Non è di certo un mistero, e non solo tra gli addetti ai
lavori, che gli appalti pubblici ad oggetto informatico vivono oggi un momento
di crescita impressionante. Non c'è amministrazione, centrale o periferica,
nazionale o locale, territoriale o esponenziale, che non sia, volente o nolente,
attenta al processo di informatizzazione in atto in Italia.
Non c'è amministrazione che non predisponga bandi di gara
per l'acquisizione di beni e servizi ICT. Ma con quale consapevolezza? Non è
facile, infatti, individuare con precisione quali siano le proprie esigenze "informatiche",
e non è facile poi trasporle in un capitolato di gara: quale la normativa
applicabile? Quali le regole da rispettare? Quali, sempre che ci siano, i
parametri tecnici a cui adeguarsi? Una rapida rassegna delle problematiche in
cui le PA si imbattono confermerà che le risposte a queste domande sono ancora
frammentarie, poche in testi normativi, pochissime in testi vigenti.
Innanzi tutto, come prima accennato, un primo problema è
costituito dall'individuazione preventiva delle soluzioni tecniche da adottare
in relazione alle esigenze dell'amministrazione, che spesso si risolve in una
inadeguata formulazione dei capitolati. Questa, inoltre, è la ragione per cui
è frequente nella prassi il ricorso al modello di scelta del contraente dell'appalto-concorso,
che tuttavia, come vedremo, pone alcuni problemi di coordinamento normativo.
Il CNIPA predispone già da tempo specifici contratti-quadro,
offrendo pertanto alle amministrazioni la possibilità di una informatizzazione
"indolore", senza alcuna procedura di gara, e con importanti garanzie sui
livelli di qualità ed affidabilità delle prestazioni (c.d. outsourcing).
Si pensi, ad esempio, al recente contratto-quadro in materia di protocollo
informatico in modalità ASP, che consente alle PA, ormai obbligate alla tenuta
del protocollo informatico, di "esternalizzare" la realizzazione e la
gestione del sistema (vedi E. De Giovanni, Pubblica Amministrazione e ICT: le iniziative del Ministro per l'Innovazione
e le Tecnologie, su Telejus). Tuttavia, ai detti vantaggi si
contrappone l'inevitabile rinuncia alla personalizzazione della fornitura
informatica, rinuncia che sovente, per ragioni sia economiche che strutturali,
non è pertanto attuabile.
La legge nulla statuisce in proposito, almeno per il momento.
La nuova direttiva appalti n. 2004/18/CE, in attesa del suo recepimento in
Italia, sul punto potrà dire qualcosa di nuovo introducendo il c.d. dialogo
competitivo (art. 11, lett. c), un istituto che consente alla stazione
appaltante di intraprendere con le imprese concorrenti un dialogo, antecedente
alla gara, volto a predisporre insieme le soluzioni tecniche, finanziarie ed
economiche (C. Giurdanella e E. Guarnaccia, La consacrazione degli appalti
pubblici elettronici nella direttiva 2004/18/CE, su Telejus).
Il tanto discusso Codice dell'amministrazione digitale
dedica l'intero Titolo V alle modalità di acquisizione di software e hardware
da parte delle pubbliche amministrazioni, occupandosi anche della
predisposizione del progetto, e prevedendo per esso, all'art. 67, la
possibilità per le amministrazioni di avvalersi del concorso di idee
disciplinato dal regolamento attuativo della legge quadro in materia di lavori
pubblici (vedi Amministrazione digitale: leggiamo il Codice). Tuttavia, null'altro viene detto in
proposito. E francamente ci sembra poco.
Alla questione della predisposizione dei requisiti tecnici,
si affianca poi il problema - da affrontare contestualmente - di quale veste
giuridica dare al bando. Costruire l'appalto come fornitura o come servizio
non è la stessa cosa in quanto, almeno per adesso, la normativa applicabile è
differente. Molte tra tali gare d'appalto, nella prassi, vengono considerate
forniture, e ciò in quanto gli eventuali servizi da esse disciplinati
(implementazione della piattaforma, manutenzione, formazione dei dipendenti)
sono sempre considerati accessori all'oggetto principale della gara, la
fornitura hardware e/o software appunto, che determina la normativa da
applicare.
Tali considerazioni, però, contrastano con quanto detto prima riguardo ai
meccanismi di scelta del contraente ritenuti oggi più adeguati ai contratti in
parola: l'appalto-concorso ed il concorso di idee sono, infatti, strumenti
previsti e disciplinati rispettivamente dalla normativa sugli appalti di servizi
e di lavori, e pertanto in teoria non adottabili in un appalto di fornitura.
Si presentano poi problemi specifici, relativi in particolare
ai parametri da seguire per la predeterminazione di prezzo e prestazioni degli
strumenti di ICT.
Quanto alle caratteristiche tecniche ed alle prestazioni, nella prassi è
frequente l'indicazione di specifiche marche, in particolare di CPU. Sono
prassi lesive della concorrenza, che in Europa si tenta di fronteggiare su più
livelli: sul piano politico, l'Unione europea nel 2004 ha redarguito alcuni
paesi, tra cui Italia, Germania, Austria, Olanda, Francia e Finlandia, i cui
bandi di gara sovente presentano tali indicazioni specifiche; sul piano
legislativo, la direttiva 2004/18/CE all'art. 29 impone alle amministrazioni
aggiudicatici di favorire la concorrenza tra una pluralità di soluzioni
alternative equivalenti a quella prospettata.
