Aste on line: finalmente indicazioni chiare
di Enzo Maria Tripodi* - 12.07.02
Lo scorso 19 giugno è stata firmata dal ministro Marzano la circolare n.
3547/C recante indicazioni sulle aste on line, condividendo l'avveduta
dottrina che ha ritenuto non sussistente un generale divieto di svolgimento di
questa modalità di vendita. Se volessimo essere un po' salaci sarebbe stato
curioso leggere un commento ad opera di quanti (e sono davvero tanti) si sono
profusi nel rilevare - ahiloro! - che purtroppo in Italia le aste on line
sono vietate. Un pizzico di bon ton impone però di non spargere, a piene
mani, sale sulle ferite già a suo tempo aperte (vedi Sono davvero vietate le aste su internet?) e di passare subito ad alcune brevi note di commento.
Nelle poche righe che seguono non intendo occuparmi - se non di passata -
del contenuto della circolare, invero così puntiglioso da non meritare quasi
alcuna chiosa a margine. Il "quasi" è doveroso poiché c'è
certamente qualche profilo che merita ulteriori specificazioni, ma si tratta -
vogliate scusare l'impudenza - di argomenti "per addetti ai lavori"
che, difficilmente, possono essere apprezzati senza prima aver terminato la
scuola dell'obbligo. Non vorrei, poi, guastare la sorpresa ai nostri
"esperti". Con una metafora - dati i tempi - d'ambiente
calcistico, diciamo che giocherò "di rimessa", attendendo le dotte
dissertazioni di qualche improvvisato giurista, per poi "segnare" in
contropiede. Commentatore avvisato ..
L'impostazione della circolare
L'aspetto più interessante della circolare risiede, a mio avviso, nel
metodo seguito nella sua impostazione.
Anzitutto, il Ministero ha inteso risolvere un serio problema, non prestando
orecchie al canto delle sirene che, sostanzialmente, imponevano di attendere un
necessario (quanto improbabile) superamento del divieto dell'art. 18, comma 5 del DLgs n. 114/98,
mercé una sua abrogazione ad opera del legislatore. Si è invece seguita una
strada di corretta interpretazione che, mi auguro, sia percorsa fino in fondo:
ha senso mantenere il divieto delle aste (anche on line) per i soli venditori al
dettaglio? Ecco dove servirà un intervento legislativo, magari nel tanto atteso
testo di coordinamento sul diritto dei consumatori, di cui all'art. 15, comma
2, del D.Lgs. n. 185/1999.
La circolare è poi strutturata lungo quattro principali direttrici.
La prima è quella descrittiva. Le modalità di asta più comuni hanno ora un
testo normativo (seppure al fondo della scala delle fonti di produzione
normativa) che ne consacra la legittima cittadinanza. L'operatore che
deciderà, dunque, attraverso il suo sito di svolgere aste secondo il metodo
Vickrey non si vedrà più guardato come uno strano animale, ovvero
costretto ad una ampia copia di disclosure per spiegare la legittimità
del criterio di aggiudicazione.
La seconda direttrice è quella precettiva. Come si potrà vedere dando una
occhiata alla circolare, il Ministero ricostruisce il quadro delle principali
norme applicabili direttamente alle aste on line, a cominciare dalle
disposizioni contenute nel Testo unico delle leggi di p.s. (Tulps). Non mancano,
poi, le indicazioni disciplinari per i produttori (industriali, agricoli ed
artigiani), nonché per gli intermediari del commercio (che, salve specifiche
eccezioni, non sono commercianti), in primis i mediatori
"pubblici" e gli agenti di affari in mediazione. Non serve - in
questa sede - indugiare ulteriormente.
La terza direttrice è quella interpretativa. La circolare prende di petto
alcune tra le questioni più dibattute (si fa per dire) del commercio
elettronico, tra le quali il valore giuridico da riconoscere al bando d'asta
ed il luogo di conclusione di un contratto via Internet.
"Salvo che non sia stabilito diversamente - indica la circolare -, ai
sensi di quanto indicato dall'art. 1336 cod. civ., la vendita all'asta è
una offerta al pubblico e non un invito a contrattare rispetto al quale il
banditore d'asta (o il venditore qualora sia soggetto diverso) si riserva il
diritto di accettare o meno la proposta". Per quanto riguarda la
conclusione del contratto, questo "si conclude nel momento dell'aggiudicazione
e nel luogo in cui si trova il venditore. Trattandosi di vendita effettuata
tramite Internet non è agevole stabilire quale sia il luogo di conclusione del
contratto. Al riguardo si ritiene che, in mancanza di indicazioni contrarie da
parte del venditore, il contratto si concluda presso la sede dell'impresa
ovvero il domicilio se questi è un consumatore".
