AS 4594: un'occasione
perduta per tacere
di Daniele Coliva - 15.02.01
La lettura del disegno di legge sui nomi a dominio
(in realtà su qualcosa di più) approvato dalla Commissione giustizia del
Senato, induce immediatamente un senso di disagio. Il legislatore recente si è
distinto per un notevole lavoro di semplificazione della burocrazia, degli
adempimenti connessi, dei meccanismi sottesi dai procedimenti amministrativi e
non.
Le norme sono state "sfoltite", ci si sente un po' meno sudditi.
L'horror vacui tuttavia è immanente e ha colpito ancora. Immemore
del diritto vivente, l'ineffabile legislatore ha costruito un complesso
sistema (?) di regole delle quali si può predicare tutto, tranne che siano
coerenti ed inserite in un sistema.
Era evidente il fastidio per un settore nuovo, privo di regolamentazione
positiva, e quindi si è deciso di intervenire con la classica grazia dell'elefante
nel negozio di cristalleria. A partire dalle definizioni, già tecnicamente
errate, fino alla costruzione delle ipotesi di responsabilità, il disegno di
legge è privo di razionalità.
Va bene la fissazione di limiti alla registrazione di determinati domini,
specialmente quando possono incidere su diritti della personalità (patrimoniali
e non), ma non si capisce la portata del divieto di registrazione di nomi a
dominio che "sono tali da creare confusione o risultare ingannevoli,
anche per effetto dell'impiego di una lingua diversa da quella italiana".
Confusione ed ingannevolezza sono concetti che sottintendono un'operazione
critica di comparazione. Nel testo della norma manca il parametro di confronto.
Confusione con chi o che cosa? Ingannevoli rispetto a chi o a che cosa?
Il richiamo più immediato è alla disciplina del marchio, ma la previsione del
divieto in tal caso è pleonastica, bastando la normativa settoriale.
La genericità della disposizione sottende una scarsa padronanza della
materia (rem tene, verba sequentur, dicevano i nostri avi), sì che a
voler pensar male si è portati a ritenere che si sia di fronte ad una
irrefrenabile pulsione legislativa basata sulla errata convinzione che sia
sufficiente "fare la legge" per risolvere il problema.
Non si è tenuto conto che già il sistema aveva reagito, con una giurisprudenza
sostanzialmente orientata nel senso di fornire tutela al segno distintivo ed al
nome; che le norme già esistenti ed i relativi principi consentivano di
regolare gli eventuali conflitti.
Ma evidentemente non bastava, e tale senso di insoddisfazione del legislatore
trova dimostrazione nella previsione della sanzione amministrativa, di non poco
conto (per i poco avvezzi all'Euro, da 10 a 60 milioni di lire circa), la cui
destinazione la dice lunga sulla giustificazione della previsione dell'illecito.
Trovo difficile comprendere per quale motivo si debba ricorrere alla
configurazione di un illecito amministrativo (a carico della parte soccombente?
e i principi generali in tema di sanzioni amministrative previsti dalla L.
689/81?), quando le sanzioni civili conseguenti all'accertamento dell'illecito
sono più che afflittive, considerato (ed è a mio avviso un elemento positivo)
che è prevista, almeno alla prima lettura, la risarcibilità anche del danno
non patrimoniale (o morale che dir si voglia).
Ritengo censurabile la costruzione delle fattispecie di responsabilità,
basate sulla individuazione di ulteriori "posizioni di garanzia" che
in realtà si traducono in estensioni pure e semplici delle conseguenze di
condotte altrui.
E' il caso della responsabilità concorrente del soggetto che ha eseguito la
registrazione. Con poche parole il legislatore ha addossato a quest'ultimo la
responsabilità (civilistica, quanto meno) della violazione delle norme in tema
di registrazione di nomi a dominio. La conseguenza non presa in considerazione
è che il registrant, per evitare di incorrere in responsabilità verso i
terzi, dovrà (nel senso che sarà costretto) entrare nel merito del nome a
dominio di cui il titolare richiede la registrazione, e rifiutare di procedere
nel caso in cui ravvisi un possibile illecito (non dimentichiamo la sanzione
amministrativa di cui sopra).