In Italia, tuttavia, le indicazioni non sono così chiare.
Vero è che il CNIPA di recente ha affrontato il problema con le circolari n. 44 del 5 ottobre 2004, e n. 45 del 27 dicembre 2004, pronunciandosi sull'opportunità
di prevedere nei bandi e capitolati di appalti pubblici per l'acquisizione di
PC, specifici standard prestazionali di riferimento, indipendenti da predefinite
caratteristiche tecniche (vedi Amministrazione digitale: leggiamo il Codice -
5 http://www.interlex.it/pa/giurguar5.htm). Ma la giurisprudenza amministrativa
non è uniforme sul punto. Può farsi riferimento, da un lato, agli annullamenti
sanciti dal TAR Umbria, 23 ottobre 2003, n. 4 (per un commento, si consenta di
rinviare a C. Giurdanella e E. Guarnaccia, L'appalto pubblico ad oggetto
informatico: CPU e marchi secondo la prima giurisprudenza amministrativa,
su Telejus), e dal TAR Liguria, sez. II, 13 dicembre 2004, n. 1708, che ribadiscono quanto sancito
dall'art. 8, comma 6, Dlgs. n. 358/1992, cioè il divieto di prevedere
specifiche tecniche che facciano menzione espressa di prodotti di una
determinata fabbricazione o provenienza.
Dall'altro lato, però, si è anche ritenuto che le
indicazioni contenute nel capitolato non siano vincolanti per la commissione di
gara, che può discostarsene ove ritenga tecnicamente equivalente o superiore un'offerta
basata su una soluzione tecnica diversa da quella prospettata nel capitolato
medesimo. In particolare, Cons. Stato, sez. V, 18 dicembre 2002, n. 7050, ha ammesso tali richieste
specifiche per le ipotesi in cui, in considerazione dell'oggetto dell'appalto,
risultino necessarie per garantire un alto livello di affidabilità della
fornitura, nonché quando le amministrazioni aggiudicatici non possano fornire
una descrizione dell'oggetto del contratto mediante specifiche
sufficientemente precise e comprensibili da parte di tutti gli interessati. Ora,
tali oscillazioni giurisprudenziali non possono di certo tranquillizzare le
amministrazioni appaltanti.
Altri "paletti", inoltre, vengono imposti alle stazioni
appaltanti dall'art. 26, Legge 23 dicembre 1999, n. 488, in particolare per
quanto concerne la predisposizione dei prezzi di beni e servizi ICT, attribuendo
un ruolo di riferimento alla Consip Spa.
Ed infatti, malgrado l'incessante evoluzione normativa che ha continuamente
modificato natura e finalità del sistema Consip, con il DL 12 luglio 2004, n.
168, convertito con modificazioni in legge 30 luglio 2004, n. 191 - l'ultimo
provvedimento normativo che, in ordine di tempo, è intervenuto in materia -
viene attribuito alle convenzioni stipulate dalla Consip il ruolo di stringente
parametro, economico e qualitativo, per l'acquisto di beni e servizi comparabili
a quelli oggetto delle convenzioni stesse.
Inoltre, al mancato rispetto dell'obbligo di utilizzare i parametri di
prezzo-qualità contenuti nelle convenzioni - obbligo che peraltro grava su
tutte le amministrazioni, siano o no statali - vengono connesse gravose
responsabilità a carico degli amministratori preposti alla funzione acquisti.
D'altronde questo forte ruolo della Consip non può
meravigliare, considerando, da un lato, la particolare complessità dei beni e
servizi informatici in questione, e dall'altro, le genetiche competenze in
materia informatica della società de qua. Tale ruolo, non a caso, è
stato di recente riconosciuto dalla legge finanziaria 2005 anche al di fuori
degli acquisti pubblici (vedi l'art. 208: "i dipendenti delle pubbliche
amministrazioni possono acquistare un personal computer usufruendo di una
riduzione di costo ottenuta in esito ad una apposita selezione di produttori o
distributori operanti nel settore informatico, esperita, previa apposita
indagine di mercato, dalla CONSIP Spa").
In conclusione, ci sembra che i dubbi e le perplessità siano
ancora troppi, soprattutto se si considera che stiamo ragionando di un settore
in fortissima espansione, che rischia così di causare l'ennesima
proliferazione di ricorsi alla giustizia amministrativa.
E' parso senza dubbio apprezzabile lo sforzo del CNIPA, sfociato nelle "Linee
guida in materia di appalti pubblici di forniture ICT", lavoro che, tuttavia,
oltre all'eccessiva imponenza (si tratta, infatti, di sei manuali distinti, di
circa 150 pagine l'uno: vedi sul sito web del CNIPA),
ha il grosso limite di non avere forza di legge.
Probabilmente è arrivato il momento di fissare alcune regole
in specifiche norme, magari regolamentari, attuative della disciplina degli
appalti pubblici nel settore dell'ICT. Che siano poche, queste regole, ma
chiare e tranquillizzanti.
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