Avendo indicato, senza lesinare particolari, queste soluzioni in tempi non
sospetti non posso - ovviamente - che convenire, nonostante sia costretto,
anche recentemente, a leggere elucubrazioni di qualche volenteroso studioso, che
non vanno al di là di ricognizioni meramente scolastiche della questione e,
quindi, del tutto superflue.
La quarta direttrice della circolare - che possiamo designare come
"politica" - è quella che fornisce le indicazioni più interessanti.
Mi riferisco, in particolare, a quanto contenuto nel paragrafo 5, sotto la voce
"Ulteriori indicazioni per gli operatori".
Non so quanti leggendolo saranno in grado di cogliere il "disegno"
politico sotteso a quella che sembra una mera fatica dell'ovvio. E' ovvio
- direte - che bisogna identificarsi (ma quanti lo fanno, seppur sia
espressamente stabilito ex art. 2250 cod. civ.?); come pure è ovvio che bisogna
rispettare la legge sulla privacy, la disciplina sulle garanzie nella vendita
(comprese quelle ex art. 1519-bis e segg. cod. civ.), le regole di
responsabilità del produttore. A queste aggiungo, per sovramercato, le
disposizioni sulla concorrenza, sulla tutela delle privative industriali ed
intellettuali, etc.
In realtà, oltre a costituire un promemoria per l'imprenditore (per nulla
scontato), il "catalogo" ha una finalità ben precisa che è quella di
favorire, dall'alto, una operazione di autodisciplina. Non si tratta però
della solita autodisciplina che conosciamo, ossia quella che viene imposta agli
operatori dal più forte - generalmente sotto la veste anodina di standard
tecnico (Do you know Microsoft?) - e poi consacrata e rafforzata in un
testo legislativo; Si tratta, invece, di una procedura che possiamo definire
come "circolare" (si passi il gioco di parole).
In sostanza, il legislatore, indicati gli obiettivi di tutela delle imprese e
degli utenti, fornisce una serie di elementi (sia normativi che contrattuali; si
veda, per es., alla lettera e), una disposizione sul conflitto di interessi) che
costituiscono una bozza di autoregolamentazione che le imprese del settore
possono (o devono, a seconda dei casi) usare nella propria attività.
Le rappresentanze delle imprese, a seguito di una "concertazione" (è
un termine leggermente improprio, ma non me ne vengono di migliori per rendere
il concetto) con le rappresentanze dei consumatori, si presentano al legislatore
chiedendo di "autenticare" il patto.
Con una funzione para-notarile del Ministero, il cerchio è così chiuso,
evitando soluzione assunte "dall'alto" secondando il più forte
(meglio non escludere - a priori - il rischio di una "legge Mammì"
per il commercio elettronico), ovvero decise, sull'onda dell'emergenza, dall'incompetente
di turno.
Nel caso delle aste on line il "catalogo" ha, peraltro, anche l'intento
espresso di costituire un contenuto variabile della licenza, ex art. 115 Tulps,
di modo che il questore possa graduare la possibile cauzione dovuta sulla base
del più o meno ampio regime di regole che l'imprenditore si impegna
formalmente a rispettare. E non è risultato da poco.
Conclusioni
Da quanto detto, pare evidente (ora) quale sia il reale valore della
circolare che, se ha il pregio innegabile di risolvere un problema, per un altro
verso - quello più importante - indica una modalità di lavoro
assolutamente condivisibile. Quando iniziamo a percorrerla su altri temi?
Il primo che mi viene in mente è quello concernente i nomi di dominio. Non
manca giorno senza la pubblicazione di articoli (e, addirittura volumi) in cui
raramente un lampo di intelligenza riesce a bucare pagine all'insegna di
discorsi segnati da una ovvietà da lasciare senza fiato.
Resto ansioso di iniziare a lavorare - scomodando la dottrina
"seria" - su una proposta di disciplina da consegnare al
legislatore, per non correre il rischio di doverci poi (tutti concordi)
lamentare di testi come il famigerato "Passigli".
|