r.
Quindi tali monete vengono spedite alla banca in una busta digitale. Il
messaggio contenuto nella busta, ossia le monete con i relativi numeri casuali,
grazie al valore casuale r, non è conoscibile da parte della banca.
Quest'ultima si limita ad apporre la propria firma digitale attraverso la busta,
concludendo in tal modo il processo di generazione delle monete digitali di cui
però, stavolta, non può conoscere il numero di serie. Ovviamente è in questa
fase che la banca provvede anche all'addebito del conto del cliente per il
relativo ammontare (vedi D. MASCIANDARO, A. MANTICA, op. cit., p. 79
ss.).
L'utilizzo del blinding factor pone però problemi in relazione al
riciclaggio del denaro di provenienza illecita. Alcuni studi hanno addirittura
dimostrato la possibilità di commettere il crimine
perfetto, come rapimento e riscossione del riscatto tramite banche
virtuali.
Nel prossimo articolo esamineremo la risposta dell'Unione europea alle
accennate questioni di regolamentazione e vigilanza.