Di recente ho avuto modo di appurare che la Guardia di
Finanza ha fatto della legge nr. 4 del 1929 lo strumento principale di azione
nella sua attività di repressione della copia abusiva del software.
Oltre al caso descritto nel mio intervento, qui in
Bologna nel mese di marzo un negozio di informatica è stato oggetto di
perquisizione e sequestro di dischetti da parte di una nutrita pattuglia di
finanzieri, i quali si sono presentati allo scopo di verificare il rispetto
della legge 633/41 (diritto d'autore), unitamente ad un rappresentante della BSA
e uno della SIAE.
Il "grimaldello" giuridico per compiere l'accesso in questione è
stato l'art. 35 della citata legge nr. 4/29, che recita testualmente: "Per
assicurarsi dell'adempimento delle prescrizioni imposte dalle leggi o dai
regolamenti in materia finanziaria, gli ufficiali o gli agenti della polizia
tributaria hanno facoltà di accedere a qualunque ora negli esercizi pubblici e
in ogni locale adibito ad un'azienda industriale o commerciale ed eseguirvi
verificazioni e ricerche".
E' di tutta evidenza la forzatura sottostante: attribuire natura
di "legge finanziaria" (cioè tributaria) alla normativa penale sulla
tutela del software; ciò comporta, tra l'altro, la possibilità, ai sensi
dell'art. 33 della stessa legge, di procedere anche a perquisizioni domiciliari
(come successe a Rimini nel caso descritto nel mio intervento).
A mio avviso si tratta di un abuso: l'art. 171-bis legge diritto d'autore
contempla un reato "comune", per così dire, che nulla ha a che vedere
con la materia tributaria, ed è totalmente illegittimo l'attuale comportamento
della polizia giudiziaria, dal momento che trasforma uno strumento di
acquisizione della prova qual è la perquisizione (ed il conseguente sequestro)
in uno strumento di acquisizione della notizia di reato.