E' evidente che i possibili effetti patrimoniali negativi possono essere
tanto rilevanti da determinare quello che gli anglosassoni chiamano chilling
effect. La registrazione di un dominio comporterà dunque analisi, pareri,
indagini tali farne lievitare i costi e quindi ridurne la diffusione.
Anche in questo caso con buona pace del principio affermato poco oltre, secondo
il quale la Commissione ha anche la finalità di "attuare direttamente e
promuovere per conto di altri enti o istituzioni private o pubbliche le
iniziative necessarie per dare luogo alla più ampia diffusione dell'utenza di
Internet o di altre reti telematiche".
Evidentemente il legislatore ha dimenticato le
osservazioni contenute nella prima e ormai storica decisione in tema di
responsabilità del fornitore di spazio (in quel caso): Cubby v. Compuserve (United
States District Court, S.D. New York. Oct. 29, 1991, il cui testo può leggersi
in http://www.eff.org/pub/Censorship/Academic_edu/CAF/law/cubby-v-compuserve.text).
In quella sentenza si ricorre al paragone del
titolare di una libreria, che non può essere considerato responsabile del
contenuto dei libri che vende, dal momento che non può leggerli tutti. Qualora
il librario dovesse essere chiamato a rispondere dei libri che espone,
venderebbe solo quelli che può leggere. E il pubblico potrebbe comprare, e
leggere, solo questi libri e non altri. L'onere a carico del libraio si
traduce in un onere a carico della collettività.
In termini generali, si tratterebbe di una scelta di politica legislativa
mortificante per il sistema, in quanto sarebbero registrati solo i nomi a
dominio che diano massime garanzie di non dare luogo a contestazioni1.
Quanto alla responsabilità del provider o del mantainer è
difficile trattenersi. Il legislatore tenta di aggirare l'ostacolo del divieto
di responsabilità penali oggettive, ancorando la correità alla
"impossibilità o la grave difficoltà di individuare o identificare il
medesimo o lo spazio su cui il sito è collocato" per fatto imputabile ai
primi.
Una prima considerazione riguarda la irragionevolezza di considerare coautore o
concorrente, sia pure con pena - bontà sua - diminuita, un soggetto solo
perché è difficile individuare l'autore originario. L'art. 57 c.p. almeno
fa riferimento ad un omesso controllo sul contenuto della pubblicazione, quindi
sullo strumento mediante il quale è compiuto l'illecito penale. Secondo il
disegno di legge, invece, si risponde direttamente della condotta di un terzo,
per non rendere possibile o agevole l'identificazione di questo.
Something is rotten in the state of Denmark.
Il massimalismo nella normazione non giova al sistema, in quanto le possibili
sfumature della realtà male si conciliano con il manicheismo di queste scelte
legislative. Esistono le norme cosiddette di parte generale sul reato che
consentono di risolvere eventuali dubbi interpretativi2,
senza bisogno di clausole di salvaguardia che complicano maggiormente il lavoro
dell'inteprete.
Tutto da buttare?
No, vi sono alcuni spunti interessanti nel disegno di legge, sui limiti alla
registrazione, sulla risarcibilità del danno non patrimoniale, per fare un
esempio. Forse debbo contraddire il titolo: un'occasione da non perdere per
sussurrare, non per urlare.
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1
Per citare un passaggio significativo della sentenza: "Technology is
rapidly transforming the information industry. A computerized database is the
functional equivalent of a more traditional news vendor, and the inconsistent
application of a lower standard of liability to an electronic news distributor
such as CompuServe than that which is applied to a public library, bookstore, or
newsstand would impose an undue burden on the free flow of information.
2 Il legislatore
dovrebbe imparare dalla esperienza passata. In tema di riforma dei reati
tributari (DLgs 74/2000) nel testo originario era prevista una disciplina
transitoria estremamente astrusa, complessa e foriera di dubbi interpretativi e
di costituzionalità di non poco conto. Poco prima di licenziare il testo
definitivo, il legislatore tolse ogni norma transitoria, lasciando che le
questioni di diritto intertemporale fossero risolte dalla norma generale dell'art.
2 c.p. E così è stato. Sono recentissime le decisioni della Cassazione che
hanno fornito linee guida chiare su che cosa si deve ritenere depenalizzato. Il
sistema è ancora in grado di funzionare. |