Nel corso dei secoli passati, lo sviluppo della società ha
avuto tempi caratteristici sufficientemente lenti per consentire a molti attori
di prendere coscienza dell'evoluzione della società e dell'affermarsi di nuove
classi sociali.
La nostra società, invece, si sta evolvendo verso una società
dell'informazione con tempi caratteristici così rapidi da impedire una presa di
coscienza diffusa riguardo ciò che sta avvenendo.
Sfortunatamente, l'elevata velocità di questa evoluzione,
unita ad una tecnofobia diffusa ed alla colpevole disattenzione degli organi
d'informazione, ha come effetto un'ignoranza dei diritti e dei doveri che
spettano agli attori di questa nuova società. Tale ignoranza è causa di molti
dei problemi di cui si discute, anche un questo forum.
Per comprendere questa affermazione bisogna analizzare i diversi attori presenti
nella società dell'informazione.
Credo che gli attuali abitanti della società
dell'informazione possano essere raggruppati in tre stati: gli utenti, i
consumatori ed i cittadini.
Gli utenti sono lo stato più arretrato, utilizzano gli strumenti senza rendersi
conto delle peculiarità e delle potenzialità dei mezzi che hanno a
disposizione.
I consumatori sono uno stato intermedio poiché, come i consumatori nella
società della materia, hanno coscienza di taluni aspetti e consumano molti dei
prodotti offerti.
I cittadini sono il punto di arrivo per ogni abitante: come
nella società della materia, un cittadino ha una ragionevole cognizione dei
suoi diritti e dei suoi doveri ed è in grado di affrontare quasi tutte le
situazioni che può incontrare.
In dieci anni sono stati fatti enormi passi avanti per dotare la società
dell'informazione di infrastrutture, strumenti tecnici, leggi, servizi, prodotti
ed utenti: ben poco è stato fatto per rendere questi utenti dei cittadini.
Le osservazioni riportate da Maccarone nella sua relazione L'informatica di Don Chischiotte
non sono, purtroppo, un'eccezione: gli stessi utenti e gli stessi problemi
organizzativi e di budget si incontrano a all'università di Tor Vergata, dove
sono docente del corso di informatica personale. Dai racconti di amici e
colleghi la situazione è analoga in quasi tutti gli atenei che.
Come contraltare degli abitanti ci sono le aziende il cui business è, a vario
titolo, legato alla società dell'informazione. Per tali aziende, i decisori
interni possono essere raggruppati in due categorie: i commercianti e gli
imprenditori.
Con il termine commerciante non si intende specificare una
particolare tipologia d'impresa caratterizzata per dimensioni od offerta, bensì
identificare un management interessato a tutelare, oggi, il proprio
mercato da tutti gli elementi di instabilità e, quindi, spaventato dai pericoli
che le nuove tecnologie pongono al loro business. Se tale miopia porterà danni
nel medio e lungo periodo all'azienda, il problema sarà affrontato al momento.
In quest'ottica ritengo vada inteso il diffuso utilizzo dei sistemi di digital
restriction management evidenziati da Giustozzi nella sua relazione I meccanismi di DRM non
funzionano e non funzioneranno mai. Le aspettative dei commercianti sono
quelle di una società composta di utenti dai pochi diritti ed i molti doveri.
Gli imprenditori delle aziende della società
dell'informazione, pur essendo consci dei pericoli presenti, investono e
sviluppano la propria attività imprenditoriale cercando di ottenere vantaggi
economici ed innovando prodotti e processi. Hanno coscienza che, come in tutti i
progetti strategici, anche in questo caso i ritorni economici non saranno
immediati, ma il mercato della rete ha dimostrato di poter remunerare
generosamente chi investe in modo innovativo. Gli imprenditori hanno bisogno di
consumatori o cittadini perché il loro business risulti remunerativo: tanto
pochi saranno i consumatori (o i cittadini) tanto meno saranno gli imprenditori
disposti ad investire nella società dell'informazione e la società rimarrà
nelle mani dei commercianti.
Si dice che la classe politica sia lo specchio della società
che l'ha eletta: le scelte fatte in questi anni dai governanti di molti paesi
sembrano dare ragione a quest'adagio. Pochissimi dei nostri rappresentanti hanno
capito la portata e la velocità dei cambiamenti in atto, irrisorio è il numero
di coloro che hanno idee su cosa fare.
Questa asimmetria di competenze, conoscenze ed obiettivi tra abitanti, aziende e
classe politica è - come anticipato - alla base di molti degli eventi che
quotidianamente ci troviamo a commentare e discutere.
La promulgazione di leggi come il famigerato "decreto
Urbani", sono la dimostrazione del livello della nostra classe politica,
nonché nella dissimmetria di comprensione delle esigenze dei diversi attori.
Questa non è una novità; nel corso dei secoli il legislatore - ad esempio -
prima di riconoscere diritti ai lavoratori, ha atteso che la società prendesse
coscienza del loro ruolo. Solo allora ha promulgato leggi che fossero un punto
di equilibrio tra gli interessi dei datori di lavoro ed i diritti dei
lavoratori.
Oggi siamo in una fase simile, dove il potere delle lobby dei
commercianti, unito alla superficialità dei media nel trattare gli argomenti ed
alla diffusa incompetenza degli utenti, sta spingendo il legislatore a segnare
una via di sviluppo della società dell'informazione diversa da quella che
cittadini ed imprenditori si aspettano.
Il legislatore, infatti, sembra troppo impegnato a proteggere
business già consolidati dalla minaccia della net-economy per comprendere che
un uso maturo delle ICT potrebbe portare tali e tanti vantaggi per le imprese da
rendere i danni legati ad un uso illegittimo della rete trascurabili rispetto ai
vantaggi, anche economici.
In conclusione di questa relazione, ritengo che discutere del
diritto del futuro non può prescindere dal discutere come far crescere gli
abitanti della società dell'informazione, siano essi utenti, commercianti,
giornalisti o politici, per farne dei cittadini. Solo allora la società civile
sarà in grado di influenzare, con il voto prima, e con la sua opinione poi, le
scelte del legislatore. Ogni idea in questo senso è la benvenuta.
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