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 Nomi a dominio

Chi ha il compito di dettare le regole?
di Andrea Monti - 27.11.2000

L'esame in Commissione giustizia al Senato del DDL Passigli procede a tappe forzate, ma più che ad una corsa verso un traguardo sembra somigliare al marciare dei militari di leva. Che, pur spostandosi continuamente, non vanno da nessuna parte. E così nel testo attualmente in discussione ritroviamo tutto il repertorio di ridondanze e incompetenze già ampiamente commentato su queste pagine, oltre a significative omissioni.
Chiamiamole "dimenticanze" ma la sostanza non muta, specie per quanto riguarda l'individuazione dell'entità che dovrebbe avere potestà regolamentare in materia.

L'istituzione della fantomatica "anagrafe" dei nomi a dominio rischia di andarsi a sovrapporre al delicato problema di regolamentazione dei criteri di numerazione, assegnata all'Autorità delle comunicazioni ed esercitata su sua delega dall'omonimo ministero.
Si, ma cosa c'entrano i nomi a dominio?
La direttiva 97/51, una delle tante che hanno integrato o modificato i "testi sacri" della liberalizzazione delle TLC si occupa già a partire dai "considerando" (particolarmente interessanti il 9 e il 10) dei requisiti dei sistemi di numerazione/denominazione, attribuendo la potestà regolamentare in materia alle singole autorità indipendenti nazionali:

(9) considerando che gli Stati membri dovrebbero garantire, in base al principio della separazione delle funzioni di regolamentazione da quelle operative, l'indipendenza della o delle autorità nazionali di regolamentazione al fine di assicurare l'imparzialità delle decisioni, e provvedere affinché esse svolgano un ruolo essenziale nell'attuazione del quadro normativo previsto dalla pertinente legislazione comunitaria; che tale requisito di indipendenza non pregiudica l'autonomia istituzionale e gli obblighi costituzionali degli Stati membri o il principio di neutralità con riferimento alle norme degli Stati membri che disciplinano il regime di proprietà, a norma dell'articolo 222 del trattato; che le autorità nazionali di regolamentazione dovrebbero disporre di tutti i mezzi necessari, in termini di personale, competenze e risorse finanziarie, per svolgere i compiti loro assegnati;
(10) considerando che la manutenzione e i concetti più generali relativi agli indirizzi e alla denominazione svolgono un ruolo importante; che l'adesione ad un'impostazione armonizzata per quanto riguarda numeri/indirizzi e, se possibile, le denominazioni agevola le comunicazioni degli utenti da terminale a terminale a livello europeo e all'interoperabilità dei servizi; che oltre alla numerazione può essere opportuno applicare i principi di obiettività, trasparenza e non discriminazione nell'assegnazione di nomi e indirizzi; che la direttiva 96/19/CE della Commissione, del 13 marzo 1996, che modifica la direttiva 90/388/CEE, in relazione alla realizzazione della piena concorrenza nei mercati delle telecomunicazioni, prevede che siano resi disponibili per tutti i servizi di telecomunicazione numeri adeguati da assegnare in materia obiettiva, non discriminatoria, proporzionata e trasparente;

Si tratta ora di capire se un nome a dominio possa essere (di fatto, o per fictio juris) considerato un sistema - ancorché atipico - di numerazione o denominazione. Certo, il DNS non è tout court equiparabile alla categoria, ma questo non fa venire automaticamente meno il suo "diritto di cittadinanza" in questo paese.
Se così fosse, e se dunque si potesse ricomprendere a pieno titolo la species nel genus ne deriverebbe un ulteriore argomento, che si aggiunge a quelli già enunciati da Manlio Cammarata in un precedente articolo, a sostegno della tesi secondo la quale il soggetto deputato a regolamentare il settore sarebbe appunto l'AGCOM . E quindi, sulla base delle deleghe di cui sopra, in definitiva il Ministero delle comunicazioni.

Ora, se tutto questo sia il frutto di un clamoroso abbaglio giuridico o invece sia un ragionamento dotato di un qualche pregio lo possono sapere soltanto all'Autorità o al Ministero delle comunicazioni. Posto che abbiano tempo e voglia di occuparsi di una questione, quella dei nomi a dominio, che in realtà non interessa purtroppo nessuno. E sulla quale stanno parlando tutti, tranne quelli che avrebbero qualcosa da dire.
Eppure non sembra così improponibile immaginare che Presidenza del Consiglio, ministeri, autorità indipendenti, comitati governativi di esperti si scambino esperienze e coordinino reciprocamente gli sforzi. in fondo abitano tutti nello stesso condominio.

Basterebbe poco per sciogliere parecchi nodi, oltre a quello di cui si è detto.
In primo luogo si potrebbe chiarite il ruolo meramente tecnico dell'ente di registrazione, che deve restare al di fuori da qualsiasi considerazione di merito.
Poi si potrebbe risolvere il problema dell'accaparramento istituendo, ad esempio, un procedimento speciale presso i tribunali, simile a quello del decreto ingiuntivo, che obblighi il giudice ad emanare una decisione in tempi ragionevoli. Facendo giustizia di rimedi stragiudiziali e paragiurisdizionali (le cosiddette "procedure di riassegnazione") teoricamente forse accettabili, ma praticamente realizzate con modalità estremamente discutibili e per nulla garantiste.

E poi si dovrebbe stabilire, una volta e per sempre, se e in che termini la titolarità di un nome a dominio possa essere oggetto di espropriazione. Problema questo non banale, attesa da un lato l'evidente capacità di un dominio di acquisire valore commerciale e economico, e considerato, dall'altro, che allo stato, il valore di un nome a dominio non può essere "acquisito" dai creditori con nessuno strumento giuridico.

Questo ed altro si potrebbe fare se ministri, esperti e presidenti unissero gli sforzi per raggiungere il fine comune.
Beata ingenuità, probabilmente sono tutti assorti nell'applicare la massima volterriana: il faut cultiver notre jardin.